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CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

💝

 

 
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"Roma Papale"

Ultimo Aggiornamento: 17/12/2008 18:28
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17/12/2008 18:21
 
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LETTERA PRIMA
Lettera prima

Esercizi di S. Ignazio

Enrico ad Eugenio

Roma, Novembre 1846.

Mio caro Eugenio,

Tu hai ben ragione di lagnarti della mia negligenza, per aver lasciato passare un così lungo tempo senza scriverti: ma, cosa vuoi? ne’ giorni di scuola non ho un momento di tempo; le vacanze autunnali le ho passate parte in ripassare tutte le lezioni dell’anno, e parte negli esercizi spirituali di S. Ignazio. Ora però non sarò più così negligente col mio caro amico d’infanzia; e, credessi anche rubare una qualche ora la sonno, ti scriverò tutte le settimane.

Mi rincresce non poter rispondere adeguatamente alla tua domanda: tu vorresti sapere da me cosa io mi pensi intorno a Pio IX ed alle sue riforme. Tu sai bene, caro Eugenio, che io m’intendo poco o nulla di affari, che vivo molto ritirato, che attendo con tutte le mie forze agli studi teologici: e che in conseguenza io sono quella persona che meno di ogni altra potrebbe ragguagliarti di tali cose: io non converso con nessuno, salvo che co’ buoni Padri della Compagnia di Gesù, che sono i miei maestri, i miei direttori, i miei amici. Questi buoni Padri però mi dicono che le concessioni che Pio IX fa ai liberali, finiranno per apportare un grave danno alla nostra santissima religione: ecco quanto io so su questo punto, né mi curo di saperne altro.

Forse tu che sei protestante, ed educato nella perniciosa dottrina del libero esame (Nota 1. - Il libero esame degli Evangelici), ti riderai di tali timori; ma, se avessi avuta la fortuna di nascere nel grembo della santa Chiesa cattolica apostolica romana, come vi sono nato io, comprenderesti che la religione di Gesù Cristo è un giogo; giogo leggiero invero, come è detto in S. Matteo capo XI, vers. 30: ma pure è sempre un giogo che non bisogna alleggerire di più, ma bisogna che pesi sul collo e costringa; amorevolmente sì, ma assolutamente: ora lasciare al popolo tanta libertà, dicono i buoni padri, è come se si togliesse il freno al puledro. Essi aggiungono, ed è vero, che Gesù Cristo ordinava a’ suoi discepoli, ed in essi a tutti i Vescovi, e specialmente al Papa che il Vescovo de’ Vescovi, ed il suo Vicario, di costringere, di sforzare tutti ad entrare nella sua Chiesa, compelle entrare (Nota 2. - Spiegazione del compelle entrare) Luc. XIV, 23; e Pio IX sembra che invece apra la porta, perchè tutti ne escano; facendo rientrare ne’ suoi Stati tutti i liberali esiliati dal santissimo Gregorio XVI, i quali sono tanti lupi rapaci che divorano la greggia. Così dicono i buoni Padri: del resto io non penso che ad una cosa, cioè alla salvezza dell’anima mia.

I miei maestri sembrano essere contenti di me, e spero nell’anno venturo di aver finiti i miei studi teologici, e tornare nella mia cara Ginevra.
Oh come desidererei riabbracciarti come un fratello in Gesù Cristo! Tu sei buono, tu sei diritto di cuore, ed io spero molto nella tua conversione. Intanto voglio raccontarti quanto mi è accaduto negli scorsi giorni; acciò tu conosca quanto siano calunniati i buoni Padri Gesuiti da coloro che non li conoscono.

Nel tempo delle vacanze autunnali, ho avuto il privilegio di essere stato ammesso a fare gli esercizi spirituali di S. Ignazio nella pia casa di S. Eusebio. Negli ultimi dieci giorni di Ottobre, si dànno in quella pia casa gli esercizi per i soli ecclesiastici: eravamo in tutti cinquanta; vi era un cardinale, quattro prelati, alcuni parrochi, diversi frati, il resto tutti preti, eccettuato me che era il solo chierico.

La chiesa e casa annessa di S. Eusebio donata ai Padri Gesuiti da Leone XII, è situata sul monte Esquilino, e cuopre una gran parte degli avanzi delle terme di Gordiano. Il convento o casa è stata da que’ buoni Padri destinata al ritiro per quelle persone pie che desiderano fare gli esercizi di S. Ignazio; e più volte all’anno que’ buoni Padri riempiono quella casa di persone, che per la tenue spesa di trentacinque paoli sono ammessi in essa per dieci giorni a fare que’ pii esercizi sotto la direzione de’ Padri. Nella tua religione non vi sono cotali cose, e perciò voglio descriverti con qualche precisione questi esercizi, acciò tu possa avere una idea dei vantaggi infiniti che noi Cattolici abbiamo sopra i Protestanti.

Almeno otto giorni prima del giorno stabilito per l’ingresso, bisogna presentarsi ai Padri, e provvedersi del biglietto: que’ buoni Padri vogliono sapere qualche giorno prima chi sono coloro che desiderano fare i santi esercizi, acciocchè possano informarsi intorno a quelle persone; e ciò nel santo scopo di poter meglio dirigere le coscienze. Inoltre, vogliono essere sicuri, ed han ragione, che coloro che vanno agli esercizi sieno persone come si deve, e non vi vadano per fini cattivi.

