Nota 9. - Il crocchio.
Il crocchio italianamente significa una adunanza privata di più persone fatta nello scopo di parlare fra loro. I parrochi di Roma si raunano a crocchio ogni giovedì mattina, eccettuati i giovedì di quaresima. Il crocchio si fa per turno nella casa di uno di loro, ed è distribuito in modo che ogni parroco debba ricevere i suoi colleghi una volta all’anno. Quello nella casa del quale si fa il crocchio deve dare a tutti i suoi colleghi la colezione, che consiste in caffè, latte e cioccolata. Nel crocchio non sono ammessi altri, benchè preti, che non sieno parrochi. In essi si dànno e si ricevono scambievolmente tutte le informazioni riguardo alle donne di cattiva vita che da una parrocchia passano ad un’altra, riguardo a persone sospette o sconosciute; qualche volta si parla anche del come regolarsi in alcuni casi parrocchiali. Questa istituzione è buona; essa serve a mantenere i parrochi in comunicazione fra loro; e, se essa fosse diretta ad uno scopo spirituale, potrebbe essere utilissima.
Nota 10. - Parrochi bastonati.
In prova di quello che qui accenna il nostro parroco, addurremo alcuni pochi fatti accaduti in Roma al nostro tempo.
Il P. Jacobini, parroco de’ SS. Vincenzo ed Anastasio a Trevi, fu avvisato da una delle sue devote spie che nel pianterreno della casa A. in via Rasella era andata ad abitare una donna di cattiva vita: egli la notte andò per verificare la cosa, e, giunto pian pianino alla porta della casa indicatagli, si pose a guardare dal buco della toppa. Realmente un uomo era dentro; ma il compagno era in una porta di una casa vicina aspettando, e si teneva celato per non essere veduto. Quando vide il parroco in quella postura, andò pian pianino dietro a lui ed appoggiò sulla nuca del parroco un colpo così forte, che questi urtò di gran forza col viso contro la porta, e ne riportò contusioni e ferite. L’uomo che era dentro credendo che fosse la forza, corse ad aprire, e vedendo che invece era un prete gli diè il resto; e male sarebbe finita per il mal capitato parroco, se non si fosse raccomandato alle gambe.
Il parroco di S. Maria in Traspontina una notte travestito volle andare a sorprendere una sua parrocchiana. Entrò nella casa di lei, e la trovò con un uomo del popolo, il quale dato di piglio ad un randello incominciò a picchiare, gridando: Al ladro. Il povero parroco diceva: "Fermati, sono il curato." Ma il popolano picchiava più forte dicendo: "Non è vero, il nostro curato è frate, tu sei un ladro;" e picchiò finoacchè accorsero gente a levarglielo di mano. Il parroco fu condotto al convento (era frate carmelitano) così malconcio, che restò storpio per tutta la sua vita. Visse ancora sedici anni, ma senza potersi muovere dalla sua poltrona.
Il parroco di S. Pietro in Vaticano fu una notte percosso così orribilmente (con sacchetti lunghi a guisa di randelli ripieni di sabbia) sul petto e sul ventre, che fu lasciato morto sulla via; condotto in casa, visse ancora tre giorni, poi morì.
Il parroco D. Reginaldo Mattioli, di S. Tommaso in Parione, fu da me incontrato più volte di notte travestito; lo ammonii a non esporsi così al pericolo; poi lo avvisai che un tale si era vantato di volerlo uccidere, e gli dissi che chi lo minacciava era uomo da mantenere la parola; mi rispose ch’egli non temeva nessuno: forse andava armato, io non lo so. Ma pochi giorni dopo lo seppi malato di emottisi; era stato bastonato co’ sacchetti di sabbia. Egli però si ostinò a non voler dire cosa gli era accaduto, e non volle accusare nessuno. Tuttociò accade perchè i parrochi devono essere ministri di polizia nella loro parrocchia.
Nota 11. - Tribunali romani.
Roma abbonda talmente di tribunali, che nel ramo giudiziario può senza esagerazione dirsi una vera Babele. Noi non faremo che enumerare que’ tribunali, de’ quali, dopo tanti anni di assenza, ci potremo ricordare. Incominciamo dai tribunali civili.
