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CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Roma Papale

Ultimo Aggiornamento: 13/11/2010 19:18
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Lettera nona
Lettera nona

Le Congregazioni ecclesiastiche
Enrico ad Eugenio
Roma, Marzo 1847.


Caro Eugenio,
Due giorni dopo aver risposto al signor Manson, come ti diceva nella mia ultima, ricevo per la posta dallo stesso, la lettera seguente, di cui ti mando copia fedele.

‘Signor Abate,

‘Aveva molto desiderato avere un abboccamento con voi, perchè sperava che voi avreste avute delle buone ragioni a darmi per distruggere l’effetto cattivo che hanno prodotto in me le rivelazioni di quel parroco; ma il rifiuto dell’abboccamento domandatovi, mi fa temere che voi non abbiate in realtà nulla di concludente da opporre ad esse. Ciononostante voglio ancora informarvi di ciò che ci è accaduto in un secondo colloquio che avemmo con quel parroco.

‘Due giorni dopo la nostra prima visita, tornammo dal parroco per andare insieme con lui a visitare le secreterie. Lo trovammo nella sacrestia. Una donna piangente, vestita a bruno, era seduta avanti a lui, che stava scrivendo non so che. Il sacrestano ed il beccamorti erano in piedi ai due lati del tavolino sopra il quale il parroco scriveva, e si lanciavano occhiate d’intelligenza miste ad un sogghigno che aveva del cinico. Noi veggendo che il parroco era occupato, ci tenemmo alquanto in disparte, fino a che il parroco, posando la penna, disse alla donna, porgendole un foglio:

‘ "Ecco il vostro conto, ed assicuratevi che, conoscendo le vostre circostanze, ho fatto tutta la economia possibile."

‘ "Cinquanta scudi! esclamò quella donna: e dove potrò trovarli io povera vedova?" (Nota 1 - Un mortorio in Roma)

‘Ma, per non intrattenervi sulle circostanze di quel fatto che mi straziavano il cuore, vi dirò in generale che quella donna era una vedova che aveva il giorno avanti perduto il marito, e che contrattava col parroco il prezzo della sepoltura. Il parroco nostro amico passa per uno dei più correnti e dei più disinteressati; ma ciononostante la somma d cinquanta scudi romani da sborsarsi all’istante (Nota 2 - Necessità di farlo) era una somma enorme per una povera vedova, la quale avea vissuto onoratamente sì, ma senza poter accumulare, col frutto dell’impiego di suo marito, il quale morendo non le avea lasciato altra eredità che sei piccoli figli da nudrire.

‘La vedova aveva nelle sue mani la nota mortuaria del parroco; ma i suoi occhi erano pieni di lacrime. Il sacrestano ed il beccamorti allungavano il collo, per leggere su quella nota la quota che il parroco aveva loro assegnata, e facevano osservare alla vedova, che nulla ascoltava, che il parroco aveva usata verso di lei una grande moderazione.

‘ "Osservate, le diceva il beccamorti, io su questo morto non arrivo a prendere quattro scudi netti, mentre me ne verrebbero almeno sette." "E la chiesa, diceva il sacrestano, cosa ci prende? Sarà gran cosa se, tutto compreso, incasserà dieci scudi; il resto sono tutte spese vive: potete ringraziare Dio di aver trovato un parroco così disinteressato."

‘Noi, cioè il signor Sweeteman ed io, con tutta la nostra freddezza inglese, non potevamo più reggere, ed eravamo sul punto d’intrometterci a favore della vedova; ma il sig. Pasquali ci trasse d’imbarazzo. Egli si fece innanzi, e tratto da parte il parroco, lo pregò a licenziare con bel pretesto quella donna, e dirle che fra un’ora sarebbe andato egli stesso in sua casa a combinare il tutto; e così fu fatto. Intanto il parroco venne a noi, e ci pregò di salire nel suo appartamento: il Pasquali ci disse di attenderlo, perchè doveva andare un momento per un affare urgente, ed uscì.

‘Appena fummo soli col parroco, lo pregammo a spiegarci il sistema funerario di Roma, ed egli ci disse, che quasi mai si aspettavano le ventiquattr’ore dopo la morte per far trasportare il cadavere dalla casa alla chiesa parrocchiale (Nota 3 - Beccamorti, preti di vettura, provveditori), e prima di questo trasporto debbono essere pagati alcuni diritti al parroco. Dopo fatto il servizio funebre nella chiesa, il cadavere è trasportato nella camera mortuaria, e poi la sera è portato privatamente al cemeterio. Noi volemmo sapere la cosa più in dettaglio; ed egli soggiunse: "Veramente questa non è la cosa la più edificante di Roma; ma non importa, ve la dirò come ella è." Allora ci disse che in Roma vi è un codice funerario chiamato lo Statuto del clero, per regolare le spese e la pompa de’ funerali a vantaggio de’ parrochi; che i parenti e gli eredi di tutti coloro, sieno romani o forestieri, che muoiono in Roma debbono uniformarsi a quella legge, e fare la pompa funebre prescritta, e pagare i diritti secondo quel codice. Che se qualcuno ordina nel suo testamento di essere sepolto al modo de’ poveri, la sua volontà è eseguita; ma però i parenti o gli eredi devono pagare tutti i diritti e la pompa non fatta come se fosse stata fatta: che il parroco ha il diritto anzi il dovere di citare innanzi i tribunali gli eredi, e continuamente ne’ tribunali romani si agitano cotali cause: e nel caso che la eredità fosse oberata, che i creditori dovessero contentarsi per esempio di un 50%, il parroco non perde mai nulla del suo funerale, perchè esso è credito privilegiato. "Vedete, soggiunse, il caso di questa vedova mi strazia; io so che essa non ha nulla, che è obbligata ad impegnare i suoi abiti ed i suoi pochi argenti ed ori per trovare i cinquanta scudi; ma non so cosa farci: se io la dispensassi dal pagamento, tutti vorrebbero esserne dispensati egualmente; ed allora cosa diverrei? I miei colleghi sarebbero tutti contro di me, e mi creerei immensi dispiaceri."

‘ In questo il sig. Pasquali era tornato, e pregò il parroco a volerci condurre a vedere qualcuna delle segreterie della Curia romana. Il parroco, dati alcuni ordini al sagrestano, uscì con noi.

‘ La prima segreteria che ci fece vedere fu quella delle Indulgenze. Nella prima camera vi era un uomo occupato presso un torchio ad imprimere con esso il suggello della santa Congregazione sotto ciascuno de’ rescritti di essa. La seconda era coperta di scaffali, pieni di buste di cartone, nelle quali si conservano gli originali delle indulgenze che si accordano (Nota 4 - Duplicati). Quattro tavolini erano occupati da quattro preti impiegati, tre dei quali stendevano i rescritti, il quarto li distribuiva a coloro che li avevano domandati, ritirandone il prezzo. Entrammo nella terza camera, ove innanzi ad una bella scrivania era seduto un prelato, assai piccolo di statura: era il segretario sostituto. Egli, essendo amico del parroco, ci accolse con molta gentilezza, e, vedendoci con lui, non sospettò che fossimo Protestanti, ma pensò che eravamo forestieri Cattolici; quindi con la massima sincerità c’istruì dell’andamento della segreteria.

‘ Ci disse che la sacra congregazione delle Indulgenze è composta di più cardinali, uno dei quali ne è il prefetto, che vi è un prelato segretario, e molti teologi consultori, per lo più frati; ma tutto questo non è che pura formalità: il segretario non viene mai alla segreteria; i cardinali ed i consultori non sanno mai nulla: tutto si fa dal sostituto e dai preti impiegati.

‘ Domandai allora quali erano le indulgenze che si accordavano, per quali ragioni, e con qual formula si accordavano.

