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CRISTIANI

TAOISMO

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    pedrodiaz
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    00 02/05/2010 16:27

    CENNI STORICI

    Del Taoismo non è possibile stabilire con precisione cronologica l'epoca originaria di formazione, ma la sua apparizione si può far risalire al periodo della dinastia Chou ( 1027-481 a.C.).

    Il taoismo si distingue per la notevole forza polemica, per lo spirito critico, per la sua posizione anticonformista; recupera l'antico patrimonio religioso del popolo cinese e lo interpreta come impegno totalizzante della persona, con esperienze mistiche, magiche, astrologiche, divinatorie che investono l'intero piano dell'essere, proponendo una via salvifica personale all'individuo.

    Tuttavia il taoismo, anche quando si organizza in "chiesa" e si inserisce nella vita cinese, non diventerà mai religione di stato.

    Due furono i momenti storici dello sviluppo del taoismo. Il primo fu il taoismo sviluppatosi fra il settimo e il quinto secolo a.C., all'epoca della prodigiosa fioritura di scuole di pensiero in Cina.

    È rappresentato da tre grandi filosofi: Lao-Tzu, Chuang-Tzu, Lieh-Tzu .

    Il secondo fu il taoismo religioso o popolare che apparve sotto la dinastia degli Han.

    Guidava le masse contadine affamate e desiderose di un ordine nuovo, una specie di visionario taumaturgo, Chang Chiao. Ma ben presto i ribelli furono annientati dall'efficiente macchina statale che ristabilì l'ordine con feroci repressioni nelle quali morirono migliaia di contadini.

    Verso il quinto secolo d.C., il taoismo pare consolidato come chiesa con le sue strutture gerarchiche opposte a quelle buddhiste e confuciane.

    A capo della chiesa vi è il maestro celeste: T'ien-Shih, il "papa taoista"; le varie comunità sono presiedute da maestri e shih. Vi sono poi  i Signori (Chu-chih) e i Maestri dei talismani mentre i membri che non fanno parte della gerarchia costituiscono il "popolo taoista".

    Tra i tanti imperatori cinesi (alcuni ostili, altri indifferenti e solo pochi favorevoli al taoismo) ricordiamo: 

    Li Shih- min: uno dei più grandi imperatori della Cina, che ampliò con la sua politica gli orizzonti culturali e religiosi del paese, sostenendo il taoismo nella sua diffusione.

     Kao- Tsung: visitò Poh-Chow (patria di Lao-tzu) e dispose che i funzionari alle cariche pubbliche studiassero il Tao Teh-ching.

     Lung-chi: subì l'influenza del misticismo taoista, ordinò il culto di stato per Lao-tzu  e fece erigere un'accademia per lo studio dei classici taoisti

     In questo periodo furono riconosciuti al confucianesimo e al taoismo uguali funzioni e diritti.

    Più avanti nei secoli, il taoismo dovette subire il confronto con altre dottrine e, a seconda dell’imperatore regnante, fu approvato o messo al bando.

    Fino al 1311 il taoismo fu rappresentato ufficialmente nell’amministrazione pubblica, dove si sviluppò al di fuori dell’ufficialità  come una delle forze più autenticamente cinesi e costituì l’unica vera alternativa spirituale, fino a giorni nostri, per chi intendeva inserirsi nella tradizione religiosa nazionale cinese.

    Pedro
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    pedrodiaz
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    00 02/05/2010 16:28

    PRINCIPI  FONDAMENTALI

    Secondo il pensiero taoista (che in questo non si discosta da quello confuciano) esiste un'armonia universale che lega tutti i livelli del cosmo: terra, uomo e cielo.
    Il principio su cui si fonda il Taoismo è il tao, termine di difficile interpretazione, tanto che un verso del Taodeing recita: "Il tao che può essere definito col nome non è il tao costante". Il tao, che è presente in ogni cosa e la condiziona, è un flusso vitale che ha dato origine a tutto, e che scorre incessantemente, mutando sempre e rimanendo sempre lo stesso.
    Associata al tao è la concezione dello yinyang

    E' Spirito Anima Genio, è presenza di natura unitaria e ancestrale, precedente la separazione e la differenziazione propria dell'esistente. l suo volto è umano e mostra lineamenti decisi e sereni. Il suo corpo è spire di serpente avvolte e riavvolte. Esso riunisce e fa vivere in sé i due principi complementari contemporanei , concentrici e coincidenti,  inscindibili e opposti, e proprio non  è possibile depennare nemmeno uno di questi attributi in cui l'Unità si è differenziata nell'Esistenza.
    La tradizione taoista chiamò Yin e Yang questi inseparabili principi intrinseci al vivere.

      Yin e yang sono i due princìpi che mantengono l'ordine naturale del tao: 

    yin è il principio femminile, passivo ed oscuro, identificato con la luna; 

    yang il principio maschile, attivo e luminoso, identificato con il sole. 

    Yin e yang sono opposti e complementari tra di loro, relativi (si può essere yin sotto un certo aspetto e yang sotto un altro) e non antitetici, tanto che nella pienezza dell'uno è implicita l'origine dell'altro. Il loro alternarsi determina tutte le cose.

    Il simbolo del Tao è formato da due spirali (SERPI), una che si avvolge e l'altra che si svolge a partire da un unico Centro.
    Le due spirali  rappresentano la discesa ed ascesa degli aspetti opposti di ogni energia del cosmo.
    Il Simbolo pertanto è una simmetria rotazionale ciclica : la spirale bianca ha l'inizio dove finisca la spirale nera; essa  si avvolge  ed aumenta fino ad un massimo ma poi manifesta in se stessa la sua tendenza opposta (puntino nero) che appunto a partire da questo momento si  svolge. Anche questo aspetto raggiunge un massimo finchè si manifesta  la tendenza opposta (puntino bianco), che si avvolge e così via, ciclicamente.
    Questo ciclo unifica nella monade Universo tutte le energie del cosmo nei loro aspetti opposti rendendoli così complementari.

    In modo analogo il taoismo concepì l'antico genio dal corpo di serpe in forma duale e ne precisò dualità di forme, caratteri, nomi.
    Nella mitologia cosmogonica taoista due leggendari Augusti, Fuxi e Nugua avevano corpi di spire, sovente intrecciati l'un l'altro.
    Essi furono gli ordinatori del mondo. Più volte introdotti come fratello e sorella, come sposi o come amanti, Fuxi e Nugua valgono nel mito la coppia primigenia da cui l'umanità discende. Erano certo tempi diversi in cui uomini e animali vivevano in totale unione. 

    Anche Yao e Shun, due degli antichi primi Cinque Imperatori, precisa Lieh tse il maestro taoista, avevano parti del corpo di forma animale e sudditi e truppe animali. Nell'iconografia antica, il Genio primitivo dalla coda di serpente ha dunque due forme e due nomi. Forse molti di più. Non vi è qui metamorfosi tra l'uno e l'altro aspetto. La metamorfosi, la trasformazione ci insegna ancora Lieh tse, è propria dell'esistente. Egli, il Genio Mostruoso, è principio e essenza e semplicemente vive, assoluto e immutabile, contemporaneamente e senza contraddizione presente in differenti e complementari espressioni. Il Genio Mostruoso ha dunque due forme e due nomi ed entrambi i nomi introducono al Fuoco, il movente del calore vitale. Egli è Zhu Long, il Drago Fiammeggiante, e parimenti egli è Zhu Yin, l'Oscurità Fiammeggiante. Sono queste le due forme in cui e da cui si esprimono le forze vitali del mondo, il principio e la sorgente stessa di tutti i fenomeni e gli venti di natura. "Zhu Long il Drago Fiammeggiante vive a nord alla Porta delle oche Selvatiche.
    Se ne sta chiuso nei Monti Wei Yu, dove non si vede mai il sole.
    Questo Spirito ha volto di uomo e corpo di drago. Non ha piedi."

    L'obiettivo del Taoismo filosofico è quello di raggiungere la santità, lo stato di perfetta armonia con il mondo naturale, uno stato che si acquista uniformandosi ad esso tramite meditazione ed estasi, che permettono l'identificazione con il tao. La natura non deve essere alterata dall'azione umana, e per questo il taoista pratica e predica il "non agire" (wu wei) in tutti i campi (anche in quello politico), non lasciandosi turbare né dai mutamenti, né dalla morte. Nel Zhuangzi è messa in risalto anche la necessità di non fare distinzioni, di raggiungere lo stadio di una "non conoscenza", la quale si ottiene solo dopo aver conosciuto.

    Come religione popolare, il Taoismo mise in atto diverse pratiche per potenziare e per rendere immortale il corpo: diete alimentari di vario tipo (inclusa l'ingestione di prodotti ottenuti tramite ricerche alchemiche), tecniche respiratorie (come lo yoga cinese), ginniche, sessuali, e contemplative.
    Nelle numerose leggende taoiste, un posto di rilievo è assegnato ai cosiddetti "Otto Immortali" (Baxian), un gruppo di personaggi (uomini e donne) che, avendo ottenuto in vita poteri soprannaturali, sono stati santificati dopo morti. Oltre agli Immortali, e accanto a Laozi - identificato spesso con Huanlao (Il Vecchio Giallo), uno dei cinque creatori del cosmo -, c'è un numero elevatissimo di divinità eterogenee, organizzate gerarchicamente, come i protettori di mestieri e dei fenomeni atmosferici; gli spiriti degli elementi della natura; le anime di diverse località (cimiteri, luoghi, guadi, strade); i demoni; le anime degli impiccati, degli annegati e degli antenati; i santi taoisti, confuciani e buddhisti, eccetera.

    MISTERI TAOSTI

    Il Genio dal corpo di serpente che si esprime in Zhu Long ed in Zhu Yin, diviene così il centro e il movente di luce e di calore dei luoghi santi del mistero e del sogno taoista.
    Antichi testi taoisti ci introducono a questi misteri.

    "Il Genio del Monte Zhong si chiama Zhu Yin, Oscurità Fiammeggiante. Quando apre gli occhi, viene il giorno. Quando li chiude, viene la notte. Quando espira viene l'inverno. Quando inspira, viene l'estate. Non beve, non mangia, non respira. Quando respira viene il vento. Il suo corpo grande mille misure si trova ad est del paese di Senza Polpacci. E' un essere dal volto umano e dal corpo di serpente, è di colore rosso e abita ai piedi del monte Zhong, il Monte della Campana." Shan Hai Jing. Cap. 8° - Trad. R. Mathieu

    "Il Giardino delle delizie sui Monti Kun Lun dove si trova con esattezza? I Nove Piani dei suoi bastioni a quale altezza giungono? Le sue Porte, rivolte verso le Quattro Direzioni, chi ne garantisce la guardia? L'apertura che vi è a Nord Ovest in che modo i Soffi la attraversano? Vi è lì un luogo che il sole non raggiunge?
    E in che modo Zhu Long il Drago Fiammeggiante lo illumina?"
    Chu Ci Tian Wen. - Trad. E.Rochat de la Vallée e C. Larre.