Il tribunale della S. Rota romana, composto di dodici prelati di diverse nazioni. Esso giudica in primo ed ultimo grado le cause sul valore de’ rescritti o chirografi pontifici, e le cause di restituzione in intero con sentenza passata in cosa giudicata, quando però ne ha ottenuto il permesso dal papa. Giudica poi in appello tutte le cause maggiori di scudi 500, le cause di valore indeterminato; giudica altresì in terza ed ultima istanza le cause minori del suddetto valore, quando fossero state giudicate da due tribunali con sentenze contradittorie, lochè arriva assai sovente.
Il tribunale Supremo di Segnatura, composto parimente di prelati, giudica le cause di annullamento o circoscrizione di atti giudiziali e di sentenze: le quistioni di competenza, di unione o di avocazione di cause, di ricusa di giudici per legittimo sospetto, e di restituzione in intero. In questi due tribunali le cause si trattano solo per iscritto ed in latino, e non sono ammessi innanzi al tribunale nè gli avvocati nè i procuratori, né i liticanti.
La Piena Camera, o come volgarmente si dice il tribunale della Camera, è composto di prelati, e giudica in appello le cause che interessano il pubblico erario: inguisachè quando il governo perde una causa contro un particolare, appella al tribunale della Camera, cioè a sè stesso.
La congregazione camerale è un tribunale pel contenzioso amministrativo; è presieduto dal tesoriere, ossia ministro delle finanze, ed è composto di quattro prelati. Hanno in esso voto consultivo l’avvocato generale del fisco ed il commissario della Camera.
Il tribunale dell’Uditore della Camera, detto volgarmente l’A. C., ha molte ramificazioni.
Monsignore Uditore della Camera giudica per mezzo del suo uditore, in prima istanza le cause appartenenti al foro ecclesiastico, le quistioni sulla esecuzione delle bolle e lettere apostoliche; giudica in appello tutte le cause decise dai vicari generali delle diocesi dello Stato pontificio, non maggiori di scudi 500. L’uditore di Monsignore è un laico, ed oltre all’essere magistrato esercita anche la professione di avvocato patrocinante. Egli dà le sentenze; ma il prelato deve firmarle, anche se fossero contrarie alla sua convinzione.
Oltre l’uditore, il prelato dell’A.C. ha due assessori togati, i quali giudicano separatamente in prima istanza le cause di Roma al di sotto dei scudi 200, le cause di alimenti, di mercedi, e di danni dati.
La congregazione civile dell’A.C. è divisa in due turni. Essa giudica alternativamente in prima istanza le cause di Roma e Comarca maggiori di scudi 200, ed anche minori se trattasi d’interessi comuni, di provincie e del pubblico erario; di qualunque somma se trattasi di riduzione, di liberazione, di cancellamento d’ipoteche ec.; e quando si tratta contro esteri o assenti dallo Stato. Giudica in appello le cause decise dagli assessori e dai tribunali civili delle provincie, purché non superino i 500 scudi.
La congregazione civile dell’A.C. si compone in turno camerale composto di cinque giudici, ed allora giudica in prima istanza le cause concernenti lo stato delle persone e gl’interessi del pubblico erario.
La Congregazione civile prelatizia dell’A.C. decide in terza istanza le cause non maggiori di scudi 500. Presidente di tutte queste congregazioni o tribunali è Monsignor Uditore della Camera, il quale non interviene mai alle udienze, ma è obbligato a firmare le sentenze.
La Congregazione di revisione è presieduta da un cardinale, ed è composta di prelati e nobili laici. Essa decide in appello le questioni decise dalla Congregazione camerale; ed in via amministrativa decide se e come possano ammettersi le offerte per gli appalti, forniture ec.
Il Consiglio supremo è un tribunale composto di tre cardinali, cioè del cardinal decano, del segretario di Stato, e del presidente della Congregazione di revisione; e di tre prelati: esso decide in appello le cause giudicate dai cardinali legati e dalla Congregazione di revisione.
La Congregazione Lauretana era un tribunale eccezionale civile e criminale che si divideva in due turni: ma siccome l’anno scorso fu soppresso, così non ne parliamo.
La Congregazione del buon governo è presieduto da un cardinale, ed è composta di molti prelati, e giudica in appello le cause decise dalle congregazioni governative delle provincie.
