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“Ebbene, disse il Valdese: mi favorisca il secondo tomo del Tillemont.” Avutolo, cercò alla pagina 616, e fece vedere che Tillemont appoggiava una cotale tradizione sul libro apocrifo del Pastore attribuito ad Erma (Nota 3 - Ermete e il libro del Pastore); e poscia dimostrò che tutti gli avvenimenti raccontati in quel libro avvennero ai tempi di Antonino, cioè verso la metà del secolo secondo: dal che si dedurrebe che, se si dovesse prestar fede a cotesta tradizione, S. Pietro sarebbe stato ospite di Pudente alla metà del secondo secolo, cioè un secolo circa dopo la sua morte.

Il P. Abate ed io restammo annientati da queste osservazioni; ciò nonostante il P. Abate non si perdè di coraggio; e tolto da un armadio un antico martirologio in pergamena con le iniziali in miniatura, lo aprì, e lesse al primo Agosto queste parole in latino: “ - A Roma, la consacrazione della prima chiesa, fabbricata e consacrata da S. Pietro Apostolo. - Ecco un documento assai più antico del Tillemont.”

Il Valdese osservò il martirologio, e dai caratteri e dalle miniature dimostrò che esso era del secolo XIV. “Un documento, disse, di tredici secoli almeno posteriore al fatto che con esso si vuole provare, non prova nulla.”

“Ebbene, rispose il P. Abate, eccovi la testimonianza del cardinal Bona,” e mostrò il libro di quel cardinale sulle liturgie (Nota 4 - Le catene di S. Pietro). “Eccovi la storia di questa chiesa scritta da un nostro canonico.” Il Valdese interruppe: “Tutte queste testimonianze sono più recenti di quella del martirologio. Ma non ci allontaniamo dal Tillemont: ecco la pagina 504 di questo secondo tomo cosa dice: legga legga, P. Abate: - Non si può credere che i Cristiani abbiano avuto chiese, ossia fabbriche espressamente fatte per raunarsi agli esercizi religiosi, che dopo la persecuzione di Severo, verso l’anno 230. - E potrei, soggiunse, citarvi tutti i Padri dei primi secoli per dimostrarvi con le loro testimonianze che i Cristiani fino al terzo secolo non ebbero templi.”

Il P. Abate divenne rosso come una bragia: io sentiva non potermi più moderare; ed acceso di sdegno dissi al Valdese: “E sulla catena avreste forse qualcosa da opporre?”

“Nulla affatto: bisognerebbe esser privo di sensi per non vedere che quella è una catena; ma, per essere ragionevolmente convinti che quella sia la catena di S. Pietro, bisognerebbe ragionarvi un poco sopra. Bisognerebbe sapere, per esempio, perchè delle due catene (Atti XII,6) con le quali era legato S. Pietro in Gerusalemme, se ne sia conservata una sola; e l’altra dove è andata? Bisognerebbe sapere chi avesse conservata quella catena. Forse Erode? forse i Giudei? forse i Cristiani? Ma S. Pietro lasciò le catene in terra nella prigione. Sarebbe bene sapere come nella ruina di Gerusalemme, quando tutto fu distrutto, solo quella catena fosse stata conservata. Riguardo a quella di Roma, bisognerebbe dimostrare che S. Pietro vi fosse stato, lochè è un po’ difficile. Se non è stato in Roma, non potè esservi incatenato. Ma posto anche che vi fosse stato; io domanderei: Chi ha conservata quella catena? Nerone? Ma egli, che sappia, non era così devoto. I Cristiani? Ma chi avrebbe osato andarla a domandare? E se lo avessero osato, l’avrebbero essi avuta? E poi, loro signori sanno bene che in que’ tempi il culto delle reliquie era stimato una idolatria; basta leggere Tertulliano, Origene, Giustino Martire, e gli altri Padri Antichi, per persuadersene. Sicchè, caro signor Abate, andiamo pure a vedere altri monumenti, nei quali potrete essere più fortunato; ma questi non mi persuadono punto.”

Questo primo esperimento mi fece conoscere che io aveva a fare con un uomo che ne sapeva molto più di me: ed allora dava ragione al mio maestro, e cercava la via di trarmi d’impaccio; e desiderava che mi fosse venuto fuori con argomenti biblici, per accusarlo di non essere stato a’ patti e rompere la discussione con qualche onore. A tale effetto, anzichè condurlo al carcere Mamertino, lo condussi alla chiesa detta Domine quo vadis.
Pedro