    Quintessenza e protettore del principio naturale; Zhu Long lo Spirito Uomo e Serpente rappresenta il capostipite della variegata ed immortale stirpe dei draghi cinesi, che da un passato remoto e regale è giunta intatta fino ad oggi e tutt'oggi vive nel centro della tradizione e del culto popolare cinese.
    Come è carattere del pensiero taoista, la stirpe dei draghi si esprime secondo la polarità duale delle presenze archetipiche di cui è discendenza. Da Zhu Yin e Zhu Long derivano così due famiglie fra loro complementari dei draghi, depositarie e matrici, l'una della valenza Yin delle forze e degli eventi di natura, l'altra della complementare valenza Yang. Ne deriva l'esistenza di draghi di natura Yin e di draghi di natura Yang, sovente in rapporto con la Luna e con il Sole che dei due principi Yin Yang sono le forme celesti, come per altro con l'Acqua e con la Terra, con la pioggia e con la secchezza, con il vento, con le nuvole, con il sereno.


    "Cavalcando Fei Long il Drago Volante
    formo il mio carro di molte e varie pietre preziose...
    Conduco gli otto draghi che ondeggiano, tengo alto il mio stendardo di nuvole che si elevano in spire..."
    Chu Ci Li Sao. - Trad. E. Rochat de la Vallée e C. Larre.


    Cavalcatura di saggi ed illuminati, il Drago Celeste è il destriero che giunge a testimoniare e sancire la riuscita di una vita. E' la via che rende possibile e realizza la grande ricerca del mondo taoista, il raggiungimento dell'immortalità con il corpo,da intendersi non come simbolo ma come effettuale testimonianza di una raggiunta riunione con il Principio.
    Antichi racconti ci regalano sprazzi di conoscenza in visioni di draghi volanti che discendono dalle nuvole agli uomini meritevoli ed accolgono saggi imperatori insieme a tutte le loro corti sul dorso e li conducono così nei cieli in galoppate eterne.Il Cielo e la Terra, lo Spirito e il corpo riconoscono così la loro reale coincidenza,al di là delle nostre altrettanto reali limitazioni e paure.
    Tanto accadde a Huang Di, il mitico Imperatore Giallo, e a Ying Long, il leggendario drago suo destriero.

    Pedro
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    pedrodiaz
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    00 02/05/2010 16:29

    MISTERI TAOSTI

    Il Genio dal corpo di serpente che si esprime in Zhu Long ed in Zhu Yin, diviene così il centro e il movente di luce e di calore dei luoghi santi del mistero e del sogno taoista.
    Antichi testi taoisti ci introducono a questi misteri.

    "Il Genio del Monte Zhong si chiama Zhu Yin, Oscurità Fiammeggiante. Quando apre gli occhi, viene il giorno. Quando li chiude, viene la notte. Quando espira viene l'inverno. Quando inspira, viene l'estate. Non beve, non mangia, non respira. Quando respira viene il vento. Il suo corpo grande mille misure si trova ad est del paese di Senza Polpacci. E' un essere dal volto umano e dal corpo di serpente, è di colore rosso e abita ai piedi del monte Zhong, il Monte della Campana." Shan Hai Jing. Cap. 8° - Trad. R. Mathieu

    "Il Giardino delle delizie sui Monti Kun Lun dove si trova con esattezza? I Nove Piani dei suoi bastioni a quale altezza giungono? Le sue Porte, rivolte verso le Quattro Direzioni, chi ne garantisce la guardia? L'apertura che vi è a Nord Ovest in che modo i Soffi la attraversano? Vi è lì un luogo che il sole non raggiunge?
    E in che modo Zhu Long il Drago Fiammeggiante lo illumina?"
    Chu Ci Tian Wen. - Trad. E.Rochat de la Vallée e C. Larre.

    Quintessenza e protettore del principio naturale; Zhu Long lo Spirito Uomo e Serpente rappresenta il capostipite della variegata ed immortale stirpe dei draghi cinesi, che da un passato remoto e regale è giunta intatta fino ad oggi e tutt'oggi vive nel centro della tradizione e del culto popolare cinese.
    Come è carattere del pensiero taoista, la stirpe dei draghi si esprime secondo la polarità duale delle presenze archetipiche di cui è discendenza. Da Zhu Yin e Zhu Long derivano così due famiglie fra loro complementari dei draghi, depositarie e matrici, l'una della valenza Yin delle forze e degli eventi di natura, l'altra della complementare valenza Yang. Ne deriva l'esistenza di draghi di natura Yin e di draghi di natura Yang, sovente in rapporto con la Luna e con il Sole che dei due principi Yin Yang sono le forme celesti, come per altro con l'Acqua e con la Terra, con la pioggia e con la secchezza, con il vento, con le nuvole, con il sereno.


    "Cavalcando Fei Long il Drago Volante
    formo il mio carro di molte e varie pietre preziose...
    Conduco gli otto draghi che ondeggiano, tengo alto il mio stendardo di nuvole che si elevano in spire..."
    Chu Ci Li Sao. - Trad. E. Rochat de la Vallée e C. Larre.


    Cavalcatura di saggi ed illuminati, il Drago Celeste è il destriero che giunge a testimoniare e sancire la riuscita di una vita. E' la via che rende possibile e realizza la grande ricerca del mondo taoista, il raggiungimento dell'immortalità con il corpo,da intendersi non come simbolo ma come effettuale testimonianza di una raggiunta riunione con il Principio.
    Antichi racconti ci regalano sprazzi di conoscenza in visioni di draghi volanti che discendono dalle nuvole agli uomini meritevoli ed accolgono saggi imperatori insieme a tutte le loro corti sul dorso e li conducono così nei cieli in galoppate eterne.Il Cielo e la Terra, lo Spirito e il corpo riconoscono così la loro reale coincidenza,al di là delle nostre altrettanto reali limitazioni e paure.
    Tanto accadde a Huang Di, il mitico Imperatore Giallo, e a Ying Long, il leggendario drago suo destriero.

    Pedro
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    pedrodiaz
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    00 02/05/2010 16:30

    CULTO

    Verso il quinto sec., il taoismo appare consolidato anche in quella che è la struttura gerarchica, con lo sviluppo di una propria mitologia e di un culto.

    Esiste una triade taoista, i Tre Puri: “Puro Giada”, “Puro Superiore”, “Puro Supremo”, che risiedono nei Tre Cieli, formatisi quando, attraverso il processo cosmologico l’etere cosmologico si frazionò.

    Il primo (Giada) è il sovrano del Cielo. Il secondo è il regolatore dell’alternanza cosmica yin-yang e del flusso del tempo. Il terzo, che è lo stesso Lao-tzu, dimora nel terzo cielo e gli si deve culto per aver predicato agli uomini la dottrina salvifica.

    Attorno a questa triade si sviluppa una vivace attività cultuale. Si ignora però il sacrificio e il culto si fonda sulla pratica ascetica e sugli inni di glorificazione del tao. Vi sono varie liturgie destinate  ad esprimere il ringraziamento o la richiesta fiduciosa al tao, e tutte presentano molti elementi di magia:

    vi è la liturgia della pioggia e quella dell’acqua, la liturgia del fuoco, quella del Signore del Cielo e quella del Nuovo Anno.

    Tali liturgie erano delle vere e proprie feste religiose perché spesso precedute da digiuni e da isolamento per ottenere la remissione dei peccati,ed erano presiedute dai bonzi,i quali raccoglievano le offerte dei fedeli.Dopo la recita della preghiera si procedeva all’offerta di un piatto al Dio del Cielo. Per ogni cibo si rinnovava la cerimonia (preghiere, canti, musica, lettura dei nomi degli offerenti per la benedizione divina) che durava fino a sera.

    La pratica ascetica sviluppò le comunità monastiche maschili e femminili. Dopo un rituale di iniziazione, il novizio accettava i voti e le regole disciplinari, vivendo secondo norme di astinenza e di digiuno, di segregazione e di purezza. Il monaco ha per scopo di raggiungere l’immortalità, ma svolge anche attività che stanno tra il sacro e il profano:

    evocatore sciamanico degli spiriti dei defunti, medico, mago, astrologo, indovino……

    Tutte le tecniche praticate -  la reintegrazione (morte – risurrezione mistiche), l’estasi (conoscenza nuova che sottrae alla morte e al dolore), l’ascetismo (annullamento della personalità per un tempo più o meno lungo), la pratica sessuale (la tecnica erotica taoista a carattere sacralizzante e cosmico: è un rito che appartiene alla più antica civiltà cinese) – mirano a fare di un uomo comune un “Uomo Realizzato” , un Immortale, o un Santo, uno che ottiene la “Lunga Vita” poiché “niente ha presa sul corpo quando lo spirito non è turbato. Niente può nuocere al saggio, avvolto nell’integrità della sua natura, protetto dalla libertà del suo spirito” (Lieh-tzu,II).

    Pedro
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    pedrodiaz
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    00 02/05/2010 16:30

    LIBRI SACRI

    Durante l'epoca T'ang (618 - 906 d.C.), i taoisti provvidero alla compilazione del proprio canone che assunse il nome di Tao-ts'ang (canestro del tao) redatto sull'esempio di quello buddhista. I taoisti cominciarono a raccogliere i circa millecinquecento circa scritti, che costituirono il suddetto Tao-ts’ang. Il canone taoista è così composto:

    • Il TAO TEH - CHING. È l'opera fondamentale del taoismo ed è attribuita a Lao-tzu, composta di cinquemila parole  e scritta su richiesta di Yin-Hsi, mentre l'autore si accingeva a lasciare il suo paese. Il testo è diviso in 81 paragrafi e fu ufficialmente riconosciuto nel 678 a.C., sotto la dinastia dei T'ang. Il Tao Teh-ching è opera di notevole valore poetico, parte in prosa ritmica, parte in versi liberi. In Occidente è stato variamente interpretato e vi sono stati tentativi di accostamenti analogici, erronei, tra il pensiero taoista e l'ascetica cristiana.
    • Il CHUANG -TZU. È la raccolta di dialoghi, aneddoti, e apologhi scritti da Chuang-tzu, vissuto tra il 369 e il 286 a.C. L'opera che è considerata dagli studiosi della civiltà cinese come una delle più interessanti e briose per stile e varietà di contenuto, sviluppa ed espone la dottrina fondamentale del taoismo. Il Chuang-tzu è diviso in 33 capitoli, tutti ricchissimi e coloriti per la capacità dell'autore di evocare e descrivere il mondo mitico taoista con un linguaggio fresco e brillante. Per tale ragione Chuang-tzu è ritenuto il più grande scrittore della Cina antica.
    • Il LIEH - TZU. È la raccolta di scritti  filosofici e metafisici del taoismo, attribuita a Lieh-tzu, vissuto nel IV-III sec. a.C., di cui manca ogni notizia storica. Il testo è diviso in otto capitoli e contiene un frammento dell’opera di Yang-tzu, sostenitore della “Scuola dei legisti”, sorta in contrapposizione ideologica al confucianesimo.
    Pedro
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    pedrodiaz
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    00 02/05/2010 16:31

    CHUANG  TZU

    Chuang Tzu visse all'epoca del principe Houei di Leang, che regnò dal 370 al 318 a C. e del principe Siuan di T'si (319-301 a.C.). Il suo vero nome era Chuang Chou, originario della città di Mong, nel piccolo stato feudale di Sung, dove la dinastia imperiale dei Chou aveva confinato i discendenti della precedente dinastia Shang, affinché potessero continuare i loro riti ancestrali. Nella letteratura cinese precedente all'era volgare, gli abitanti di Sung sono spesso ridicolizzati e presi in giro, quasi fossero autentici cretini. Tipico l'aneddoto del contadino di Sung che, per far crescere alcune piante più in fretta, ne sollevava da terra i germogli con le mani. Questo atteggiamento della cultura dominante in Cina non è che il riflesso della condanna di una cultura diversa da quella confuciana, una cultura sicuramente più antica, di probabile origine sciamanica, non accettata dal razionalismo confuciano. Chuang Tzu nacque quindi in un ambiente culturale particolare, che fece germogliare l'essenza della sua vita e della sua opera. Ma non bastò a non farlo apparire un folle agli occhi e al giudizio dei confuciani.