Il Camarlingato ha due tribunali: uno che giudica sulle cause di conservazione, acquisto e ristauro de’ monumenti antichi, ed ha un numero indeterminato di consiglieri, ma giudice è un prelato; l’altro è composto di un giudice laico chiamato il Governatore di piazza Navona, che giudica sommariamente le cause che nascono nel mercato.
La Congregazione della Rev. Fabbrica di S. Pietro giudica tutte le cause appartenenti alla esecuzione dei legati pii.
La Curia Capitolina è composta di due giudici chiamati Collaterali e dell’uditore del Senatore, i quali giudicano indipendentemente l’uno dall’altro le cause di Roma che non sorpassano gli scudi 200, e le altre cause come gli assessori togati dell’A.C.
Il tribunale Civile collegiale Capitolino giudica in prima istanza le cause maggiori di scudi 200, ed in grado di appello quelle decise dai collaterali e dal giudice de’ mercenari.
Il giudice de’ mercenari conosce le cause di Roma e dell’agro romano non maggiori di scudi 200 concernenti mercedi campestri, caparre, anticipazioni, o prestiti dati per lavori di campagna.
Il tribunale di Commercio giudica tutte le questioni commerciali e quelle che riguardano i teatri.
Il cardinal Vicario giudica per mezzo di un prelato suo luogotenente civile tutte le cause ecclesiastiche di Roma e suo distretto, non che le cause fra’ laici non maggiori di 25 scudi.
L’uditore del cardinal Vicario giudica in appello le cause giudicate dal luogotenente e dal Vicegerente.
Il Vicegerente giudica per mezzo di un suo uditore le stesse cause che può giudicare il luogotenente del cardinal Vicario.
Ecco ventidue tribunali civili, senza calcolare i tribunali puramente ecclesiastici, cioè Concilio, Vescovi e regolari, Disciplina ec.: e forse ne abbiamo dimenticato qualcuno.
I tribunali criminali in Roma sono i seguenti, per quanto possiamo ricordare.
Il tribunale del Governo presieduto da Monsignor Governatore, il quale, come l’Uditore della Camera, non interviene mai alle sedute. Esso è composto di due prelati assessori, e di due giudici laici luogotenenti. Giudica tutte le cause criminali di Roma fino alla pena di morte inclusivamente.
Il tribunale supremo della Consulta è composto di dodici prelati, diviso in due turni, e giudica in appello ed anche in cassazione le cause criminali maggiori.
Il tribunale criminale Capitolino giudica le piccole cause criminali delle persone appartenenti in qualche modo alla giurisdizione del Senato.
Il tribunale criminale dell’A.C. giudica le cause criminali degli ecclesiastici, o de’ delitti commessi contro persona ecclesiastica, o nelle chiese o in vicinanza di esse, ed anche i piccoli delitti commessi nelle vicinanze di Montecitorio.
Il tribunale criminale del Maggiordomo giudica tutti i delitti commessi ne’ sacri palazzi.
Il tribunale criminale del Vicariato, giudica specialmente i delitti contro il mal costume, e fa pagare le multe ai trasgressori delle feste e delle vigilie, e procede contro coloro che non si comunicano nella Pasqua.
Il tribunale militare giudica tutti i delitti commessi dai militari, i quali non possono essere giudicati dai tribunali ordinari.
Il tribunale militare per la truppa di finanza è separato dal tribunale militare comune, ed è composto di un consiglio di prima istanza e di uno di appello.
Vi è finalmente un consiglio di disciplina per le piccole mancanze disciplinari.
In questa enumerazione non abbiamo calcolati i Presidenti regionarii che sono quattordici, i quali giudicano ogni giorno sommariamente le piccole cause sia civili che criminali; non abbiamo contati i tribunali dell’Inquisizione, de’ Vescovi e regolari, e della Disciplina regolare: i due ultimi giudicano le cause criminali de’ frati e delle monache.
Un povero parroco deve essere in corrispondenza con tutti questi tribunali.
Nota 12. - Tribunale criminale del Vicariato.