Appena messo il piede nella pia casa, due Padri con religiosa cortesia vi ricevono, ed un servo prende il vostro piccolo bagaglio, e vi conduce nella celletta che vi è destinata: già il vostro nome è stampato a grosse lettere e messo in elegante quadretto sulla porta della vostra cella, la quale è netta, ma assai semplicemente mobiliata. Un letto discretamente comodo, un piccolo tavolino con l’occorrente per scrivere, due sedie di paglia, un genuflessorio, una acquasantiera, un Crocifisso, ed un cartone sul quale sono incollati i regolamenti da osservarsi; ecco tutta la mobilia di quella cella.
Una mezz’ora circa dopo l’ingresso, viene nella camera uno dei Padri, e con le più amorevoli parole s’informa della vostra salute, e con le maniere le più civili e le più amorevoli, s’informa de’ motivi che vi hanno spinto a fare que’ santi esercizi: e ciò al santo fine di poter meglio dirigere la vostra coscienza. Finita questa prima visita che è fatta a tutti, suona la campana che chiama tutti alla cappella.

La cappella è situata nel centro della casa: quattro lunghi corridoi ove sono le camere, finiscono come a centro alla cappella. Essa è dedicata alla Vergine, ed il quadro dell’altare la rappresenta seduta sopra una nuvola, col bambino Gesù sul braccio sinistro, mentre con la destra porge a S. Ignazio il libro degli esercizi spirituali (Nota 3. - Il libro degli esercizi di S. Ignazio). Nel centro della cappella, sopra un tappeto verde disteso sul pavimento, sta un grande Crocifisso di rame, e ciascuno, entrando nella cappella, prima di andare al suo posto, si prostra innanzi a quel Crocifisso e lo bacia. Quando tutti sono al posto, entra un Padre, e va a sedersi nel seggiolone preparato sulla predella dell’altare, ed incomincia il discorso di introduzione. Il soggetto di quella predica d’introduzione fu preso dal vers. 31 del capo VI, di S. Marco: "Venite voi in disparte in qualche luogo solitario, e riposatevi un poco." Con quel testo, il buon Padre dimostrò la necessità assoluta per ogni Cristiano, e specialmente per ogni ecclesiastico, di ritirarsi ne’ santi esercizi; perchè Gesù Cristo stesso li fece ne’ quaranta giorni che fu nel deserto, perchè ordinò agli Apostoli di farli, come apparisce chiaro dal testo: quindi disse che tutti gli eccessi ne’ quali cadde il clero nel medio evo, erano cagionati perchè si era smessa la pratica de’ santi esercizi; e perciò Dio suscitò S. Ignazio a proporli di nuovo, ma con un metodo migliore; e la santa Chiesa li ha grandemente raccomandati. Passò quindi a dare le regole per farli con profitto (Nota 4. - Gli esercizi sono un mezzo potente per iscoprire i segreti), e parlò fino a che alcuni tocchi della campana lo avvisarono che poteva cessare.

Per una circostanza impreveduta, venni poi a sapere il significato di que’ tocchi della campanella, ed ecco quale è. Nel tempo della predica, que’ buoni Padri, zelanti della maggior gloria di Dio e del bene delle anime, fanno il giro di tutte le camere, e visitano i bagagli di tutti, non già per togliere cosa alcuna, ma solo per sapere quali carte, quali libri, quali oggetti l’esercitante ha con sé; quali cose egli scriva; e ciò onde essere bene illuminati per poter regolare la di lui coscienza. Vedi che questa è una santa industria diretta al bene di coloro che fanno i santi esercizi. I tocchi della campanella sono per avvisare il Padre che la visita è finita. Dopo la predica, ciascuno va nella sua camera, e trova sul suo genuflessorio una lucernina di ottone con un sol becco, ed un libretto stampato a grossi caratteri ove è il compendio della predica fatta; il quale compendio di ogni predica si trova poi ogni volta che dalla predica si va in camera. Da questo vedi la sapienza de’ Padri, che non lasciano al predicatore la libertà di dire ciò che vuole, ma lo obbligano a dire le cose approvate da’ vecchi. Dopo una mezz’ora che deve essere occupata nella meditazione, si va alla cena comune.

Durante il pranzo e la cena, uno de’ Padri legge l’ammirabile origine degli esercizi di S. Ignazio, le meravigliose conversioni in essi avvenute, ed i miracoli co’ quali Iddio ha voluto manifestare il suo aggradimento e la sua approvazione di quelli esercizi; tutte cose raccolte e pubblicate dal P. Carlo Gregorio Rosignoli. Dopo la cena, si torna in silenzio, ciascuno nella sua camera, ed allora tutti i buoni Padri sono in moto per visitare tutti, e trattenersi in santa conversazione con essi sulle cose di coscienza. La serata finisce con l’esame di coscienza che si fa in comune nella cappella sotto la direzione dei Padri.