‘ " Le indulgenze che si accordano, rispose, sono di ogni specie, indulgenze plenarie, indulgenze parziali, in forma di giubileo, ai particolari, alle chiese, agli ordini religiosi, alle città, alle diocesi. Si accordano altari privilegiati, diritto di benedire corone, medaglie, crocifissi, applicando ad essi indulgenze; facoltà di dare benedizioni papali, in articulo mortis, e cento altre cose (Nota 5 - Classificazione delle indulgenze). Le ragioni poi per cui si accordano sono, o la divozione particolare dell’individuo che le domanda, o il vantaggio del popolo, e soprattutto il bene che ne viene alle anime del purgatorio (Nota 6 - Conto corrente delle indulgenze). In quanto alla formula essa è semplice: eccola." Allora prese sulla sua tavola uno dei molti rescritti che aveva, e ce lo mostrò. Esso diceva: Ex audientia Sanctissimi habita die etc. Sanctissimus Dominus noster, audita relatione, etc.

‘ " Dunque, io dissi, è il Papa personalmente che, considerato ogni caso, accorda ciascuna indulgenza?" Monsignor sostituto si pose a ridere, e disse: "Povero papa se avesse a fare tutto questo! Il papa non ne sa nulla." "Ma dunque, soggiunsi, quei rescritti sono pieni di menzogne: e se non è il Papa che le dà, quelle indulgenze non sussistono."

‘ "Ella parla così, mi rispose, perchè non conosce la pratica della Curia romana. In tutte le segreterie si fa così: quando si fa un Papa nuovo, alla prima udienza va il segretario, e porta la lista di tutte le cose che si domandano al Papa per mezzo delle respettive segreterie, il papa accorda quelle facoltà una volta per sempre. Per gli affari straordinari che non sono nella lista, io vado dal papa una volta la settimana, e così si fa nelle altre segreterie; poi facciamo i rescritti colla data della udienza di quel giorno. Veda dunque che non vi è menzogna."

‘ "E gli altari privilegiati, domandò il signor Sweeteman, favorirebbe dirci cosa sono?"

‘ "Gli altari privilegiati, rispose, sono quelli che hanno in loro la indulgenza plenaria, in guisa che una messa detta sopra un altare privilegiato, libera immediatamente dalle pene del purgatorio l’anima per la quale si è detta. Cotesti altari sono di due specie: reali e personali. L’altare privilegiato reale è quello che ha in sè la indulgenza, dimodochè qualunque prete dica la messa su quello libera un’anima dal purgatorio. L’altare privilegiato personale è quello il privilegio del quale non è annesso all’altare, ma al prete che vi celebra sopra; dimodochè un prete che abbia l’altare privilegiato personale, ad ogni messa che dice, sopra qualunque altare anche non privilegiato, libera un’anima dal purgatorio in forza del suo privilegio personale."

‘ "Ma è egli vero, domandai, che le indulgenze si vendono?"

‘ "Calunnia, signori miei, calunnia dei Protestanti. Dio ci guardi dal commettere una così orribile simonia!"

‘ "Però abbiamo veduto nell’altra camera che coloro che prendevano i rescritti pagavano."

‘ "Ecco, rispose, la spiegazione. Noi che siamo qui dobbiamo essere pagati, il fitto della segreteria deve pagarsi, le spese di ufficio vi sono: perciò si fa pagare una piccola bagatella (Nota 7 - Tassa sulle indulgenze), e questo mi pare giusto. Per esempio, un prete che ottiene l’altare privilegiato personale vi guadagna sopra, perchè i devoti pagano di più la sua messa: è giusto dunque che anch’egli paghi qualche cosa. Quando poi coll’introito della segreteria sono pagate tutte le spese, il sopravanzo è impiegato dal Papa in usi pii, o per la sua santissima persona."

‘Caro signor Abate, avreste voi delle buone ragioni per iscusare o giustificare un così orribile abuso? A me sembra che oltre l’abuso pratico; vi sia anche un errore di dottrina così grande da non potersi immaginare il peggiore. Come, per pochi soldi io potrei comprare il diritto di liberare dal purgatorio un’anima? Io non avrei mai credute cotali cose se non fossi venuto in Roma, e non le avessi vedute co’ miei occhi.

‘Il signor Pasquali domandò se tutti i rescritti pagavano lo stesso prezzo.

‘ "No, signore, rispose Monsignore: il prezzo varia secondo la grazia accordata. L’infimo prezzo che si paga sono tre paoli: vi sono rescritti da sei, e da nove paoli, e la segreteria non può prendere di più. Ma se si tratta di più altari privilegiati, o d’indulgenze da accordarsi ad una chiesa, allora bisogna spedire il breve, e la segreteria de’ Brevi fa allora pagare molto di più."

‘Il parroco si levò da sedere; tutti ci levammo, e ringraziando Monsignore della sua gentilezza, uscimmo.

‘La segreteria delle Indulgenze, come sapete, è nel convento di S. Stefano sopra Cacco: nello stesso convento vi è la segreteria della Disciplina regolare. Entrammo.

‘Quella segreteria non ci presentò nulla di rimarchevole: vari frati di diversi colori erano intorno ad un tavolo avanti il quale siedeva un prete mostruosamente gobbo, il quale accoglieva le domande di que’ frati con molta malagrazia. In una seconda camera vi era un altro prete occupato a scrivere. Il sostituto amico del parroco non vi era, per cui uscimmo, per andare a visitare il deposito, ossia la custodia delle reliquie.

‘Per istrada domandammo al parroco che ci dicesse qualche cosa della segreteria della Disciplina regolare; ed egli ci disse così:

‘ "La santa Congregazione della Disciplina regolare, è composta di cardinali di cui uno è il prefetto, di un prelato segretario e di consultori. La congregazione agisce come tribunale, e giudica delle questioni interne che si levano tra’ frati (Nota 8 - Questioni curiose), della interpretazione delle loro regole, costituzioni, privilegi ec. La segreteria poi è composta del segretario, di due minutanti che avete veduti, e di un segretario sostituto: essa si occupa in via economica, cioè senza processo, di punire le immoralità de’ conventi, quando sono denunciate, e di concedere secolarizzazioni, ed altri privilegi ai frati che li domandano. Naturalmente i privilegi e le grazie si pagano, ma a prezzi assai discreti."

‘Giungemmo all’antico collegio germanico, oggi pontificio seminario romano, ove in alcuni cameroni è la custodia delle reliquie. Io mi figurava di trovare in quelle camere tutte piene di reliquie, una specie di santuario: ma fui molto disappuntato quando vidi che tutto era indecenza, confusione e disordine. La prima camera era piena di frammenti di lapidi sepolcrali, messe in terra alla rinfusa, e coperte di polvere. All’intorno vi erano degli scaffali polverosi che contenevano frammenti di vetri, vasi lacrimatorii, e lucernine di terra cotta trovate nelle catacombe. La seconda camera ha le pareti coperte di armadi di legno colorito in verde con due palme incrociate negli sportelli. In questa camera vi sono alcuni preti occupati a rompere in piccole schegge le ossa dei santi, e metterle nelle così dette teche, e suggellarle con ceralacca. Su quella tavola ove que’ preti lavorano, si vedono ossa, denti, frammenti di vecchi abiti, capelli e cose simili appartenenti a’ santi, che aspettano che venga la loro volta per essere rinchiusi in una teca e messi sugli altari. Io non poteva credere che quelle fossero reliquie; ma il Parroco mi assicurò che lo erano: quindi nella mia mente conclusi che que’ preti non ci credevano, altrimenti le avrebbero maneggiate con più decenza. Nella terza camera si conservano dentro armadi le reliquie dette insigni, come il legno della croce, le altre reliquie della passione, quelle della Vergine e degli Apostoli. Il canonico custode delle reliquie si tiene in questa camera, ed assiso davanti un tavolino, scrive i certificati delle reliquie che rilascia, che poi porta alla firma del cardinal Vicario.