    Era sposato e molto povero, "vestito con un abito di ruvida tela tutto rappezzato e con scarpe di stracci", porta il testo storico. In gioventù era stato funzionario in una manifattura di gomma... come che sia, vi rinunciò assai presto per scrivere e vivere in armonia con il Tao. Occupare un posto da funzionario era contrario al suo pensiero e alla naturale libertà che amava. "Povertà non vuol dire infelicità. Quando l'uomo di lettere non può mettere in pratica la propria dottrina, questa è infelicità. Con un abito rappezzato e le scarpe bucate egli è povero, non infelice. Significa soltanto che non ha incontrato un'epoca felice."

    Ecco come racconta lui stesso un episodio che rivela l'intima natura del grande maestro spirituale: 

    "Mentre Chuang Tzu pescava con la lenza sulla riva del P'ou, il re di Chou gli inviò due alti funzionari per fargli delle offerte. 'Il nostro principe', gli dissero 'desidererebbe affidarvi la responsabilità del suo territorio'. Senza sollevare la lenza, senza neanche volgere la testa, Chuang Tzu disse loro: 'Ho sentito dire che c'è a Chou una tartaruga morta da più di tremila anni. Il vostro re ne conserva il carapace in un paniere avvolto in un panno nella parte alta del tempio dei suoi avi. Ditemi se quella tartaruga non avrebbe preferito vivere trascinandosi la coda nel fango'. 'Avrebbe preferito vivere trascinandosi la coda nel fango', dissero i funzionari. 'Andatevene dunque', disse Chuang Tzu, 'anch'io preferisco trascinare la coda nel fango'.

     Il Tao Te Ching - che Lao Tzu avrebbe scritto sollecitato da un discepolo, poco prima di ritirarsi sulle montagne a morire espone i principi della via e della virtù, ma le parole di Chuang Tzu li spiegano, li riprendono, con uno spirito mistico particolare, denso di aneddoti, dialoghi, allusioni mitiche. E' lui che dà al taoismo il profondo senso mistico del Tao, della via; con Chuang Tzu si penetra nell'infinito del Tao: "... i saggi non discutono di ciò che oltrepassa la sfera terrestre, neppure per negarne l'esistenza. Parlano invece delle cose di questo mondo, ma senza giudicarle". Per Chuang Tzu il saggio è un uomo libero dal pensiero, libero da qualsiasi filosofia - Confucio e il pragmatico confucianesimo sono il suo bersaglio. Nel vero saggio il Tao agisce spontaneamente e senza ostacoli.

     La naturalezza del wu wei, del lasciar correre, del lasciar scorrere, distingue Chuang Tzu da altri grandi spiriti. Per lui, la naturalezza, la semplicità danno quella serenità che apre all'immensità del Tao. La semplicità sarà difesa come il bene supremo da Chuang Tzu, per tutta la vita: ad essa sono legati la felicità spirituale ed il raggiungimento del distacco dall'illusione dei sensi e dall'identità mondana. L'idea che nel mondo tutto è relativo, che nessuno è completamente bianco né completamente nero, che il bene non è tutto bene né il male veramente male non vuol dire per il saggio taoista seguire "la giusta misura", avere un comportamento ragionevole come indica Confucio. All'uomo della giusta misura il saggio taoista contrappone l'uomo naturale. Quello che conta è il movimento, la trasformazione infinita della vita. Il bene e il male, la fortuna e la sfortuna, la sorte e la malasorte non sono definitivi ma parte del movimento della vita. Ecco la ragione del wu wei, del lasciar scorrere gli eventi così come vengono, senza interferire mai. Chuang Tzu dice: "Colui che professa il vero senza vedere il falso, l'ordine senza vedere il disordine, non comprende nulla dell'universo e della natura reale degli esseri. Egli è simile a colui che professa il Cielo senza vedere la Terra, l'oscurità senza vedere la luce. La sua azione è necessariamente votata alla sconfitta".

    Pedro
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    00 02/05/2010 16:32

    LAO  TZU

    Parlando della storia del taoismo, non si può fare a meno di accennare alla leggendaria figura carismatica del suo “fondatore”, Lao-tzu, benché nelle memorie storiche redatte da Szu-ma ch’ien (137-87 a.C.) sia scritto testualmente al capitolo LXIII: “di Lao-tzu si può soltanto assicurare che, avendo amato l’oscurità più di ogni altra cosa, quest’uomo deliberatamente cancellò ogni traccia della sua vita”.

    Nel medesimo capitolo si narra che Lao-tzu nacque nel villaggio di Chu’jen, distretto di Li, provincia di Ku, regno di Ch’un. Il suo nome di famiglia fu Li, il suo prenome comune Erl, il suo prenome nobile Pai-yang, e il suo postumo Tan: per questo e conosciuto come Lao-Ta.

    Era archivista reale di Chou (cronista di corte) e, mentre era in carica, fu visitato da Confucio, il quale gli chiese dei riti taoisti.

    Più tardi, stanco della corruzione e della decadenza della vita pubblica, abbandonò la sua carica senza più tornare in patria. 

    Nel passare del confine ovest fu implorato dal suo amico Yin.His, custode del confine, di lasciargli un libro che contenesse l’essenza della sua dottrina; perciò compose il Tao Teh-ching, questo canone durante l’epoca Tang, comprende centinaia di scritti racchiusi in due parti, per un totale 5000 capitoli.

    Pare che sia morto all’età di ottantaquattro anni, nel 520 a.C.

    Pedro
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    00 02/05/2010 16:33

    TECNICHE TAOISTE

    Con il passare dei secoli i taoisti misero a punto tecniche complesse per la purificazione della mente e del corpo con l’ideale intento di raggiungere ciò che essi chiamavano “immortalità”.

    Immortale (Hsien) è colui che arriva a purificare la propria carne dal decadimento per il tramite di pratiche specifiche. Queste erano tecniche di concentrazione mentale e meditazione connesse con esercizi respiratori per la circolazione del Ch’i (Ch’i Kung).

    Essi impararono inoltre ad utilizzare erbe medicinali per promuovere e preservare la vitalità. Furono studiati speciali esercizi ginnici (Tao Yin) per la salute del corpo. Ricordiamo a questo proposito anche i già citati esercizi dei cinque animali inventati dal medico taoista Hua To. Si sviluppò in modo particolare l’alchimia che fu suddivisa in:

    1. Alchimia Esteriore (Wai Tan) che veniva utilizzata per realizzare droghe, elisir e medicinali destinati soprattutto a prolungare la vita umana.

    2. Alchimia Interiore (Nei Tan) che utilizzava tecniche di meditazione e di respirazione durante le quali si pensava che l'Essenza (Ching, in pratica l'energia sessuale e l'energia ottenuta dalla digestione dei cibi e che è rappresentata da alcuni liquidi che circolano nel corpo umano), venisse raffinata nel Tan T'ien, tramite la respirazione, in Energia Interna (Ch'i) e che questa a sua volta venisse raffinata in Energia Spirituale o Mentale (Shen).
    Pedro
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    pedrodiaz
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    00 02/05/2010 16:33

    ARTI  MARZIALI

    Il Taoismo ha influenzato in modo determinante le Arti Marziali Tradizionali Cinesi.
    Per il principio del Wu Wei il Kung Fu non è un'arte violenta, ma esclusivamente difensiva. Non bisogna infatti “agire” attaccando, ma semplicemente adattare la nostra azione a quella dell'avversario.
    Lo stesso Lao Tzu dice:

    “Un buon guerriero non è bellicoso”.
    “Un buon combattente non è collerico”.
    “Un buon vincitore non dà battaglia”.

    La morbidezza e la cedevolezza sono qualità essenziali nella pratica delle arti marziali. Non bisogna infatti opporsi alla forza dell'avversario, ma bisogna utilizzare la sua forza per batterlo. Ecco perché Lao Tzu afferma che:

    “Fra due combattenti vince colui che cede”.

    Nel Tao Te Ching è inoltre messa in evidenza l'importanza di non prendere sottogamba il proprio avversario:

    “Non c'è disgrazia più grande di prendere alla leggera il proprio avversario;
    se faccio così rischio di perdere i miei tesori”.

    L'umiltà deve essere una delle virtù fondamentali di un capo:

    "Un buon comandante è un uomo umile”.

    Anche le tecniche taoiste fisiche, di respirazione, di meditazione, di circolazione del Ch'i hanno avuto un'importanza determinante sullo sviluppo del Kung Fu.


    Il più importante contributo del Taoismo alle arti marziali è stata comunque la creazione del T'ai Chi Ch'üan, attribuita al monaco taoista Chang San Feng.
    Tutti i principi del T'ai Chi Ch'üan sono in perfetto accordo con gli insegnamenti del Taoismo.
    Il T'ai Chi Ch'üan può infatti considerarsi un'arte marziale in cui il principio della morbidezza e della cedevolezza è di fondamentale importanza; può considerarsi inoltre una forma di ginnastica destinata a conferire longevità e salute al corpo umano ed infine una forma di meditazione dinamica grazie alla quale possiamo giungere ad unificarci con il Tao.

