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CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Roma Papale

Ultimo Aggiornamento: 16/04/2011 19:26
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Parabola dell'economo infedele
Nota 20. alla lettera quindicesima di Roma Papale 1882

I Gesuiti si servono della parabola dell'economo infedele (Luca XVI) per conchiudere, che coloro i quali o con usure, o con furti, o con altre pratiche illecite sono divenuti ricchi, se vogliono salvarsi, debbono dare le loro ricchezze ai santi nel cielo, abusando di quella parola: "Fatevi degli amici delle ricchezze ingiuste, affinchè quando verrete meno vi ricevano nei tabernacoli eterni." Quegli amici, secondo i Gesuiti, sarebbero i santi: quindi dando i denari rubati, o male acquistati, ai preti ed ai frati in onore dei santi, con essi si comprerebbe il cielo. Questa interpretazione è empia ed è assurda: essa autorizza e canonizza il furto; si fan complici dei furti i santi del cielo: i preti ed i frati, anzichè obbligare i loro penitenti alla restituzione, li incoraggiscono al furto.

Il senso della parabola ci sembra chiaro: Dio confida all' uomo i beni della terra, affinchè ne faccia traffico per la gloria di Dio e l'avanzamento del suo regno, e per il sollievo degl'infelici. Il malvagio amministratore non pensa che a sè stesso, e abusa di quei beni contro la volontà del padrone che glieli ha confidati: Dio gli annunzia il rendiconto, vale a dire gli mostra vicina la morte e il giudizo. Risvegliato allora il peccatore non sa cosa fare; lavorare la terra, vale a dire giustificarsi colle proprie opere, comprende essere cosa impossibile; mendicare gli sarebbe inutile e non n' ha il coraggio; si fa degli amici beneficando. Non è Gesù, ma è il padrone mondano che loda l' ingiusto fattore per avere operato abilmente: e Gesù prende di là occasione per dire: "Fatevi degli amici delle ricchezze ingiuste:" cioè quando non avete amministrati i beni che Dio vi ha dati secondo la sua volontà, voi sarete ricchi, ma quelle ricchezze saranno ingiuste; ebbene quando conoscete il male fatto rimediatevi, fate bene ai vostri simili, e, quando il giorno del Signore verrà, voi vi troverete una quantità di amici nei tabernacoli eterni. Ecco il senso ovvio e naturale di quella parabola.
Pedro

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Gesuiti al letto de' moribondi
Nota 21. alla lettera quindicesima di Roma Papale 1882

I Gesuiti al letto dei moribondi accumulano tesori abusando sempre del Vangelo. Nulla di più comune che sentire da essi citare quel passo: "Fatevi dei tesori nel cielo." Nulla di più efficace per sedurre un vecchio avaro che la speranza che i suoi danari gli gioveranno eziandio dopo morte; per cui l' avaro si persuade facilmente a lasciare i suoi danari ai preti per ritrovarli nel cielo. Ma nulla di più empio quanto il far credere ad un povero moribondo che i preti sono i cassieri e i tesorieri del cielo.
Pedro

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Moralità affettata de' Gesuiti
Nota 22. alla lettera quindicesima di Roma Papale 1882

I Gesuiti affettano una rigorosa moralità in materia di costume; ma non tutto quel che risplende è oro. Io so di un Gesuita, che non nomino perchè conosciutissimo in Roma ed in fama di santità, il quale in materia di galanteria non la cede al più gran libertino, ma prende tutte le sue precauzioni; egli fa ammalare la sua penitente, e si fa chiamare per confessarla al letto, e potrei raccontare di lui delle storie assai galanti.

