I nomi delle dodici tribù, scolpiti sulle pietre preziose, erano portati sia sulle spalle che sul cuore del sommo sacerdote (v. 9-12; 15-29). Il valore di una pietra preziosa si manifesta nel fatto che più è intensa la luce che la colpisce più essa brilla di vivo splendore. La luce non può mai sminuire lo splendore di una pietra preziosa, ma, al contrario, ne aumenta la bellezza e il pregio. Le dodici tribù tutte, ad una ad una, la più piccola come la più grande, erano portate continuamente davanti all’Eterno, sul cuore e sulle spalle d’Aaronne. Erano tutte assieme, e ciascuna in particolare, mantenute nella presenza di Dio nello splendore perfetto e nell’inalterabile bellezza che erano proprie della posizione in cui le aveva poste la grazia perfetta dell’Iddio d’Israele. Il popolo era rappresentato davanti a Dio dal sommo sacerdote. Qualunque fosse la sua ingenuità o i suoi errori o le sue fatiche, il suo nome brillava sul pettorale con una luce meravigliosa. Dio gli aveva dato quel posto; chi avrebbe potuto strapparlo di là? Chi altro avrebbe potuto mettersi al suo posto? Chi avrebbe potuto entrare nel luogo santo per togliere d’in sul cuore d’Aaronne il nome di una sola delle tribù di Israele? Chi avrebbe sminuito lo splendore che avvolgeva quei nomi, là dove li aveva messi Dio? Essi erano irraggiungibili da un qualunque nemico, al di là d’ogni influenza del male.
Come è incoraggiante per i figli di Dio che sono provati, tentati, umiliati, pensare che Dio li vede sul cuore di Gesù! Agli occhi di Dio brillano continuamente dello splendore supremo di Cristo; sono rivestiti d’una divina bellezza. Il mondo non può vederli così, ma Dio li vede così. Gli uomini non vedono altro che i loro difetti e i loro errori; non sono capaci a vedere altro, per cui il loro giudizio è sempre errato e parziale. Non possono vedere le pietre preziose su cui sono incisi, dall’amore eterno, i nomi dei riscattati di Dio. I cristiani, è vero, dovrebbero aver cura di non dare al mondo alcuna occasione di parlare male di loro; dovrebbero «chiudere la bocca all’ignoranza degli uomini stolti» (Romani 3:7; 1 Pietro 2:15) perseverando nel «bene operare». Se, per la potenza dello Spirito Santo, afferrano la bellezza di cui brillano incessantemente agli occhi di Dio, ne realizzano certo i caratteri in tutta la loro condotta; il loro cammino sarà santo, puro, degno di Dio, la loro luce sarà visibile agli occhi degli uomini. Più entreremo, per la fede, in ciò che siamo in Cristo, più l’opera interiore sarà profonda, reale e pratica, più ancora la manifestazione degli effetti morali di quest’opera in noi sarà completa.
Ma, sia benedetto Dio, non abbiamo a che fare con gli uomini per essere giudicati, ma con Dio stesso; e nella sua misericordia Egli ci fa vedere il nostro grande sacerdote che porta «il nostro giudizio sul suo cuore, davanti all’Eterno, del continuo» (v. 30). Questa sicurezza dà una pace stabile, profonda, che nulla può scrollare. Possiamo confessare i nostri falli e le nostre mancanze e farne cordoglio; l’occhio, a volte, può essere talmente annebbiato dalle lacrime di un vero pentimento che non siamo in grado di vedere la luce delle pietre preziose su cui sono incisi i nostri nomi; tuttavia i nostri nomi sono là, sempre. Li vede Dio, e ciò basta. Egli è glorificato dalla loro luce, luce che non viene da noi ma di cui Dio stesso ci ha rivestiti. Non eravamo altro che tenebre, impurità, deformità; Dio ci ha dato luce, purezza, bellezza; a Lui sia la lode da ora e per tutti i secoli!