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CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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COSA C'E' ALLA RADICE DEGLI INSEGNAMENTI NELLA CHIESA CATTOLICA ROMANA

Ultimo Aggiornamento: 19/03/2012 17:12
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19/03/2012 17:11
 
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[1] 1 Tim. 6:10

[2] Tito 1:11

[3] Codice di diritto canonico, can. 1271

[4] Cfr. Fausto Salvoni, Da Pietro al Papato, Genova 1970, pag. 365

[5] Francesco Di Silvestri-Falconieri (membro di una Chiesa evangelica del suo tempo) racconta a proposito della canonizzazione della sua lontana parente Giuliana Falconieri (1270-1341), donna che durante la sua vita portava catene ai lombi (che erano così strette che finirono col penetrargli nella carne e non le si poterono più levare), funicelle alle gambe e alle braccia, dormiva sulla terra nuda e al più sopra una stoia e recitava l’ave Maria mille volte al giorno, racconta dico che all’inizio del XVIII secolo Giuliana cominciò a fare miracoli e Benedetto XIII la beatificò nel 1729. La santificazione avvenne pochi anni dopo. Racconta il Di Silvestri: ‘La santificazione non si fece attendere molto: Alessandro Falconieri, cardinal diacono del titolo di santa Maria della Scala, personaggio influentissimo in Conclave, fece radunare i voti della maggior parte dei cardinali sul suo vecchio cugino Lorenzo Corsini, che divenne papa col nome di Clemente XII, a condizione ch’egli canonizzasse santa Giuliana; e difatti, il 16 giugno del 1737, si celebrò dal pontefice la solenne cerimonia in san Pietro, alla presenza d’Orazio II Falconieri , figlio di Mario e nuovo capo della famiglia e del cardinale Alessandro’ (Francesco Di Silvestri-Falconieri, I due santi di casa Falconieri, Roma 1914, pag. 15). Ecco un chiaro esempio dunque di quali intrighi ed interessi si nascondono dietro le canonizzazioni.

[6] Eccl. 10:19

[7] Prov. 18:16

[8] Il Codice di diritto canonico afferma che ‘è lecito ad ogni sacerdote che celebra la Messa, ricevere l’offerta data affinché applichi la Messa secondo una determinata intenzione’ (can. 945 §1.) e che ‘è vivamente raccomandato ai sacerdoti di celebrare la Messa per le intenzioni dei fedeli, soprattutto dei più poveri, anche senza ricevere alcuna offerta’ (can. 945 §2.). E’ evidente che i legislatori di questo nuovo codice hanno cercato con queste parole di fare apparire che la messa non è in vendita. Nella realtà però la messa è in vendita, e coloro che le fanno dire lo sanno molto bene perché senza soldi non c’è messa. C’è un vero e proprio mercato attorno alla messa.

[9] L’abate Muratori, nella sua 67 Dissertazione intitolata Delle maniere colle quali anticamente le chiese, i canonici, i monasteri ed altre università religiose acquistarono, o si procacciarono gran copia di ricchezze e comodi terreni, enumera tredici maniere. La decima dice: ‘Invase in alcune parti d’Italia, e forse anche in tutte, una opinione, che ognuno riconoscerà per un gran veicolo a sempre più arricchir le chiese e i monasteri. Cioè, fu predicata ed inculcata come efficacissima via di guadagnar la grazia di Dio in terra, ed il suo beatissimo regno nell’altra vita, la pia munificenza dei Fedeli verso i luoghi sacri. Perciò così sovente s’incontra nelle vecchie carte la seguente formola comunemente usata dai notai: Chiunque dei beni suoi donerà cosa ai santi e venerabili luoghi, giusta la parola del Salvatore, ne riceverà il centuplo in questo secolo; dippiù, e che maggior cosa è, possederà la vita eterna… Inbevuti adunque di tale opinione nei vecchi tempi i Fedeli, non è da stupire se facevano a gara per caricar di nuovi doni i sacri templi e i monasteri: e se all’udir tante lodi della limosina verso sanctis et venerabilibus locis, ogni dì più crescesse la loro liberalità verso di essi. Ma non si vuol già dissimulare che gli ecclesiastici d’allora facendo sonar questa opinione per tirare a sé la roba altrui, si abusavano non poco della Religione, essendo falsissimo, come dissi, che il divin nostro Maestro abbia applicato tanto di merito alle donazioni fatte ai luoghi sacri. Era questo merito solamente fondato nella ingordigia di chi esortava e consigliava di esser liberale verso le chiese, senza ricordarsi dei poverelli, dei quali soli parla il Salvatore’. A distanza di secoli dunque le cose non sono sostanzialmente cambiate in seno alla chiesa cattolica romana perché ai Cattolici vengono tuttora promessi ogni sorta di benefici materiali e spirituali se daranno denaro a questa o quell’altra istituzione cattolica, che poco importa se è un santuario, un istituto religioso, un monastero, o una basilica.

