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Così l’Agnello, preso il decimo giorno e conservato fino al quattordicesimo, ci presenta Cristo, precono­sciuto da Dio da ogni eternità, ma manifestato, nel tempo, per noi. Il disegno eterno di Dio in Cristo di­venta il fondamento della pace del credente. Ci voleva nientemeno che quello. Siamo portati ben al di là della creazione, al di là dei limiti del tempo, al di là dell’en­trata del peccato nel mondo, di tutto ciò che poteva intaccare il fondamento della nostra pace. L’espressione «preordinato prima della fondazione del mondo» ci porta indietro, nelle profondità insonda­bili dell’eternità, e ci mostra Dio che formula i suoi piani d’amore e di redenzione e che li fa riposare tutti sul sangue espiatorio del suo immacolato e prezioso Agnello. Cristo fu sempre il primo pensiero di Dio; così, da quando incomincia a parlare o agire, Dio prende l’oc­casione per presentare in figura Colui che occupava il posto più elevato nei suoi consigli e nei suoi affetti. E, proseguendo per la linea di ispirazione, vediamo che ogni cerimonia, ogni rito, ogni ordinanza e ogni sacrificio, annunziava in anticipo «l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo» (Giovanni 1:29, 36), e nessuno in modo sorprendente come «la Pasqua». L’Agnello pa­squale, con tutte le circostanze che gli si riferiscono, costituisce la figura più interessante e profondamente istruttiva della Parola.

Abbiamo a che fare, nell’interpretazione del cap. 12 dell’Esodo, con un’assemblea e un sacrificio. «E tutta la raunanza d’Israele, congregata, lo immolerà sull’imbru­nire» (v. 6). Non è detto molte famiglie e molti agnelli (cosa che, del resto, è vera) ma una sola Raunanza e un solo Agnello. Ogni famiglia non era che l’espres­sione locale della raunanza intera, riunita intorno al­l’agnello, così come la Chiesa di Cristo, radunata dallo Spirito Santo nel nome di Gesù, è costituita da molte assemblee che, dovunque si riuniscono, ne sono l’espres­sione locale.