‘ Quando il canonico ci vide, accolse gentilmente il Parroco, e domandò in che cosa avrebbe potuto servirci. Il parroco rispose che noi eravamo forestieri, e che desideravamo vedere una qualche reliquia insigne. "Mi duole, rispose il canonico, ma ciò è impossibile: senza un ordine per iscritto del cardinal Vicario, non posso mostrar nulla. Ma già suppongo, disse volgendosi al Parroco, che questi signori saranno Cattolici." Quando intese che eravamo Protestanti, ci sembrò come colpito dal fulmine. "Per carità, disse tutto spaventato, mi facciano la grazia di uscire subito di qui;" e, perchè la sua esortazione fosse più efficace, prese per la mano il Parroco e lo condusse fuori della custodia. Noi lo seguimmo; e quando fummo fuori disse al Parroco: "Veramente da voi non avrei mai aspettata una cosa simile:" e rivolto a noi ci disse: "Lor signori mi perdonino; ma sappiano che io sono obbligato ad agire così: se il cardinal Vicario sapesse che io permetto ai Protestanti l’ingresso nella custodia, sarei subito scacciato dal mio posto." Noi domandammo il perchè di tanto rigore: "Perchè, ci rispose, i Protestanti osservano tutto, poi vanno ai loro paesi, scrivono, e noi siamo screditati." "Via, signor canonico, disse il parroco, i miei amici non sono tali, nè io sono uomo da compromettervi." Il canonico restò fermo nel non farci rientrare; ma sulle raccomandazioni del parroco ci disse che ci avrebbe date delle informazioni sulle reliquie. Ci mettemmo dunque a passeggiare nel lungo e largo corridoio in fondo del quale è la custodia, ed il canonico stando nel mezzo ci diceva:

‘ "Le catacombe ci mandano ogni settimana corpi di santi (Nota 9 - richiama la seconda nota della lettera quinta - Citazioni); per cui di reliquie comuni ne abbiamo ad esuberanza. Le nostre catacombe sono una miniera inesauribile di reliquie: ma di reliquie insigni ne abbiamo poche davvero, e non so come si farà da qui a cinquant’anni."

‘ "Ma, domandai, come fa il Papa per decidere che uno scheletro trovato nelle catacombe sia quello di un santo, e di un determinato santo?"

‘ "Il Papa! rispose il canonico, il Papa non s’impaccia in tali cose. Egli ne ha incaricato il cardinal Vicario, il Vicegerente, e Monsignor sacrista, e questi hanno stabilito il P. Marchi, dotto Gesuita, sopraintendente delle catacombe, il quale quando giudica che un cadavere abbia appartenuto ad un santo, lo manda alla custodia; e noi lo battezziamo."

‘ "Voi lo battezzate! interruppi io, credendo di non avere compreso: battezzate uno scheletro, ed uno scheletro di un santo, di un martire!"

‘Il canonico sorrise, e ci spiegò che "la parola battezzare usata nella Curia romana, non significa già amministrare il sacramento del battesimo, ma imporre un nome. Non si sa qual nome aveva quel santo: la custodia ha bisogno di reliquie di S. Pancrazio, per esempio: ebbene mettiamo il nome di S. Pancrazio a quel santo. Non vi è nulla di più semplice."

‘ Il signor Pasquali osservò che in cotal modo l’autenticità di una reliquia dipendeva dal giudizio di un solo individuo, e questi Gesuita. Il canonico rispondeva che su queste cose non bisogna tanto sottilizzare, basta la fede (Nota 10 - Penna di S. Michele).

‘ "Quanto alle reliquie insigni, continuò, noi non ne abbiamo che poche. Ne abbiamo dei dodici Apostoli, di S. Giovanni Battista, di S. Giuseppe, di S. Gioacchino e di S. Anna; noi abbiamo del latte, dei capelli e degli abiti della Vergine Maria. Delle reliquie del Signore, abbiamo due spine della sua corona, un pezzo della croce, uno della spugna colla quale fu abbeverato, un pezzo della tunica inconsutile. Ma se volete vedere senza difficoltà reliquie insigni anche più preziose di queste, andate nelle chiese principali di Roma. Troverete, per esempio, a santa Croce in Gerusalemme, il dito indice di S. Tommaso Apostolo, quello stesso che pose nella piaga del costato di Nostro Signore; troverete una ampolla del sangue di Nostro Signor Gesù Cristo, un’altra ampolla di latte della Beata Vergine Maria; la pietra sulla quale si pose l’Angelo Gabriele quando annunciò a Maria la nascita di Gesù; un pezzo della pietra sulla quale era seduto il Signore quando perdonò i peccati alla Maddalena; un pezzo delle due tavole sulle quali Dio scrisse i dieci comandamenti; un poco della manna del deserto; il titolo della santa Croce scritto in ebraico, greco e latino; un grosso pezzo della vera croce; un mazzetto di capelli di nostro Signore e tante altre reliquie che non ricordo. Nella basilica di S. Giovanni in Laterano, potrete vedere il santo prepuzio di Nostro Signor Gesù Cristo; una ampolla coll’acqua e sangue che uscì dal suo costato dopo la sua morte; l’asciugatoio col quale si asciugò dopo aver lavati i piedi a’ suoi discepoli; il lenzuolo col quale asciugò i piedi agli Apostoli; la tavola dove fece l’ultima cena; la verga di Mosè, una parte di quella di Aronne; l’altare sul quale sacrificava S. Giovanni Battista. Troverete ancora il latte di Maria, in S. Cecilia, in S. Cosma e Damiano, in S. Maria in Traspontina ed in altre chiese. In S. Prassede, troverete una camicia di Maria, la immagine di Gesù Cristo, quella stessa che S. Pietro regalò a S. Pudente, e la colonna alla quale fu legato il Signore nella sua flagellazione."

‘Il signor Sweeteman era rosso per lo sdegno, e non poteva più contenersi; io parimente fremeva. Ma il signor Pasquali, freddo come il ghiaccio, domandava al canonico: "Ma voi credete a queste reliquie?" "Cosa volete, rispose, questo è affare di devozione, non di fede; cosa guadagneremmo noi a fare una discussione critica? Non ci guadagneremmo altro che far perdere la devozione al popolo. Bisogna andare alla buona su queste cose, e lasciar correre."

‘ "Ma, intanto, lasciate, disse il signor Sweeteman, che il popolo cada nella idolatria, e che adori e preghi davanti a cose false."

‘ "Il popolo, rispose, vuole essere trattato come si trattano i bimbi: levate le reliquie, e poi mi saprete dire come restano le chiese."

‘Il parroco che vide la cosa prendere cattiva piega, si licenziò, e noi lo seguimmo (Nota 11 - È falso che in Roma si vendano le reliquie).

‘Quando fummo usciti, domandammo al parroco su quali passi della Bibbia la Chiesa romana appoggiava il culto delle reliquie.

‘ "Su due fatti, rispose il parroco; il primo accade nel cielo e sta scritto nel capo VI dell’Apocalisse vers. 9: "Io vidi di sotto all’altare le anime degli uomini uccisi per la Parola di Dio. Se dunque le anime de’ martiri uccisi per la Parola di Dio." Se dunque le anime de’ martiri sono sotto l’altare celeste, è giusto che le loro reliquie sieno sotto gli altari terrestri (Nota 12 - La pietra sacra). L’altro fatto è quello di Stefano. Sta scritto (Atti VIII, 2): "Ed alcuni uomini religiosi portarono a seppellir Stefano." Raccogliere dunque le reliquie dei santi è opera religiosa." Io non restai punto convinto da questi due argomenti: ne avreste voi dei migliori? (Nota 13 - Argomenti del card. Bellarmino per le reliquie).

