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Questa bella scena di unione e di tenero e fraterno amore costituisce un contrasto sorprendente con ciò che avvenne fra questi due uomini nel loro pellegrinaggio, attraverso il deserto. Quarant’anni di vita nel deserto non possono far altro che portare dei grandi mutamenti negli uomini e nelle cose. È tuttavia piacevole fermarsi un momento sui primi tempi del cammino del credente, mentre le austere realtà della vita del deserto non hanno ancora, in nessun modo, fermato lo slancio delle vive e generose affezioni; quando l’inganno, la corruzione e la ipocrisia non hanno ancora distrutta la fiducia del cuore e posto l’essere morale sotto la fredda influenza d’una disposizione sospettosa.

È fin troppo vero, ahimé, che spesso interi anni di esperienza non hanno portato che a questo triste ri­sultato. Beato colui che, sebbene i suoi occhi siano stati aperti per vedere la natura umana ad una luce più chia­ra di quella che dà il mondo, sa servire con l’energia della grazia che sgorga dal seno di Dio. Chi ha mai co­nosciuto come Gesù le profondità e la scaltrezza del cuore umano? Gesù «conosceva tutti perché non aveva bisogno della testimonianza d’alcun uomo, poiché egli stesso conosceva quello che era nell’uomo». Egli cono­sceva così bene gli uomini che «non si fidava di loro» (Giovanni 2:24-25). Non poteva prestar fede a ciò di cui gli uomini fanno professione, né sancire le loro pretese. E nonostante ciò, chi fu mai così pieno di grazia come lui, così amoroso, tenero, compassionevole? Con un cuo­re che comprendeva tutti, poteva simpatizzare con cia­scuno. Non permise che la conoscenza perfetta dell’ini­quità dell’uomo lo tenesse lontano dalla miseria degli uomini. «Andava di luogo in luogo facendo il bene». Perché? Forse perché credeva che tutti quelli che lo cir­condavano fossero sinceri? No, ma perché «Iddio era con lui» (Atti 10:38). Ecco l’esempio che Dio ci pone dinanzi. Seguiamolo, anche se, ad ogni passo, dobbiamo calpestare l’io e tutti i suoi interessi.

Chi si augurerebbe di possedere questa saggezza, questa conoscenza della natura umana e questa espe­rienza che non fanno altro che indurre gli uomini a rac­chiudersi nel cerchio di un freddo egoismo e a riguar­dare il mondo con occhi di oscura diffidenza? Un risultato simile non può provenire da qualcosa che appartenga a una natura celeste. Dio dà la sapienza, ma non una sa­pienza che chiude il cuore alle invocazioni del bisogno e della miseria dell’uomo. Ci dà invece una conoscenza della natura umana non tale da farci afferrare con egoi­stica avidità ciò che erroneamente chiamiamo «nostro». Egli dà esperienza ma non un’esperienza che ci induca a diffidare di tutto il mondo eccetto che di noi stessi. Se camminiamo seguendo le orme del Signore Gesù, se siamo compenetrati dal suo spirito e di conseguenza lo manifestiamo, se, in poche parole, possiamo dire «per me vivere è Cristo», allora, attraversando il mondo con la conoscenza di ciò che Egli è, avendo rapporti con gli uomini pur sapendo cosa dobbiamo aspettarci da essi, possiamo, per grazia, manifestare Cristo in mezzo alla scena nella quale Dio ci ha posti. Le cause che ci fanno agire e gli oggetti che ci animano sono tutti in alto, dove è Colui che è «lo stesso ieri, oggi e in eterno» (Ebrei 13:8).