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Allix documenta il fatto che nel nono secolo le chiese dell'Italia del Nord non fossero ancora sotto il giogo dell'autorità papale. Al contrario, esse sono in grado di conservare la loro indipendenza fin dopo la morte di Claudio, vescovo di Torino. Claudio, alla metà del IX secolo, difende strenuamente la sua diocesi contro le ingerenze di Roma mentre, indefessamente insegna l'Evangelo e la Bibbia tutt'attraverso la Sua diocesi predicando e scrivendo. Wylie conferma che non è che alla metà dell'XI secolo che le chiese della pianura padana soccombono finalmente all'autorità papale. Persino allora le chiese delle valli delle Alpi Cozie rimangono fedeli alla Bibbia nella loro fede e nella loro pratica. Si tratta di quelle che saranno conosciute come i Valdesi, o popolo delle valli” (36).
Faber mostra come il testo del poema valdese Noble Lecon, che porta la data del 1100 è scritto in una lingua “derivata, senza interventi di una lingua derivativa più vecchia, dal ceppo decomposto del suo genitore latino”. Questa era la lingua dei Valdesi, che si erano rifugiati nelle italiane Valli Cozie durante il secondo, il terzo ed il quarto secolo. Dato che la Noble Lecon era uno dei loro documenti, ne consegue necessariamente che la lingua parlata dai Valdesi non fosse cambiata sostanzialmente durante i secoli perché erano sempre vissuti isolati in quelle valli. Questa confessione di fede in forma poetica era usata per insegnare ai loro figli “la fede una volta per sempre trasmessa ai santi”.
Ecco, così, altre evidenze - ciò che dice Girolamo contro Vigilantius nel 406; Claudio, vescovo di Torino nella prima parte del nono secolo, il linguaggio della Noble Lecon (scritta nel 1100) come pure altri documenti originali antichi ritrovati da Samuel Morland 111655 - che dimostrano

come i Valdesi di fatto siano stati preservati da Dio nella linea ininterrotta della fede apostolica dai primi secoli della nostra era attraverso la Riforma.
Nei documenti esistenti c'è confusione fra il termine Valdesi e Valligiani. La politica coerente della Chiesa cattolica romana, infatti, è stata quella di cercare di confondere l'origine delle chiese delle Valli valdesi. Afferma essere stato Pietro Valdo a stabilire queste chiese, cercando così di dimostrare che si tratti non della chiesa ma di eretici. Però, i fatti storici ancora disponibili rendono chiaro come il Papato abbia dietro di sé una lunga scia di tentativi revisionisti di falsificare la storia, cosa che rimane a tutt'oggi. Uno dei fatti molto importanti è che Pietro Valdo non era conosciuto se non dopo il 1160, mentre la Nobla Lecon era stata scritta nel 1100.
Allix contende nel 1690: “Non è vero che [Pietro] Valdo abbia dato il nome agli abitanti di queste valli. Essi erano chiamati già Vallensi o Valligiani prima del suo tempo, dalla valle in cui abitavano. Questo troviamo in ... Ebrardus de Bethune, che scrive nell'anno 1212 dove, egli afferma che essi si chiamassero Vallensi ... perché abitavano nella 'valle di lacrime'. Ecco così come questa etimologia ha più a che fare con il luogo dove vivevano, nelle valli del Piemonte, che con il nome di Pietro Valdo” (37).