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“Io sono di un sentimento tutt’affatto opposto al vostro, disse il Valdese; e sostengo che un Protestante di buona fede che vede Roma, e la considera quale essa è, trova appunto nei suoi monumenti, ne’ suoi templi, nella sua gerarchia, ne’ suoi riti, fortissimi argomenti per condannarla e giudicarla decaduta dalla pristina fede predicata da S. Paolo ai primi Cristiani di questa città. Anzi dico che se un Cattolico sincero ed illuminato, non educato ne’ pregiudizi, volesse seriamente esaminare queste cose, se volesse essere cristianamente logico, bisognerebbe che abbandonasse la sua Chiesa” (Nota 4 - Perchè alcuni Protestanti divengono cattolici in Roma?).

Si dissero molte cose su questo proposito. Il signor Manson sosteneva con calore la sua tesi: il Valdese freddo come il ghiaccio non cedeva un dito di terreno: il signor Sweeteman cercava tenere la via di mezzo; ed io fremeva nel mio cuore, ma taceva perchè non voleva disobbidire al mio maestro. Però pensava dentro di me, che, senza disobbidire, avrei potuto entrare a parlare, perchè non si parlava punto di Bibbia, ma di monumenti e di riti.

Mentre era in questa incertezza, il signor Sweeteman, dirigendomi la parola, disse: “Signor abate, voi non dovreste tacere sopra una questione che vi riguarda così da vicino.”

“Il signor abate si tace, disse il Valdese, perchè egli sa bene che la ragione è dalla mia parte, ma a lui non conviene confessarlo.”

A queste parole sentii salirmi un fuoco sul viso, ed un sentimento di santo zelo mi spingeva a scagliarmi su quell’ostinato eretico per insegnargli a parlar meglio della nostra santa religione. Non ricordai più i prudenti consigli del mio maestro, e, con voce soffocata dallo sdegno, risposi che il mio silenzio era tutt’altro che una tacita approvazione: era piuttosto compassione per la sua ostinazione nell’errore, che lo conduceva a sragionare; ed io taceva perchè cotali sofismi non mi parevano degni di risposta. “Come, soggiunsi, vedendo cotali monumenti che attestano della veneranda antichità del Cattolicismo, potete voi conchiudere che esso è falso? Forsechè una religione per esser vera deve essere moderna?”

Il Valdese, in luogo di offendersi, mi porse la mano in segno di amicizia, e, stringendo la mia nella sua, disse: “Sempre più mi confermo nella buona opinione che io aveva concepita di voi: voi siete un Cattolico sincero: siete cattolico perchè credete di essere nella verità; se giungerete a conoscere di essere nell’errore, io son certo che voi abbandonerete il cattolicismo per giungere al Vangelo.”

Non puoi figurare, caro Eugenio, quanto una tale proposizione mi offendesse. Io abbandonare la santa religione cattolica! vorrei piuttosto morire prima di avere un solo dubbio sopra la sua verità. Allora ricordai le esortazioni del mio maestro, e ne apprezzai la prudenza: mi pentii di non aver seguito i suoi savi consigli, e proposi di non più imbarazzarmi con eretici di tal fatta. Pensai al modo di uscire al più presto da quella casa, per non mettervi giammai più il piede; e mi contentai di rispondere che il signor Pasquali era le mille miglia lontano dal vero nel suo pensare al mio riguardo.

“Ebbene, rispose il Valdese, alla prova: io vi propongo una disfida, non di parole, ma di fatti. Voi avrete la bontà di condurci a vedere que’ monumenti che, secondo voi, provano la verità del cattolicismo romano: li esamineremo insieme; ed io vi do la mia parola d’onore, che se con essi vi riescirà a convincermi della verità del cattolicismo, io immediatamente mi faccio cattolico; all’opposto, se a me riuscirà convincervi del contrario, voi farete quello che vi detterà la vostra coscienza. Ma se voi non accettate una disfida così ragionevole, e tutta a vostro vantaggio, mi permetterete di credere che voi sete già persuaso di avere il torto.”

Per quanto un tale progetto mi adescasse, pure, risoluto di obbedire al mio maestro, mi scusava sulla mancanza di tempo: ma il Valdese mi fece osservare che trattandosi di condurre alla verità tre uomini che io credeva nell’errore, si doveva sacrificare a questa grande opera qualunque altra occupazione: inoltre mi fece osservare che, avendo già incominciata la discussione col signor Manson, la scusa della mancanza di tempo sembrava un pretesto; ed in realtà io non poteva più ritirarmi coscienziosamente. “D’altronde, mi disse, noi non abbiamo fretta; se piace a Dio, passeremo l’inverno in Roma: voi il giovedì non avete lezioni; avrete quindici giorni di vacanze per il Natale, dieci per il carnevale; ci darete dunque il giovedì, e le vacanze, e così non occuperete con noi il tempo destinato ai vostri studi.” Io non aveva più alcuna scusa onesta da opporre; quindi accettai, e si convenne che il prossimo giovedì si sarebbe andati insieme: quella sera era martedì.

