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È più importante di quanto non si pensi l'aver ben capito la risposta del Signore ai suoi apostoli che si meravigliavano della difficoltà della via dei consigli evangelici: «Agli uomini è impossibile, ma a Dio no; infatti, tutto è possibile a Dio». (5) Questa constatazione del Signore e questa promessa piena di speranza non si applicano solo all' abbandono delle ricchezze ed alla castità, ma a tutte le esigenze della vita religiosa, all'obbedienza, alla preghiera, alla carità. Noi abbiamo certo creduto a ciò che il Signore diceva, ma senza capire fin dove questo ci avrebbe condotti nel nostro caso personale, ben concreto, né come si manifesterebbe in noi una tale impossibilità. Da questo punto di vista mi pare che si potrebbero distinguere tre tappe nell'evoluzione normale di una vita religiosa.
Nella prima tappa non abbiamo ancora fatto l'esperienza dell'impossibilità umana e naturale in cui siamo di vivere in accordo con l'ordine soprannaturale dei consigli. Durante la giovinezza, vi è infatti come una corrispondenza tra la generosità propria al temperamento di questa età e la chiamata di Gesù a lasciar tutto per seguirlo. Non ci sembra che la povertà, la castità, l'obbedienza, la preghiera e la carità presentino delle difficoltà insormontabili. D'altra parte, la pedagogia divina del Maestro che chiama contribuirà anch' essa a mantenerci per un po' in un'illusione provvisoria, senza la quale forse nessuno avrebbe il coraggio di lasciare tutto per seguire Gesù e portare la sua croce.
Senza contare che, in questo periodo di gioventù, le esigenze della santità ci appaiono soprattutto sotto il loro aspetto sensibile, stavo per dire sotto il loro aspetto naturale di realizzazione. La povertà, per esempio, ci apparirà come una spogliazione materiale: saremo, anzi, esigenti in questo campo e per molti sarà un bisogno sensibile la cui soddisfazione procurerà loro una vera gioia. Gesù ci dilata il cuore in questo senso, ed è proprio questo ch'Egli vuole da colui che inizia. D'altra parte abbiamo delle idee molto personali al riguardo, perché è difficile non averne quando si è giovani, e perché delle aspirazioni naturali e spontanee ci spingono ad essere poveri in questo o quel modo. La povertà materiale non ci fa paura.
Lo stesso avviene per l'obbedienza, le cui vere esigenze ci sono ancora nascoste: la vita religiosa è ancora nuova, essa è davanti a noi, e finché sentiamo di aver qualcosa da imparare dai fratelli più anziani, siamo spontaneamente docili e facciamo facilmente credito ai nostri Responsabili. Non voglio dire che non vi siano difficoltà, ma non sappiamo ancora tutto ciò che include il mistero dell' obbedienza.
In quanto alla castità, abbiamo forse le difficoltà comuni ai giovani, ma non abbiamo paura dell'avvenire, ed il nostro cuore è facilmente riempito dall'amore che portiamo a Gesù e che, finora, si è sempre manifestato in modo più o meno sensibile. Ad un avvertimento come quello di Gesù a Pietro, non esiteremmo a rispondere subito come l'apostolo: «Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte». (6) Questo non costituisce ancora un problema per noi. Vi sono, certo, dei momenti duri, ma passano ed il Signore è di nuovo accanto a noi. Il Vangelo ci appare ancora ricco di una quantità di cose che scopriamo ogni giorno e lo studio teologico ci fa penetrare con stupore nella grandezza dei misteri di Dio. Siamo felici di essere stati chiamati da Gesù e non dubitiamo di poter restargli fedeli.