    Pedro
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    00 02/05/2010 16:34

    TAO TE CHING


    Il Libro del Tao e della virtù (Tao Tê Ching), considerato come una delle vette del pensiero cinese  è opera di Lao-tse (o Lao-tzu), nato intorno al 570 a. C. Ogni capitolo comincia di solito con qualche paradosso e lo sviluppa con rilievi paralleli, introdotti dalla parola " perciò" . Una parola che, comunque, non è da intendere in senso causale: difatti, a differenza della logica occidentale, la logica cinese prevede che la causa possa essere un effetto e un effetto possa essere una parte della causa: per i cinesi, ha scritto lo studioso Lyn Yutang, "causa ed effetto non sono aspetti successivi, ma solo aspetti simultanei della stessa verità".

    I - DELINEA IL TAO

    Il Tao che può essere detto
    non è l'eterno Tao,
    il nome che può essere nominato
    non è l'eterno nome.
    Senza nome è il principio
    del Cielo e della Terra,
    quando ha nome è la madre
    delle diecimila creature.
    Perciò chi non ha mai desideri
    ne contempla l'arcano,
    chi sempre desidera
    ne contempla il termine.
    Quei due hanno la stessa estrazione
    anche se diverso nome
    ed insieme sono detti mistero,
    mistero del mistero,
    porta di tutti gli arcani.

    II - NUTRIRE LA PERSONA

    Sotto il cielo tutti
    sanno che il bello è bello,
    di qui il brutto,
    sanno che il bene è bene,
    di qui il male.
    È così che
    essere e non-essere si danno nascita fra loro,
    facile e difficile si danno compimento fra loro,
    lungo e corto si danno misura fra loro,
    alto e basso si fanno dislivello fra loro,
    tono e nota si danno armonia fra loro,
    prima e dopo si fanno seguito fra loro.
    Per questo il santo
    permane nel mestiere del non agire
    e attua l'insegnamento non detto.
    Le diecimila creature sorgono
    ed egli non le rifiuta
    le fa vivere ma non le considera come sue,
    opera ma nulla si aspetta.
    Compiuta l'opera egli non rimane
    e proprio perché non rimane
    non gli vien tolto.

    III - TENERE TRANQUILLO IL POPOLO

    Non esaltare i più capaci
    fa sì che il popolo non contenda,
    non pregiare i beni che con difficoltà s'ottengono
    fa sì che il popolo non diventi ladro,
    non ostentare ciò che può desiderarsi
    fa sì che il cuore del popolo non si turbi.
    Per questo il governo del santo
    svuota il cuore al popolo
    e ne riempie il ventre,
    ne infiacchisce il volere
    e ne rafforza le ossa
    sempre fa sì che non abbia scienza né brama
    e che colui che sa non osi agire.
    Poiché egli pratica il non agire
    nulla v'è che non sia governato.

    IV - QUEL CHE NON HA ORIGINE

    Il Tao viene usato perché è vuoto
    e non è mai pieno.
    Quale abisso!
    sembra il progenitore delle diecimila creature.
    Smussa le sue punte,
    districa i suoi nodi,
    mitiga il suo splendore,
    si rende simile alla sua polvere.
    Quale profondità!
    sembra che da sempre esista.
    Non so di chi sia figlio,
    pare anteriore all'Imperatore del Cielo.

    V - L'USO DEL VUOTO

    Il Cielo e la Terra non usano carità,
    tengono le diecimila creature per cani di paglia.
    Il santo non usa carità
    tiene i cento cognomi per cani di paglia.
    Lo spazio tra Cielo e Terra
    come somiglia a un mantice!
    Si vuota ma non si esaurisce,
    si muove ed ancora più ne esce.
    Parlar molto e scrutare razionalmente
    vale meno che mantenersi vuoto.

    VI - COMPLETA L'IMMAGINE

    Lo spirito della valle non muore,
    è la misteriosa femmina.
    La porta della misteriosa femmina
    è la scaturigine del Cielo e della Terra.
    Perennemente ininterrotto come se esistesse
    viene usato ma non si stanca.

    VII - OCCULTARE LA LUCE

    Il Cielo è perpetuo e la Terra perenne.
    La ragione per cui
    il Cielo può essere perpetuo e la Terra perenne
    è che non vivono per sé stessi:
    perciò possono vivere a lungo.
    Per questo il santo
    pospone la sua persona
    e la sua persona viene premessa,
    apparta la sua persona
    e la sua persona perdura.
    Non è perché è spoglio di interessi?
    Per questo può realizzare il suo interesse.

    VIII - TORNARE ALLE QUALITÀ NATURALI

    Il sommo bene è come l'acqua:
    l'acqua ben giova alle creature e non contende,
    resta nel posto che gli uomini disdegnano.
    Per questo è quasi simile al Tao.
    Nel ristare si adatta al terreno,
    nel volere s'adatta all'abisso,
    nel donare s'adatta alla carità,
    nel dire s'adatta alla sincerità,
    nel correggere s'adatta all'ordine,
    nel servire s'adatta alla capacità,
    nel muoversi s'adatta alle stagioni.
    Proprio perché non contende
    non viene trovata in colpa.

    IX - TENDERE ALL'INCOLORE

    Chi colma ciò che possiede
    meglio farebbe a desistere,
    chi batte a fino ciò che è appuntito
    non lo mantiene a lungo intatto.
    Un palazzo colmo d'oro e di gemme
    non si può conservare,
    chi si fa arrogante perché ricco e nobile
    procura da sé la sua rovina.
    Ad opera compiuta ritrarsi
    è la Via del Cielo.

    X - SAPER AGIRE

    Preserva l'Uno dimorando nelle due anime:
    sei capace di non farle separare?
    Pervieni all'estrema mollezza conservando il ch' i :
    sei capace d'essere un pargolo?
    Purificato e mondo abbi visione del mistero:
    sei capace d'esser senza pecca?
    Governa il regno amando il popolo:
    sei capace di non aver sapienza?
    All'aprirsi e al chiudersi della porta del Cielo
    sei capace d'esser femmina?
    Luminoso e comprensivo penetra ovunque:
    sei capace di non agire?
    Fa vivere le creature e nutrile,
    falle vivere e non tenerle come tue,
    opera e non aspettarti nulla,
    falle crescere e non governarle.
    Questa è la misteriosa virtù.

    XI - L'UTILITÀ DEL NON-ESSERE

    Trenta raggi si uniscono in un solo mozzo
    e nel suo non-essere si ha l'utilità del carro,
    s'impasta l'argilla per fare un vaso
    e nel suo non-essere si ha l'utilità del vaso,
    s'aprono porte e finestre per fare una casa
    e nel suo non-essere si ha l'utilità della casa.
    Perciò l'essere costituisce l'oggetto
    e il non-essere costituisce l'utilità.

    XII - REPRIMERE LE BRAME

    I cinque colori fan sì che s'acciechi l'occhio dell'uomo,
    le cinque note fan sì che s'assordi l'orecchio dell'uomo,
    i cinque sapori fan sì che falli la bocca dell'uomo,
    la corsa e la caccia fan sì che s'imbesti il cuore dell'uomo,
    i beni che con difficoltà si ottengono
    fan sì che sia dannosa la condotta dell'uomo.
    Per questo il santo
    è per il ventre e non per l'occhio.
    Perciò respinge l'uno e preferisce l'altro.

    XIII - RESPINGERE LA VERGOGNA

    Favore e sfavore fanno paura,
    pregiar la propria persona è gran sventura.
    Che significa
    favore e sfavore fan paura?
    Il favore è un abbassarsi:
    nell'ottenerlo s'ha paura,
    di perderlo s'ha paura.
    Questo significa
    favore e sfavore fan paura.
    Che significa
    pregiar la propria persona è gran sventura?
    La ragione per cui ho gran sventura
    è che tengo alla mia persona,
    se non tenessi alla mia persona
    quale sventura avrei?
    Per questo
    a chi di sé fa pregio a pro del mondo
    si può affidare il mondo,
    a chi di sé ha cura a pro del mondo
    si può confidare il mondo.

    XIV - INTRODUCE AL MISTERO

    A guardarlo non lo vedi,
    di nome è detto l'Incolore.
    Ad ascoltarlo non lo odi,
    di nome è detto l'Insonoro.
    Ad afferrarlo non lo prendi,
    di nome è detto l'Informe.
    Questi tre non consentono di scrutarlo a fondo,
    ma uniti insieme formano l'Uno.
    Non è splendente in alto
    non è oscuro in basso,
    nel suo volversi incessante non gli puoi dar nome
    e di nuovo si riconduce all'immateriale.
    È la figura che non ha figura,
    l'immagine che non ha materia:
    è l'indistinto e l'indeterminato.
    Ad andargli incontro non ne vedi l'inizio,
    ad andargli appresso non ne vedi la fine.
    Attieniti fermamente all'antico Tao
    per guidare gli esseri di oggi
    e potrai conoscere il principio antico.
    È questa l'orditura del Tao.



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    Pedro
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    00 02/05/2010 16:35
    XV - APPALESA LA VIRTÙ

    Quelli che in antico eccellevano come adepti del Tao
    penetravano l'arcano e comunicavano col mistero,
    erano profondi da non poter essere compresi.
    Proprio perché non possono essere compresi
    io mi sforzerò di darne i tratti.
    Irresoluti erano come chi d'inverno guada un fiume,
    guardinghi erano come chi teme i vicini ai quattro lati,
    rispettosi erano come chi è ospite,
    frammentati erano come ghiaccio che si va fondendo,
    schietti erano come legno non ancora sgrossato,
    vuoti erano come valli,
    torbidi erano come acqua motosa.
    Chi è capace d'esser motoso
    per fare illimpidire piano piano riposando?
    Chi è capace d'esser placido
    per far vivere pian piano rimuovendo a lungo?
    Chi s'attiene a questa Via
    non brama d'esser pieno,
    e proprio perché non si riempie
    può starsene nell'ombra senza innovar l'antico.

    XVI - VOLGERSI ALLA RADICE

    Arrivare alla vacuità è il culmine,
    mantenere la quiete è schiettezza:
    le diecimila creature insieme sorgono
    ed io le vedo ritornare a quelle,
    quando le creature hanno avuto il lor rigoglio
    ciascuna fa ritorno alla sua radice.
    Tornare alla radice è quiete,
    il che vuol dire restituire il mandato,
    restituire il mandato è eternità.
    Chi conosce l'eternità è illuminato,
    chi non la conosce insensatamente provoca sventure.
    Chi conosce l'eternità tutto abbraccia,
    tutto abbracciando è equanime,
    essendo equanime è sovrano,
    essendo sovrano è Cielo,
    essendo Cielo è Tao,
    essendo Tao a lungo dura
    e per tutta la vita non corre pericolo.

    XVII - LA PURA INFLUENZA

    Dei grandi sovrani il popolo sapeva che esistevano,
    vennero poi quelli che amò ed esaltò,
    e poi quelli che temette,
    e poi quelli di cui si fece beffe:
    quando la sincerità venne meno
    s'ebbe l'insincerità.
    Com'erano pensosi i primi nel soppesar le loro parole!
    Ad opera compiuta e ad impresa riuscita
    dicevano i cento cognomi: siamo così da noi stessi.