‘Quando lasciammo il parroco, domandammo al signor Pasquali dove era andato quando ci aveva lasciati così bruscamente nella sagrestia. Egli aveva sentito il dovere cristiano di andare a consolare quella povera vedova, e la necessità morale in cui essa era di pagare il funerale (Nota 14 - Furberia de' preti per avere ricchi mortori), le aveva fatto recapitare per la posta un biglietto di banca di cinquanta scudi: noi volemmo essere a parte di questa carità.

‘La sera volemmo vedere come si seppelliscono i morti in Roma, e, senza che io ve lo dica, voi meglio di me saprete in quale orribile modo sono trattati i cadaveri nella città santa, dopo che gli eredi spendono tanto per i funerali (Nota 15 - Come si seppelliscono i morti in Roma). Questo sistema barbaro ed empio insieme m’indignò. Il signor Sweeteman voleva partire da Roma, e diceva averne veduto abbastanza; ma il signor Pasquali lo ritiene. Io sento che vado di giorno in giorno perdendo la stima che aveva per la Chiesa romana: le illusioni che mi era fatte in Inghilterra spariscono, e non so come finirà. Per carità, vediamoci: ho gran bisogno di sentire da voi spiegazioni che mi tranquillizzino.

Credetemi vostro amico

‘W. Manson M. A.’

Mio buon Eugenio, io non so più in che mondo sono. Dopo aver trascritto questa lettera, non so più aggiungere una parola. Perdona la mia confusione: compatisci ed ama il tuo povero
Pedro

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13/11/2010 19:14
 
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Un mortorio in Roma
Nota 1. alla lettera nona di Roma Papale 1882

Affinchè non sembri esagerato quello che diciamo nel testo sulla spesa di cinquanta scudi per una sepoltura, trascriviamo qui uno di que' conti dettagliati che fanno i parrochi di Roma in simili circostanze. Prima però osserviamo, che nel linguaggio di Roma una cosa è mortorio, altra cosa è funerale. Il mortorio consiste nell'accompagno del cadavere dalla casa alla chiesa, ed in tutte le funzioni che si fanno, esso presente, fino alla sepoltura; il funerale poi consiste in messe cantate, uffizi, ed altre funzioni che si fanno per un morto non presente il suo cadavere. Osserviamo inoltre che ne' mortori in Roma si usa fare una processione composta di confraternite in sacco, frati e preti, e torcie di cera accese; e, prima di condurlo alla chiesa, si fa fare alla processione un giro più o meno lungo, da convenirsi con la famiglia, secondo che il mortorio è più o meno solenne. I mortori assai ricchi si fanno nelle prime ore della notte, ed allora tutte le tasse sono addoppiate, ed è stile che la processione di notte passi per il Corso. Nei mortori decenti ma senza sfarzo, come si suppone quello del marito della nostra vedova, non s'invitano confraternite, che costano molto, ma i frati soltanto ed i preti. Ecco dunque il conto, fatto in scudi romani e baiocchi.

Nota delle spese occorrenti per l'associazione del cadavere
e sepoltura della b. m. N. N. ec.
Curato, compagno e croce…………… Scudi - 40
Emolumenti e guida…………………………… '' 1 45
Frati numero 60…………………………………… '' 3 -
Preti numero 12…………………………………… '' 1 20
Sepoltura alla R. C. A………………… '' 1 50
Accompagnamento al cimitero…… '' - 30
Portatori e incassatura……………… '' 1 10
Alzatura……………………………………………………… '' 3 -
Guardia di notte………………………………… '' 1 -
Suono di campane………………………………… '' - 30
Cassa……………………………………………………………… '' 1 50
Uffizio………………………………………………………… '' 1 50
Messa cantata………………………………………… '' 1 50
Messe basse 30 a baiocchi 30… '' 9 -
_______
Totale Scudi 26 75
Nota della cera occorrente
Torcie numero 10……………………………………………………… lb. 20
Fiaccolotti numero 12………………………………………… '' 24
Altar maggior numero 6……………………………………… '' 6
Altari bassi numero 12……………………………………… '' 6
Guardia……………………………………………………………………………… '' 1
Mazzetto…………………………………………………………………………… '' 1 4/12
Preti numero 14 candele 16 di 3 once… '' 4
Frati 60…………………………………………………………………………… '' 10
Assoluzione 20 candele di 1 oncia………… '' 1 8/12
Totale lb. 74

Che a baiocchi 32 la libbra fanno scudi 23 68
Al facchino………………………………………………………………………………… - 30
Cera…………………………………………………………………………………………………… 23 98
Associazione……………………………………………………………………………… 26 75
_______
Totale scudi 50 73

Ora, per intelligenza de' nostri lettori, daremo la spiegazione di queste partite della bottega romana.

Curato compagno e croce baiocchi 40. Il parroco, che in Roma è chiamato volgarmente curato, non va se non che nei mortori i più ricchi, ciononostante prende il suo diritto di accompagnatura in baiocchi 20; il compagno è il suo viceparroco che prende baiocchi 10; il chierico che porta la croce prende pure baiocchi 10. Emolumenti e guida 1, 45; questa partita appartiene al capo beccamorti della parrocchia: 1, 40 per emolumenti, vale a dire invece di scarpe e cappello che prendeva sul cadavere colui che lo seppelliva, e baiocchi 5 per guida: il capo beccamorti procede avanti la processione per indicare la via, portando in mano il mazzetto del parroco, di cui appresso.

Frati numero 60, scudi 3. I frati che vanno ad accompagnare i cadaveri ricevono baiocchi 5 per ciascuno oltre la candela: i preti ricevono baiocchi 10; ma qui bisogna avvertire che vanno alla associazione de' cadaveri, vestiti da preti e pagati come preti, molti e molti laici.

La partita, sepoltura alla Reverenda Camera Apostolica sembrerà a molti una partita oscura: ecco che cosa è. La Rev. Camera Apostolica, ovvero sia la finanza pontificia, paga le spese del campo santo; per rimborsarsi ha messo una imposta di scudi 1 e baiocchi 50 sopra ogni cadavere, che i parrochi debbono esigere e versare ogni mese nelle mani dell'esattore. Questa tassa dà il diritto al cadavere di essere gettato in uno dei pozzi comuni, chiamati sepolture. Se poi volete che vi si cavi una fossa particolare, oltre la solita tassa, si devono pagare dieci scudi, e trenta scudi circa dovete pagare al muratore del cimitero per cavare la fossa, e murare il cadavere in essa: lavoro che un altro muratore farebbe per dieci scudi; ma il muratore del cimitero ha comperata la sua privativa. In che consiste poi l'accompagnamento al cimitero per cui si pagano baiocchi 30 lo vedremo nell'ultima nota di questa lettera.

Portatori e incassatura scudo 1, 10. Quattro beccamorti coperti di un sacco nero di canevaccio portano sulle spalle il cadavere dalla casa alla chiesa, ed hanno venti baiocchi per ciascuno: questi sono i portatori. Prima di andare a levare dalla casa il cadavere, il beccamorti lo mette nella cassa, e prende per ciò baiocchi trenta: ecco la incassatura.

Alzatura scudi tre. Giunto in chiesa il cadavere, si pone il cataletto sopra due banchetti coperti con carte nere sopra le quali sono dipinti degli scheletri; in terra all'intorno si mettono due giri di carte nere con teschi dipinti; poi si pongono de' candelabri di ferro; questo è quello che si chiama alzatura: la più semplice costa 3 scudi, ma ve ne sono fino di dieci scudi.