Il giorno dopo, che a propriamente parlare è il primo giorno degli esercizi, è destinato interamente alla meditazione e spiegazione della grande massima chiamata da S. Ignazio il fondamento della vita cristiana, perchè essa è veramente la base di tutto l’edifizio religioso (Nota 5. - Fondamento del Cristianesimo); massima che ha dati tanti santi alla Chiesa, e che è il principio fondamentale di tutte le azioni de’ buoni Padri. La massima è questa: "L’uomo è stato creato acciò lodi e riverisca il suo Signore e il suo Dio, e che servendolo salvi la sua anima." Nella traduzione antica diceva: "E che servendolo sia finalmente salvato:" ma il piissimo P. Rootan, generale de’ Gesuiti, ha corretta l’antica traduzione sopra l’autografo spagnolo, quello stesso che la Vergine donò a S. Ignazio in Manresa, il quale dice: "Salvi l’anima sua" (Nota 6. - La versione degli esercizi del P. Rootan). Prosegue a dire S. Ignazio che "tutte le cose che sono sulla terra, sono state create a cagione dell’uomo; affinchè esse lo aiutino a conseguire il fine della creazione." Vedi come l’uomo è nobilitato!

Da questo principio S. Ignazio trae due conseguenze, la prima che "dobbiamo servirci od astenerci dalle cose create, inquantochè esse ci sono giovevoli o dannose per conseguire il nostro fine;" la seconda che dobbiamo essere indifferenti nella scelta delle cose create, le quali non sono che mezzi per giungere al fine; quindi nella scelta de’ mezzi non dobbiamo fantasticare sul loro intrinseco valore; ma dobbiamo soltanto vedere se i mezzi che scegliamo ci conducono o no al fine. Il Cristiano non deve considerare quelle cose come le considerano i mondani che capiscono poco o nulla delle cose spirituali; ma deve guardare unicamente a scegliere que’ mezzi che meglio conducono al conseguimento del fine. Sopra questa massima fondamentale ci fanno quattro lunghe prediche, e ti assicuro che non sono di troppo per isvellere quel pregiudizio che la nostra superbia ha radicato nel nostro cuore; di volere cioè giudicare i mezzi in loro stessi, e non piuttosto giudicarli in relazione col fine.

Difatti io aveva molte difficoltà per ammettere totalmente il principio di S. Ignazio: a me pareva che la salvezza dell’anima fosse una grazia di Dio; che il servire al Signore fosse un effetto della grazia; quindi non comprendeva come la salvezza dell’anima fosse l’effetto del mio servigio prestato al Signore. A me pareva che S. Ignazio avesse dovuto parlare di grazia e di amore; eppure non trovava nulla di ciò.

Secondo i regolamenti, posi in iscritto le mie difficoltà, e le consegnai al P. Direttore. La sera venne da me un Padre venerando, avendo in mano la carta da me scritta, e mi parlò in questi sensi: "Si vede bene, mi diceva sorridendo, che soffrite ancora le influenze di Ginevra: i vostri Calvinisti portano tutte le cose all’eccesso, e la loro rigoristica influenza si fa sentire anche sulla popolazione cattolica; ma vi si porrà rimedio.
Intanto, figlio mio, apprendete che la verità come la virtù non istà negli estremi: il giusto mezzo, ecco la grande dottrina che concilia tutto. Rammentate le dottrine teologiche che avete apprese dal nostro P. Perrone, ed ogni vostra difficoltà svanisce. Voi sapete che la giustificazione, la quale è il principio della nostra salvezza, è una grazia; ma non è una grazia interamente gratuita: per riceverla, bisogna che l’uomo vi si disponga, e che la meriti se non de condigno almeno de congruo (Nota 7. -
Cosa vuol dire de congruo e de condigno): vi dovete ricordare che il concilio di Trento, nella sessione VI al canone nono, fulmina l’anatema contro i protestanti che insegnano l’uomo essere giustificato per la fede e non per le opere. Rammentate la dottrina del nostro Cardinal Bellarmino, il quale, comentando il capitolo citato del concilio di Trento, dice nel suo libro I della giustificazione capo 13, che la giustificazione bisogna che trovi nell’uomo sette disposizioni, cioè la fede, il timore, la speranza, l’amor di Dio, la penitenza, l’odio al peccato, ed il proposito di ricevere i sacramenti.
Voi sapete che la giustificazione, può e deve essere da noi aumentata per la mortificazione e per la osservanza de’ comandamenti di Dio e della Chiesa, come insegna il concilio di Trento alla sessione VI capo 10. Con queste considerazioni tutte le vostre difficoltà svaniscono: la salvezza dell’anima, in un certo senso, è una grazia, sebbene noi possiamo e dobbiamo meritarla; è grazia, perchè è un favore di Dio; ma essa dipende da noi, in quanto che noi ci disponiamo per ricevere la giustificazione, e ricevutala ne procuriamo l’aumento fino al conseguimento della vita eterna. Vedete dunque con quanta ragione S. Ignazio insegna che noi salviamo l’anima nostra servendo a Dio. In quanto poi all’amore, se S. Ignazio non lo nomina, non lo esclude neppure. Ma qui, continuò il buon Padre, voglio darvi un avvertimento: il libro degli esercizi è stato dato a S. Ignazio dalla S. Vergine con le stesse sue mani, come si vede nel quadro della cappella; è dunque una rivelazione divina: quindi bisogna guardarsi bene di non spingere tropp’oltre la critica: meno discussione, figliuol mio, e più sottomissione."

Non puoi credere quanto bene mi facessero le parole del P. Direttore. Imposi selenzio a Satana che suggeriva alla mia mente tutte quelle difficoltà; e d’allora in poi mi posi con tutta docilità ad attingere nel libro del S. Patriarca la sua celeste dottrina.