    XVIII - LO SCADIMENTO DEI COSTUMI

    Quando il gran Tao fu negletto
    s'ebbero carità e giustizia,
    quando apparvero intelligenza e sapienza
    s'ebbero le grandi imposture,
    quando i sei congiunti non furono in armonia
    s'ebbero pietà filiale e clemenza paterna,
    quando gli stati caddero nel disordine
    s'ebbero i ministri leali.

    XIX - TORNARE ALLA PUREZZA

    Tralascia la santità e ripudia la sapienza
    e il popolo s'avvantaggerà di cento doppie,
    tralascia la carità e ripudia la giustizia
    ed esso tornerà alla pietà filiale e alla clemenza
    paterna,
    tralascia l'abilità e ripudia il lucro
    e più non vi saranno ladri e briganti.
    Quelle tre reputa formali e insufficienti,
    perciò insegna che v'è altro a cui attenersi:
    mostrati semplice e mantienti grezzo,
    abbi poco egoismo e scarse brame.

    XX - DIFFERENZIARSI DAL VOLGO

    Tralascia lo studio e non avrai afflizioni.
    Tra un pronto e un tardo risponder sì
    quanto intercorre?
    Quel che gli altri temono
    non posso non temer io.
    Oh, quanto son distanti e ancor non s'arrestano!
    Tutti gli uomini sono sfrenati
    come a una festa o un banchetto sacrificale,
    come se in primavera ascendessero ad una torre.
    Sol io quanto son placido! tuttora senza presagio
    come un pargolo che ancor non ha sorriso,
    quanto son dimesso!
    come chi non ha dove tornare.
    Tutti gli uomini hanno d'avanzo
    sol io sono come chi tutto ha abbandonato.
    Oh, il mio cuore di stolto
    quanto è confuso!
    L'uomo comune è così brillante
    sol io sono tutto ottenebrato,
    l'uomo comune in tutto s'intromette,
    solo io di tutto mi disinteresso,
    agitato sono come il mare,
    sballottato sono come chi non ha punto fermo.
    Tutti gli uomini sono affaccendati
    sol io sono ebete come villico.
    Sol io mi differenzio dagli altri
    e tengo in gran pregio la madre che nutre.

    XXI - SVOTARE IL CUORE

    Il contenere di chi ha la virtù del vuoto
    solo al Tao s'adegua.
    Per le creature il Tao
    è indistinto e indeterminato.
    Oh, come indeterminato e indistinto
    nel suo seno racchiude le immagini!
    Oh, come indistinto e indeterminato
    nel suo seno racchiude gli archetipi!
    Oh, come profondo e misterioso
    nel suo seno racchiude l'essenza dell'essere!
    Questa essenza è assai genuina
    nel suo seno ne racchiude la conferma.
    Dai tempi antichi sino ad oggi
    il suo nome non passa
    e così acconsente a tutti gli inizi.
    Da che conosco il modo di tutti gli inizi?
    Da questo.

    XXII - L'UMILTÀ CHE ELEVA

    Se ti pieghi ti conservi,
    se ti curvi ti raddrizzi,
    se t'incavi ti riempi,
    se ti logori ti rinnovi,
    se miri al poco ottieni
    se miri al molto resti deluso.
    Per questo il santo preserva l'Uno
    e diviene modello al mondo.
    Non da sé vede perciò è illuminato,
    non da se s'approva perciò splende,
    non da sé si gloria perciò ha merito,
    non da sé s'esalta perciò a lungo dura.
    Proprio perché non contende
    nessuno al mondo può muovergli contesa.
    Quel che dicevano gli antichi:
    se ti pieghi ti conservi,
    erano forse parole vuote?
    In verità, integri tornavano.

    XXIII - IL VUOTO NON-ESSERE

    Il parlar dell'Insonoro è spontaneità.
    Per questo
    un turbine di vento non dura una mattina,
    un rovescio di pioggia non dura una giornata.
    Chi opera queste cose?
    Il Cielo e la Terra.
    Se perfino il Cielo e la Terra non possono persistere
    tanto più lo potrà l'uomo?
    Perciò compi le tue imprese come il Tao.
    Chi si dà al Tao s'immedesima col Tao,
    chi si dà alla virtù s'immedesima con la virtù,
    chi si dà alla perdita s'immedesima con la perdita.
    Chi s'immedesima col Tao
    nel Tao si rallegra d'ottenere,
    chi s'immedesima con la virtù
    nella virtù si rallegra d'ottenere,
    chi s'immedesima con la perdita
    nella perdita si rallegra d'ottenere.
    Quando la sincerità vien meno
    si ha l'insincerità.

    XXIV - LA PENOSA BENIGNITÀ

    Chi sta sulla punta dei piedi non si tiene ritto,
    chi sta a gambe larghe non cammina,
    chi da sé vede non è illuminato,
    chi da sé s'approva non splende,
    chi da sé si gloria non ha merito,
    chi da sé s'esalta non dura a lungo.
    Nel Tao queste cose sono avanzumi ed escrescenze,
    che le creature hanno sempre detestati.
    Per questo non rimane chi pratica il Tao.

    XXV - RAFFIGURA L'ORIGINE

    C'è un qualcosa che completa nel caos,
    il quale vive prima del Cielo e della Terra.
    Come è silente, come è vacuo!
    Se ne sta solingo senza mutare,
    ovunque s'aggira senza correr pericolo,
    si può dire la madre di ciò che è sotto il cielo.
    Io non ne conosco il nome
    e come appellativo lo dico Tao,
    sforzandomi a dargli un nome lo dico Grande.
    Grande ovvero errante,
    errante ovvero distante,
    distante ovvero tornante.
    Perciò
    il Tao è grande,
    il Cielo è grande,
    la Terra è grande
    ed anche il sovrano è grande.
    Nell'universo vi sono quattro grandezze
    ed il sovrano sta in una di esse.
    L'uomo si conforma alla Terra,
    la Terra si conforma al Cielo,
    il Cielo si conforma al Tao,
    il Tao si conforma alla spontaneità.




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    XXVI - LA VIRTÙ DEL GRAVE

    Il grave è radice del leggero,
    il quieto è signore dell'irrequieto.
    Per questo il santo viaggia tutto il giorno
    senza discostarsi dal bagaglio,
    anche se possiede palazzi regali
    placidamente se ne sta distaccato.
    Che sarà se il signore di diecimila carri
    leggero si fa nel mondo?
    Se è leggero perde il fondamento,
    se è irrequieto perde la sua signoria.

    XXVII - L'USO DELL'ABILITÀ

    Chi ben viaggia non lascia solchi né impronte,
    chi ben parla non ha pecche né biasimi,
    chi ben conta non adopra bastoncelli né listelle,
    chi ben chiude non usa sbarre né paletti
    eppure non si può aprire,
    chi ben lega non usa corde né vincoli
    eppure non si può sciogliere.
    Per questo il santo
    sempre ben soccorre gli uomini
    e perciò non vi sono uomini respinti,
    sempre bene soccorre le creature
    e perciò non vi sono creature respinte:
    ciò si chiama trasfondere l'illuminazione.
    Così l'uomo che è buono
    è maestro dell'uomo non buono,
    l'uomo che non è buono
    è profitto all'uomo buono.
    Chi non apprezza un tal maestro,
    chi non ha caro un tal profitto,
    anche se è sapiente cade in grave inganno:
    questo si chiama il mistero essenziale.

    XXVIII - TORNARE ALLA SEMPLICITÀ

    Chi sa d'esser maschio
    e si mantiene femmina
    è la forra del mondo,
    essendo la forra del mondo
    la virtù mai non si separa da lui
    ed ei ritorna ad essere un pargolo.
    Chi sa d'esser candido
    e si mantiene oscuro
    è il modello del mondo,
    essendo il modello del mondo
    la virtù mai non si scosta da lui
    ed ei ritorna all'infinito.
    Chi sa d'esser glorioso
    e si mantiene nell'ignominia
    è la valle del mondo,
    essendo la valle del mondo
    la virtù sempre si ferma in lui
    ed ei ritorna ad esser grezzo.
    Quando quel ch'è grezzo vien tagliato
    allora se ne fanno strumenti,
    quando l'uomo santo ne usa
    allora ne fa i primi tra i ministri.
    Per questo il gran governo non danneggia.

    XXIX - NON AGIRE

    Quei che volendo tenere il mondo
    lo governa,
    a mio parere non vi riuscirà giammai.
    Il mondo è un vaso sovrannaturale
    che non si può governare:
    chi governa lo corrompe,
    chi dirige lo svia,
    poiché tra le creature
    taluna precede ed altra segue,
    taluna è calda ed altra è fredda,
    taluna è forte ed altra è debole,
    taluna è tranquilla ed altra è pericolosa.
    Per questo il santo
    rifugge dall'eccesso,
    rifugge dallo sperpero,
    rifugge dal fasto.

    XXX - LIMITARE LE OPERAZIONI MILITARI

    Quei che col Tao assiste il sovrano
    non fa violenza al mondo con le armi,
    nelle sue imprese preferisce controbattere.
    Là dove stanziano le milizie
    nascono sterpi e rovi,
    al seguito dei grandi eserciti
    vengono certo annate di miseria.
    Chi ben li adopra
    soccorre e basta,
    non osa con essi acquistar potenza.
    Soccorre e non si esalta,
    soccorre e non si gloria,
    soccorre e non s'insuperbisce,
    soccorre quando non può farne a meno,
    soccorre ma non fa violenza.
    Quel che s'invigorisce allor decade:
    vuol dire che non è conforme al Tao.
    Ciò che non è conforme al Tao presto finisce.

    XXXI - DESISTERE DALLE OPERAZIONI MILITARI

    Ecco che son le belle armi:
    strumenti del malvagio
    che le creature han sempre detestati.
    Per questo non rimane chi pratica il Tao.
    Il saggio, che è pacifico, tiene in pregio la sinistra,
    chi adopra l'armi tiene in pregio la destra.
    Ecco che son l'armi:
    strumenti del malvagio
    non strumenti del saggio,
    il quale li adopra solo se non può farne a meno.
    Avendo per supreme pace e quiete,
    ei vince ma non se ne compiace,
    chi se ne compiace
    gioisce nell'uccidere gli uomini.
    Ora chi gioisce nell'uccidere gli uomini
    non può attuare i suoi intenti nel mondo.
    Nelle gesta fauste si tiene in onore la sinistra,
    nelle gesta infauste si tiene in onore la destra.
    Il luogotenente sta alla sinistra,
    il duce supremo sta alla destra:
    assume il posto del rito funebre.
    Quei che gli uomini ha ucciso in massa
    li piange con cordoglio e con tristezza:
    la vittoria in guerra gli assegna il posto del rito
    funebre.

