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Gerusalemme per questa volta conservò la sua indipendenza e gli abitanti videro in questo l’intervento di Dio, che aveva steso la sua mano protettrice sulla città e sul tempio. Da questo hanno avuto origine le parole del profeta Isaia in 2 Re 19, 32-34 che esalta l’indistruttibilità di Gerusalemme da parte dell’Assiria. Da queste parole è nato il mito dell’indistruttibilità di Gerusalemme e del suo tempio, ma Geremia nel suo famoso discorso nel tempio criticherà aspramente questa errata interpretazione (Gr 7, 3ss) e dirà che non è sufficiente confidare sull’indistruttibilità del tempio e poi comportarsi male. Così facendo si arriverà alla rovina inevitabile e neppure il tempio potrà salvare il popolo dalla incombente sciagura. Del resto questa sciagura era già stata preannunciata dallo stesso Isaia in 2 Re 20, 14-18 con la profezia sulla futura deportazione in Babilonia.

Il libro dei Re esalta la figura di Ezechia il quale, abrogando la sacralità dei vari santuari ed assegnando un ruolo centrale al tempio di Gerusalemme, aveva anticipato quella centralizzazione del culto che si realizzerà più tardi con la riforma di Giosia (2 Re 18, 3-7). Questa politica religiosa di Ezechia è stata confermata dai recenti scavi a Tel ‘Arad e Bersabea dove sono stati portati alla luce resti di altari distrutti in questo periodo.