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CRISTIANI

Carlo Carretto - Riflessioni

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    00 20/01/2009 18:10
    21 aprile: Pregare, amare, attendere

    Ama di più e soffrirai di meno.

    Vuoi conoscere il significato del cero, il segno che vuol essere?

    Esso è tratto dalla notte del passaggio, la Pasqua del Signore.

    I primi cristiani usavano il cero, come segno della presenza di Cristo nell'oscurità del mondo.

    Come Cristo è luce del mondo e si è consumato nell'amore, così questo cero dà la luce consumandosi.

    E un segno e come tutti i segni ci parla.

    A me questo segno ha parlato molto, l'ho fissato a lungo nella notte del sabato santo e l'ho fatto mio nella domenica alla messa.

    Poi sono andato più avanti nella comprensione dell'idea della luce che consuma la cera.

    E quando a Vienna un amico mi ha regalato uno di questi bei ceri colorati, me lo sono portato a casa, l'ho messo nella mia cella sul canterano, vicino a una piccola icona.

    Il tutto è diventato come un piccolo altare.

    Ora faccio così, e vi spiego il trucco.

    Quando il dolore viene a trovarmi, e viene abbastanza spes­so e mi sento come in un buco nero, allora io accendo il cero. Poi lo fisso bene e cerco di dire a me stesso le parole che con tanta facilità dico ai fratelli durante la liturgia della luce.

    «Vedi questo cero? E il simbolo di Gesù che dà la luce al mondo, consumandosi come si è consumato Lui».

    Le dico e cerco di farmi coraggio.

    E poi cosa faccio?

    Per procedere nella mia piccola liturgia personale, faccio tre cose.

    Piccole cose che mi sono venute in mente e che vanno nel giusto senso.

    Prego.

    Amo.

    Attendo.
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    00 20/01/2009 18:10
    22 aprile: L'esperienza di Dio

    Quando salivo sul Subasio sotto il sole avevo l'impressione che la luce mi penetrasse dentro il corpo e con la luce la gioia.

    È allora che mi andavo chiedendo come fosse possibile per me essere triste.

    Quella luce era la creatura di Dio che più mi significava la sua presenza e che penetrando in me percorreva lo stesso cam­mino che Dio percorreva per cercarmi e parlarmi.

    Non ho mai avuto difficoltà a pensare le creature, tutte le creature come messaggere di Dio, segno di Lui.

    Esse, le creature, hanno il potere di condurci adagio adagio alla contemplazione che, avendo bisogno anche del nostro impegno, è chiamata «contemplazione acquisita» ed è fonte di grande gioia.

    Il mistero era lo spazio disteso da Dio attorno a me per il rispetto della mia piccolezza e della mia libertà.

    Era la penombra della sublime alcova dove il Tutto e il Nulla s'incontravano per abbracciarsi e conoscersi sempre più nel profondo e svelarsi senza violenza e senza bruciarsi gli occhi per la troppa luce.

    U vento era il segno della mobilità delle cose, della loro spinta inesausta alla ricerca, la voce dell'amato che arriva improvviso, l'esperienza di Lui che giungeva a togliermi dalla solitudine, carezza sempre possibile, composizione e urto inesausto per una crescita continua.

    Anche la Pentecoste era stata segnalata dal vento come da un uragano che scuote le porte.

    Che dire poi del fuoco?

    La vita, la morte, il tempo, lo spazio, l'infinito, la terra, il cielo, l'amore, la santità, il dolore, la gioia, l'abbraccio. Tutto, tutto poteva essere significato dal fuoco anche il perché della vita: inesausto dono di sé, calore che si sprigiona dal suo lento consumarsi.

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    00 20/01/2009 18:11
    23 aprile: Tre Persone

    Non vedo più il fantasma che mi ero costruito di Dio e cerco solo di sentire la sua Presenza.

    E mi basta.

    E la sento ovunque anche se avvolta in un immenso, subli­me, rude mistero.

