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Mi sono chiesto da quale motivazione Voillaume è stato spinto a rivolgere ai suoi "fratelli" una comunicazione su questo preciso tema. Egli stesso dà la risposta: constata che, in una Fraternità nata circa venticinque anni prima, è avvertibile un rischio. Lo esprime così: «Il rischio della durata per noi, come per ogni impresa umana, è quello di una certa usura dell'ideale perseguito e dello sforzo fatto per realizzarlo, usura che ci porterebbe ad accontentarci della mediocrità nella santità». (30) Aggiunge un'osservazione che non ci deve sfuggire: «Con il passare del tempo e con la maturità dell'età sorge la tentazione di un compromesso tra le esigenze soprannaturali dell'amore del Signore e quelle della nostra personalità di uomini adulti». (31) Bisogna dunque chiarire a se stessi che la risposta piena a Dio non è semplicemente un sogno irrazionale della giovinezza, ma che può essere la determinazione più profonda di chi ormai sta percorrendo la tappa della vita pienamente adulta.Il rischio ora indicato non è dunque di poco conto. Quando emerge siamo chiamati a mettere a fuoco aspetti decisivi della nostra vita di fede e di vita consacrata: si tratta di «effettuare un'ultima volta la scelta tra Gesù e il mondo, tra l'eroicità della carità e la mediocrità, tra la croce e un certo benessere, tra la santità e una onesta fedeltà all'impegno religioso». (32) Queste alternative rilevantissime riguardano evidentemente anzitutto la responsabilità che ciascuno di noi ha nei confronti di se stesso, del dono ricevuto da Dio e della risposta che si intende rinnovare a lui. Ma Voillaume aggiunge un'osservazione che pure mi sembra preziosa: «Anche la comunità stessa della Fraternità arriva alla medesima maturità». (33) Pure per il presbiterio noi potremmo dire - oltre che per il singolo sacerdote, il cammino nel tempo può significare decadenza e può essere risposta coraggiosa e piena, e ciò lo si può cogliere da mille particolari, da uno stile diffuso, da giudizi positivi o negativi che si colgono tra la gente di fede, tra coloro che stanno vivendo grandi sofferenze, da chi è in ricerca di Dio.Mi impressiona il fatto che, a proposito di una Fraternità che noi siamo abituati a pensare come luogo di straordinaria dedizione a Dio, come appunto quella dei Piccoli Fratelli, Voillaume confessa di essere invece angosciato perché teme che non si affronti bene la prova inevitabile del tempo della maturità. Dice: «Di fronte alla grandezza dell'opera che Gesù vorrebbe realizzare attraverso i suoi Piccoli Fratelli sono forse io il solo ad aver avvertito questo pericolo di cedimento e questa angoscia nel constatare ciò che noi facciamo in concreto delle esigenze della sua chiamata a seguirlo attraverso il mondo?». (34)Questo interrogativo mi colpisce perché è dettato non tanto dal pessimismo quanto da uno sguardo penetrante ai doni di Dio e ai sentieri sui quali egli ci ha condotti. Perciò lo faccio mio e lo indico - senza pessimismo e conoscendo per via diretta molte meravigliose testimonianze di santità sacerdotali presenti nelle varie diocesi - alla nostra coscienza sacerdotale perché leggiamo con verità la nostra esperienza di cristiani e di preti e impariamo «a superare generosamente le tappe successive della crescita del Cristo in noi», (35) dato che questo cammino «è altrettanto importante quanto l'aver cominciato bene lasciando tutto per seguire Gesù al momento della prima chiamata. Questa perseveranza è essenziale perché non serve a niente cominciare se non si va fino in fondo. (...) "Quando si parte per fare qualcosa - diceva Charles de Foucauld -, non si deve tornare senza averla fatta". Il tutto non è di abbandonare la barca e le reti per seguire Gesù durante un certo tempo, ma piuttosto di andare sino al Calvario, di accoglierne la lezione ed il frutto, e di andare con l'aiuto dello Spirito Santo sino alla fine di una vita che deve terminare nella perfezione della divina Carità». (36)