    XXXII - LA VIRTÙ DEL SANTO

    Il Tao in eterno è senza nome,
    è grezzo per quanto minimo sia,
    nessuno al mondo è capace di fargli da ministro.
    Se principi e sovrani fossero capaci di attenervisi,
    le diecimila crature da sé si sottometterebbero,
    il Cielo in mutuo accordo con la Terra
    farebbe discendere soave rugiada
    e il popolo, senza alcuno che lo comandi,
    da sé troverebbe il giusto assetto.
    Quando si cominciò ad intagliare
    si ebbero i nomi.
    Tutto quello che ha nome viene trattato come proprio,
    perciò sappi contenerti.
    Chi sa contenersi
    può non correre pericolo.
    Paragona la presenza del Tao nel mondo
    ai fiumi e ai mari cui accorrono rivi e valli.

    XXXIII - LA VIRTÙ DEL DISCERNIMENTO

    Chi conosce gli altri è sapiente,
    chi conosce sé stesso è illuminato.
    Chi vince gli altri è potente,
    chi vince sé stesso è forte.
    Chi sa contentarsi è ricco,
    chi strenuamente opera attua i suoi intenti.
    A lungo dura chi non si diparte dal suo stato,
    ha vita perenne quello che muore ma non perisce


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    XXXIV - CONFIDARE NEL PERFETTO

    Come è universale il gran Tao!
    può stare a sinistra come a destra.
    In esso fidando vengono alla vita le creature
    ed esso non le rifiuta,
    l'opera compiuta non chiama sua.
    Veste e nutre le creature
    ma non se ne fa signore,
    esso che sempre non ha brame
    può esser nominato Piccolo.
    Le creature ad esso si volgono
    ma esso non se ne fa signore,
    può esser nominato Grande.
    Poiché giammai si fa grande
    può realizzare la sua grandezza.

    XXXV - LA VIRTÙ DELLA CARITÀ'

    Verso chi tiene in sé la grande immagine
    il mondo accorre,
    accorre e non riceve danno
    ma calma e pace grandi.
    Attratto da musiche e bevande prelibate
    si ferma il viator che passa,
    ma quel che al Tao esce di bocca
    com'è scipito! non ha sapore.
    A guardarlo non riesci a vederlo,
    ad ascoltarlo non riesci ad udirlo,
    ad usarlo non riesci ad esaurirlo.

    XXXVI - L'OCCULTO E IL PALESE

    Quei che vuoi che si contragga
    devi farlo espandere,
    quei che vuoi che s'indebolisca
    devi farlo rafforzare,
    quei che vuoi che rovini
    devi farlo prosperare,
    a quei che vuoi che sia tolto
    devi dare.
    Questo è l'occulto e il palese.
    Mollezza e debolezza vincono durezza e forza.
    Al pesce non conviene abbandonar l'abisso,
    gli strumenti profittevoli al regno
    non conviene mostrarli al popolo.

    XXXVII - ESERCITARE IL GOVERNO

    Il Tao in eterno non agisce
    e nulla v'è che non sia fatto.
    Se principi e sovrani fossero capaci d'attenervisi,
    le creature da sé si trasformerebbero.
    Quelli che per trasformarle bramassero operare
    io li acquieterei
    con la semplicità di quel che non ha nome
    anch'esse non avrebbero brame,
    quando non han brame stanno quiete
    e il mondo da sé s'assesta.

    XXXVIII - ESPONE LA VIRTÙ

    La virtù somma non si fa virtù
    per questo ha virtù,
    la virtù inferiore non manca di farsi virtù
    per questo non ha virtù.
    La virtù somma non agisce
    ma non ha necessità di agire,
    la virtù inferiore agisce
    ma ha necessità di agire.
    La somma carità agisce
    ma non ha necessità di agire,
    la somma giustizia agisce
    ma ha necessità di agire,
    il sommo rito agisce
    e se non viene corrisposto
    si denuda le braccia e trascina a forza.
    Fu così che
    perduto il Tao venne poi la virtù,
    perduta la virtù venne poi la carità,
    perduta la carità venne poi la giustizia,
    perduta la giustizia venne poi il rito:
    il rito è labilità della lealtà e della sincerità
    e foriero di disordine.
    Chi per primo conosce è fior nel Tao
    e principio di ignoranza.
    Per questo l'uomo grande
    resta in ciò che è solido
    e non si sofferma in ciò che è labile,
    resta nel frutto
    e non si sofferma nel fiore.
    Perciò respinge l'uno e preferisce l'altro.

    XXXIX - UNIFORMARSI AL FONDAMENTO

    In principio questi ottenner l'Uno:
    il Cielo l'ottenne e per esso fu puro,
    la Terra l'ottenne e per esso fu tranquilla,
    gli esseri sovrannaturali l'ottennero
    e per esso furono potenti,
    la valle l'ottenne e per esso fu ricolma,
    le creature l'ottennero e per esso vissero,
    principi e sovrani l'ottennero
    e per esso furon retti nel governare il mondo.
    Costoro ne furono resi perfetti.
    Se il Cielo non fosse puro per esso
    temerebbe di squarciarsi,
    se la Terra non fosse tranquilla per esso
    temerebbe di fendersi,
    se gli esseri sovrannaturali non fossero potenti per esso
    temerebbero d'annullarsi,
    se la valle non fosse ricolma per esso
    temerebbe d'inaridirsi,
    se le creature non vivessero per esso
    temerebbero di spegnersi,
    se principi e sovrani non fossero nobili e alti per esso
    temerebbero di cadere.
    Il nobile ha per fondamento il vile,
    l'alto ha per basamento il basso.
    Perciò quando principi e sovrani chiamano sé stessi
    l'orfano, lo scarso di virtù, l'incapace,
    non è perché considerano lor fondamento il vile?
    Ahimé, no!
    Quando hai finito d'enumerare le parti del carro
    ancor non hai il carro.
    Non voler essere pregiato come giada
    né spregiato come pietra.

    XL - DOVE ANDARE E CHE ADOPERARE

    Il tornare è il movimento del Tao,
    la debolezza è quel che adopra il Tao.
    Le diecimila creature che sono sotto il cielo
    hanno vita dall'essere,
    l'essere ha vita dal non-essere.

    XLI - EQUIPARA LE DIVERSITÀ

    Quando il gran dotto apprende il Tao
    lo pratica con tutte le sue forze,
    quando il medio dotto apprende il Tao
    or lo conserva ed or lo perde,
    quando l'infimo dotto apprende il Tao
    se ne fa grandi risate:
    se non fosse deriso non sarebbe degno d'essere il Tao.
    Perciò motti invalsi dicono:
    illuminarsi nel Tao è come ottenebrarsi,
    avanzare nel Tao è come regredire,
    spianarsi nel Tao è come incavarsi,
    la virtù somma è come valle,
    il gran candore è come ignominia,
    la virtù vasta è come insufficienza,
    la virtù salda è come esser volgo,
    la naturale genuinità è come sbiadimento,
    il gran quadrato non ha angoli,
    il gran vaso tardi si completa,
    il gran suono è una sonorità insonora,
    la grande immagine non ha forma.
    Il Tao è nascosto e senza nome,
    ma proprio perché è il Tao
    ben impresta e completa.




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    00 02/05/2010 16:37
    XLII - LE TRASFORMAZIONI DEL TAO

    Il Tao generò l'Uno,
    l'Uno generò il Due,
    il Due generò il Tre,
    il Tre generò le diecimila creature.
    Le creature voltano le spalle allo yin
    e volgono il volto allo yang,
    il ch'i infuso le rende armoniose.
    Ciò che l'uomo detesta
    è d'essere orfano, scarso di virtù, incapace,
    eppur sovrani e duchi se ne fanno appellativi.
    Perciò tra le creature
    taluna diminuendosi s'accresce,
    taluna accrescendosi si diminuisce.
    Ciò che gli altri insegnano
    anch'io l'insegno:
    quelli che fan violenza non muoiono di morte
    naturale.
    Di questo farò l'avvio del mio insegnamento.

    XLIII - LO STRUMENTO UNIVERSALE

    Ciò che v'è di più molle al mondo
    assoggetta ciò che v'è di più duro al mondo,
    quel che non ha esistenza
    penetra là dove non sono interstizi.
    Da questo so che v'è profitto nel non agire.
    All'insegnamento non detto,
    al profitto del non agire,
    pochi di quelli che sono sotto il cielo arrivano.

    XLIV - IL FERMO AMMONIMENTO

    Tra fama e persona che è più caro?
    Tra persona e beni che è più importante?
    Tra acquistare e perdere che è più penoso?
    Per questo
    chi ardentemente brama certo assai sperpera,
    chi molto accumula certo assai perde.
    Chi sa accontentarsi non subisce oltraggio,
    chi sa contenersi non corre pericolo
    e può durare a lungo.

    XLV - L'IMMENSA VIRTÙ

    La grande completezza è come spezzettamento
    che nell'uso non si rompe,
    la grande pienezza è come vuotezza
    che nell'uso non si esaurisce,
    la grande dirittura è come sinuosità,
    la grande abilità è come inettitudine,
    la grande eloquenza è come balbettio.
    L'agitazione finisce nell'algore,
    la quiete finisce nel calore:
    la pura quiete è la regola del mondo.

    XLVI - ESSER PARCO NELLE BRAME

    Quando nel mondo vige il Tao
    i cavalli veloci sono mandati a concimare i campi,
    quando nel mondo non vige il Tao
    i cavalli da battaglia vivono ai confini.
    Colpa non v'è più grande
    che secondar le brame,
    sventura non v'è più grande
    che non saper accontentarsi,
    difetto non v'è più grande
    che bramar d'acquistare.
    Quei che conosce la contentezza dell'accontentarsi
    sempre è contento.

    XLVII - SCRUTARE CIÒ CHE È LONTANO

    Senza uscir dalla porta
    conosci il mondo,
    senza guardar dalla finestra
    scorgi la Via del Cielo.
    Più lungi te ne vai meno conosci.
    Per questo il santo
    non va dattorno eppur conosce,
    non vede e più discerne,
    non agisce eppur completa.

    XLVIII - OBLIARE LA SAPIENZA

    Chi si dedica allo studio ogni dì aggiunge,
    chi pratica il Tao ogni dì toglie,
    toglie ed ancor toglie
    fino ad arrivare al non agire:
    quando non agisce nulla v'è che non sia fatto.
    Quei che regge il mondo
    sempre lo faccia senza imprendere,
    se poi imprende
    non è atto a reggere il mondo.

    XLIX - CONFIDARE NELLA VIRTU'

    Il santo non ha un cuore immutabile,
    ha per cuore il cuore dei cento cognomi.
    Per me è bene ciò che hanno di buono,
    ed è bene anche ciò che hanno di non buono,
    la virtù li rende buoni;
    per me è sincerità ciò che hanno di sincero,
    ed è sincerità anche ciò che hanno di non sincero,
    la virtù li rende sinceri.
    Il santo sta nel mondo tutto timoroso
    e per il mondo rende promiscuo il suo cuore.
    I cento cognomi in lui affiggono occhi e orecchi
    e il santo li tratta come fanciulli.

