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Non bisogna, nemmeno, conside­rare la croce di Cristo soltanto come un avvenimento in una vita di sofferenza espiatoria per il peccato. «Egli, che ha portato egli stesso i nostri peccati nel suo corpo, sul legno» (1 Pietro 2:24); non li ha portati in altro posto. Non li ha portati né nella mangiatoia, né nel de­serto, e neppure nell’orto di Getsemani, ma unicamente «sul legno». Sotto questo aspetto non ha mai avuto niente a che fare col peccato se non alla croce; e, sulla croce, chinò il capo e lasciò la sua vita sotto il peso del cumolo dei peccati del suo popolo. Ed anche in nessun altro posto che alla croce ha sofferto dalla mano di Dio; là, Dio gli nascose la sua faccia poiché egli era «fatto peccato» (2 Corinzi 5:21).

Questa successione di pensieri e i vari passi che li hanno suggeriti, aiuteranno il lettore ad afferrare più completamente la divina potenza di queste parole: «quando vedrò il sangue, passerò oltre». Certamente bisognava che l’Agnello fosse senza macchia perché potesse sopportare lo sguardo santo di Dio. Ma se il sangue non fosse stato sparso, Dio non avrebbe po­tuto passare oltre, poiché «senza spargimento di san­gue non c’è remissione» (Ebrei 9:22). Se Dio lo per­metterà, mediteremo più esaurientemente questo sog­getto nelle figure del Levitico; esso merita l’attenzione seria di tutti coloro che amano sinceramente il nostro Signore Gesù Cristo.

Ed ora vediamo la Pasqua sotto il suo secondo aspet­to, cioè come il centro attorno al quale l’assemblea era riunita, in una piacevole, beata, santa comunione. Israe­le, salvato dal sangue, era una cosa; Israele che man­gia l’agnello, è un’altra cosa, completamente diversa. Gl’Israeliti erano salvati solo dal sangue, ma l’oggetto attorno al quale erano radunati era evidentemente l’agnello arrostito. E non è, questa, una distinzione ar­bitraria. Il sangue dell’Agnello costituisce, nello stesso tempo, il fondamento della nostra relazione con Dio, e della nostra relazione gli uni con gli altri. È in quanto lavati da quel sangue che siamo condotti a Dio e gli uni e gli altri. Al di fuori dell’espiazione perfetta di Cristo non può esservi nessuna comunione né con Dio, né con l’Assemblea di Dio. Tuttavia i credenti sono ra­dunati, per mezzo dello Spirito Santo, attorno a un Cristo vivente nei cieli. È a un Cristo vivente che noi siamo uniti, a una «pietra vivente» (1 Pietro 2:4) sia­mo venuti. Egli è il nostro centro. Avendo trovato la pace per mezzo del suo sangue, lo riconosciamo come il grande centro del radunamento e come il legame che ci unisce. «Dovunque due o tre sono raunati nel nome mio quivi son io in mezzo a loro» (Matteo 18:20). Lo Spirito Santo solo è colui che raduna: Cristo è l’unico oggetto attorno a cui siamo radunati; e la nostra assemblea, così riunita, deve essere caratterizzata dalla santità, affinché il Signore Iddio nostro possa abitare fra noi. Lo Spirito Santo non può radunare che attorno a Cristo; non può farlo attorno a un nome, un sistema, una dottrina, un ordinamento. Raduna attorno a una persona che è Cristo glorificato nel cielo. Questo fatto deve comunicare un carattere speciale all’Assemblea di Dio. Gli uomini possono associarsi su un fondamento, intorno a un centro, o in vista di un oggetto di loro gusto; ma quando è lo Spirito Santo che unisce e rac­coglie, lo fa sul fondamento di una redenzione com­piuta, attorno alla persona di Cristo per edificare, per Dio, una santa dimora (1 Corinzi 3:16-17; 6:19; Efesini 2:21-22; 1 Pietro 2:4-5).