    Ora che ho capito, mi proibisco - pensando a Dio - ogni disegno, ogni immagine, ogni fantasticheria e mi accontento di pensarlo come il Reale che mi circonda e in cui sono immerso.

    E il Reale è li che mi guarda con la sua Forza, con la sua Bellezza, la sua Logica, la sua Trasparenza e si impone con tre parole che non posso cancellare, pur con tutta la mia diabolica razionalità: la Vita, la Luce, l'Amore.

    Anche perché queste tre parole - ed è la meraviglia delle meraviglie - sono diventate Persona:

    La Persona del Padre che è la Vita.

    La Persona del Figlio che è la Luce.

    La Persona dello Spirito Santo che è l'Amore.

    Sì, Dio è Persona per me e non mi stupisco.

    Forse che io non sono persona?

    Ed è per questo che il catechismo mi dice che sono creato a sua immagine e somiglianza, proprio perché sono persona e non mi posso negare come non posso negare la realtà del mio corpo e del mio spirito in cui vivo e dai quali sono manifestato.

    Sì, Dio è per me Persona e con Lui comunico.

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    00 20/01/2009 18:11
    24 aprile: Un'alleanza di sangue

    La presenza di Dio nelle cose, nella storia, in me è una pre­senza vitale.

    Dio amandomi mi genera e mi fa suo figlio.

    La sua presenza in me è una presenza generatrice.

    Ci sono però due tempi in questa generazione a figlio.

    Il tempo inconscio e iniziale del Genesi in cui lo Spirito si «posa sulle acque» e crea senza chiedermi il permesso e mi fa terra impastata, pezzo di stella, fiore di campo, animale armonio­so; e il tempo che è «la maturità dei tempi» in cui, come per Maria, lo Spirito mi «copre con la sua ombra» e chiede il mio

    «si».

    Dovendo farmi figlio a sua immagine mi fa libero, volendo farmi entrare nella sua intimità familiare mi dà la possibilità di fuggire di casa.

    Il mistero della nostra libertà nasce dalla grandezza del suo amore perché non c'è vero e grande amore senza libertà.

    Dio vuole da noi un amore libero perché l'amore è un asso­luto.

    E gli assoluti non si impongono.

    Dio stesso non può impormi di amarlo.

    E per questo che la sua è sempre una proposta che chiama alleanza e che nella sua pienezza il Vangelo ama dargli il nome di Regno.

    «Il regno di Dio è vicino» (Mt 3, 2), annuncia il Battista.

    «Il Regno dei cieli è giunto tra di voi» (Mt 12, 28), confer­ma Gesù.

    Non ci propone un incontro di idee e di preghierine ma una alleanza di sangue.
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    00 20/01/2009 18:11
    25 aprile: La tensione fondamentale

    Aprendo gli occhi alla vita umana debbo abituarmi a vedere tutto come segno di quella vita divina che Cristo mi trasmette e che nutre giorno dopo giorno.

    Mio padre e mia madre sono segno di un altro padre e un'altra madre che avrò nel Regno; la mia casa abitata da me bimbo, e che oggi non è più, distrutta dal tempo, è segno di un'altra casa che non sarà più distrutta.

    I miei fratelli e le mie sorelle che vissero con me sono segno di altri fratelli e altre sorelle che vivranno con me nel Regno eter­no del Padre.

    Il cibo che mi ha nutrito, il fuoco che mi ha scaldato, le col­line che mi hanno rallegrato sono il segno di un altro cibo, di un altro fuoco, di altre colline, che avrò nel Regno.

    La stessa assemblea liturgica a cui mi sono assiso, la stessa Eucaristia che ho preso con tanta dolcezza sono il segno vivente di un'altra Assemblea a cui mi assiderò nel Regno, nutrito final­mente da un unico cibo che merita ricevere: Dio stesso.

    Com'è bello pensare che tutto sia segno di quel mondo invi­sibile in cui sono immerso e che la fede mi fa scoprire poco alla volta, la speranza mi ravviva e l'amore mi dona!

