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Questi sono i diversi aspetti sotto cui ci è presentata fin qui la Chiesa. È Dio stesso che fa il lavoro, sicché non esistono in pratica differenze fra ciò che costituisce il corpo, la sposa, l’edificio e la dimora. Tutti sono composti dagli stessi elementi. L’opera che li riunisce è perfetta perché è divina.
Ma è anche vero che Dio affida l’edificazione della sua dimora in questo mondo alla responsabilità di coloro che ne fanno parte. L’opera dell’uomo subentra allora parzialmente; ed è ciò che ci presenta in modo evidente il terzo capitolo della prima epistola ai Corinzi. Paolo, da saggio architetto, aveva posto il fondamento che è Cristo, e nessuno può porre altro fondamento. Ciascuno doveva badare a come edificava su questo fondamento. Dio ha, come per ogni cosa creata, fatto tutto bene, ma viene il momento in cui affida la sua opera all’uomo. Come adempirà questi il suo incarico? Nonostante tutto ciò che potrà capitare, Dio continua il suo lavoro e lo porterà a termine; affidato all’uomo, è dimostrato che se certi operai sono dei «buoni operai» che lavorano bene, altri, pur essendo dei buoni operai, lavorano male; infine, c’è una terza categoria composta di «cattivi operai» che corrompono e distruggono il tempio di Dio.
Il lavoro degli operai può consistere nell’introduzione di buone o cattive persone, di buone o cattive dottrine; però, pur considerato sotto questo aspetto, l’edificio, resta sempre il tempio di Dio, la dimora di Dio (*). Questa casa è, in sostanza, sempre opera di Cristo; nonostante gli elementi impuri che l’uomo vi ha introdotto, malgrado il cattivo materiale, le basi sono state poste da un «savio architetto»; l’apostolo Paolo non è venuto meno al suo incarico. Ed è per questo che, qualunque sia la sua corruzione, questa casa sussisterà fintanto che Dio vi abiterà col suo Spirito. Ma giungerà un momento in cui essa non conterrà più dei buoni materiali, quando lo Spirito Santo risalirà al cielo con la Sposa e il Signore vomiterà dalla sua bocca, come cosa ripugnante, ciò che aveva portato il Suo nome.
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(*) La stessa cosa era per il tempio di Gerusalemme quando il Signore diceva: «Sta scritto: "La mia casa sarà una casa di preghiera", ma voi ne avete fatto un covo di ladri». (Luca 19:46). Ma anche in quello stato non aveva cessato di essere chiamata la casa di Dio.
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Tuttavia non dobbiamo dimenticare che appartenere alla casa di Dio, anche se siamo responsabili, è un immenso privilegio; qualunque sia la condizione morale di questa casa, essa resta un luogo in cui Dio abita col suo Spirito. Questo luogo non si trova dappertutto nel mondo, poiché Dio non abita col suo Spirito nell’Islamismo e neppure nel Giudaesimo. È qui che si trova la vita unita alla professione cristiana, ma ahimè anche la professione cristiana senza la vita; e questo diventa per coloro che hanno solo la professione esteriore la causa stessa della loro condanna. È qui che si trovano, d’altra parte, lo Spirito e le sue diverse manifestazioni, la verità, la Parola ispirata, l’evangelo della salvezza, la testimonianza. Separando la professione dalla vita, Satana ha fatto un’opera di distruzione. Questa opera nefasta, basata sulla mondanità che si è introdotta nella Chiesa, accompagnata da false dottrine e da insegnamenti legali, è cominciata fin dal tempo degli apostoli, come troviamo nelle Epistole e negli Atti. Non è forse degno di nota il fatto che queste cose fossero preannunziate agli anziani di Efeso, in un’assemblea in cui le verità più elevate del cristianesimo erano state proclamate ed apprezzate (Atti 20:29-30), e che sia ancora ad Efeso che Timoteo debba reprimerle (1 Timoteo 1:3)? Ma il male ha progredito e la casa di Dio è diventata una grande casa che contiene dei vasi a disonore (2 Timoteo 2:20-21); bisogna che il cristiano si purifichi «da queste cose» (*) perché non può uscire lui dalla casa.
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(*) Cioè: da questi vasi a disonore (Nota BibbiaWeb).
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