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Le vie della conoscenza

Nel momento in cui la nostra esistenza personale ha un inizio, quell'attimo in cui si sono incontrate le due cellule provenienti da un uomo e da una donna, ciascuno di noi è «condannato» a costruire e a sviluppare la sua essenza. Questo implica, in particolare, che dobbiamo imparare. Nel nostro statuto originario, esiste solo la possibilità di acquisire ciò che ci permette di diventare esseri umani compiuti. Anche se abbiamo nel nostro cervello circa cinque miliardi di neuroni, se non li strutturiamo attraverso l'apprendimento del linguaggio e delle altre forme del pensiero, resteremo in una condizione inferiore a quella umana.
È importante prendere atto che questo apprendimento non è possibile senza l'intervento di altri esseri umani. Dagli altri impariamo a parlare, a contare, a leggere, a scrivere... Nel XVIII secolo, un re di Prussia voleva dimostrare che il tedesco era la lingua universale presente in ogni essere umano. Aveva fatto allevare tre orfani con il divieto di rivolgere loro la parola. I tre bambini morirono giovani e senza alcuna manifestazione di linguaggio o di intelligenza. Adesso sappiamo che, senza apprendimento, l'essere umano non sviluppa un linguaggio e che, senza linguaggio, non c'è il pensiero.
Paragonato agli altri mammiferi, l'essere umano è quello che, alla nascita, ha meno strutture innate ma che, al contrario, possiede la capacità maggiore di acquisire conoscenze. Tuttavia, questa acquisizione di conoscenze ci forma e ci determina in modo tale che diventiamo incapaci di tornare alla situazione originaria. All'inizio del XX secolo fu scoperto in India un ragazzo, adolescente, che camminava come un quadrupede ed emetteva i suoni degli animali che lo avevano allevato. Risultò impossibile insegnargli a camminare in posizione eretta e ancora meno fargli pronunciare parole umane: Quindi l'acquisizione delle conoscenze è necessaria, ma, allo stesso tempo, questa acquisizione determina e in seguito limita le possibilità iniziali.
Da ciò deriva una certa nostalgia per la condizione originaria, in cui tutto era ancora possibile, senza il peso di quello che, poco a poco, ha segnato la vita dell'uomo: «Molta sapienza, molto affanno: chi accresce il sapere, aumenta il dolore» (Ecclesiaste 1, 18).
«Tutto ciò che esiste di piccolo e tutto ciò che esiste di più bello e di più grande.
Tutto ciò che esiste di nuovo e tutto ciò che esiste di più bello e di più grande. [...]
In quello che comincia c'è una sorgente, una razza che non ritorna.
Una partenza, un'infanzia che troviamo, che non si ritrova mai più» (6).

Accade per la conoscenza ciò che avviene per le cellule che formano il nostro corpo: alle cellule totipotenti iniziali, che contengono ognuna la totalità della nostra identità genetica, succedono cellule specifiche destinate a costituire le ossa, il sangue, i molteplici organi. Così, i nostri neuroni iniziali, per il solo fatto dell'apprendimento di una lingua, si trovano messi in relazione gli uni con gli altri in modo definitivo e irreversibile.
Esiste un'altra caratteristica della conoscenza umana: la necessaria mediazione operata dai sensi. Secondo il famoso adagio dei maestri del Medioevo: «Non esiste nulla nell'intelletto che prima non sia esistito nei sensi». Tutto il contenuto del nostro pensiero risulta da una percezione sensibile. In un certo modo, l'intelligenza si trova imprigionata dal corpo.
Nel pensiero greco, il corpo (soma) è una tomba (sema) per il principio psichico (psyché), in cui si trova la nostra capacità di conoscere.
È vero che, per la maggior parte delle nostre conoscenze, l'acquisizione passa attraverso le nostre percezioni sensibili. Esistono però alcune situazioni che non possono essere spiegate con la sola percezione sensibile che le precede. Le teorie formulate nel corso degli anni per tentare di spiegare queste conoscenze extrasensoriali sono numerose e talvolta contraddittorie. Non cercherò di presentarle o di giustificarle in questa sede. In un primo momento, mi sembra più utile esaminare le conseguenze di una conoscenza che possiamo acquisire, nella quasi totalità dei casi, solo attraverso percezioni sensibili.
Nella misura in cui ciò che arriva alla nostra intelligenza passa in generale attraverso i sensi, quello che ci viene trasmesso in questo modo conserva i caratteri della realtà sensibile attraverso la quale li riceviamo. L'analisi della conoscenza umana compiuta dal filosofo greco Aristotele vale ancora oggi per noi: poiché conosciamo attraverso le nostre percezioni sensibili, sono le realtà sensibili, cioè materiali, le basi su cui fondiamo le parole, i concetti e le idee che, progressivamente, strutturano la nostra intelligenza.
Questo riferimento iniziale e strutturante alle realtà sensibili e materiali comporta una duplice conseguenza per ciò che riguarda una possibile conoscenza di ciò che è al di là del mondo percepito con i sensi. Da una parte, alcune realtà che implicano una certa astrazione, come i concetti di essere, bene, unità e addirittura verità si trovano costruite dal pensiero in riferimento alla realtà sensibile. Dall' altra parte, gli esseri spirituali di cui l'uomo presuppone l'esistenza (angeli, geni, dei e demoni) possono essere definiti solo in riferimento ai concetti astratti elaborati dall'intelligenza. (7)
La dimostrazione delle difficoltà incontrate dalla struttura terrena della nostra conoscenza ci è data dalla recente evoluzione delle conoscenze cosmologiche. Per molto tempo i fenomeni relativi agli astri sono stati studiati prendendo come riferimento la geometria basata sul postulato di Euclide: per un punto preso fuori da una retta si può disegnare una sola linea parallela a quella retta. In realtà le radiazioni cosmiche non sono conformi a questa geometria e, per stabilire la teoria della relatività generalizzata, Albert Einstein si è basato su geometrie non euclidee, pure immaginazioni dello spirito geometrico e senza legame con l'esperienza quotidiana. Certo, come suggerisce Einstein, «Quello che è incomprensibile, è che il mondo sia comprensibile», ma ciò non toglie che la forma abituale della nostra capacità di conoscere resti limitata. Una parte importante delle attività umane è dedicata all'elaborazione di mezzi tecnici e di strumenti che permettano ai nostri sensi (soprattutto la vista e l'udito) di accedere a ciò che per loro risulta normalmente inaccessibile. Ma, notiamolo bene, non esistono apparecchi per vedere o sentire «Colui che è al di là di tutto»!