Giustino Martire (100-165) scrive dell'essere giusti di fronte a Dio sulla base della fede. Egli afferma: “Non è in ragione della circoncisione di Abramo che Dio testimonia la sua giustizia, ma sulla base della fede. Perché, prima di essere circonciso, si dice di lui: 'Abramo credette in Dio, e questo gli fu imputato come giustizia” (24).
Ireneo, morto circa nell'anno 190 o 202, spiega chiaramente il messaggio di Romani, capitolo 3: “Quando venne Cristo, Egli compì ogni cosa e ancora, nella chiesa, egli continua a compiere il Nuovo Testamento, predetto dalla Legge, fino alla consumazione. Pure l'apostolo Paolo dice nella sua epistola ai Romani: ma ora, senza la legge, è manifestata la giustizia di Dio. testimoniata dalla Legge e dai profeti: perché il giusto vivrà per fede. Che però il giusto viva per fede, era stato predetto dai Profeti (25).
Clemente di Alessandria, contemporaneo di Giustino e di Ireneo, a cavallo fra il secondo ed il terzo secolo, mostrano significative evidenze dell'Evangelo della grazia, quando scrive: “Abramo è stato giustificato non da opere, ma per la fede. Dopo il termine della vita, quindi, gli uomini non avranno alcun profitto, anche se hanno eseguito buone opere, se non hanno fede” (26).
Atanasio, nel quarto secolo, testimonia similmente alla grazia ed alla redenzione in un messaggio chiaro e preciso: “Non da queste, ma dalla fede, che un uomo è giustificato, come pure lo è stato Abramo. Avendo così discusso questo punto, l'Apostolo mostra ancora come in nessun altro