Il terzo giorno, le meditazioni sono: la prima sul peccato degli angeli, la seconda sul peccato di Adamo, la terza sui peccati degli uomini; applicando sempre la grande massima del fondamento che cioè il peccato è una deviazione dal fine, e che esso consiste specialmente nello scegliere male i mezzi per raggiungerlo. Quel giorno ed i due che seguono sono destinati ad incutere al peccatore un terrore salutare: quindi tutto è ordinato a quellon scopo. Le imposte delle finestre sono quasi interamente chiuse, e non si lascia penetrare nella camera che pochissima luce quanta ne basti per non urtare: ciò ti sembrerà una piccolezza; ma quella solitudine, quel silenzio, quella oscurità, unita alle tetre idee delle meditazioni, atterrisce in guisa che ti senti spinto ad aprire tosto tutta la tua coscienza ai buoni Padri. Oltre a ciò, il regolamento prescrive di mortificarsi nel vitto e nel sonno. Tutte queste cose insieme santamente combinate, producono un tale fervore, al quale difficilmente si resiste.

Nel quarto giorno, si continuò la meditazione sopra oggetti di santo terrore: si meditò sopra la morte ed il giudizio. E qui voglio raccontarti un piccolo aneddoto che ti dimostrerà la santa industria che adoperano i buoni Padri, per far restare impresse nella mente quelle sante massime. Tornato in camera pieno di fervore dopo la prima meditazione della mattina che era stata sulla morte, andai a gettarmi in ginocchio sul mio genuflessorio, e chinai con grande veemenza la fronte per pregare, ma fui respinto da un forte colpo cagionato dall’urto della mia fronte contro un corpo duro che era stato posto sopra il mio genuflessorio: sbalordito guardo, ed immagina quale fu il mio terrore nell’avvedermi di aver cozzato con la fronte contro un teschio, posto colà affinchè si avesse la immagine parlante della morte. Dopo la seconda predica sullo stesso soggetto, andai al genuflessorio con maggiore cautela; ma, invece del teschio, trovo una immagine colorita incollata sopra un cartone: era la immagine di un cadavere in piena dissoluzione: i ratti correvano da tutti i lati a saziarsi di quelle carni putrefatte, le membra cadevano dislogate, ed i vermi brulicavano su quel cadavere: sotto la immagine vi era il motto: "Quale io sono tu sarai." Io sfido il cuore più duro a resistere a tante scosse. Dopo la predica dell’inferno, si trova la immagine di un’anima dannata circondata da fiamme, da demoni, da serpenti, e da mostri di ogni specie che la tormentano.

Il quinto giorno, le prediche furono sul giudizio particolare, sul giudizio universale, e sul giudizio che Gesù Cristo farà in particolar modo sugli ecclesiastici: e ti assicuro che quelle prediche non furono le meno spaventose. Intanto in que’ giorni di spavento, i buoni Padri vanno ad ascoltare le confessioni degli esercitanti, ed ognuno si dispone a fare la confessione generale di tutta la sua vita incominciando dalla fanciullezza.

Il sesto giorno, s’incomincia un nuovo metodo: le imposte delle finestre sono più aperte per dare maggior luce, i corridoi stessi sono più illuminati, si sospendono tutte le mortificazioni, e la tavola è più delicata. La grande meditazione delle due bandiere e le sue conseguenze occupano quella giornata, nella quale si fa particolarmente l’applicazione della gran massima del fondamento; ed in questa giornata, per chi bene lo comprende, sta lo sviluppo della gran macchina spirituale de’ santi esercizi. Nella meditazione delle due bandiere, S. Ignazio conduce il Cristiano prima ne’ campi di Damasco, ove Dio creò l’uomo (Nota 8. - Dove fu creato Adamo), e gli fa vedere Gesù che inalberando la sua croce invita gli uomini a seguirlo nella via delle annegazioni, della umiltà, e della penitenza; ma pochissimi sono coloro che lo seguono. Quindi, con slancio veramente ispirato, trasporta l’uomo ne’ vasti campi di Babilonia, ed ivi fa vedere Satana seduto sopra una cattedra di fuoco e di fumo, che chiama gli uomini a seguirlo per la via dei piaceri, e molti lo seguono. L’uomo deve militare sotto uno di questi capitani, arruolarsi sotto una di queste due bandiere: ebbene allora l’esercitante si figura là in mezzo sul punto di scegliere (Nota 9. - La meditazione delle due bandiere). Oh caro Eugenio, qual punto solenne della mia vita è stato quel giorno! Quel giorno è giorno di esaltazione di spirito, e Dio si fa sentire sensibilmente in tutti.

Dopo la predica, si va in camera, e tutti i buoni Padri sono in moto per visitare tutti e così mantenere il fervore. In quel giorno, si fa il così detto esercizio della elezione; ed ecco in che esso consiste. O voi siete già in uno stato fisso ed immutabile, come per esempio i preti; o non avete ancora definitivamente eletto, come era io: in amendue i casi, dovete fare il vostro esercizio di elezione, e si fa così. Si divide un foglio in tre colonne: nella prima si scrivono le ragioni che avete, o che avete avute, per iscegliere quello stato in cui siete o desiderate di essere; nella seconda, le ragioni che vi fanno o vi farebbero essere contento di quello stato; nella terza, le ragioni contrarie. Quel foglio deve essere, in una parola, lo stato della vostra coscienza, per sentire il consiglio de’ buoni Padri, i quali nella loro esperienza vi dirigono nella elezione. Se si consegna quello scritto al P. Direttore, come quasi tutti fanno, ciò è perchè esso possa conoscere bene lo stato delle coscienze, e d’altronde egli lo riceve sotto il suggello della confessione, e, dopo che lo ha letto, lo brucia.

