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Ma, mentre questa verità è chiaramente rivelata nelle Scritture, queste Scritture ci insegnano anche che l’incarnazione formava, per così dire, il primo fondamento del glorioso edificio; e i teli di fine lino ritorto ci presentano in figura la purezza morale dell’«uomo Cristo Gesù». Abbiamo già visto in che modo fu concepito e in che modo nacque (Luca 1:26-38) e se lo seguiamo in tutta la sua vita quaggiù vediamo sempre e ovunque, in lui, questa stessa irreprensibile purezza. Egli passò quaranta giorni nel deserto tentato dal diavolo ma non c’era, nella sua pura natura, nulla che rispondesse alle vili suggestioni del tentatore. Cristo poteva toccare i lebbrosi senza essere contaminato; poteva toccare la salma di un morto senza prendere l’odore della morte. Poteva passare «senza peccato» in mezzo alla corruzione. Era perfettamente uomo ma perfettamente unico nella sua origine, nello stato e nel carattere della sua umanità. Egli solo ha potuto dire: «Non permetterai che il tuo santo vegga (veda) la fossa» (*) (Salmo 16:10). Questo si riferiva alla sua umanità che, in quanto perfettamente santa e pura, poteva portare il peccato. «Egli che ha portato egli stesso i nostri peccati nel suo corpo, sul legno» (1 Pietro 2:24); non «al legno», come qualcuno vorrebbe insegnarci, ma «sul legno». È sulla croce che portò i nostri peccati, e là soltanto, poiché «colui che non ha conosciuto peccato Egli l’ha fatto essere peccato per noi affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui» (2 Corinzi 5:21).

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(*) Il testo originale dice: «..vegga (veda) la corruzione».
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Il colore «violaceo» (o meglio, come altri traducono, il «blu») è il colore del cielo e indica il carattere celeste di Cristo che, sebbene fosse realmente uomo e fosse entrato in tutte le circostanze di una vera e reale umanità «a parte il peccato», era tuttavia il Signore venuto «dal cielo» (1 Corinzi 15:17). Benché fosse «vero uomo» camminò nella coscienza ininterrotta della sua alta dignità, come straniero celeste; non dimenticò mai, un solo istante, da dove era venuto, dov’era, e dove andava. La sorgente della sua gioia era in alto. La terra non poteva renderlo né più ricco né più povero; ha sperimentato che questo mondo era «una terra arida, che langue, senz’acqua» (Salmo 63:1) e, di conseguenza, l’anima sua non poteva abbeverarsi che in alto, nutrirsi solo di ciò che era celeste. «Nessuno è salito in cielo se non colui che è disceso dal cielo, il Figliuol dell’uomo che è nel cielo» (Giovanni 3:13).

Il colore «porporino» è il segno della regalità e ci fa vedere Colui che era nato per essere re dei Giudei (Giovanni 18:37), che si presentò come tale alla nazione giudea e fu rigettato; davanti a Ponzio Pilato fece una bella confessione, confessando che era re, quando, umanamente parlando, non v’era in lui alcuna traccia di regalità. «Tu lo dici; io sono re» (Giovanni 18:37). «Vedrete il Figliuol dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nuvole del cielo» (Marco 14:62, vedere anche Daniele 7:13). Infine, l’iscrizione sulla croce in «ebraico, in latino e in greco», le lingue della religione, del governo e della scienza, diceva ch’egli era «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei» (Giovanni 19:20-21). La terra rinnegò i suoi diritti, per sua propria disgrazia, ma non fu così del cielo: là i diritti di Cristo furono pienamente riconosciuti; Egli fu accolto come un vincitore nell’eterna abitazione della luce; là fu coronato di gloria e di onore, e si sedette, fra le acclamazioni degli eserciti celesti, sul trono della Maestà nei cieli, in attesa che i suoi nemici siano ridotti a sgabello dei suoi piedi. «Perché tumultuano le nazioni, e meditano i popoli cose vane? I re della terra si ritrovano e i principi si consigliano insieme contro l’Eterno e contro il suo Unto, dicendo: Rompiamo i loro legami e gettiamo via da noi le loro funi. Colui che siede nei cieli ne riderà; il Signore si befferà di loro. Allora parlerà loro nella sua ira, e nel suo furore li renderà smarriti: Eppure, dirà, io ho stabilito il mio re sopra Sion, monte della mia santità. Io spiegherò il decreto: l’Eterno mi disse: Tu sei il mio figliuolo, oggi io t’ho generato. Chiedimi, io ti darò le nazioni per tua eredità e le estremità della terra per tuo possesso. Tu le fiaccherai con uno scettro di ferro, tu le spezzerai come un vaso di vasellaio. Ora dunque, o re, siate savi; lasciatevi correggere, o giudici della terra. Servite l’Eterno con timore e gioite con tremore. Rendete omaggio al figlio, che talora l’Eterno non si adiri e voi non periate nella vostra vita, perché d’un tratto l’ira sua può divampare. Beati tutti quelli che confidano in lui!» (Salmo 2).