00 03/02/2009 22:00

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In questi ultimi mesi alcuni Fratelli professi hanno lasciato la Fraternità. È normale che sia così, e questo, invece di essere per noi una ragione di turbamento, dovrebbe apparirci come indizio di vitalità e di verità. È una pesante responsabilità il consigliare una vocazione o cercare di vedere chiaro nel momento dell'ammissione alla prima professione oppure a quella perpetua; ed è difficile che non si verifichino degli errori. Alcuni possono certo essere portati a lasciare la Fraternità proprio perché non hanno saputo superare la tappa della maturità della vita spirituale: la nostra vocazione è difficile e non ammette il pressappoco nell'offerta di sé all'azione dello Spirito Santo. Ma vi è anche la possibilità di errori, e le esigenze della vocazione di Piccolo Fratello per una totale fedeltà al suo ideale possono anche non rivelarsi subito.
Mi pare, inoltre, che stia per finire la lenta scoperta dei diversi generi di vita che Gesù ha chiesto alle Fraternità di condurre nel mondo. Un certo periodo era necessario per lasciar apparire tutte le conseguenze dell'ideale della Fraternità e per permetterci di meglio precisarne le esigenze contemplative. Molti aspetti di questo ideale sono divenuti più chiari, più precisi, man mano che nascevano le altre forme di vita delle Fraternità, gli Istituti Secolari, ed i Piccoli Fratelli di Ministero. Era necessario che le Fraternità raggiungessero una certa età perché apparissero in modo più preciso i bisogni ai quali esse dovevano rispondere e, a seconda degli ambienti, i problemi nuovi che la sola loro presenza suscita.
È così che la Fraternità, in quanto comunità, giunge essa pure ad una tappa importante della sua maturità, e che noi tutti dobbiamo rimetterci di fronte all'ideale contemplativo essenziale per realizzarne generosamente le esigenze.
Non vorrei che, alla vista di questo sviluppo delle Fraternità, alcuni tra voi si lasciassero prendere dalla tentazione di preferire per loro stessi una vita evangelica solitaria ed indipendente, piuttosto che accettare i limiti di una istituzione umana organizzata. Il messaggio d'amore e di rinuncia, della povertà evangelica e della preghiera, non può essere trasmesso ad un gran numero di anime se non attraverso una istituzione della Chiesa. Ora Gesù ha voluto proprio le Fraternità come una istituzione della Chiesa, per diffondere, attraverso ad esse, una vita ed uno spirito secondo il Vangelo, affinché un più grande numero possa accedere alla santità, attraverso questa istituzione. Questa crescita organica non si attua certo senza i rischi che conosciamo: elaborazione di una regola, dispersione costosa, attuazione di un minimo di amministrazione centrale, case di formazione e di studio. Ma come rifiutare tutto ciò senza rifiutare qualcosa pensata, immaginata e voluta dal Cristo? Si fanno rimproveri che si lanciano alla Chiesa per via della sua organizzazione; e, tuttavia, nonostante i suoi difetti umani, la Chiesa è come il Cristo l'ha voluta divinamente.
Prego il Signore affinché, in questa prospettiva, tutti siano trovati fedeli alla grazia di rinascita secondo lo spirito che nella prossima Pasqua sarà dato a ciascuno di noi ed alla Fraternità intera.

[4] René Voillaume (1905-2003), sacerdote cattolico, francese, ha fondato la congregazione dei Piccoli Fratelli di Gesù nel 1933, e poi quella delle Piccole Sorelle del Vangelo nel 1963, ispirandosi alla spiritualità di Charles de Foucauld. Testo tratto da: René Voillaume, Sulle strade del mondo, Editrice Morcelliana, Brescia, 1960, pp. 3-14. Per gentile concessione dell'Editore. La lettera di Voillaume è datata 17 marzo 1957.
[5] Vangelo secondo Marco, 10,27. Cfr. Vangelo secondo Luca, 24; Vangelo secondo Matteo, 19,26.
[6] Vangelo secondo Luca, 22, 33.