La polizia romana non può far nulla sopra le donne di mala vita; esse sono sotto la giurisdizione assoluta del Vicariato. Affinchè si conosca alquanto questo tribunale, vediamo come esso procedeva fino al 1842. Quando un parroco denunciava o faceva carcerare una donna, od anche un uomo, per mal costume, la informazione del parroco formava la base del processo. Il parroco nel fare la sua denuncia la dirigeva o al cardinal Vicario, o a Monsignor Vicegerente, come meglio gli piaceva; e mandava la informazione al luogotenente criminale per mezzo del suo beccamorti. Il luogotenente criminale procedeva alla carcerazione, e poi mandava alle carceri il giudice istruttore per fare il costituto: di rado era ascoltato un qualche testimonio. Dopo questo che chiamavasi processo, il luogotenente portava la causa avanti il Vicario o Vicegerente, secondochè era indirizzata la relazione del parroco. Il cardinal Vicario o Vicegerente, testa a testa col luogotenente, senza ascoltare l’imputato, senza ammetterlo alla difesa, pronunziava la condanna che poteva estendersi fino a dieci anni, senza appello.
Quando nel 1842 (o 1843, non ricordo bene) fu fatto Vicegerente Monsignor Vespignani, uomo non dotto, ma coscienzioso, raccappricciò nel dover condannare persone senza neppure ascoltarle. Parlò col cardinal Patrizi Vicario, per moderare quella infame pratica, e lo trovò contrario: allora ne parlò al papa, il quale comprese la ragione e con un chirografo moderò quella pratica: ed ora le difese sono ammesse: il cardinal Vicario e Vicegerente non sono più giudici singolari, ma giudicano con due assessori; non possono pronunziare una pena maggiore di tre mesi; e le cause di pena maggiore devono essere giudicate in una congregazione di otto giudici, alla quale deve assistere il procuratore del fisco e l’avvocato de’ poveri.
Il povero Monsignor Vespignani incorse per cotal cosa l’odio del cardinal Patrizi, il quale lo fece levare da Vicegerente, e lo fece mandare vescovo ad Orvieto, ove è ancora senza aver potuto avere il cappello cardinalizio.
Nota 13. - Potere de’ parrochi di Roma.
I parrochi in Roma hanno il potere di ordinare ai carabinieri l’arresto di una persona. Fra i tanti arbitrii di questo genere, fece gran chiasso in Roma l’arresto della moglie dell’avvocato M. Il parroco di S. Maria in Aquiro, non si sa perchè avesse in uggia quella giovane signora, moglie di un vecchio avvocato. Il fatto sta che una notte, egli stesso alla testa de’ carabinieri andò ad eseguire quell’arresto. La signora fu trovata in letto col suo marito, fu costretta ad alzarsi ed andare in prigione, non ostante le proteste del marito. Due giorni dopo è vero uscì innocente, ma lo scorno lo ebbe, ed il parroco non fu per nulla gastigato.
Le donne condannate dal tribunale del vicariato stavano nelle prigioni di S. Michele, oggi prigioni politiche: e tutte dicevano di essere là per non avere voluto ascoltare le proposizioni del parroco. Molte di esse avranno mentito; ma mentivano tutte? Dio lo sa.
Nota 14. - Il parroco Sorrentino.
Il parroco di S. Andrea delle Fratte, P. Gaspare Sorrentino, era celebre per la indulgenza che usava verso le donne di cattiva vita. Un giorno il cardinal Vicario lo sgridò severamente per cotale indulgenza; e gli ordinò di portargli immediatamente la nota delle cattive donne della sua parrocchia. Egli promise obbedire, ed il giorno dopo tornò dal cardinale con una lunghissima lista, nella quale in primo luogo figuravano parecchie dame, poi venivano le signore del ceto medio, finalmente quelle infelici costrette al male della miseria. Il cardinal Vicario incominciò a cancellare da quella lista le dame; allora il parroco ripresa la lista la stracciò, e disse: "O tutte o nessuna." Quel parroco dovè rinunciare alla sua parrocchia.
Nota 15. - La commissione de’ sussidi.