Il mercoledì andai alla scuola, e mi avvidi che il professore mi guardava con occhio bieco, ed introduceva nella lezione delle frasi che mi ferivano, e, pronunciandole, mi fissava con uno sguardo significante. “Possibile, diceva fra me, ch’egli abbia saputo il fatto di ieri sera! Chi mai potrebbe averglielo raccontato?” Dopo la lezione, pregai il professore di ascoltarmi per un momento. Quando fummo soli, mi rimproverò fortemente per la mia disobbedienza; e “Badate, mi disse, io non vi garantisco dalle terribili conseguenze che essa potrebbe avere per voi.” Fui atterrito dai rimproveri del buon Padre; egli mi volgeva le spalle per lasciarmi; ma io mi gettai a’ suoi piedi, strinsi le sue ginocchia, e tanto pregai, fino a che si commosse, e riprese il suo tuono amorevole.

“Ebbene, mi disse, vediamo se è possibile di porre un rimedio alla vostra imprudenza; ma vi giuro che è per l’ultima volta che vi consiglio: se voi non obbedite puntualmente, vi abbandono a tutte le conseguenze della vostra imprudenza.” Io promisi obbedirlo puntualmente; ed allora il buon Padre mi condusse nella sua camera per darmi tutte le istruzioni opportune.

Io ti dico tutto, caro Eugenio, perchè tu sei l’amico del mio cuore; e perchè tu conosca la prudenza di que’ buoni Padri, i quali conoscendo la mia poca esperienza, e temendo della mia giovinezza, mi davano buoni consigli perchè potessi uscire con onore da questa disputa.

Giunti nella sua camera, “Figlio mio, mi disse, giacchè siete entrato in questo terribile impegno, bisogna che ne usciate con onore. Domani andate all’appuntamento; ma, badate bene, domani solamente. Bisogna scegliere un punto che sia capitale, che confermi il Puseita, non attacchi il signor Sweeteman, e faccia andare in bestia il Valdese, e che non sia difficile ad essere onorevolmente sostenuto. L’esito di una discussione dipende moltissimo dalla scelta del tema, e, secondo i patti, sta a voi sceglierlo. Voi dovete condurre i vostri Protestanti alla visita de’ monumenti; ebbene dove pensate condurli?”

“Alle catacombe,” risposi.

“Non potreste scegliere di peggio. Il Valdese vi dirà che le catacombe erano cemeteri pubblici ove si seppellivano e Gentili e Cristiani alla rinfusa; che quelli non potevano essere luoghi di sacre riunioni; che i Gentili custodivano con molta cura il loro cemeteri, e non avrebbero mai permesso che i Cristiani andassero colà a celebrare i loro misteri da essi giudicati profani: e se voi gli mostrate le cattedre di pietra, gli altari ed altri monumenti, vi dirà che vi sono stati posti dopo, per la ragione che i Gentili non avrebbero permesso ne’ loro cemeteri quelle riunioni che non permettevano altrove: vi dirà tante altre cose alle quali voi non potreste rispondere. No figlio mio, fate a mio modo, non li conducete alle catacombe. Il tema delle vostre ricerche di domani sia S. pietro, ed ecco il vostro itinerario. Conduceteli a S. Pietro in vinculis; e là il P. Abate, che sarà avvisato da me, mostrerà a loro i documenti che dimostrano quella chiesa essere stata fabbricata da Pudenzio Senatore, e consacrata dallo stesso S. Pietro: gli mostrerà anche le catene con le quali fu legato l’Apostolo per ordine di Erode e di Nerone. Di là, scendete al Foro romano, detto Campo Vaccino, e conduceteli al carcere Mamertino, ove S. Pietro fu in prigione: salite poscia al Gianicolo, e nella chiesa di S. Pietro in Montorio, mostrategli il luogo ove S. Pietro fu crocifisso: conduceteli a S. Maria in Traspontina, e nella quarta cappella a sinistra di chi entra, mostrategli quelle due colonne alle quali furono legati i due Santi Apostoli Pietro e Paolo e vi furono flagellati. Finalmente conduceteli al Vaticano a vedere i corpi de’ Santi Apostoli e la cattedra di S. Pietro. Da tutti questi monumenti voi dedurrete facilmente essere cosa evidente che S. Pietro ha seduto in Roma come Vescovo, e che è morto in questa città; e quindi che i Vescovi di Roma sono suoi successori: e siccome S. Pietro era il primo degli Apostoli, ed aveva particolari promesse, cioè le chiavi del regno dei cieli, il primato, il diritto di confermare gli altri Vescovi, e la infallibilità, queste cose da lui sono passate per diritto di successione ai Papi seguenti, i quali per una continua successione sono giunti fino ai nostri giorni. Qui il Valdese vorrà fuggirvi, e vorrà argomentare con la Bibbia; ma voi lo richiamerete all’ordine: la disfida essendo stata proposta ed accettata solo per discutere sui monumenti: il buon Puseita sarà dalla vostra parte, non ne dubitate.”