E qui voglio ribattere un’altra calunnia che si dà a quei buoni Padri, che cioè la casa di S. Eusebio sia come il visco per impaniare i giovani, e farli Gesuiti. Falso, caro amico, falsissimo; ed io ne ho la prova.
Io, per esempio, aveva eletto di farmi Gesuita, parendomi quello il mezzo più sicuro di salvarmi: ma il P. Direttore mi fece osservare che io non aveva bene scelto il mezzo che conducesse alla maggior gloria di Dio; ma mi ero lasciato sedurre dal mio egoismo. "La maggior gloria di Dio esige, mi diceva egli, che voi torniate nella vostra patria: là Dio vi apre un vasto campo; ed essendo Gesuita non vi potreste tornare. Siate dunque Gesuita di cuore, e non di abito; mantenete la nostra amicizia, lasciatevi dirigere da noi; ma tornate in patria semplice prete, e Dio ne sarà maggiormente glorificato."

Dopo questo giorno così solenne, il resto degli esercizi non è più così interessante. Nel settimo giorno, si medita tutta la vita di Gesù Cristo in compendio; perchè sia il modello della vita del Cristiano, e specialmente del sacerdote; nell’ottavo giorno, si medita la sua passione e morte; nel nono, la risurrezione, la ascensione, e la discesa dello Spirito Santo.

Nel decimo, vi è una sola predica sull’amor di Dio.

La mattina del decimo giorno, venne a dirci la messa il R. P. Generale, e ci fece una pia esortazione sulla divozione al Sacro Cuor di Maria (Nota 10. - Cuori di Gesù e di Maria), e sull’obbligo che hanno tutti gli ecclesiastici di propagare una tale divozione. Dopo ciò fummo accomiatati da que’ buoni Padri con le lacrime agli occhi.

Vedi, mio caro Eugenio, con quali sante industrie quei buoni Padri cercano la salute delle anime e la gloria di Dio? I tuoi Calvinisti o Metodisti non fanno nulla di somigliante. Io sono uscito da quella santa casa un tutt’altro uomo di quello che vi era entrato: vorrei che tutti gli uomini fossero cattolici; e, per quanto è in me, farò quanto posso per la conversione specialmente de’ Protestanti. Anzi Dio mi ha messo già sulle traccie di un ministro anglicano, ed ho già incominciata con lui l’opera della conversione, e ne spero assai bene. Nella prossima lettera ti dirò come mi sono incontrato con lui, e quale è il risultato della discussione incominciata.

Addio, caro Eugenio, ama sempre il tuo


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Il libero esame degli Evangelici

Il libero esame degli Evangelici

Nota 1. alla lettera prima di Roma Papale 1882

La dottrina del libero esame, alla quale fa allusione il nostro Enrico, è il grande spauracchio de' teologi romani: secondo essi il libero esame consisterebbe in questo. I Protestanti, ricusando il magistero della Chiesa romana, han preso per unica autorità infallibile la Bibbia: ma siccome la Bibbia ha bisogno di essere interpretata, ed essi non hanno nella loro Chiesa il magistero infallibile, hanno proclamata la dottrina del libero esame, che cioè ogni individuo ha il diritto d'interpretare la Bibbia a suo modo: e così in forza di cotesto libero esame vi sono fra' Protestanti tante religioni quanti vi sono individui che vogliono usare del loro diritto. Certo, se tale fosse la dottrina del libero esame come la espongono i teologi romani, essa sarebbe una assurda empietà. Una tale dottrina potrà essere quella de' razionalisti; ma è condannata da tutti i Cristiani evangelici.

Il libero esame pe' Cristiani evangelici consiste in questo. Essi partono dal principio che la Bibbia è parola di Dio; che essa, come dice S. Gregorio M., è la lettera dell'Onnipotente alla sua creatura: o meglio ancora, secondo S. Paolo (2 Tim. III, 16), che essa è divinamente ispirata, ed utile ad insegnare, ad arguire, a correggere, e ad ammaestrare in giustizia: da tale principio, essi concludono che la S. Scrittura è chiara e non ha bisogno di alcuna interpretazione, almeno in tutto quello che è necessario a salvezza; quindi non vogliono riconoscere un preteso infallibile tribunale per interpretarla, essendochè essa è chiara nelle cose necessarie a salute. Nelle cose poi di minore importanza, vi possono essere divergenze di pareri: ebbene in que' casi, essi credono che, invece di andare a cercare l'impossibile, cioè l'infallibile fra gli uomini, si debba fare quello che insegna lo Spirito Santo (Giac. I, 5), che cioè, "se alcuno manca di sapienza, chieggala a Dio, che dona a tutti liberalmente, e non fa onta, e gli sarà donata. "Il libero esame dunque de' Cristiani evangelici consiste in questo. La Bibbia è per essi non suprema, ma unica autorità divina, essi credono che Dio non ha chiamati i Cristiani ad interpretare la sua parola, ma alla obbedienza della fede: il servo, essi dicono, non deve occuparsi ad interpretare gli ordini del suo Signore per poi fare quello che a lui pare, ma deve fedelmente eseguirli. Quando nelle cose essenziali a salvezza tutto è chiaro, non vi è bisogno d'interpretazione: nelle altre cose, essi ricorrono allo Spirito Santo autore della Bibbia: inoltre, ricercano nella stessa Bibbia i passi paralleli più chiari, per poter con questi interpretare i passi che sembrano oscuri. Ecco il libero esame de' Cristiani evangelici.