Racconterò un altro fatto accaduto pochi anni sono a Roma. Il convento delle monache Sacramentarie era in comunicazione col convento di S. Andrea dei padri Gesuiti. Il giardino dei Gesuiti era separato dal convento delle monache da un piccolo muro dell' altezza di circa due metri: un reverendo Gesuita saliva tutte le notti quel muro per andare a recitare il breviario con una giovane monachella; ma non prese tutte le sue precauzioni, fu veduto dai vicini che ne avvisarono i superiori, ed il Gesuita sparì. Intanto la monachella era in uno stato interessante, e, credendosi abbandonata crudelmente, una mattina fu trovata appiccata per la gola su quel muro stesso che separava i due giardini. Si appiccò essa da sè stessa? fu appiccata da altri? Dio solo lo sa. Dopo poco tempo, il papa levò le monache da quel monastero e le fe' trasportare in un altro.
Pedro

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Gesuiti e Farisei
Nota 23. alla lettera quindicesima di Roma Papale 1882

Se si dicesse che i Gesuiti sono lo stesso di quello che erano i Farisei ai tempi di Gesù Cristo, non si direbbe nulla di esagerato. Riscontrando nell' Evangelo i caratteri dei Farisei, noi li troviamo tutti a puntino verificati nei Gesuiti. Prendiamo ad esempio il cap. XXIII dell' Evangelo di S. Matteo. Gesù Cristo dice che i Farisei sono coloro che sedono sopra la sedia di Mosè; ma chi sono di grazia oggi quelli che siedono sopra la sedia del papa? I Gesuiti sono i fabbricatori delle bolle, delle encicliche, dei dommi. Il domma dell'Immacolata è stato fabbricato dai Gesuiti Perrone e Passaglia; e ciò senza mistero alcuno, ma alla faccia del sole. La famosa enciclica ed il sillabo degli 8 dicembre è senza nessun mistero opera dei Gesuiti.

Gesù Cristo dice che i Farisei dicono e non fanno. Chi difatti più di loro predica la povertà gavazzando nelle ricchezze, I' umiltà calpestando le autorità ed i sovrani, l'obbedienza cospirando continuamente ed eccitando da per tutto ribellioni?

I Farisei mettevano sulle spalle altrui pesi gravi, che essi non voleano neppure toccare col dito; e la storia ci dice che i Gesuiti han fatto sempre compromettere gli altri, salvando loro stessi. Così in tutte le congiure contro la vita dei sovrani i Gesuiti dirigevano tutto standosene al sicuro, e compromettendo qualche povero fanatico.

I Farisei facevano tutte le loro opere per essere riguardati dagli uomini; e i Gesuiti in tutto quello che fanno affettano la più stomachevole ostentazione.

Ma sarebbe troppo lungo continuare il parallelo: chi ha voglia di continuarlo, non ha che a leggere il cap. XXIII dell' Evangelo di S. Matteo, e ne vedrà l' applicazione chiara ed evidente.
Pedro

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16/04/2011 19:24
 
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I Gesuiti rovesciano il Cristianesimo
Nota 24. alla lettera quindicesima di Roma Papale 1882

Ricordo aver letto un libro di un Gesuita, di cui ora non rammento il nome, nel quale si proponevano cento vie sicure per giungere al cielo; e questo libro era stampato con tutte le debite approvazioni dell' autorità ecclesiastica. Se questo non si chiama rovesciare intieramente la religione di Gesù Cristo per istabilire sulle rovine del cristianesimo il Gesuitismo, non so cosa altro possa chiamarsi. Gesù Cristo dice che una sola è la via del cielo, che è Egli stesso; e il reverendo Gesuita nelle sue cento vie parla di tutt' altro che di Gesù Cristo via unica. Per esempio, una delle vie di andare al cielo è di recitare ogni giorno tre avemarie alla Madonna; un'altra è di portare addosso l' abitino; un'altra, di ascriversi ad una qualche Congregazione gesuitica. È il cristianesimo o il gesuitismo che s' insegna a questo modo?