    Tutto è segno!

    Ma se di segno in segno noi saliamo sempre più su, giungia­mo al paradiso di cui è segno l'amore o la casa.

    La casa dove si ama è il paradiso.

    Altrove si chiama cielo, altrove regno.

    Ma è la stessa cosa.

    Ed è la tensione fondamentale di ogni uomo su questa terra.
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    00 20/01/2009 18:12
    26 aprile: Il Regno

    Il cammino degli ebrei nel deserto aveva come mèta la Terra promessa. Per noi ha come mèta il Regno, di cui la Terra promessa era una immagine e una profezia.

    La Terra promessa era un discorso adatto per chi aveva bisogno di terra per assaporare la sua libertà.

    Il Regno risponde al bisogno che c'è in ciascuno di noi di vedere, di ascoltare, di servire il Re che è Dio stesso.

    Man mano tu maturi alle cose dello spirito, la terra si riduce ad essere segno e si fa strada la ricerca di ciò che essa rappresen­ta: la Persona stessa di Dio.

    Dal momento che il Regno è la nostra eredità e il nostro destino, solo la gioia ha motivo di dominare la nostra vita.

    Il Regno è la risposta ad ogni desiderio, è la giustificazione di ogni attesa, è la pienezza di ogni conquista.

    E la sazietà.

    Non stupiamoci quindi se per arrivare al suo possesso ci tocca sudare o camminare a lungo.

    Non meravigliamoci della purificazione a cui siamo tenuti prima di mettere piede sulla sua soglia.
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    00 20/01/2009 18:12
    27 aprile: Così Vicino a noi

    «Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio lo amerà e verremo a Lui e faremo dimora presso di Lui» (Cv 14, 23).

    E la Trinità che diventa Ospite dell'anima; è la Terra che diventa Cielo.

    Perché cercare Iddio al di là delle stelle, quando Lui è così vicino, anzi, dentro di noi?

    Il Cielo, non è più una lontananza astronomica, nell'univer­so, ma è una vicinanza amante, intima e così a portata di mano, che ogni luogo diventa buono per parlare con Lui, per stare con Lui, per adorare Lui.

    E lo Spirito Santo in noi?

    Ecco l'artefice forte e preciso della nostra unione con Dio. È Lui che ci incorpora a Cristo Gesù, Lui che ci insegna che cosa dobbiamo dire al Padre, Lui che ci reca uno Spirito «nuovo», dacché il nostro «vecchio» s'è mostrato incapace e cattivo, Lui che con «gemiti inenarrabili» prega l'Altissimo e dà valore eterno al nostro esile sforzo di bimbi per sollevarci all'altezza di Dio.

    Perché dire ancora a me stesso: «Chi mi insegnerà a prega­re?», quando ho un simile maestro al centro del mio essere? Perché dubitare della potenza della mia preghiera, quando - pur sì povera e balbuziente - è sostenuta nel suo volo dallo stesso Spirito creatore del cosmo?

    No; non cercherò più me stesso nella preghiera, non mi ripiegherò sul mio povero io, dacché nella mia fede ho scoperto che lo Spirito di Dio s'è diffuso nel mio cuore.
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    00 20/01/2009 18:12
    28 aprile: Il lampo dell'Assoluto

    Se è vero, come è vero, che stiamo attraversando l'epoca più atea di tutti i tempi, è altrettanto vero che basta un nulla per rovesciare la situazione.

    Un catalizzatore piccolissimo può provocare il finimondo in un mare saturo di elementi preparati e purificati dalla sofferenza e dalla serietà della ricerca. Ormai sono abituato a vedere con­versioni più tra i «lontani» che tra i «vicini» e quando mi tocca di parlare di Dio, i più interessati ad ascoltarmi sono coloro che l'han sempre negato.

    Sovente il «tutto no» addensandosi fino all'inverosimile sul fondo di ricerche libere e autentiche esplode in un «tutto sì» sotto il lampo provocatorio dell'Assoluto.