Da ciò nasce fra gli Evangelici una divergenza nelle questioni secondarie e di forma: ma quanto alle cose necessarie a salvezza, tutti i Cristiani sono concordi. Una tale divergenza costituisce le diverse denominazioni; ma non fa diverse religioni. Difatti tutti i Cristiani evangelici, a qualunque denominazione appartengano, si riconoscono per fratelli in Gesù Cristo, e si uniscono insieme a pregare, ad edificarsi, ed anche nella cena del Signore, come accade nella alleanza evangelica composta di tutti i Cristiani di tutte le denominazioni. E questa unità, nella diversità in cose secondarie, forma il più bel pregio della unità cristiana.


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17/12/2008 18:23
 
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Spiegazione del compelle entrare

Spiegazione del compelle entrare

Nota 2. alla lettera prima di Roma Papale 1882

Questo passo è uno di quelli de' quali si fa il più grande abuso: è su di esso che basa tutta la intolleranza religiosa, dal dispregio di coloro che in materia religiosa non pensano come voi, fino ai roghi della inquisizione. È di questo passo che si sono serviti come di arma offensiva e difensiva i preti intolleranti di tutti i secoli e di tutti i paesi. Ma hanno essi ragione? Il Vangelo giustifica la persecuzione religiosa? Giammai: esso comanda l'amore, non l'odio; esso ordina di far bene, giammai di far male; esso dice: "Beati i pacifici," e non coloro che cercano la guerra; "Beati i perseguitati," non i persecutori: esso ci ordina di benedire coloro che ci maledicono, e di pregare per coloro che ci perseguitano; esso ordina a' suoi discepoli che se sono perseguitati in una città, fuggano in un'altra; esso sgrida a' suoi discepoli che gli domandavano il permesso di fare un miracolo contro coloro che non avevano voluto riceverli (Luc. IX, 55). Se dunque nel passo citato il Signore ordinasse la intolleranza, Egli sarebbe in contraddizione con se stesso. Ecco come i teologi romani si servono del Vangelo! Purchè i loro interessi sien salvi, poco loro importa di porre il Vangelo in contraddizione, e dare così le armi in mano agli'increduli per impugnarlo.

Ma che significa dunque quel passo, poichè egli è certo che il Signore dice: "Costringili ad entrare?" Se invece di prendere la frase isolata, si considera con quello che la precede, si vedrà che colà si parla d'invito pressante, di coazione morale, non fisica. Il padrone di casa aveva preparato un convito, gl'invitati non erano andati: egli manda il suo servo ad invitare tutti i poveri acciò andassero a mangiare il suo desinare; e gli dice: "Costringili ad entrare:" egli è chiaro che i poveri accattoni storpi, ec., non potevano alla prima credere all'invito; per ciò il servo doveva persuaderli ad andarci: ecco il senso vero e naturale di quel "Costringili ad entrare;" come diciamo noi sovente che siamo stati costretti, sforzati ad andare in qualche luogo, quando per le istanze di un amico siamo stati persuasi ad andarvi.


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Il libro degli esercizi di S. Ignazio

Il libro degli esercizi di S. Ignazio

Nota 3. alla lettera prima di Roma Papale 1882

Gli autori gesuiti sostengono che il libro degli esercizi di S. Ignazio è un libro divinamente ispirato e dato a S. Ignazio dalla Vergine Maria nella grotta di Manresa. P. Lancisio opusc. 18, cap. 5. P. Carlo Gregorio Rosignoli: Notizie memorabili degli esercizi spirituali, cap. 1, lib. 1. P. Ludovico da Ponte. P. Luigi Belloccio Medulla asceseos nella introduzione; e molti altri.

Il libro degli esercizi di S. Ignazio fu scritto in spagnuolo nel 1522; e, dopo di essere stato per ventisei anni nascosto, fu pubblicato in Roma nel 1548. Papa Paolo III lo approvò. Il P. Ludovico da Ponte assicura che Dio rivelò a S. Ignazio quel libro, e che la S. Vergine lo aiutò a scriverlo, e gliene diede la intelligenza. Un secolo dopo, Costantino Gaetano, monaco Benedettino, pubblicò un libro nel quale provò che il libro degli esercizi si S. Ignazio non solo non era rivelato da Dio, ma non era neppure opera di S. Ignazio; che quel libro era opera di un altro Benedettino per nome Grazia Cisneros, e che S. Ignazio era stato un plagiario.

L'audacia del Benedettino fu eccessiva: quand'anche avesse avuto ragioni da vendere, egli aveva torto; perchè due papi avevano parlato in senso contrario. Paolo III approvando il libro degli esercizi aveva detto ch'esso era di S. Ignazio; e Gregorio XV aveva detto lo stesso. I Benedettini, per non attirare sopra loro le ire de' papi e de' Gesuiti già potenti, in un capitolo generale che tennero in Ravenna nel 1644, condannarono il libro del loro confratello. Ed affinchè la questione non avesse più a rinnuovarsi, papa Innocenzo X fece mettere nel Breviario romano che quel libro è veramente di S. Ignazio.

