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L'adulto: chi è?

Anzitutto egli si domanda chi è l'adulto e risponde con tre osservazioni. La prima verte sul processo che dà origine alla condizione adulta (tra i venti e i quaranta anni circa): «All'origine dell'età adulta sta il processo attraverso il quale l'uomo si è ben radicato nella sua persona e nel suo carattere, e si è pienamente inserito nella realtà che lo circonda; egli prende coscienza di che cosa significa "saper stare in piedi da solo", ed è deciso a metterlo in pratica». (12)
Le parole di Guardini (lo dico per tutte le citazioni che farò) sono molto sobrie e perciò vanno attentamente ripensate a una a una. Mi sembra stimolante il suo modo di parlare del divenire adulti come di un processo, di una lenta trasmutazione che interessa tutto quel che ciascuno di noi è. Trovo importante i due segni che indicano con sicurezza che il divenire adulti si fa realtà concreta: il radicarsi nella propria persona, al punto di saper stare in piedi da soli, e il crescente inserimento nella realtà circostante. Ciò vuol dire avere un baricentro che permette di reggere bene anche nel vento o nella tempesta e s'accompagna a un'interpretazione non solipsistica del proprio crescere e irrobustirsi, bensì aperta alla condizione storica e sociale dell'itinerario personale.
La seconda osservazione riguarda una categoria molto significativa per la vita dell'uomo, e cioè il carattere. Egli dice: «A questo punto si sviluppa ciò che si chiama carattere, cioè la stabilità interiore della persona, che non èrigidità e neppure sclerosi dei punti di vista e degli atteggiamenti; ma consiste piuttosto nella connessione delle facoltà attive del pensiero, del sentimento e della volontà con il proprio centro spirituale».
(13)
Con queste parole siamo aiutati a vigilare per evitare un equivoco sempre incombente: quello di ritenere che quando, dall' adolescenza o dalla giovinezza, si entra nella tappa della vita adulta, si compie in noi qualcosa di simile
a quanto avviene nei processi chimici quando, a causa della temperatura o di altri fattori, si consolida una nuova condizione di un determinato composto. Talvolta, con linguaggio semplificato, si dice che, una volta diventati adulti, ciascuno di noi è quello che è. Questo modo di pensare, per quanto contenga qualche aspetto di verità, è fuorviante perché dispone ad accettare la rigidità come condizione normale, facendo dimenticare che la caratteristica qualificante dell'adulto è da riconoscere in un dinamismo, non in una staticità; anzi, in un equilibrio dinamico che trova nel proprio centro spirituale una stabilità e trova il suo dinamismo nell'interconnessione delle facoltà superiori (con tutta la mobilità e le stimolazioni di ogni giorno) con questo centro. Quando questo dinamismo è riconoscibile, la persona è viva e il carattere si plasma.
La terza osservazione lo conduce a mettere in evidenza alcuni valori che emergono in modo particolare. Nota infatti che «determinati valori assumono allora una particolare importanza: la coscienziosità nell'adempiere agli impegni assunti; l'attenersi alla parola data; la fedeltà nei confronti di chi ci dà fiducia; l'onore come senso infallibile di ciò che è giusto e di ciò che è ingiusto, di quello che è nobile e di quello che è volgare; la capacità di distinguere tra quanto è autentico e quanto è falso nelle parole, nei comportamenti, nel lavoro e nelle cose. È il periodo nel quale si scopre il senso della durata. Essa denota ciò che, nel fluire del tempo, ha affinità con l'eterno: è ciò che costruisce, consolida, sostiene ed è costante. In questo periodo l'uomo scopre che cosa voglia dire istituire, difen
dere, creare una tradizione. Egli scopre quanta sterilità e miseria vi siano nell'abbandonare di continuo la linea d'azione fissata in precedenza, per ricominciare di nuovo da capo». (14)
I lineamenti del volto adulto qui ricordati andrebbero riconsiderati ad uno ad uno. È difficile sfuggire all'impressione, alimentata da ciò che viene detto e mostrato ogni giorno dai mass media, che le indicazioni di Guardini siano molto lontane dal quadro di vita che caratterizza la nostra società. La logica dell'attimo fuggente non si concilia per nulla con la fedeltà e il senso della durata. D'altra parte, come negare l'importanza, per la vita familiare e la convivenza sociale, del senso di responsabilità nei confronti degli altri, della fedeltà alla parola data, della capacità di distinguere ciò che è autentico da ciò che è falso, della volontà di creare una tradizione e non soltanto castelli di sabbia?
Sorge spontanea un'altra domanda: l'atmosfera che i giovani respirano li aiuta a diventare adulti o, tendenzialmente, glielo impedisce?
E una domanda ancora: come non ammettere che, soprattutto nel ministero di un prete, la mancanza di continuità nella linea di azione prelude alla delusione di chi, dopo anni e anni, deve constatare che nel campo non è germinato nulla?