[10] Vedi il matrimonio.

[11] Codice di diritto canonico, can. 85

[12] Secondo la chiesa cattolica questi impedimenti sono quelli che non permettono di contrarre il matrimonio ossia che lo rendono illecito. Tra di essi ci sono quello del voto semplice di castità, della disparità di culto, e della consanguineità in terzo grado di linea collaterale. Questi sono impedimenti di diritto ecclesiastico, ma il papa in virtù del suo potere di legare e sciogliere può persino dispensare da quelli di diritto divino. Ecco cosa si legge in Corso di Diritto Canonico II: ‘Ciò risolve l’altro problema se il Romano Pontefice possa dispensare dagli impedimenti di Diritto divino positivo. Tutti gli autori sono assolutamente dell’avviso che il Papa lo possa fare in virtù della sua potestà vicaria. (…) Il principio su cui si basa tale facoltà è il potere di ‘legare e sciogliere’, cui bisogna riconoscere la massima ampiezza ed efficacia finché non si provi che è stato limitato’ (Op. cit., pag. 40), ed ancora: ‘La dispensa, invece, dall’impedimento di consanguineità in secondo grado mescolato col primo, ossia fra zii e nipoti, è riservata alla Santa Sede; perché sia concessa, sono richieste ragioni più gravi’ (Ibid., pag. 60). Faccio presente a riguardo del permettere un matrimonio tra zii e nipoti che questo significa andare contro la Parola di Dio che afferma: “Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre o della sorella di tuo padre; chi lo fa scopre la sua stretta parente; ambedue porteranno la pena della loro iniquità” (Lev. 20:19). Quindi, questa cosiddetta santa sede permettendo simili unioni permette a taluni di trasgredire la legge di Dio facendogli credere che il papa può dispensarli pure dalla legge di Dio. Anche essa dunque porterà la pena della sua iniquità; siatene certi.

[13] Enciclopedia Cattolica, vol. 7, 1050

[14] Ludovico Von Pastor, Storia dei Papi, vol. IV, Roma 1908, pag. 216, 218, 219

[15] Ludovico Von Pastor, op. cit., pag. 225

[16] Ibid., pag. 221. E dato che siamo in tema vogliamo ricordare anche queste altre cose del passato per fare comprendere come la chiesa romana si è arricchita in maniera disonesta facendo leva su insegnamenti falsi. Ci fu un periodo della storia della chiesa romana nel quale dei preti adottarono Il canone penitenziale di Teodoro nel quale erano annoverati tutti i peccati che questo arcivescovo aveva potuto immaginare; essi vi erano messi a modo di indice e a ciascuno d’essi era applicata una penitenza piuttosto grave (ricordiamo che le opere penitenziali per i Cattolici consistono in digiuni ed in pene corporali). Così quando i ‘laici’ andavano a confessare i loro peccati dai preti (ancora la confessione obbligatoria non era stata istituita) per sapere quanta penitenza essi dovevano fare, il prete traeva il suo penitenziale, calcola­va il numero dei peccati e tirava la somma delle penitenze che per un peccatore comune ascendevano a molti anni. Il ‘laico’ si spaventava, ma il prete lo tranquillizzava perché gli faceva sapere che esisteva la maniera per riscattare le penitenze con denaro sia per i poveri che per i ricchi. Per esempio, un giorno di penitenza, un ricco lo riscattava con tre denari mentre un povero con uno. In quel periodo è stato riscontrato che un denaro equivaleva al mantenimento di un giorno di tre uomini. E così avvenne che sorse la concorrenza dei monasteri e delle chiese che cominciarono ad offrire la remissione della penitenza a minore prezzo per farsi più clienti (queste cose le ha raccontate l’aba­te Ludovico Muratori nella sessantottesima dissertazione delle Antichità Italiane, dal titolo: ‘Della redenzione dei peccati, per cui molti beni calarono una volta nei sacri luoghi’). Ancora più sfacciata fu la vendita del perdono dei peccati che inventò Giovanni XXII (1316 – 1334). Questo papa, che a dire degli storici cattolici era molto avido di denaro, pubblicò la Tassa della Cancelleria Apostolica, un libro in cui i peccati, che erano in numero di 610, venivano rimes­si dai confessori dietro il pagamento di una precisa somma di denaro stabilita per ogni peccato. Così l’incestuoso, l’adultero, il fornicatore, il ladro, l’omicida, il sodomita, il bugiardo potevano ottenere l’assoluzione dei loro misfatti soltanto pagan­do la relativa somma prescritta! E questa tassazione fu molto redditizia perché quando Giovanni XXII morì, le casse papali erano stracolme di denaro; il tesoro lasciato da questo papa ammontava infatti a 25 milioni di fiorini d’oro.

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