Il celebre teologo Domenicano Melchiore Cano nel 1553 aveva denunziato quel libro all'arcivescovo di Toledo, come pieno di errori, e ne domandava la condanna; ma non riuscì nell'intento.


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Gli esercizi sono un mezzo potente per iscoprire i segreti

Gli esercizi sono un mezzo potente per iscoprire i segreti

Nota 4. alla lettera prima di Roma Papale 1882

La confessione è un gran mezzo in mano de' preti per dominare; ma per i Gesuiti la confessione non basta. Essi non si accontentano di sapere le cattive azioni ed i cattivi pensieri che il Cattolico è obbligato a manifestare al confessore: ma essi vogliono vedere tutto l'interno dell'uomo che si mette nelle loro mani. E siccome sarebbe cosa troppo sfacciata, e di non generale riuscita, venire a capo di tale cosa per via d'interrogazioni; così essi hanno inventati i santi esercizi, che nelle loro mani sono un mezzo efficacissimo di rendersi padroni della coscienza di coloro che vi si sottomettono. S. Ignazio ha dato il libro degli esercizi; ed i Gesuiti vi hanno aggiunto il Direttorio. Nel primo capitolo generale de' Gesuiti, essi videro la utilità degli esercizi per i santi loro fini, e videro la necessità di dare ed essi una direzione tale che raggiungesse infallantemente il loro scopo; quindi ordinarono che si facesse un libro di regole da osservarsi negli esercizi, che chiamarono il Direttorio. La commissione a ciò destinata fece il libro, il quale fu mandato a tutti i Gesuiti del mondo, acciò ognuno vi facesse le sue osservazioni. Per parecchi anni i Gesuiti si occuparono di quel lavoro; finalmente nel quinto capitolo generale venne alla luce, e fu approvato. Ma quel libro non è pubblico, nè si trova a comperare: è riserbato ai soli Padri. Vi sono le regole pei Direttori, e quelle ci sono affatto sconosciute: vi sono le regole che si danno a coloro che fanno gli esercizi; e di queste ne citeremo soltanto alcune.

1. Nella camera di colui che fa gli esercizi non vi deve essere cosa alcuna che possa distrarlo; non sono permessi neppure libri.2. Colui che fa gli esercizi deve avere sul tavolino due quaderni, nell'uno de' quali deve scrivere tutti i lumi che riceve da Dio; nell'altro tutti i proponimenti che fa. "Questa regola, dice il Direttorio, è interessantissima; perchè i lumi sono tante gemme preziose che Dio ci dà, e noi non dobbiamo esporci a perderle." Il prudente lettore comprende bene, che cotali gemme sono per i Padri, i quali, nella visita che fanno alle camere mentre si sta alla predica, le vanno leggendo, e così comprendono l'interno di ciascuno.3. Questa regola la tradurremo letteralmente dal Direttorio latino; perchè essa è assai importante: "Per quanto colui che fa gli esercizi sia prudente, dotto, ed esercitato nelle cose da farsi, pure, per il tempo degli esercizi, non confidi nella sua prudenza, nè nella sua dottrina, ma confidi interamente nel suo Direttore. Riguardi dunque il suo Direttore come un istrumento di Dio, mandato da Lui acciò lo diriga, quindi non gli nasconda nulla, e non dissimuli nulla; ma gli apra sinceramente tutto il suo cuore, e lo obbedisca perfettamente in tutte le cose… si persuada insomma che quanto più diligentemente e esattamente si lascerà da lui condurre, tanto più si renderà atto a ricevere maggiori grazie da Dio."

4. È vietato nel tempo degli esercizi di parlare con chicchessia, salvo che col P. Direttore, che è uno dei Padri che vi è destinato. Tutte le altre regole tendono all'annullamento dell'uomo per metterlo tutto intero nelle mani del Direttore.


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Fondamento del Cristianesimo

Fondamento del Cristianesimo

Nota 5. alla lettera prima di Roma Papale 1882

Il fondamento della vita Cristiana è Gesù Cristo. S. Paolo (1 Cor. III, 10, 11) dice: "Io, secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come savio architetto ho posto il fondamento… Niuno può porre altro fondamento che quello che è stato posto, il quale è Gesù Cristo." Ecco l'unico fondamento del Cristianesimo! Ma il fondamento del Gesuitismo è quest'altro: "tutti i mezzi son buoni, purchè conducano al fine."


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La versione degli esercizi del P. Rootan

La versione degli esercizi del P. Rootan

Nota 6. alla lettera prima di Roma Papale 1882

Il libro degli esercizi di S. Ignazio è scritto in lingua spagnuola nel suo originale; ma i Gesuiti lo tradussero in latino, e quella traduzione fu approvata in un capitolo generale, e fu proibito di farne altra traduzione. L'ultimo generale dei Gesuiti, il P. Rootan, diceva di avere trovato l'autografo spagnuolo e ne fece una traduzione nuova, che arricchì di note e pubblicò in Roma in un volume in ottavo grande. Però la traduzione del P. Rootan non si vendeva: egli la aveva riserbata tutta per sé, per distribuirla ai Padri Direttori, ed a qualche persona affezionata alla compagnia. Quando il P. Rootan regalò una copia della sua traduzione all'autore di questo libro, gli disse che la custodisse gelosamente perchè egli non la lasciava vedere che agli amici, e che l'avea negata a qualche cardinale che gliela avea domandata. L'autore non prevedendo l'uso che avrebbe potuto fare di quel libro, lo ha lasciato con tutti gli altri suoi libri in Roma.