    La materia stessa vista come vuota di un Dio inutile, s'illu­mina di una presenza sempre presente che torna a parlare dal profondo del suo mistero.

    In fondo l'ateismo contemporaneo, nella sua immensa fatica di liberarsi da una cultura religiosa passata, si trova alla vigilia di una esplosione di fede che, a motivo di una nudità e trasparenza più grande, ha acquistato una capacità più vitale a contemplare l'unità del Tutto come segno della Immanenza di Dio nelle cose e perfetta Trascendenza di Lui triplice persona divina.

    Ma come partire?

    Come trovare in noi la forza di credere alla possibilità di rinnovare il mondo, di ritrovare la pace e la gioia perdute, di risentire la speranza di costruire sulla roccia?
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    00 20/01/2009 18:12
    29 aprile: Alleluia!

    Ecco, ti dico cosa devi sentire e vedere!

    Devi sentire e vedere le creature, tutte le creature.

    Perché ti preoccupi di una goccia di rugiada comparsa sul ciglio della Vergine dipinta su una tela e non vedi tutte le gocce di rugiada in una mattina di primavera?

    Perché ti agiti tanto per un movimento appena accennato di una statua qualunque e non sei più capace di contemplare esta­siato il movimento straordinario degli astri?

    Incomincia a sentire Dio nelle creature.

    Identifica la sua bellezza nella bellezza del sole che sorge sulla tua giornata di uomo.

    Identifica la sua voce con la voce del fratello che ti passa vicino e cerca la comunione con te.

    Non perdere più tempo a cercare Dio nella tua fantasia. Quando considererai miracolosa la capacità di un'ape a tro­vare la porta di casa sua, sentirai Dio vicino a te e al tuo silenzio.

    Per il cielo che ci dai, alleluia!

    Per il sole che ci dai, alleluia!

    Per il mare che ci dai, alleluia!

    Per gli amici che ci dai, alleluia!

    Sì, alleluia, anche se il cielo qualche volta è tempestoso.

    Alleluia, anche se il sole qualche volta scotta.

    Alleluia, anche se gli amici qualche volta non la pensano come te.

    Tutto è grazia.

    Tutto è Dio che mi ama.

    In tutto è Dio che mi tocca.

    In tutto è Dio che mi fa suo figlio.

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    00 20/01/2009 18:13
    30 aprile: Come un pesce nell'acqua

    Non c'è goccia d'acqua, non c'è fiore, non c'è collina, non c'è prato che giunga al mio occhio che non mi richiami Dio. Non riesco più a stare tre minuti senza pensare a Dio. Pensare è dire troppo poco.

    E più profondo e dipende dalla contemplazione che è dono di Dio. Se dovessi dirvi come mi sento in Dio, mi sento come un pesce nell'acqua, come un uccello nell'aria, meglio come un bambino nel seno di sua madre.

    Quest'immagine del bambino nel seno di sua mamma è l'immagine più perfetta dell'azione di Dio sull'uomo. Noi siamo in Dio, in Dio respiriamo, in Dio viviamo.

    Ma non è una cosa distaccata.

    Dio ci tocca, Dio ci tocca con il sole, con il vento, ci tocca con la storia, ci tocca con il dolore, con gli avvenimenti.

    E una generazione continua.

    La difficoltà di credere in Dio per molti consiste proprio in questa separazione. Se sapessero qual è la vicinanza, qual è la realtà vitale che unisce noi a Dio si stupirebbero del contrario.

    O è tutto o è nulla.

    Se Dio esiste, come esiste, se Dio è mio padre che mi sta generando in vita alla luce, all'amore, io sono sempre in Dio. Non c'è bisogno di cercare l'unità con Dio. C'è già. E una realtà. Basta prenderne coscienza. La contemplazione è la presa di coscienza di questa totalitaria presenza di Dio nella nostra vita.
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