Pedro

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16/04/2011 19:25
 
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La religione de' Gesuiti è la Mariolatria
Nota 25. alla lettera quindicesima di Roma Papale 1882

La Mariolatria può dirsi la religione dei Gesuiti. S. Alfonso de' Liguori era affigliato dei Gesuiti:

sono stati essi che lo han fatto canonizzare, sono essi che propagano a tutta possa il famoso libro delle Glorie di Maria, libro ripieno delle più orribili bestemmie. Citeremo alcuna di queste bestemmie prese a caso in quel libro che abbiamo sott'occhio. Nell'introduzione è detto: "Tutte le grazie sol per mano di Maria si dispensano, tutti quelli che si salvano non si salvano che per mezzo di questa divina Madre." Nel capitolo primo è detto: "Quante sono le creature che servono a Dio, tante debbono ancora servire a Maria; giacchè gli angeli, gli uomini e tutte le cose che sono nel cielo e nella terra, essendo soggette all'impero di Dio, sono anche soggette al dominio della Vergine." Queste sono bestemmie che fanno Maria eguale a Dio, ed annullano l'opera infinita di Gesù Cristo.

Ma non si limita qui la empietà di quel santo; nello stesso capitolo dice che "Dio ha dato al Figlio l'ufficio di giudicare e punire, ed a Maria l' ufficio di compatire e sollevare i miserabili." Ecco Gesù tolto dal suo ufficio di Salvatore, e Maria posta in sua vece.

Apriamo a caso quel libro, e ci viene sott'occhio al cap. II § 1 cosa che non era mai venuta in mente a veruno, che cioè tutti coloro che nell' antica Legge furon salvati, lo furono per Maria. Al § 2 dello stesso capitolo dice, che è tanto potente il nome di Maria che invocato fino dalle bestie le salva: e racconta di un uccello, al quale era stato insegnato dire ave Maria, che inseguito un giorno dallo sparviero, mentre già era per cadere sotto i suoi artigli, disse la magica parola, e lo sparviero cadde morto come colpito dal fulmine.

Nel § 2 del capo III dice, che il sole è figura di Gesù Cristo, la di cui luce godono i giusti che vivono nel giorno della divina grazia; la luna è figura di Maria, per cui mezzo sono illuminati i peccatori.

Poco dopo, S. Alfonso spiega il fatto di Rebecca che inganna Isacco presantandogli un capretto bene apprestato da farglielo sembrare cacciagione; e di questo fatto ne fa la seguente applicazione; "Rebecca è figura di Maria, che dice agli angeli: Portatemi i peccatori (per cui sono significati i capretti), perchè io li condisca in modo che li renda cari ed accettabili al Signore."

Nel § 2 del cap. V prova la necessità dell'opera di Maria per la nostra salvezza: essa fu redentrice del mondo insieme col suo Figlio. Ecco le sue parole: "Siccome Adamo ed Eva per un pomo venderono il mondo, così Maria col suo Figlio con un cuore riscattarono il mondo…… ha ben potuto Dio creare il mondo dal niente; ma essendo perduto il mondo per la colpa, non ha voluto riscattarlo senza la cooperazione di Maria…… la nostra salute è nelle mani di Maria…… perciò come una pietra cade subito che vien tolta la terra che la sostiene, così un' anima, tolto l' aiuto di Maria, cadrà prima nel peccato e poi nell'inferno."

Al capo V § 1, volendo provare la potenza di Maria, dice: "Tutte le cose servono Maria, non escluso Dio."

Al cap. VIII § 1 dice: "È impossibile che si danni un devoto di Maria, è impossibile che un peccatore si salvi senza il favore e il soccorso di Maria; imperciocchè coloro che non salva la divina giustizia, li salva Maria con la sua intercessione e misericordia infinita."

Al cap. VIII § 3 dice, che è difficile essere salvati per mezzo di Gesù Cristo, ma è facile essere salvati da Maria; e porta l' esempio di un tal frate Leone che vide una scala rossa sopra la quale era Cristo, ed un' altra bianca sulla quale era Maria. Vide che alcuni salivano la scala rossa, ma montati pochi gradini cadevano, tornavano a salire e ritornavano a cadere; allora furono esortati di salire al cielo per la scala bianca, e per quella salivano facilmente, perchè Maria dava loro la mano, li aiutava e li conduceva al cielo.

