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Ma se le pelli di capra esprimevano la rigorosa separazione di Cristo dal mondo, le «pelli di montone tinte in rosso» (v. 14) rappresentavano la sua intera consacrazione e la sua ardente devozione per Dio, nella quale perseverò fino alla morte stessa. Fu il solo servitore perfetto che lavorò nella vigna di Dio. Ebbe un solo scopo e lo perseguì senza deviare dalla mangiatoia alla croce: glorificare il Padre e compiere l’opera che gli aveva dato da fare. Il suo cibo era di fare la volontà di Colui che l’aveva mandato e di compiere l’opera sua (Giovanni 4:34). «Le pelli di montone tinte in rosso» rappresentano un lato del suo carattere, come lo rappresenta la tenda di «pel di capra». La sua perfetta devozione a Dio lo separava dalle abitudini degli uomini.

Le «pelli di tasso» (*) (v. 14) mi sembra che designino la santa vigilanza con la quale il Signore Gesù stava in guardia perché non gli si avvicinasse nulla di ciò che era ostile allo scopo da cui l’anima sua tutt’intera era pervasa. Prese la sua posizione per Dio e la mantenne con una tenacia che nessuna influenza di uomini o di demoni, della terra e dell’inferno, avrebbero potuto sormontare. La coperta di pelli di tasso era al disopra e questo ci mostra che la caratteristica più pronunciata, nel carattere dell’«uomo Cristo Gesù», era un’invincibile determinazione d’essere un testimone di Dio sulla terra. Egli era il vero Naboth, che dava la sua vita piuttosto che rinunciare alla verità di Dio o abbandonare ciò per cui aveva preso posto in questo mondo.

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(*) Alcune versioni traducono «pelli di delfino» ma non è esatto (N.d.T.)
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La capra, il montone, il tasso devono essere considerati come figure di certe caratteristiche naturali così come di certe qualità morali, e bisogna tener conto di ambedue questi lati nelle applicazioni di queste immagini al carattere di Gesù. L’occhio umano non poteva discernere che i caratteri naturali. Non poteva vedere né la grazia, né la bellezza, né la dignità morale che erano nascoste sotto la forma esteriore di Gesù di Nazareth, umile e disprezzato. Quando i tesori della saggezza divina uscivano dalle sue labbra, la gente si chiedeva: «Non è costui il falegname?» (Marco 6:3); «Come mai s’intende costui di lettere senza aver fatto studi?» (Giovanni 7:15). Quando dichiarava d’essere il Figlio di Dio e affermava la sua eterna divinità gli rispondevano: «Tu non hai ancora cinquant’anni», e una volta «presero delle pietre per tirargliele» (Giovanni 8:57-59). In poche parole, la confessione dei Farisei «quant’è a costui non sappiamo di dove sia» (Giovanni 9:29), era quella di tutti gli uomini in generale.