    L - TENERE IN PREGIO LA VITA

    Uscire è vivere, entrare è morire.
    Seguaci della vita sono tre su dieci,
    seguaci della morte sono tre su dieci,
    gli uomini che la vita
    tramutano in disposizione alla morte
    son pur essi tre su dieci.
    Per qual motivo?
    Perché vivono l'intensità della vita.
    Or io ho appreso che chi ben nutre la vita
    va per deserti senza incontrar rinoceronti e tigri,
    va tra gli eserciti senza indossar corazza e arme:
    il rinoceronte non ha dove infilzare il corno,
    la tigre non ha dove affondar l'artiglio,
    il guerriero non ha dove immergere la spada.
    Per qual motivo?
    Perché costui non ha disposizione alla morte.

    LI - LA VIRTÙ CHE NUTRE

    Il Tao le fa vivere,
    la virtù le alleva,
    con la materia dà loro la forma,
    con le vicende dà loro la completezza.
    Per questo le creature tutte
    venerano il Tao e onorano la virtù:
    venerare il Tao e onorare la virtù
    nessuno lo comanda ma viene ognor spontaneo.
    Quindi il Tao fa vivere,
    la virtù alleva, fa crescere,
    sviluppa, completa, matura,
    nutre, ripara.
    Le fa vivere ma non le tiene come sue
    opera ma nulla s'aspetta,
    le fa crescere ma non le governa.
    Questa è la misteriosa virtù.





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    00 02/05/2010 16:38
    LII - VOLGERSI ALL'ORIGINE

    Il mondo ebbe un principio
    che fu la madre del mondo.
    Chi è pervenuto alla madre
    da essa conosce il figlio,
    chi conosce il figlio
    e torna a conservar la madre
    fino alla morte non corre pericolo.
    Chi ostruisce il suo varco
    e chiude la sua porta
    per tutta la vita non ha travaglio,
    chi spalanca il suo varco
    ed accresce le sue imprese
    per tutta la vita non ha scampo.
    Illuminazione è vedere il piccolo,
    forza è attenersi alla mollezza.
    Chi fa uso della vista
    e torna ad introvertere lo sguardo
    non abbandona la persona alla rovina.
    Questo dicesi praticar l'eterno.

    LIII - TRARRE PROFITTO DALLE PROVE

    Se avessimo grande sapienza
    cammineremmo nella gran Via
    e solo di agire temeremmo.
    La gran Via è assai piana,
    ma la gente preferisce i sentieri.
    Quando il palazzo reale è troppo ben tenuto
    i campi son del tutto incolti
    e i granai son del tutto vuoti.
    Indossar vesti eleganti e ricamate,
    portare alla cintura spade acuminate,
    rimpinzarsi di vivande e di bevande
    e ricchezze e beni aver d'avanzo,
    è sfarzo da ladrone.
    È contrario al Tao, ahimé!

    LIV- COLTIVARE E CONTEMPLARE

    Chi ben si fonda non vien divelto,
    a chi ben stringe non vien tolto:
    con questa Via figli e nipoti
    gli offriranno sacrifici ininterrotti.
    Se la coltiva nella persona
    la sua virtù è la genuinità,
    se la coltiva nella famiglia
    la sua virtù è la sovrabbondanza,
    se la coltiva nel villaggio
    la sua virtù è la reverenza,
    se la coltiva nel regno
    la sua virtù è la floridezza,
    se la coltiva nel mondo
    la sua virtù è l'universalità.
    Per questo
    contempla le persone dalla sua persona,
    contempla le famiglie dalla sua famiglia,
    contempla i villaggi dal suo villaggio,
    contempla i regni dal suo regno,
    contempla il mondo dal suo mondo.
    Come so che il mondo è così?
    Da questo.

    LV - IL SIMBOLO DEL MISTERO

    Quei che racchiude in sé la pienezza della virtù
    è paragonabile ad un pargolo,
    che velenosi insetti e serpi non attoscano,
    belve feroci non artigliano,
    uccelli rapaci non adunghiano.
    Deboli ha l'ossa e molli i muscoli
    eppur la sua stretta è salda,
    ancor non sa dell'unione dei sessi
    eppur tutto si aderge:
    è la perfezione dell'essenza,
    tutto il giorno vagisce
    eppur non diviene fioco:
    è la perfezione dell'armonia.
    Conoscer l'armonia è eternità,
    conoscer l'eternità è illuminazione,
    vivere smodatamente la vita è prodromo di
    sventura,
    con la mente comandare al ch'i significa indurirsi.
    Quel che s'invigorisce allor decade:
    questo vuol dire che non è conforme al Tao.
    Ciò che non è conforme al Tao presto finisce.

    LVI - LA MISTERIOSA VIRTÙ'

    Quei che sa non parla,
    quei che parla non sa.
    Chi ostruisce il suo varco,
    chiude la sua porta,
    smussa le sue punte,
    districa i suoi nodi,
    mitiga il suo splendore,
    si rende simile alla sua polvere,
    dicesi accomunato col mistero.
    Per questo costui
    non può essere attirato
    né può essere respinto,
    non può essere avvantaggiato
    né può essere danneggiato,
    non può essere nobilitato
    né può essere umiliato.
    Per questo è il più nobile del mondo.

    LVII - RENDERE PURI I COSTUMI

    Quando con la correzione si governa il mondo
    con la falsità s'adopran l'armi:
    il mondo si regge col non imprendere.
    Da che so che è così?
    Dal presente.
    Più numerosi ha il sovrano
    i giorni nefasti e le parole proibite
    più il popolo cade in miseria,
    più numerosi ha il popolo
    gli strumenti profittevoli
    più i regni cadono nel disordine,
    più numerosi hanno gli uomini
    gli artifizi e le abilità
    più appaiono cose rare,
    più si fa sfoggio di belle cose
    più numerosi si fanno ladri e briganti.
    Per questo il santo dice:
    io non agisco e il popolo da sé si trasforma,
    io amo la quiete e il popolo da sé si corregge,
    io non imprendo e il popolo da sé s'arricchisce,
    io non bramo e il popolo da sé si fa semplice.

    LVIII - ADATTARSI ALLE VICISSITUDINI

    Quando il governo di tutto si disinteressa
    il popolo è unito,
    quando il governo in tutto si intromette
    il popolo è frammentato.
    La fortuna si origina dalla sfortuna,
    la sfortuna si nasconde nella fortuna.
    Chi ne conosce il culmine?
    Quei che non corregge.
    La correzione si converte in falsità,
    il bene si converte in presagio di sventura
    e ogni dì lo sconcerto del popolo
    si fa più profondo e più durevole.
    Per questo il santo
    è quadrato ma non taglia,
    è incorrotto ma non ferisce,
    è diritto ma non ostenta,
    è luminoso ma non abbaglia.



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    00 02/05/2010 16:39
    LIX - MANTENERSI NEL TAO

    Nel governare gli uomini e nel servire il Cielo
    nulla è meglio della parsimonia,
    perché solo la parsimonia antepone l'ottenere.
    Anteporre l'ottenere significa accumulare virtù.
    Chi accumula virtù tutto sottomette,
    quando tutto sottomette
    nessuno conosce il suo culmine,
    quando nessuno conosce il suo culmine
    ei può possedere il regno.
    Chi possiede la madre del regno
    può durare a lungo.
    Questo si chiama
    affondare le radici e rinsaldare il tronco,
    via della lunga vita e dell'eterna giovinezza.

    LX - STARE NELLA DIGNITÀ REGALE

    Governare un gran regno
    è come friggere pesciolini minuti.
    Quando si sovrintende al mondo con il Tao
    i mani non mostrano la potenza loro.
    Non che i mani non abbiano potenza
    ma la potenza loro non nuoce agli uomini,
    non che la potenza loro non nuoccia agli uomini
    ma il santo non nuoce agli uomini.
    Questi due non si nuocciono fra loro,
    per questo le virtù loro insieme confluiscono

    LXI- LA VIRTÙ DELL'UMILTÀ

    Il gran regno che si tiene in basso
    è la confluenza del mondo,
    è la femmina del mondo.
    La femmina sempre vince il maschio con la quiete,
    poiché chetamente se ne sta sottomessa.
    Per questo
    il gran regno che si pone al disotto del piccolo regno
    attrae il piccolo regno,
    il piccolo regno che sta al disotto del gran regno
    attrae il gran regno:
    l'uno si abbassa per attrarre,
    l'altro attrae perché sta in basso.
    Il gran regno non ecceda
    per la brama di pascere ed unire gli altri,
    il piccolo regno non ecceda
    per la brama d'essere accetto e servire gli altri.
    Affinchè ciascuno ottenga ciò che brama
    al grande conviene tenersi in basso.

    LXII - PRATICARE IL TAO

    Ecco che cosa è il Tao:
    il rifugio delle creature,
    tesoro per il buono,
    protezione per il malvagio.
    A parlarne con elogio si può tener mercato,
    a seguirlo con rispetto si può emergere sugli altri.
    Degli uomini malvagi quale può essere respinto?
    Per questo si pone sul trono il Figlio del Cielo
    e si nominano i tre gran ministri.
    Anche se costoro hanno il gran pi
    per ottenere precedenza alla loro quadriga,
    è meglio che se ne stiano seduti
    ad avanzare in questo Tao.
    Quale era la ragione per cui gli antichi
    apprezzavano questo Tao?
    Non dicevano forse: ottiene chi con esso cerca,
    con esso sfugge chi è in colpa?
    Per questo è ciò che v'è di più prezioso al mondo.

    LXIII - L'INIZIO FAVOREVOLE

    Pratica il non agire,
    imprendi il non imprendere,
    assapora l'insapore,
    considera grande il piccolo e molto il poco,
    ripaga il torto con la virtù.
    Progetta il difficile nel suo facile,
    opera il grande nel suo piccolo:
    le imprese più difficili sotto il cielo
    certo cominciano nel facile,
    le imprese più grandi sotto il cielo
    certo cominciano nel piccolo.
    Per questo il santo non opera il grande
    e così può completare la sua grandezza.
    Chi promette alla leggera trova scarso credito,
    chi reputa tutto facile trova tutto difficile.
    Per questo al santo tutto pare difficile
    e così nulla gli è difficile.