Guardia di notte, scudo uno. Il cadavere si porta in chiesa la sera prima del calar del sole (se per avventura suona l'ave maria prima che il cadavere entri in chiesa, bisogna che gli eredi paghino una multa al Camarlingo del clero): la mattina dopo, si dicono le messe, ed il cadavere resta in chiesa. Si suppone che un individuo vegli il cadavere la notte, e si paga per quell'individuo uno scudo ed una libbra di cera: nessuno però fa la guardia; ma il parroco ciononostante prende lo scudo e la libbra di cera. Se un laico facesse tal cosa, sarebbe un ladro; ma per un prete vi è un'altra morale.

La partita del suono di campane va parimenti alla chiesa; sono i monelli che le suonano per divertimento, ed il parroco intasca il denaro. Prima della messa cantata, alcuni preti vanno a borbottare l'ufficio de' morti: saranno sette o otto, e ricevono baiocchi dieci per ciascuno; il resto lo prende il parroco. Il parroco canta la messa, paga due cantori, diacono e suddiacono, in tutto baiocchi quaranta, ed il resto lo prende per sè. Sulle messe basse il parroco non prende nulla.

Ora spieghiamo il conto della cera.

Le torcie sono candele a quattro stoppini che si portano accese per la strada attorno al cadavere. In chiesa si smorzano e divengono proprietà del parroco. I fiaccolotti sono candele ad un solo stoppino che ardono in chiesa attorno al cadavere sui candelabri di ferro, nella mattina fino a che dura l'ufficiatura; esse devono essere dello stesso peso delle torce, e due di più in numero. Finita l'ufficiatura, appartengono al parroco.

Sull'altare maggiore ardono sei candele, e due sopra ogni altare; i residui appartengono al parroco o alla chiesa secondo le convenzioni fra il parroco ed essa chiesa. La candela della guardia va tutta intera al parroco. Il mazzetto è composto di una candela di una libbra, e due candele di 2 oncie almeno, legate insieme, che vanno al parroco personalmente. Per dodici preti sono messe in nota 16 candele, perchè una di esse va al viceparroco, una al chierico che porta la croce, e due alla sagrestia. Le candele de' preti e de' frati ed il mazzetto non si accendono, ma le intascano intere. Per l'assoluzione si pagano venti candele. Finita la messa cantata, il parroco accompagnato da alcuni preti va a recitare alcune preci, chiamate assoluzione, sul cadavere; ogni prete ha una candela accesa: saranno sette o otto; ciascuno di essi intasca la sua, il residuo delle venti appartiene al parroco.

Da qui apparisce con quanta ragione il parroco diceva a quella vedova: "Assicuratevi che, conoscendo le vostre circostanze, ho fatto tutta la economia possibile!"
Pedro

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Necessità di farlo
Nota 2. alla lettera nona di Roma Papale 1882

Fare un bel mortorio è un punto di onore in Roma; per cui in quel momento le famiglie fanno qualunque sacrificio. Si vanno ad impegnare gli ori e le argenterie, si fa un debito coll'usuraio; ma si vuol fare un mortorio conveniente. Però se si trova un parroco che faccia il mortorio per essere pagato dopo, non è pagato più, ammenochè non faccia una lite; quindi non vi è esempio che si vada ad associare un cadavere senza che il parroco sia stato pagato anticipatamente.
Pedro

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Beccamorti, preti di vettura, provveditori
Nota 3. alla lettera nona di Roma Papale 1882

In Roma è costume di aprire interamente le finestre della camera nella quale è un morto. Quindi accade che quando è gravemente malata una persona ricca, la mattina di buon'ora si vedono passeggiare per la via beccamorti, preti di vettura, e provveditori per vedere se la finestra è aperta, come essi dicono, cioè se il malato è morto. Quando i beccamorti vedono la finestra aperta, si fregano le mani, e vanno a bere l'acquavite rallegrandosi del prossimo guadagno, e facendo i loro conti sul quanto gli toccherà.

Ma cosa sono i preti di vettura? Sono preti infelici senza beneficio, senza patrimonio, che scendono dalle provincie nella capitale per guadagnarsi da vivere con le funzioni di prete. Sono assai male vestiti, luridi, miserabili, ubbriaconi per lo più, e compagni de' beccamorti. Cotesti preti si raunano in alcune piazze, come piazza Colonna, piazza di Campo di fiori e simili, ad aspettare il loro sensale. Il sensale è uno di loro, il più antico per lo più, ed il più pratico: questi gira per le sagrestie all'avvicinarsi delle feste, ed il sagrestano commette al sensale di trovargli tanti preti per dire la messa nel tal giorno, nelle ore ch'egli determina; si stabilisce il prezzo di ogni messa col sensale, il quale prende l'impegno di servire il sagrestano. Allora egli fissa quel numero di preti, e sopra ognuno di essi prende una quota proporzionata al prezzo della messa.

Quando vi sono de' ricchi moribondi, i preti sensali sono avvisati dal beccamorti; ed appena vedono la finestra aperta, corrono alla sagrestia della parrocchia, ed aspettano che si vada a combinare per il mortorio: allora il sagrestano ordina al sensale tanti preti per l'associazione del cadavere, e tanti per le messe. I preti che vanno alla associazione invitati dal sensale, debbono rilasciare a costui la candela in prezzo della senseria, e accontentarsi di prendere per loro solo il denaro; quelli invitati per la messa, devono rilasciare al sensale una quota secondo che il prezzo della messa è maggiore o minore. Da qui vengono que' contratti scandalosissimi fra sagrestani e sensali di preti. Il sagrestano, per esempio per le messe in un giorno di festa offre tre paoli; il sensale dice che per quel giorno ha molte richieste, che non può mandarne a meno di sei paoli, e qualche volta bisogna anche pagarle uno scudo. Questo mercato in Roma è conosciutissimo, ma i superiori lo tollerano.

Ecco poi cosa sono i provveditori. Ogni confraternita, ed in Roma ve ne sono tante, va ad associare i cadaveri; e questo è uno dei migliori introiti di parecchie confraternite. In esse vi è la carica di un provveditore de' morti, il quale deve cercare le associazioni, e contrattarne il prezzo: e siccome bene spesso sono invitate due o più confraternite a scelta dell'erede; così i provveditori fanno a gara per essere i primi, e per offrire i servigi della loro arciconfraternita a prezzi migliori de' loro competitori. I confratelli che vanno alla associazione de' cadaveri sono vestiti di sacco, col cappuccio sulla faccia, per non essere conosciuti; ognuno di essi riceve per sè due candele, ed i graduati tre o quattro secondo il loro grado.
Pedro

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Duplicati
Nota 4. alla lettera nona di Roma Papale 1882

Lo stile di tutte di tutte le segreterie è questo: quando si domanda una qualche cosa, bisogna per ogni cosa portare due memoriali perfettamente simili, che si chiamano i duplicati. In uno di essi il sostituto scrive si accorda, e questo è conservato nelle buste; nell'altro è steso il rescritto, e questo si restituisce al petente. Se si consegna un solo memoriale, la segreteria fa il duplicato che fa poi pagare.

