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3. L'INFEDELTÀ
La Scrittura puntualizza che noi credenti siamo diventati amministratori di Dio, perché, quanto usiamo, Gli appartiene:

  • 1Cronache 29:14: "Poiché chi sono io, e chi è il mio popolo, che siamo in grado di offrirti volenterosamente così tanto? Poiché tutto viene da te; e noi ti abbiamo dato quello che dalla tua mano abbiamo ricevuto".

  • 1Timoteo 6:7: "Infatti non abbiamo portato nulla nel mondo, e neppure possiamo portarne via nulla".

Siamo amministratori dei beni di Dio: "Così, ognuno ci consideri servitori di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Del resto, quel che si richiede agli amministratori è che ciascuno sia trovato fedele" (1Corinzi 4:1,2).
La fedeltà è ciò che Dio cerca nella nostra vita: "Molta gente vanta la propria bontà; ma un uomo fedele chi lo troverà?" (Proverbi 20:6).
L'intelletto, le forze fisiche, i talenti, le possessioni sono risorse che il Signore ci partecipa perché siano usati fedelmente: "Il messaggero malvagio cade in sciagure, ma l'ambasciatore fedele porta guarigione" (Proverbi 13:17).
Quell'amministratore ha vissuto a lungo nel prestigio di una brillante posizione, nel lusso e nell'indolenza, pensando che quell'uomo ricco non si sarebbe mai interessato della sua "piccola" infedeltà. Invece la parabola termina con questa morale: "Chi è fedele nelle cose minime, è fedele anche nelle grandi; e chi è ingiusto nelle cose minime, è ingiusto anche nelle grandi. Se dunque non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà quelle vere? E, se non siete stati fedeli nei beni altrui, chi vi darà i vostri?" (Luca 16:10-12).
Dio ci aiuti ad essere uomini e donne fedeli al Signore.

4. LA DISONESTÀ.
È proprio vero quello che dice la Bibbia: "Un abisso chiama un altro abisso al fragore delle tue cascate; tutte le tue onde e i tuoi flutti son passati su di me" (Salmo 42:7).
Quando l'amministratore riceve la richiesta di produrre i registri contabili per essere poi sollevato dall'incarico, egli dapprima si ferma a riflettere, poi agisce con rapidità ed avvedutezza per superare quella difficoltà. Egli non ha alcuna scusante da addurre, perché sa di essere stato infedele, ma non è disposto a chiedere perdono al suo signore. Prima che il suo padrone lo chiami a rendere conto dell'amministrazione, quel fattore vuole agire in fretta per garantirsi il futuro. Egli, così, cerca una soluzione. Non era tempo di indignarsi e di lamentarsi per la perdita del posto di lavoro, ma anzi di aprire gli occhi e prepararsi. Chi, infatti, avrebbe assunto un amministratore che si era dimostrato infedele? Col disonore, che lo aspettava, non avrebbe potuto certamente cercare un altro impiego e, perciò, non ci pensa neppure. Il pesante mestiere di bracciante agricolo non è per lui, perché la vita agiata gli ha tolto la forza fisica. La sola alternativa che sembra restargli è chiedere l'elemosina, ma egli prova vergogna ad abbassarsi fino a quel punto, lui che era stato amministratore di una grande proprietà. È una situazione davvero critica, tuttavia il suo perfido ingegno ordisce un ultimo raggiro, che potrebbe assicurargli l'avvenire. Non era ancora corsa voce del suo licenziamento così, pensò di avvalersi della sua autorità per prepararsi degli amici per il suo futuro. All'improvviso balenò nella sua mente un'ottima idea: "So quello che farò, perché qualcuno mi riceva in casa sua quando dovrò lasciare l'amministrazione" (Luca 16:4).
Scatta qui la sua disonestà verso se stesso, verso il padrone e verso gli altri: la sua slealtà coinvolge tutti. Egli aveva ancora il controllo degli affari del padrone e ne possedeva l'anello, col quale avrebbe potuto provvedere al proprio futuro. Quell'amministratore si sarebbe procurato degli amici con l'essere generoso attraverso i beni del suo padrone. Egli aveva vergogna di mendicare, ma non ne aveva a perpetrare un altro torto al suo signore. Così mandò a chiamare i fittavoli, che in periodi di magre annate si erano tenuti la parte spettante al padrone ed agì in modo che costoro si fossero sentiti obbligati a lui. Quel che poteva fare loro era di ridurre i conti dei loro debiti. Chiese, pertanto, ad uno ad uno i loro debiti - ed è davvero strano che un amministratore non conservi una ricevuta - e dispose che questi fossero ridotti. I debitori dimostrarono di essere altrettanto ingiusti ed infedeli quanto il fattore, perché avrebbero dovuto sospettare che in quel modo stavano truffando, tuttavia, gioiosi di averne una agevolazione, agirono come era stato loro suggerito: "Fece venire uno per uno i debitori del suo padrone, e disse al primo: "Quanto devi al mio padrone?" Quello rispose: "Cento bati d'olio". Egli disse: "Prendi la tua scritta, siedi, e scrivi presto: cinquanta". Poi disse a un altro: "E tu, quanto devi?" Quello rispose: "Cento cori di grano". Egli disse: "Prendi la tua scritta, e scrivi: ottanta" (Luca 16:5-7).