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Inevitabilmente, il borghese, essendo legato a un'attività economica la cui riuscita è inversamente proporzionale al livello etico di responsabilità con cui la gestisce, diventa il tipo ideale di quella fede religiosa non più sicura di sé e che però vuole togliere a chiunque ogni sicurezza etica e religiosa. Se manca l'oggettività del giudizio, in quanto tutto è rimesso alla "volontà di dio", il borghese si sente autorizzato ad agire come meglio crede.

L'indifferenza ideologica della borghesia in materia di religione (nel senso che il borghese non crede nell'oggettività del giudizio), la si può riscontrare anche in questo singolare fatto, che i Paesi europei più calvinisti nella pratica (Francia, Inghilterra...), erano anche quelli che, ufficialmente, continuavano a professare il cattolicesimo.

Predestinazione e calvinismo

Il concetto protestante di predestinazione è stato elaborato in conseguenza della manifesta incapacità del credente “cattolico” di risolvere i problemi sociali dal punto di vista “cristiano”.
La predestinazione al bene o al male viene accettata nel momento stesso in cui si rinuncia a porre nella libertà dell’uomo la responsabilità del proprio futuro.

Gli uomini fanno il “bene” o il “male” non perché lo vogliono -dice Lutero e soprattutto Calvino-, ma perché così li ha predestinati Dio, il quale si serve, nella sua imperscrutabile prescienza, del bene o del male per confondere i “reprobi” e rassicurare i “virtuosi”.
La predestinazione è stata poi laicamente riassorbita dalla filosofia hegeliana con il concetto di “necessità storica”, che ha una valenza ottimistica, vicina alla provvidenza di matrice cattolica.
Infatti, la differenza sostanziale tra provvidenza e predestinazione sta in questo, che mentre per la prima il male, in ultima istanza, viene reintegrato positivamente dal bene;

la seconda invece il male è irrecuperabile. Il calvinismo deve assolutamente tenere separati il bene dal male, se vuole dimostrare il proprio ottimismo.
In fondo la predestinazione è un concetto religioso che vuole riflettere una situazione sociale basata sull’antagonismo di classe e sull’individualismo.
“Fare il bene”, nell’ottica calvinista, altro non può significare che “fare bene il proprio dovere”, deciso a priori da dio, in particolare “il proprio dovere professionale”.