Vi è però una cosa, sulla quale dobbiamo lodare la Curia romana; ed è che in nessuna segreteria si smarrisce mai nulla: qualunque documento, qualunque carta, anche la più insignificante voi consegnate, è subito rigistrata prima di riceverla: tutte le carte riguardanti un affare si uniscono di mano in mano con filo di seta, e si forma quello che chiamasi posizione, perfettamente in regola col registro. Per cui non accade mai (salvo che nelle cause politiche) che si abbia a deplorare la perdita di un documento.
Pedro

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Classificazione delle indulgenze
Nota 5. alla lettera nona di Roma Papale 1882

Alcuni de' nostri lettori non pratici molto di materie ecclesiastiche, ameranno avere la spiegazione di questi articoli della Curia romana; eccola brevemente. L'indulgenza plenaria consiste nella totale remissione di tutte le pene temporali che s'incorrono per lo peccato; inguisachè colui che ha acquistata una indulgenza plenaria, se muore non tocca le pene del purgatorio. Questa indulgenza plenaria o è reale, o locale, o personale: la reale è quando essa è attaccata ad un'opera, per esempio, facendo la tale opera si acquista la indulgenza plenaria; la locale quando è attaccata ad un luogo, ad una chiesa, ad un altare, ad una immagine, ad una corona ecc.; la personale quando è attaccata ad una persona, o ad un ceto di persone. Vi è poi la indulgenza plenaria in forma di giubbileo, che è qualche cosa di più; vale a dire che per quella indulgenza, colui che la gode può scegliersi il confessore. Ma si dirà: "E che non è sempre in facoltà di tutti lo scegliersi il confessore?" No, rispondiamo: i frati e le monache non possono sceglierlo se non nel tempo del giubbileo, ed in una indulgenza plenaria in forma di giubbileo. Inoltre i laici stessi se hanno de' easi riservati, non possono essere assoluti che da' penitenzieri: ma avendo la indulgenza plenaria in forma di giubbileo qualunque confessore può assolverli. Di più in questo caso può essere assoluto dalla osservanza de' voti semplici, commutandoli in altra opera più facile.

Le indulgenze parziali poi sono indulgenze che rimettono un determinato tempo della pena dovuta al peccato: di queste ve ne sono alcune che arrivano ad ottantamil'anni. In qualche caso le une e le altre sono applicabili alle anime del purgatorio; ed allora quando si applica una indulgenza plenaria ad un'anima del purgatorio, essa subito esce da quelle fiamme; se la indulgenza è parziale, le sono risparmiati tanti anni di purgatorio, quanti sono gli anni della indulgenza; e tutto ciò per pochi paoli: e poi si dica che la religione romana non è comoda!

Degli altari privilegiati se ne parla nella lettera.

La facoltà di benedire corone, medaglie, crocifissi ec. porta con sè questo privilegio, che chiunque possiede una corona, una medaglia, un crocifisso benedetto da un prete che ne ha la facoltà, guadagna la indulgenza plenaria. I mercanti di corone in Roma vendono ai forestieri corone, medaglie, crocifissi benedetti dal papa; ed ecco come si fa. È proibito sotto pena di simonia di vendere quelle cose benedette; ma tutto si accomoda in Roma. Il mercante vende al forestiere le corone non benedette, ma a condizione di farle benedire dopo vendute prima di consegnarle al forestiere. Qualche volta vi sono de' forestieri che non si fidano e vogliono essere testimoni della benedizione papale. Allora il coronaio invita il forestiere a trovarsi nella sala nel palazzo pontificio nell'ora che il papa esce per la passeggiata; là si trova il coronaio che porta la sua mercanzia sopra un vassoio, lo dà a tenere ad un cameriere pontificio (al quale si deve dare una mancia competente), quando passa il papa fa con la mano un segno di croce sul vassoio senza dir nulla, e tutti quegli oggetti sono benedetti, e chiunque ne possiede uno, ha la indulgenza plenaria sempre in tasca. E non han ragione i Puseiti di dire che i Cattolici son ben fortunati?

Le benedizioni papali che si accorda la facoltà di dare sono di due sorti: in articulo mortis ed in vita. Queste non si dànno mai in Roma, perchè vi è il papa; ma fuori di Roma si dànno. Io ricordo che in Viterbo, il priore degli Agostiniani ha il privilegio di dare una volta all'anno la benedizione papale al popolo; ed in quel giorno la chiesa è piena di devoti a ricevere quella benedizione che è come se fosse data dal papa in persona. Le benedizioni in articulo mortis sono quelle che si dànno a' moribondi con indulgenza plenaria. Per concessione di papa Benedetto XIV, tutti i parrochi hanno tale facoltà; più per concessione di altri papi l'hanno i Domenicani, i Carmelitani, i Serviti, ed altri Ordini religiosi. Anzi per dare cotale benedizione con indulgenza plenaria non è neppure necessario esser prete. Sisto V ha accordato il privilegio (non mai revocato) ai laici professi de' Chierici regolari ministri degli infermi, di dare la benedizione con l'indulgenza plenaria in articulo mortis. Gli altri preti o frati che non la hanno se la procurano alla S. Congregazione delle Indulgenze.
Pedro

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Conto corrente delle indulgenze
Nota 6. alla lettera nona di Roma Papale 1882

Se si facesse un semplice calcolo delle indulgenze e degli altari privilegiati, ne risulterebbe che non solo da lungo tempo il purgatorio dovrebbe essere chiuso; ma che la Chiesa romana avrebbe una vistosissima partita di credito con Dio, la quale partita aumenta ogni giorno. Vedi il nostro trattato sul purgatorio.
Pedro

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Tassa sulle indulgenze
Nota 7. alla lettera nona di Roma Papale 1882

Veramente la tassa sulle indulgenze è assai moderata; forse ciò accade perchè se il prezzo fosse elevato la mercanzia non sarebbe esitata. Comunque sia, ecco cosa si paga alla segreteria; per una indulgenza personale parziale, e per dare la benedizione in articulo mortis, tre paoli; per le indulgenze plenarie personali, benedizioni di un numero determinato di corone, medaglie ec., sei paoli; per altare privilegiato personale tre volte alla settimana per tre anni, nove paoli. Per altari privilegiati ed indulgenze plenarie nelle chiese, bisogna spedire il breve che è tassato secondo l'importanza della cosa accordata: non mai però meno di dieci scudi.

Abbiamo detto che questo è quello che si paga alla segreteria, perchè poi si deve pagare lo spedizioniere, il quale non prende meno di uno scudo per ogni rescritto.
Pedro

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Questioni curiose
Nota 8. alla lettera nona di Roma Papale 1882

Citeremo due casi di questioni giudicate al nostro tempo dalla S. Congregazione della Disciplina. Il P. Reggente de' Domenicani nel convento della Minerva reclamò un suo privilegio e portò la causa avanti la S. Congregazione della Disciplina contro il priore, il quale dalla sua parte si difese. Vi erano da una parte e dall'altra avvocati che scrivevano, ed erano pagati. La questione consisteva in questo. Per antica consuetudine avanti al padre Reggente, nel refettorio, stava una catasta di dodici piatti. Il priore credè che quella fosse una inutile ed incomoda formalità, ed ordinò al frate refettoriere di toglierli. Il P. Reggente reclamò il suo privilegio di avere dodici piatti. I cardinali giudici credevano che si trattasse di piatti pieni, ed erano stupiti che il P. Reggente mangiasse tanto. Quando, dopo molto tempo, si avvidero che la questione era di piatti vuoti, decisero la questione in favore del priore.

Un'altra questione più seria si agitò avanti quella S. Congregazione fra il consultore del S. Uffizio ed il professore di teologia della Sapienza, ambedue frati Conventuali nel convento dei SS. Apostoli; si trattava nientemeno di sapere chi dei due dovesse avere il posto di precedenza nel refettorio: ognuno lo pretendeva per sè. Mentre si agitava questa interessantissima lite, nessuno de' due frati andava nel refettorio; ma tutti due mangiavano in camera. I cardinali componenti la S. Congregazione esitarono un pezzo per decidere, tanto il punto era interessante! finalmente consultarono il papa che era Gregorio XVI, il quale con la pienezza della sua potestà dichiarò il consultore del S. Uffizio definitore perpetuo dell'Ordine, e così andò ad occupare nel refettorio il posto di definitore, e la quistione fu finita.

