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Benché sia il filosofo che il profeta appaiano come sostenitori di una stessa scoperta - ciò che sta al di là della realtà sensibile e mutevole - quello che essi trasmettono viene ricevuto dalla comunità umana in modo radicalmente diverso: il profeta può giustificare la verità del suo messaggio solo grazie a elementi esterni a questo messaggio, mentre il filosofo - Socrate ne è l'esempio più noto - si sforza di suscitare nel discepolo la stessa scoperta che, proprio grazie a questo procedimento, manifesta la sua autenticità.
Nella maggior parte dei casi, il profeta afferma la verità del suo insegnamento aggiungendovi l'annuncio di un avvenimento futuro, sconosciuto ai suoi ascoltatori e dotato di una dimensione spettacolare. È così che il profeta Geremia invita i suoi contemporanei a distinguere le vere profezie: «Quanto al profeta che predice la pace, egli sarà riconosciuto come profeta mandato veramente dal Signore soltanto quando la sua parola si realizzerà» (28,9). Anche il Deuteronomio insegna a distinguere: «Quando il profeta parlerà in nome del Signore e la cosa non accadrà e non si realizzerà, quella parola non l'ha detta il Signore; l'ha detta il profeta per presunzione: di lui non devi aver paura» (18,22).
Molto spesso, il messaggio del profeta implica una parte di insegnamento che dipende dalla ragione; in questo caso è difficile separare ciò che deriva da una conoscenza profetica e ciò che proviene dalla sola intelligenza o da un insegnamento ricevuto precedentemente.
Per quanto riguarda l'accoglienza riservata al testo del Corano da parte dei contemporanei di Muhammad, l'assenza di annunci di avvenimenti futuri o di miracoli volti ad autenticare il messaggio viene giustificata con due ragioni significative. Da una parte, il Corano si limita a ridire ciò che è già stato trasmesso agli uomini nei testi precedenti che sono stati rivelati: «Ora, quando vengono recitati loro i Nostri Segni chiarissimi dicono coloro che rinnegano la Verità che è loro giunta: "Questa è magia manifesta!" [...] Dì: "Io non sono un novatore fra i Messaggeri"» (XLVI, 7,9).
D'altra parte, l'assenza di prove è giustificata con l'inefficacia di quelle portate precedentemente: «E quel che ci impedì di mandare ancora te con Segni di miracolo, fu solo l'aver gli antichi smentito quei Segni. [...] Così, Segni ne invieremo solo a terrore del mondo» (XVII, 59).
In molti versetti, il Corano non fa che ricordare la condanna e i castighi destinati a coloro che rifiutano di credere alle parole trasmesse da Muhammad. Questo atteggiamento è osservabile ancora ai giorni nostri, in quanto coloro che si presentano come portatori di un messaggio che proviene da Dio fanno parte dell'attualità. Sia che il contenuto dell'insegnamento risulti legato a correnti religiose preesistenti, sia che si presenti come radicalmente nuovo, si tratta sempre, con mezzi diversi, di provare l'autenticità di ciò che viene annunciato. In questo ambito, la credulità umana appare spesso priva di ogni razionalità. Molto spesso, e addirittura troppo spesso, la convinzione si basa solo sul sentimento affettivo o sulla pressione sociale.
L'esistenza di una comunità che condivide la stessa convinzione religiosa non è quindi sufficiente per fornire un fondamento razionale alla verità dei fatti e degli scritti a cui aderiscono i membri di quella comunità.