00 21/04/2011 19:29
Que­sto ci insegna una semplice verità: la conoscenza di una salvezza perfetta e di una pace stabile e sicura, per mezzo del prezioso sangue dell’Agnello, pone l’uo­mo in mezzo a un nuovo ordine di cose e diventa per lui il principio di una nuova vita con Dio. Fino a quel momento egli è, secondo il giudizio di Dio e l’espressio­ne della Scrittura, «morto nei suoi falli e nei suoi pec­cati», «estraneo alla vita divina» (Efesini 2:1; 4:18). Tutta la sua storia non è che uno spazio vuoto, anche se, a stima umana, è stata piena di febbrile attività. Tutto ciò che attrae l’attenzione dell’uomo del mondo, gli onori, le ricchezze, i piaceri, le attrazioni della vita, tutte queste cose, considerate alla luce del giudizio di Dio, e pesate alla bilancia del santuario, non sono, in fondo, che un orribile vuoto, un nulla, non degno nep­pure di occupare un posto nei racconti dello Spirito Santo. «Chi rifiuta di credere al Figliuolo non vedrà la vita» (Giovanni 3:36). Gli uomini parlano di godere della vita, quando si lanciano nella società, quando viaggiano da un capo all’altro per vedere tutto ciò che si può vedere, ma dimenticano che il solo mezzo vero e reale per «vedere la vita» è di credere al Figliuolo di Dio.

Ma gli uomini la pensano diversamente. Immaginano che la vera vita finisca quando uno diventa cri­stiano, di fatto e in verità, non solo di nome e di pro­fessione esteriore; invece la parola di Dio ci insegna che solo allora possiamo vedere la vita e gustare la vera felicità. «Chi ha il Figliuolo ha la vita» (1 Gio­vanni 5:12). E ancora «Beato colui la cui trasgressione è rimessa e il cui peccato è coperto» (Salmo 32:1). Non possiamo avere la vita e la felicità che in Cristo solo. Al di fuori di lui tutto è morte e miseria, secondo il giudizio del cielo, qualunque sia l’apparenza. Quando lo spesso velo dell’incredulità è stato tolto dal cuore, quando possiamo vedere con gli occhi della fede l’Agnello immolato che porta sul legno maledetto il pe­sante fardello della nostra colpa, entriamo nel sentiero della vita e partecipiamo al calice della felicità divina. Questa vita incomincia alla croce e scorre in un’eter­nità di gloria e la felicità diventa ogni giorno più pro­fonda e più pura, ogni giorno si avvicina sempre più a Dio, riposa su Cristo fino a raggiungere la sua vera sfera, nella presenza di Dio e dell’Agnello. Cercare la vita e la felicità con un altro mezzo è un lavoro an­cora più vano che il fare «mattoni con la paglia».