Pedro

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Penna di S. Michele
Nota 10. alla lettera nona di Roma Papale 1882

Non vi è nessuno che in Roma non sia persuaso della falsità delle reliquie; ma i preti dicono che non è la reliquia che opera i miracoli, ma la fede di chi prega; inguisachè quand'anche la reliquia sia falsa, pure essa opera prodigi quando è adoperata con fede. A questo proposito vi è fra' preti questo proverbio: "Non è il legno della barcaccia, è la fede che mi caccia." Per intenderlo bisogna conoscere il fatto che si dice gli abbia dato origine. Si cacciava il diavolo dal corpo di una donna ossessa, e si cacciava con una reliquia della croce; quella reliquia però era falsa; invece di essere un pezzo di legno della vera croce, era un pezzo di legno che aveva appartenuto ad una vecchia barca: perciò il diavolo nell'uscire disse quella parola che è passata in proverbio in bocca de' preti.

Un fatto accaduto ai nostri tempi in Roma merita di essere qui rapportato. Vi era in Roma un prete, un tale abate Petrucci, che era un vero tipo d'ignoranza, di sciocchezza e di bigottismo. Un prete impiegato alla custodia, delle reliquie gli fece credere che fra le reliquie, nella custodia vi era una penna dell'arcangelo S. Michele che aveva perduta nel combattimento avuto con Satana. L'abate Petrucci s'invogliò di averla, e tormentava ogni giorno il prete suo amico; questi, per levarsi la noia e per ridere sulla semplicità di quello stupido, prese una penna di cigno, vi appiccò con un filo di seta un suggello e la consegnò allo stupido abate; il quale andò subito all'ospizio di S. Michele a Ripa, per far vedere questo tesoro all'abate D. Giuseppe Bianchini che era allora superiore di quell'ospizio. Il Bianchini rise della semplicità del Petrucci e cercò persuaderlo che S. Michele non era un animale a piume, poi lo licenziò. Il Petrucci stimava molto il Bianchini; ma temeva di fare un atto di profanazione, gettando via la santa piuma. Prese dunque questo espediente degno di lui. Nel tornare in casa doveva passare sul ponte Sisto; quando fu sul ponte, s'inginocchiò e pregò S. Michele ad operare un prodigio per chiarirlo se quella piuma era sua o no; il prodigio doveva essere questo; se la piuma è di S. Michele essa deve galleggiare, sulle acque del Tevere, se non la è di lui, deve andare al fondo. Pieno di fede si alza, e getta dal ponte la piuma nel fiume. Come è naturale, la piuma galleggiò. Allora il povero Petrucci fu alla disperazione, e corse gridando alla riva per ricuperare la santa piuma.

Le persone che lo avevano veduto inginocchiato sul ponte, si erano fermate per curiosità; e vedendo che gettava una piuma, e che si disperava per ricuperarla, gli andarono dietro, e volevano condurlo al manicomio, e ve lo avrebbero condotto, se non vi fossero state persone che lo conoscevano le quali lo condussero in casa.
Il prete impiegato alla custodia, per aver fatta questa burla, fu destituito.
Pedro

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È falso che in Roma si vendano le reliquie
Nota 11. alla lettera nona di Roma Papale 1882

Per amore di verità, dobbiamo dire non essere vero che le reliquie si vendono. Gli spedizionieri e gli agenti che procurano ai forestieri le reliquie si fanno pagare; ma la custodia le dà assolutamente gratis a qualunque titolo. Io sono testimonio di un fatto. Era vicegerente Monsignor Vespignani, oggi vescovo di Orvieto: seppe che il custode delle reliquie aveva ricevuto un regalo da un forestiere, non in prezzo delle reliquie, ma perchè il custode aveva lavorato giorno e notte fuori del suo obbligo per servirlo presto acciò potesse partire. Io mi trovai presente quando Monsignor vicegerente fatto chiamare il custode lo sgridò severamente, e gli minacciò la destituzione se avesse saputo altra simile cosa. Forse non tutti i vicegerenti sono così scrupolosi; ma il fatto che ho raccontato è accaduto in mia presenza.
Pedro

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La pietra sacra
Nota 12. alla lettera nona di Roma Papale 1882

Il parroco con questo argomento fa allusione alla pietra sacra che si mette sopra ogni altare, nella quale debbono essere richiuse reliquie di martiri. Senza quella pietra sacra, che in Roma si compera alla chiesa di S. Giovanni in Laterano, non si può dire la messa.
Pedro

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Argomenti del card. Bellarmino per le reliquie
Nota 13. alla lettera nona di Roma Papale 1882

Cardinal Bellarmino, de reliquiis sanctor. lib. 2, cap. 2, prova il culto delle reliquie co' seguenti argomenti biblici.

Primo: Esodo XIII, 19, ove è detto che Mosè nel partire dall'Egitto col popolo prese seco le ossa di Giuseppe.

Secondo: Deuteron. XXIV, 5, 6, ove è detto che il Signore seppellì il corpo di Mosè.

Terzo: 2 Re XIII, 21. Le reliquie di Eliseo risuscitano un morto che le tocca.

Quarto: 2 Re XXIII, 18. Giosia bruciò le ossa de' morti, ma rispettò quelle di un profeta, ed ordinò che si rispettasse il suo sepolcro.

Quinto: Isaia XI, 10. "Il suo sepolcro sarà glorioso:" parla del sepolcro di Cristo.

Sesto: Matt. IX, 20. La donna malata di flusso di sangue guarisce toccando la veste di Gesù Cristo.

Settimo: Atti XIX, 12, ove è detto che gli asciugatoi e li grembiuli di S. Paolo guarivano gl'infermi.

Ottavo: Atti V, 15, ove è detto che l'ombra di S. Pietro guariva gl'infermi.

Vediamo ora brevemente quanto valgano queste ragioni.

Il primo fatto citato dal Bellarmino potrà esser di qualche valore per chi non ha mai letta la Bibbia; ma chi la conosce sa che quel fatto prova tutt'altro che il culto delle reliquie. In primo luogo, Mosè trasportò il corpo di Giuseppe nella terra promessa per seppellirlo, non già per adorarlo, nè mai fu adorato, nè gli furono indirizzate preghiere di sorta: dunque questo fatto non prova il culto delle reliquie.

In secondo luogo, chi ha la Bibbia in mano legge il passo citato dal Bellarmino, e vede che se Mosè trasporta il corpo di Giuseppe, fu per tutt'altro che per prestargli un culto: "E Mosè prese seco le ossa di Giuseppe; perciocchè egli (Giuseppe) aveva espressamente fatto giurare i figliuoli d'Israele, dicendo: Iddio per certo vi visiterà; allora trasportate di qui le mie ossa con voi." Gl'Israeliti dunque le trasportarono per adempiere il loro giuramento; e Giuseppe ordinò tal cosa, perchè fosse una testimonianza della sua profezia ch'egli aveva fatta per fede: "Per fede Giuseppe, trapassando, fece menzione dell'uscita de' figliuoli d'Israele, e diede ordine intorno alle sue ossa" (Ebr. XI, 22). Difatti cosa fecero gl'Israeliti? Non seppellirono Giuseppe, ma lo imbalsamarono e lo posero in un cataletto (Gen. L, 26); e quando furono entrati nella terra promessa, non misero il corpo di Giuseppe sopra un altare, non lo divisero in pezzetti, ma lo seppellirono in Sichem (Gios. XXIV, 32). Ecco quanto vale questo primo argomento.

Il secondo argomento prova ancor meno del primo, se fosse possibile. "E il Signore lo seppellì (Mosè) nella Valle, nel paese di Moab, dirimpetto a Betpeor; e niuno, infino a questo giorno, ha saputo ove fosse la sua sepoltura" (Deut. XXXIV, 6). Tanto è lungi questo fatto di provare il culto delle reliquie, che prova tutto il contrario. Dio nascose il corpo di Mosè, acciò non fosse occasione di un culto superstizioso.

