23/03/2010 00:55
Che cos’è il Purgatorio?

Il Catechismo della Chiesa Cattolica (1030-1032) dice

1030 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo.

1031 La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt'altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al purgatorio soprattutto nei Concili di Firenze (621) e di Trento. (622) La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, (623) parla di un fuoco purificatore:
« Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c'è, prima del giudizio, un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro (Mt 12,32). Da questa affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo futuro ». (624)

1032 Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui la Sacra Scrittura già parla: « Perciò [Giuda Maccabeo] fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato » (2 Mac 12,45). Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, (625) affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti:
« Rechiamo loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio del loro padre, (626) perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione? [...] Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere ». (627)


Epitaffio di Abercio

Nel secondo secolo (ci troviamo dunque intorno al 100 d.C.), la storia ha collocato un’importante testimonianza riguardante la credenza nella necessità di pregare per le anime dei defunti e quindi, ovviamente, del Purgatorio, anche se non lo si chiamava con questo nome. Tale documento prende il nome di “Epitaffio di Abercio”. In questo epitaffio leggiamo:

“Queste cose dettai direttamente io, Abercio, quando avevo precisamente settantadue anni di età. Vedendole e comprendendole, preghi per Abercio.” Abercio era un cristiano, probabilmente vescovo di Ierapoli, in Asia Minore il quale, prima di morire, compose di propria mano il suo epitaffio, vale a dire l’iscrizione per la sua tomba. Riflettiamo: Abercio invita quelli che visiteranno la sua tomba a pregare per lui. Invita a pregare per lui defunto, quindi per la sua anima. Si può facilmente comprendere come la Chiesa primitiva, la Chiesa dei primi secoli, credeva al Purgatorio e alla necessità di pregare per le anime dei defunti.

Il diario di Perpetua

Nell’anno 203,all’inizio del terzo secolo dopo Cristo ci perviene la più importante testimonianza. A farcela, attraverso il suo diario è la martire cristiana Perpetua morta il 7 marzo del 203 insieme ad altri cinque cristiani: Felicita, Revocato, Saturnino, Secundolo e il loro catechista Saturo.

Il diario ci narra un episodio importane. Perpetua, mentre è in prigione, ha una duplice visione.
Nella prima visione vede suo fratello Dinocrate, “morto a sette anni per un cancro che gli aveva devastato la faccia” al punto che, scrive Perpetua “la sua morte aveva fatto inorridire tutti”. Nella prima visione, Perpetua vede suo fratellino uscire “da un luogo tenebroso dove vi era molta altra gente; era accaldato e assetato, sudicio e pallido. Il volto era sfigurato dalla piaga che l’aveva ucciso”. E ancora, in questa prima visione, Perpetua vede suo fratello che tenta senza riuscirci di abbeverarsi ad una piscina e capisce che Dinocrate sta soffrendo. Non riesce ad abbeverarsi e questo era per lui motivo di grande sofferenza.

Perpetua prega per l’anima di suo fratello defunto. Il Signore ascolta le sue preghiere e in una seconda visione, Perpetua vede Dinocrate perfettamente guarito, in grado di abbeverarsi, capace di giocare come fanno tutti i bambini. Interpretando questa seconda visione, Perpetua scrive nel suo diario: “Mi svegliai e compresi che la pena (del Purgatorio) gli era stata rimessa”.

Le opere di Tertulliano

Un’altra preziosa testimonianza ci giunge da Tertulliano (ca 155 – ca 222) un pagano, convertito al Cristianesimo; divenne uno strenuo apologeta del cattolicesimo prima di cadere, purtroppo nell’eresia montanista.

Nel suo De Corona, Tertulliano scrive: “Nel giorno anniversario facciamo preghiere per i defunti”.

Nel suo De monogamia, scrive: “La moglie sopravvissuta al marito offre preghiere per la gioia di suo marito nei giorni anniversari della sua morte”, dove si intende bene che la moglie prega perché l’anima del defunto giunga presto alla gioia del Paradiso.

La testimonianza di Sant'Agostino

Sant’Agostino attesta la fermissima fede della Chiesa dei primi secoli nella esistenza del Purgatorio. Scrive: “Non si può negare che le anime dei defunti possono essere aiutate dalla pietà dei loro cari ancora in vita, quando è offerto per loro il sacrificio del Mediatore (qui sant’Agostino sta parlando del sacrificio della Santa Messa), oppure mediante elemosine” (De fide, spe, et caritate).

La testimonianza di Sant'Efrem di Siro

Scrive sant’Efrem di Siro, vissuto nel IV secolo (306-373) nel suo testamento: “Nel trigesimo della mia morte ricordatevi di me, fratelli, nella preghiera. I morti infatti ricevono aiuto dalla preghiera fatta dai vivi” (Testamentum). San Girolamo (ca 347 – 419 o 420) attesta che gli scritti di sant’Efrem erano letti pubblicamente in Chiesa, dopo la Sacra Bibbia.
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Discendiamo all'inferno fin che siamo vivi (cioè riflettendo su questa terribile realtà) - diceva Sant'Agostino - per non precipitarvi dopo la morte".
nell'aldilà