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Consideriamo ora, dettagliatamente, i principi che ci sono presentati dalla festa della Pasqua. L’assemblea di Israele, al riparo sotto il sangue, doveva essere orga­nizzata dall’Eterno in modo che fosse degna di lui. Per mettere al riparo dal giudizio, come abbiamo visto, non ci voleva altro che il sangue; ma, nella comunione che derivava dalla sicurezza che il sangue procurava, ci voleva altro che non poteva essere impunemente trascurato.

Così leggiamo: «E se ne mangi la carne in quella notte; si mangi arrostita al fuoco, con pane senza lie­vito e con delle erbe amare. Non ne mangiate niente di poco cotto o di lessato nell’acqua, ma sia arrostito al fuoco, con la testa, le gambe e le interiora» (vv. 8-9). L’agnello che la congregazione radunata attorno ad esso mangiava con festa, era un agnello arrostito, un agnello che era passato sotto l’azione del fuoco. In que­sto vediamo «Cristo, la nostra pasqua» (1 Corinzi 5:7), che si espone all’azione del fuoco della santità e del giudizio di Dio che in lui trovarono un oggetto perfetto. Egli ha potuto dire: «Tu hai scrutato il mio cuore, l’hai visitato nella notte; m’hai provato e non hai rinvenuto nulla; la mia bocca non trapassa il mio pensiero» (Sal­mo 17:3). Tutto in lui era perfetto; il fuoco lo ha pro­vato; non c’è stato scarto in lui. «La testa, le gambe e le interiora», cioè la sede dell’intelligenza, del cammino esteriore e di tutti gli affetti da cui esso derivava, tutto subì l’azione del fuoco e lo si trovò perfetto. Il modo con cui l’Agnello doveva essere arrostito era molto si­gnificativo, come lo è ogni particolare nell’ordinamento divino. «Non ne mangiate niente di poco cotto o di lessato nell’acqua». Se l’agnello fosse stato mangiato in quel modo, non sarebbe stato l’espressione della grande e solenne verità che, nell’intento di Dio, doveva raffigurare, cioè che il nostro Agnello pasquale ha do­vuto sopportare sulla croce il fuoco della giusta collera di Dio. Noi non siamo soltanto sotto la protezione eterna del sangue dell’Agnello, ma, per mezzo della fede, ci nutriamo della «persona» dell’Agnello. Molti fra noi mancano sotto questo aspetto. Siamo portati ad accontentarci dell’opera che Cristo ha compiuto per noi, senza mantenerci in una santa comunione con lui. Il suo cuore, pieno di amore, non può accontentarsi di questo.Ci ha avvicinati a lui perché potessimo godere di lui, nutrirci di lui e rallegrarci in lui. Egli si pre­senta a noi come colui che ha sopportato, in tutto il suo rigore, il fuoco intenso della collera di Dio, per essere, sotto questo carattere, l’alimento della nostra anima redenta.