Non la finiremmo mai se volessimo indicare tutte le orribili bestemmie che si trovano in quel libro: ci basti osservare che quel libro è il testo favorito dei Gesuiti e gesuitanti, dal quale prendono materia per le loro prediche sulla devozione di Maria. Nell' Italia meridionale è il libro più sparso fra il popolo, che si legge nelle chiese, come nelle chiese protestanti si legge la Bibbia. È il libro che più favorisce l'immoralità, perchè insegna che gli uomini i più scellerati possono esser certi di loro salvezza, purchè abbiano una devozione superstiziosa per Maria. Tutti i briganti e gli assassini hanno l' immagine di Maria sul loro cappello e sul loro petto, e quello basta loro per essere certi della vita eterna.

In quel medesimo libro, S. Alfonso cita molti esempi di persone di pessima vita che sono state salvate perchè aveano una qualche devozione a Maria. L' esempio X racconta di un brigante famoso che, per consiglio di un frate, digiunava il sabato e si asteneva dal briganteggiare in quel giorno in onore di Maria. il brigante fu preso, condannato alla morte, decapitato, e poscia sepolto coi malfattori. Allora la Vergine prese con sè quattro sante vergini, andò al sepolcro del suo devoto malfattore, ne estrasse il cadavere, lo pose in una bara, lo coprì con un lenzuolo tutto ricamato in oro, e a spalla delle quattro sante lo condusse alle porte della città; allora essa disse alle guardie che chiamassero il vescovo acciò seppellisse onoratamente quel santo cadavere.

Nell' esempio XIII racconta il fatto di un altro brigante, il quale in uno scontro fu ucciso, la sua testa fu tagliata e gettata lontano dal suo corpo. Con la testa tagliata cominciò a gridare confessione; fu chiamato un prete che corse a confessare quella testa mozzata. Il prete gli domandò per quale devozione avesse meritato una tanta grazia; la testa del brigante rispose: "Perchè il sabato digiunava in onore di Maria;" e, ricevuta l' assoluzione, morì.

Nell' esempio LI racconta che un canonico di Parigi andando un giorno a diporto sulla Senna cadde in acqua e morì. Pare che il canonico non fosse un fior di virtù, perchè vennero i diavoli e presa la di lui anima la portarono all'inferno. Maria si fe' incontro al diabolico corteggio e lo arrestò, e lo sgridò ben bene per il loro ardire di portare all' inferno l'anima di un suo devoto: la tolse loro di mano e la restituì al suo corpo, e il canonico tornò in vita.

Nell'esempio LXXXIV è raccontato il fatto di un brigante che prese una giovane a cattiva fine. La giovane disse al brigante che per amore di Maria non la disonorasse, e il brigante lasciolla in pace. Nella notte Maria apparve al brigante, lo ringraziò del favore che le avea fatto, e gli promise che si sarebbe ricordata di di quel fatto. Il brigante continuò nella sua vita fino a che cadde in mano della giustizia e fu condannato a morte. Allora gli apparve di nuovo la vergine e gli promise che il giorno dopo sarebbe andato subito in paradiso.

Questo libro così empio è solennemente approvato dalla Chiesa romana per un decreto speciale ed infallibile di Papa Gregorio XVI.
Pedro

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16/04/2011 19:26
 
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La novena della grazia
Nota 26. alla lettera quindicesima di Roma Papale 1882

Nel mese di marzo i Gesuiti fanno nelle loro chiese, e specialmente nella chiesa del Gesù a Roma, una novena a S. Francesco Saverio. Codesta novena si chiama la novena della grazia, ed ecco il perchè: S. Francesco Saverio ha promesso di ottenere da Dio, per ciascuno dei suoi devoti che farà quella novena nel tempo determinato, quella grazia che esso domanderà a sua libera scelta. Sembra impossibile che nei nostri tempi si credano tali sciocchezze; eppure nei giorni di quella novena la immensa chiesa del Gesù in Roma è affollatissima. Bene inteso però che per ottenere la grazia bisogna ogni giorno presentare una elemosina al santo secondo le proprie forze.
Pedro

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