La commissione de’ sussidii è presieduta da un cardinale e dispone di duecentomila scudi (1,080,000 fr) che riceve annualmente dall’erario, oltre una quantità di rendite particolari che possiede. Essa è divisa in dodici regioni; ogni regione ha il suo prefetto regionario ed il suo segretario. Ogni regione abbraccia quattro parrocchie, in ogni parrocchia vi è un deputato ed una deputata che, presieduti dal parroco, determinano i sussidi da accordarsi. Ogni mese vi è la congregazione regionaria presieduta dal prefetto, nella quale i parrochi ed i deputati riuniti, calcolando la somma che il prefetto dice essere a sua disposizione, si distribuiscono i sussidi, ma sempre la somma è assai minore dei bisogni.
I sussidi si dànno in denaro ed in generi. I sussidi in denaro, o sono ordinari, o straordinari. I sussidi ordinari sono o giornalieri o mensili; i sussidi giornalieri non oltrepassano i baiocchi cinque, e questi sussidiati sono in un ruolo, e non si può ad essi levare il sussidio una volta accordato, che in congregazione. I sussidi mensili dipendono dall’arbitrio del parroco, il quale li dà a chi vuole.
I sussidi in generi consistono in abiti, coperte e cose simili, le quali cose si dànno col voto della congregazione. Oltre la Commissione dei sussidi, vi è la Elemosineria apostolica che dà ancora, ma sempre alla raccomandazione del parroco; vi è la congregazione della Divina Pietà che dà, ma sempre per mezzo del parroco. Le distribuzioni straordinarie di sussidi, le doti, si fanno tutte per mezzo del parroco; sicchè i sussidi sono veramente una grande occupazione per un parroco, ma sono per lui un gran mezzo per mantenere con essi la sua polizia, se il parroco è onesto.
Nota 16. - La spiegazione del Vangelo.
La spiegazione del Vangelo dovrebbe farsi da ogni parroco ogni festa; ma non si fa che alle domeniche, e nemmeno in tutte; non si fa nelle domeniche dell’avvento, nelle domeniche di quaresima, con la scusa che vi sono altre prediche; non nel carnevale, non nell’ottobre, perchè è vacanza, In quelle domeniche che si fa, ecco come si fa. Il parroco, dopo letto il Vangelo nella messa, si volge al popolo e fa un breve discorsetto di pochi minuti; la sua udienza è composta di poche bigotte, perchè tutti sfuggono la messa parrocchiale perchè è più lunga.
Nota 17. - Il catechismo.
Il catechismo ai ragazzi che si chiama dottrina, si fa così. Nelle domeniche nelle quali vi è la spiegazione del Vangelo, il dopo pranzo si fa la così detta dottrina. All’ora destinata si suona la campana più piccola della parrocchia a rintocco; accorrono cinque o sei ragazzi dei più piazzaiuoli, e fanno a spintoni ed alle volte a pugni per prendere la croce. Il chierico inserviente è obbligato spesse volte a somministrare degli scappellotti, unica ragione per farli quietare. Uno di que’ ragazzi prende la croce di legno, e due altri gli si mettono ai lati, avendo ciascuno un campanello. Il chierico inserviente li precede in sottana; i due ragazzi scuotono i campanelli con quanta forza hanno; di tanto in tanto si fermano, e cantano queste parole nel linguaggio popolare:
Padre e madre,
Mannate li vostri fijoli
A la dottrina cristiana:
Si vo’ n’ ce li mannerete,
Ne rennerete cont’a Dio.
Accade spesso che altri ragazzacci vorrebbero levare la croce o un campanello dalle mani di quelli che lo hanno, ed allora si dànno crociate, campanellate, calci, finoacchè il chierico scappellottando rimette l’ordine. Così si fa il giro di tutta la parrocchia.
In questo tempo i ragazzi di ambo i sessi del basso popolo (i figli de’ benestanti non vanno al catechismo, perchè è cosa screditata) vanno in chiesa, ove trovano delle panche formate in quadrati, nelle quali si siedono le ragazze; i maschi vanno nella sagrestia. Nel quadrato che sta in mezzo vanno le ragazze grandi. In ognuno de’ quadrati vi è una maestra, la quale fa recitare a memoria il piccolo catechismo del Bellarmino. Il parroco assiste e fa qualche interrogazione, o qualche piccola spiegazione alle ragazze grandi. Al suono del campanello, a volontà del parroco, le maestre cantano le litanie, e tutto finisce. Allora il parroco si mette sulla porta della chiesa, e tutti nell’uscire gli baciano la mano. Così s’insegna la religione in Roma.
Pedro