    LXIV - ATTENERSI AL PICCOLO

    Quello che è fermo con facilità si trattiene,
    quello che non è cominciato con facilità si divisa,
    quello che è fragile con facilità si spezza,
    quello che è minuto con facilità si disperde:
    opera quando ancora non è in essere,
    ordina quando ancora non è in disordine.
    Un albero che a braccia aperte si misura
    nasce da un minuscolo arboscello,
    una torre di nove piani
    comincia con un cumulo di terra,
    un viaggio di mille li
    principia da sotto il piede.
    Chi governa corrompe,
    chi dirige svia.
    Per questo il santo
    non governa e perciò non corrompe,
    non dirige e perciò non svia.
    La gente nel condurre le proprie imprese
    sul punto di compierle sempre le guasta,
    se curasse la fine come il principio
    allora non vi sarebbero imprese guaste.
    Per questo il santo
    brama quello che non è bramato
    e non pregia i beni che con difficoltà si ottengono,
    studia quello che non viene studiato
    e ritorna su quello che gli altri han travalicato.
    Per favorire la spontaneità delle creature
    non osa agire.

    LXV - LA PURA VIRTÙ

    In antico chi ben praticava il Tao
    con esso non rendeva perspicace il popolo,
    ma con esso si sforzava di renderlo ottuso:
    il popolo con difficoltà si governa
    poiché la sua sapienza è troppa.
    Perciò governare il regno con la sapienza
    è la rovina del regno,
    governare il regno non con la sapienza
    è la prosperità del regno.
    Chi sa queste due cose diviene simile al modello,
    saper divenire simile al modello
    è la misteriosa virtù.
    Profonda e imperscrutabile è la misteriosa virtù
    e contrapposta alle creature,
    ma alla fine arriva alla grande conformità.

    LXVI - POSPORRE SÉ STESSO

    La ragione per cui fiumi e mari
    possono essere sovrani di cento valli
    è che ben se ne tengono al disotto:
    perciò possono essere sovrani di cento valli.
    Così chi vuole stare disopra al popolo
    con i detti se ne pone al disotto,
    chi vuol stare davanti al popolo
    con la persona ad esso si pospone.
    Per questo il santo
    sta disopra ed il popolo non ne è gravato,
    sta davanti ed il popolo non ne è ostacolato.
    Così il mondo gioisce
    di sospingerlo innanzi e mai ne è sazio.
    Poiché ei non contende
    nessuno al mondo può muovergli contesa.

    LXVII - LE TRE COSE PREZIOSE

    Tutti al mondo dicono che il mio Tao è grande
    ma che sembra non esser simile a nulla.
    Proprio perché è grande
    sembra che non sia simile a nulla,
    se fosse simile a qualcosa
    l'impaccerebbe la sua piccolezza.
    Io ho tre cose preziose
    che mi tengo ben strette e custodisco:
    la prima è la misericordia,
    la seconda è la parsimonia,
    la terza è il non ardire d'esser primo nel mondo.
    Sono misericordioso e perciò posso essere intrepido,
    sono parsimonioso e perciò posso essere generoso,
    non ardisco d'esser primo nel mondo
    e perciò posso esser capo degli strumenti perfetti.
    Oggi si è intrepidi trascurando la misericordia,
    si è generosi trascurando la parsimonia,
    si è primi trascurando di posporsi.
    È la morte!
    Chi è misericordioso
    nel guerreggiare è vittorioso,
    nel difendere è saldo.
    Quei che il cielo vuol salvare
    facendolo misericordioso lo preserva.

    LXVIII - RENDERSI EGUALE AL CIELO

    Chi ben fa il capitano non è irruente,
    chi ben guerreggia non è impetuoso,
    chi ben vince il nemico non dà battaglia,
    chi bene adopera gli uomini se ne pone al di sotto:
    questa è la virtù del non contendere,
    questa è la forza dell'adoprar gli uomini,
    questo è rendersi eguale al Cielo,
    il culmine per gli antichi..



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    Pedro
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    pedrodiaz
    Post: 5.293
    Sesso: Maschile
    00 02/05/2010 16:39
    LXIX - L'USO DEL MISTERO

    Sull'adoperar gli eserciti c'è un detto:
    non oso far da padrone e faccio l'ospite,
    non oso avanzar d'un pollice e indietreggio di un piede.
    Questo vuol dire
    che non vi sono truppe da schierare,
    che non vi sono braccia da denudare,
    che non vi sono armi da impugnare.
    Sventura non v'è maggiore che osteggiare alla leggera.
    Se osteggio alla leggera
    son vicino a perdere quel che m'è più prezioso.
    Perciò quando gli eserciti
    si mettono in campagna per scontrarsi,
    quello che è più pietoso vince.

    LXX - LA DIFFICOLTÀ DI INTENDERE

    Le mie parole facilmente si intendono
    e facilmente si attuano,
    ma nessuno al mondo sa intenderle,
    nessuno al mondo sa attuarle.
    Le mie parole hanno un progenitore,
    le mie imprese hanno un principe,
    ma appunto perché non le intendono
    non intendono me.
    Poiché quelli che mi intendono sono rari
    quelli che mi imitano sono da tenere in pregio.
    Per questo il santo indossa rozze vesti
    e cela nel seno la giada.

    LXXI - IL DIFETTO DELLA SAPIENZA

    Somma cosa è l'ignoranza del sapiente,
    insania è la sapienza dell'ignorante.
    Solo chi si affligge di questa insania
    non è insano.
    Il santo non è insano
    perché si affligge di questa insania.
    Per questo non è insano.

    LXXII - AVER CURA DI SÉ

    Quando il popolo non teme la tua autorità
    allora sopravviene la grande autorità.
    Non trovare angusto ciò che ti dà pace,
    non disgustarti di ciò che ti fa vivere,
    poiché solo chi non se ne disgusta
    non disgusta.
    Per questo il santo
    di sé conosce ma di sé non fa mostra,
    di sé ha cura ma di sé non fa pregio.
    Perciò respinge l'uno e preferisce l'altro.

    LXXIII - QUEL CHE LASCIA AGIRE

    Muore chi nell'osare pone il coraggio,
    vive chi nel non osare pone il coraggio:
    di questi due l'uno è profitto e l'altro è danno.
    Di quel che il cielo ha in odio
    chi conosce la ragione?
    Per questo il santo reputa difficile il primo.
    La Via del Cielo
    è di ben vincere senza contendere,
    è di ben suscitar risposta senza parlare,
    è di ben attrarre senza chiamare,
    è di ben divisare con ampiezza.
    La rete del Cielo tutto avvolge,
    ha maglie larghe ma nulla ne sfugge.

    LXXIV - REPRIMERE GLI INGANNI

    Quando il popolo non teme di morire
    a che vale impaurirlo con la morte?
    Se faccio si che il popolo sempre tema di morire
    e quei che induce in inganno
    io possa prenderlo e metterlo a morte,
    chi sarà tanto ardito?
    Sempre mandi a morte chi ne ha la potestà,
    mettere a morte in vece di chi ne ha la potestà
    significa maneggiar l'ascia in vece del gran mastro.
    Quelli che maneggian l'ascia in vece del gran mastro
    raramente non si feriscono le mani.

    LXXV - I DANNI DELLA CUPIDIGIA

    Il popolo soffre la fame
    perché chi sta sopra divora troppe tasse:
    ecco perché soffre la fame.
    Il popolo con difficoltà si governa
    perché chi sta sopra s'affaccenda:
    ecco perché con difficoltà si governa.
    Il popolo dà poca importanza alla morte
    perché chi sta sopra cerca l'intensità della vita:
    ecco perché da poca importanza alla morte.
    Solo chi non si affaccenda per vivere
    è più saggio di chi la vita tiene in pregio.

    LXXVI - GUARDARSI DALLA FORZA

    Alla nascita l'uomo è molle e debole,
    alla morte è duro e forte.
    Tutte le creature, l'erbe e le piante
    quando vivono son molli e tenere
    quando muoiono son aride e secche.
    Durezza e forza sono compagne della morte,
    mollezza e debolezza sono compagne della vita.
    Per questo
    chi si fa forte con le armi non vince,
    L'albero che è forte viene abbattuto.
    Quel che è forte e robusto sta in basso,
    quel che è molle e debole sta in alto.

    LXXVII - LA VIA DEL CIELO

    La Via del Cielo
    come è simile all'armar l'arco!
    Quel ch'è alto viene abbassato,
    quel ch'è basso viene innalzato,
    quello che eccede viene ridotto,
    quel che difetta viene accresciuto.
    La Via del Cielo
    è di diminuire a chi ha in eccedenza
    e di aggiungere a chi non ha a sufficienza.
    Non è così la Via dell'uomo:
    ei diminuisce a chi non ha a sufficienza
    per donare a chi ha in eccedenza.
    Chi è capace di donare al mondo
    ciò che ha in eccedenza?
    Solo colui che pratica il Tao.
    Per questo il santo
    opera ma nulla s'aspetta
    compiuta l'opera non rimane,
    non vuole mostrare di eccellere.

    LXXVIII - PORTARE IL FARDELLO DELLA SINCERITÀ

    Nulla al mondo è più molle e più debole dell'acqua
    eppur nell'abradere ciò che è duro e forte
    nessuno riesce a superarla,
    nell'uso nulla può cambiarla.
    La debolezza vince la forza,
    la mollezza vince la durezza:
    al mondo non v'è nessuno che non lo sappia,
    ma nessuno v'è che sia capace di attuarlo.
    Per questo il santo dice:
    chi prende su di sé le sozzure del regno
    è signore dell'altare della terra e dei grani,
    chi prende su di sé i mali del regno
    è sovrano del mondo.
    Un detto esatto che appare contraddittorio.

    LXXIX - OTTEMPERARE AI PATTI

    Se cancelli un'offesa, ma un po' offeso
    rimani ancora, credi che sia un bene?
    Se, per contratto, il saggio è creditore,
    dal debitore non esige nulla.
    Adempie al proprio impegno chi è virtuoso;
    bada agli impegni altrui chi non è virtuoso.
    La Via del cielo non fa parentele,
    ma sta costantemente con il buono.

    LXXX - ISOLARSI

    Piccoli regni con pochi abitanti:
    arnesi da lavoro in luogo d'uomini
    (sian dieci o cento) il popolo non usi.
    Tema la morte e fuori non emigri.
    Se anche vi son navigli e vi son carri,
    il popolo non tenti di salirvi;
    se anche vi son corrazze e vi son armi,
    mai e poi mai le tiri fuori il popolo.
    E ritorni ad usar nodi di corda;
    e trovi gusto in cibi e vesti suoi;
    ed ami la sua casa, i suoi costumi.
    Se stati vi vedessero vicini
    tanto che cani e galli se ne udissero,
    invecchino così, fino alla morte
    quei due popoli: senza alcun contatto.

    LXXXI - L'EMERSIONE DEL NATURALE

    Parole autentiche non sono adorne;
    parole adorne autentiche non sono.
    Colui che è buono, non sfoggia parole,
    e chi sfoggia parole, non è buono.
    Chi sa di tutto, certo con è saggio;
    né chi è saggio, di certo, sa di tutto.
    Il vero saggio per sé non provvede:
    se si spende negli altri, per sé acquista;
    e, più dona, più ottiene per se stesso.
    La Via del cielo aiuta, non fa danni;
    la Via del saggio agisce senza lotta.



    FINE
    Pedro