00 04/02/2009 18:11
Ben sapendo che la conoscenza libera dalla schiavitù che deriva da ogni tipo di chiusura, tradizionalista o integralista, ho deciso di adoperarmi, come altri, per chiarire i rapporti discordanti fra i tre monoteismi. È così che ha preso forma Lo scontro delle religioni. Mi sono rivolto a tre grandi testimoni del Giudaismo, del Cristianesimo e dell'Islam, abituati al dialogo interreligioso e specializzati nello studio del monoteismo: il dottor Dalil Boubakeur, rettore della grande moschea di Parigi, lo psicanalista Daniel Sibony e padre Pierre Lambert, sacerdote cattolico e domenicano. Hanno scritto in completa libertà, senza una concertazione preliminare e con la più grande sincerità: di questo li ringrazio vivamente.
Essendo un autodidatta, avrei potuto sentirmi intimidito quando ho incontrato per la prima volta Daniel Sibony, dottore in matematica, filosofia e psicanalisi. Non è stato così e, nel valutare la sua personalità ricca ed erudita, sono stato rassicurato non solo dalla sua umanità densa di amore, ma anche dalle sue conoscenze linguistiche (ebraico e arabo) e dalle opere approfondite che ha pubblicato - tra cui il recente Proche-Orient, psychanalyse d'un conflit (1), che offre una brillante analisi dell'inconscio e dell'immaginario radicato nel cuore del dramma israeliano e palestinese. In poche frasi, l'autore mostra un punto di vista difficile da ammettere da parte dei musulmani tradizionalisti, e ancora di più dagli integralisti:
«Allah, che detta il Corano (per mezzo dell'angelo Gabriele), riprende essenzialmente le storie della Bibbia; sembra che prosegua l'opera del Dio biblico, o che sia quasi lo stesso Dio della Bibbia: rifiuta i cristiani perché sono idolatri e gli ebrei perché hanno tradito il suo messaggio. Non ne vuole più sapere, rifiuta l'Alleanza con il popolo della Bibbia, perché questo popolo l'ha tradita con menzogne e perversioni. Questo rifiuto degli ebrei (e dei cristiani) non viene semplicemente espresso in alcuni versetti, ma è un rifiuto strutturale: siccome sono indegni del messaggio divino, si è rivelato necessario privarli di questo per affidarlo all'ultimo Profeta, Maometto che, grazie ad esso, fonderà la comunità dei veri credenti, cioè delle genti "sottomesse" a Dio».
Senza compiacimento, Daniel Sibony smonta alcuni meccanismi conflittuali monoteistici, esortando saggiamente i protagonisti ad «ammettere il Dio dell' altro» e a rispettarsi vicendevolmente.
Al di là delle grandi distinzioni tra il Dio del Corano e quello della Bibbia, gli ebrei e i cristiani sono invitati a comprendere che «Allah è la parola araba per indicare Dio, il Dio biblico, quindi quello di Mosè e di Gesù, che del resto nel testo ebraico si chiama JHWH o Elohim, e che la radice di questo nome (El, Elah) è vicina ad Allah, perché l'ebraico e l'arabo sono lingue sorelle - senza peraltro che sia possibile stabilire quale delle due è la madre, né se ce n'è una».
L'autore riesce a far intravedere ai credenti monoteisti, cavillosi dal punto di vista teologico, una via di coesistenza. La sua analisi, basata essenzialmente sui tre libri sacri delle tre religioni, viene proposta senza concessioni, sotto un aspetto che talvolta crea turbamento, completando quelle di padre Lambert, del rettore Dalil Boubakeur, e rafforzando le mie stesse affermazioni.