Il terzo argomento trova parimente la sua soluzione nella Bibbia. Pochi versetti prima lo Spirito Santo dice che Eliseo moribondo promise tre vittorie consecutive degl'Israeliti sopra i Siri che erano allora potentissimi. Un anno dopo la morte, di Eliseo, mentre alcuni Giudei andavano a seppellire un morto videro certe schiere di Moabiti, e presi dal timore gettarono il cadavere nel sepolcro di Eliseo, e si diedero alla fuga. Dio risuscitò quel cadavere, perchè gl'Israeliti si rammentassero le parole del suo profeta, e non temessero. Difatti la Scrittura non dice che portassero appositamente quel cadavere al sepolcro di Eliseo; ma che vi si trovarono a caso: non lo posero lì acciò fosse risuscitato; ma ve lo gittarono per fuggir presto; e dopo la risurrezione di quel morto, non è mai detto che gl'Israeliti venerassero le reliquie del profeta.

Il quarto fatto citato dal Bellarmino non prova neppur nulla. La Bibbia ci dice che quando Geroboamo stabilì la idolatria, ed eresse un altare in Betel, "un uomo di Dio venne di Giuda in Betel" e profetizzò solennemente alla presenza del re e del popolo, che sarebbe venuto un re per nome Giosia, che avrebbe distrutto quell'altare e bruciate sopra esso le ossa de' morti (1 Re XIIII, 1, e seg.). Quando tanti anni dopo il re Giosia distrusse quell'altare, e bruciò sopra di esso le ossa degl'Israeliti idolatri (2 Re XXIII), vide un sepolcro, e domandò di chi era; allora gli fu detto che era il sepolcro di quel profeta che aveva predetto quello ch'egli aveva fatto; allora disse: "Lasciatelo stare, niuno muova le ossa di esso." Da qui al culto delle reliquie vi è gran differenza. Giosia non s'inginocchiò davanti a quel corpo, non ordinò che si venerasse; anzi ordinò che si lasciasse in pace nel suo sepolcro.

Quando poi il cardinal Bellarmino cita il passo del cap. XI d'Isaia si mostra uomo di malafede. Il profeta parla del Messia, ma non parla del suo sepolcro; e quand'anche parlasse del suo sepolcro, non direbbe che deve essere adorato: un sepolcro può dirsi glorioso senza che però gli si dovesse prestare un culto religioso. Però il profeta non parla del sepolcro di Cristo, e Bellarmino lo sapeva, perchè conosceva l'ebraico. Isaia non si serve della voce ebraica scheol che significa sepolcro; ma della voce menuchat che significa sede, riposo: onde la versione letterale di quel passo è: "E la sua sede sarà gloria."

La donna che guarì dal flusso di sangue non fu guarita per la virtù che uscisse dalla veste, ma dalla persona del Signore, e Gesù Cristo stesso ce ne avverte (Luc. VIII, 46), perchè egli sapeva l'abuso che si sarebbe fatto di quel miracolo; inoltre, parlando alla donna, egli non dice: La mia veste, ma: La tua fede ti ha sanata.

I due ultimi fatti provano soltanto che Dio per mezzo de' miracoli ha voluto confermare la predicazione de' suoi Apostoli, e nulla più di questo. Trovatemi difatti che que' primi Cristiani adorassero o pregassero l'ombra di S. Pietro o i fazzoletti di S. Paolo.
Pedro

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Furberia de' preti per avere ricchi mortori
Nota 14. alla lettera nona di Roma Papale 1882

È una necessità morale in Roma fare un bel mortorio ad un parente. I preti han saputo trovare tutti i modi per trarre di tasca i denari ai loro parrocchiani. Per i restii han fatto una legge, ed è lo Statuto del clero, ed i tribunali su quella legge condannano coloro che non vogliono fare il mortorio, o lo vogliono fare miserabile. Per i devoti han lasciato nel catechismo il quinto comandamento della Chiesa che dice: "Ricordati di pagare le decime;" e siccome decime propriamente dette non ve ne sono in Roma; così i preti dicono ed insegnano, che i mortori sono in luogo di decime. Per i non tanto devoti, che sono la gran maggioranza, i preti han fatto del mortorio più o meno sfarzoso un punto di onore. Guai se una famiglia non facesse un mortorio più che decente! si direbbe che sono gente senza cuore, e senza onore, che han fatto seppellire il morto come un cane. Così, per evitare la critica del mondo, ognuno si sforza, e molti fanno debiti per fare un bel mortorio.

Pedro

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Come si seppelliscono i morti in Roma
Nota 15. alla lettera nona di Roma Papale 1882

Per chi non sapesse come fino al 1847 si seppellivano i morti in Roma, lo diremo in questa nota.

Vi è in Roma un cemeterio presso la basilica di S. Lorenzo, circa un miglio fuori della città. Ma quel cemeterio è per i non privilegiati: i cardinali non vi vanno, i frati e le monache neppure; i nobili hanno tutti la sepoltura gentilizia in qualche chiesa, e tutti costoro sono sepolti nelle chiese. Il cemeterio è formato di larghe fosse o camere sotterranee; si apre la bocca di una di queste fosse profonde, e si gettano in essa i cadaveri alla rinfusa: poi si mette sopra una pietra quadrata, e così si seppelliscono i cadaveri nella santa città.

La maniera poi del trasporto era la più barbara che si potesse immaginare. La sera nella prima ora partiva il cadavere dalla parrocchia: precedeva un chierico con una piccola croce ed un lanternino chiuso, ed un prete; seguivano due beccamorti col cadavere sopra una piccola bara, e così si andava all'ospedale della Consolazione, ov'era il deposito de' cadaveri di tutte le parrocchie. Per molte parrocchie il tragitto è assai lungo, quindi i beccamorti dovevano riposarsi; allora lasciavano il cadavere sulla strada, ed essi col prete entravano in una osteria per rinfrescarsi. Nelle serate oscure e piovose è più volte accaduto che i passanti e le carrozze abbiano urtato e rovesciato il cadavere abbandonato.

Giunti al deposito, seguiva un'altra scena di orrore: i beccamorti seduti sulle casse o giocavano alla mora, o facevano conversazioni della moralità che può immaginarsi da quella feccia di canaglia che essi sono. Quando tutti i cadaveri erano stati portati, allora erano posti sopra un carro scoperto accatastati gli uni sopra gli altri, e così erano trascinati al cemeterio accompagnati da due beccamorti che andavano fumando e cantando canzoni oscene: là erano scaricati dal carro e gettai nelle sepolture.

Nel 1847 il trasporto de' cadaveri incominciò a farsi in modo non indecente, ed io che scrivo vi ebbi molta parte. Un principe romano, che non voglio nominare, domandò la privativa di trasportare con decenza i cadaveri al cemeterio, a condizione che le famiglie pagassero otto paoli di più per ciascun morto. Il cardinal Patrizi mi fece l'onore di comunicarmi quel progetto, e domandarmi il mio parere. Io dimostrai che quello era un vero mercato di cadaveri; e che l'appaltatore ne avrebbe ricavato un benefizio netto di circa 1500 scudi all'anno. Feci un controprogetto nel quale dimostrai che, senza aggravare di più le famiglie e con quello stesso che si spendeva per quell'orribile trasporto, se ne sarebbe fatto uno più decente. Il mio progetto fu adottato: si fecero quattro decenti carri funerari, che ogni sera vanno a raccogliere i cadaveri nelle parrocchie, e ciascun carro, accompagnato da un prete, conduce direttamente i cadaveri al cemeterio. Il modo però di seppellirli non è cambiato.

Pedro

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