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Sono molti coloro che, in un' epoca di smarrimento come la nostra, si aspettano molto da una possibile fraternità spirituale che potrebbe derivare da una tolleranza teologica applicata - che non sarebbe per nulla ecumenica, tutt'altro!
Nel gennaio del 2004 cinquanta alti responsabili ebrei e cattolici si sono incontrati a New York. In questo nuovo tipo di dialoghi, la sostanza dei loro lavori si può riassumere con le parole pronunciate dal cardinale Lustiger al suo ritorno: «Ci siamo chiesti quando potremo fare la stessa cosa con l'Islam. Alcuni ebrei hanno detto: "Voi, cristiani, siete maggiormente in grado, per la vostra posizione, di essere i nostri mediatori" .
Questo è stato espresso come una speranza» (2).
Una speranza che condivido pienamente.
Ecco perché, riguardo alla preoccupazione rappresentata dall'Islam e dalla folla dei suoi fedeli, azzardo un'osservazione, proponendo un'analogia con il Giappone... In effetti, a partire dalla fine della terribile seconda guerra mondiale, sulle rovine dell'Impero del Sol Levante, i giapponesi sono riusciti poco a poco a integrare la modernità economica e tecnologica, mantenendo comunque la loro particolare cultura ancestrale. Con alcuni adattamenti, anche il mondo arabo potrebbe agire nello stesso modo.

In Spagna, Mosè Maimonide, teologo, filosofo e medico ebreo del XII secolo, elogia Averroè, filosofo arabo che sviluppò gli aspetti materialisti e razionalisti nei suoi commenti di Aristotele. La Guida degli smarriti, che Mosè Maimonide scrisse in arabo, fu in seguito tradotta in ebraico. In quell'epoca, si creò uno spazio comune tra scienza, religione e politica. In questa parte del mondo, sulla base di questo settore di conoscenze si costruì l'evoluzione delle società medievali.
Una religione che cerca di dominare la politica, la gestione degli affari civili e dello Stato, si trasforma in totalitarismo, come hanno dimostrato tristi esempi del passato. Eppure un pensiero politico che ignori l'etica - derivata dalla religione offre solo disincanto.
Disincantato, materialista, lucidamente realista, non religiosus, il cittadino del nostro tempo può diventare, più facilmente che nel passato, un uomo aperto al dialogo con il suo Creatore?