La versione antica dice: Creatus est homo ad hunc finem, ut Dominum Deum suum laudet ac revereatur, eique serviens, tandem salvus fiat.

La versione del P. Rootan dice: Creatus est homo ad hoc, ut serviat, et reverentiam exhibeat Domino Deo suo, et ei serviens salvet animam suam.

Nella prima versione vi è il semipelagianismo; ma nella seconda vi è il pelagianismo puro. Perchè questa essenziale differenza fra la prima e la seconda versione? Perché, quando si fece la prima, si agitavano le famose questioni sulla grazia, e se i Gesuiti avessero messa fuori una tale traduzione, di un libro che per loro fa testo, sarebbero stati infallantemente condannati; ma i tempi del P. Rootan, che la dottrina pelagiana trionfa nella teologia gesuitica impunemente, non vi era più tale pericolo. Ecco un saggio della buonafede gesuitica!


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Cosa vuol dire de congruo e de condigno

Cosa vuol dire de congruo e de condigno

Nota 7. alla lettera prima di Roma Papale 1882

Chi non conosce la teologia romana non può comprendere il senso di queste barbare parole de congruo, de condigno: meritare qualche cosa de condigno, vuol dire meritarla per giustizia; meritare de congruo, è quando si merita un premio non per giustizia rigorosa, ma che pur si deve avere per equità. I teologi adducono l'esempio del soldato, il quale merita la sua paga ed il suo rancio de condigno; ma la medaglia al valor militare, per esempio, la merita soltanto de congruo. Questa dottrina è applicata alla giustificazione, la quale, secondo i teologi romani, si merita de congruo.

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Dove fu creato Adamo

Dove fu creato Adamo

Nota 8. alla lettera prima di Roma Papale 1882

Fra le altre inutili questioni delle quali i comentatori riempiono i loro grossi volumi, si fa anche questa: "Dove Adamo fu creato?" Alcuni sostengono che fosse nel luogo dove poi fu fabbricata la città di Damasco. Ma il P. Calmet, nel suo comentario sulla Genesi, confuta quella opinione, e sostiene che Adamo fu creato nell'Armenia. Questione veramente interessante per la istruzione e per la edificazione.

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La meditazione delle due bandiere

La meditazione delle due bandiere

Nota 9. alla lettera prima di Roma Papale 1882

Bisogna essere giusti anche coi propri avversari. La meditazione delle due bandiere non è data da S. Ignazio nello scopo di eccitare il Cristiano a scegliere fra Cristo e Satana: questa sarebbe una empietà. Eppure è in questo modo che quasi tutti i predicatori di esercizi al popolo propongono quella meditazione, ed eccitano il popolo, da essi chiamato cristiano, a scegliere fra Cristo e Satana. Non è così che S. Ignazio intende quella meditazione, nè così la spiegano i Gesuiti. La meditazione delle due bandiere, secondo S. Ignazio, ha questo scopo: mostrare gli sforzi che fa Satana contro Cristo; mostrare da quanti apostoli Satana è aiutato, e da quanti pochi apostoli è secondato Gesù Cristo; e così eccitare coloro che fanno gli esercizi, e che si suppone che già seguano Cristo (la qual cosa non si pone in questione), a darsi alla vita apostolica, per combattere a favore di Cristo contro Satana. Secondo la spiegazione de' Gesuiti, questa meditazione conduce a far proseliti alla compagnia, è vero; ma non vi pone fra Cristo e Satana lasciandovi liberi di scegliere l'uno o l'altro, come fanno quasi tutti i predicatori, lo che è una vera empietà.


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17/12/2008 18:28
 
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Cuori di Gesù e di Maria

Cuori di Gesù e di Maria

Nota 10. alla lettera prima di Roma Papale 1882

Nel secolo passato, i Gesuiti, specialmente dopo la loro soppressione come ordine religioso, inventarono e propagarono la divozione al sacro cuore di Gesù. Il loro scopo apparente era la divozione; ma lo scopo reale era di formare di cotale divozione il punto centrale de' loro affigliati. Monsignor Scipione de' Ricci vescovo di Pistoia dice nelle sue memorie manoscritte: "È noto ad ognuno, ed una funesta esperienza lo ha fatto forse troppo conoscere nelle attuali turbolenze di Europa, quanto si sono maneggiati i Gesuiti coll'appoggio del presente Pontefice romano Pio VI, per ristabilirsi in corpo. Opportuno centro e punto di riunione hanno valutato per tale oggetto il culto del cuore di Gesù, e però lo hanno in tutti i modi e con tante arti promosso." Ora poi che i Gesuiti sono ristabiliti, hanno lasciata alle donne la divozione al sacro cuore di Gesù, e per gli uomini, e specialmente pe' preti, promuovono la divozione al sacro cuore di Maria. Il Padre P. Roothan era fanatico per una cotale divozione.

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