CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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ESPOSIZIONE SUI SALMI DI SANT'AGOSTINO

Ultimo Aggiornamento: 12/02/2012 18:05
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12/02/2012 17:56
 
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SALMO 1
SUL SALMO 1
ESPOSIZIONE

1. [v 1.] Beato l'uomo che non va secondo il consiglio degli empi: queste parole van riferite a Nostro Signor Gesù Cristo, cioè all'Uomo del Signore. Beato l'uomo che non va secondo il consiglio degli empi, come l'uomo terrestre il quale acconsentì alla donna ingannata dal serpente, trasgredendo in tal modo ai precetti divini. E nella via dei peccatori non si ferma: poiché se Cristo è realmente passato per la via dei peccatori, nascendo come i peccatori, non vi si è fermato dato che non lo hanno trattenuto le lusinghe del mondo. E sulla cattedra di pestilenza non si siede: ossia non ha ambito per superbia un regno terreno. Giustamente la superbia è definita cattedra di pestilenza, in quanto non vi è quasi nessuno alieno dalla passione del potere e che non aspiri a una gloria umana: e la pestilenza non è dal canto suo che una malattia largamente diffusa e che coinvolge tutti, o quasi tutti. Tuttavia, in senso più pertinente, si può intendere con cattedra della pestilenza anche una dottrina perniciosa, il cui insegnamento si diffonde come un tumore maligno 1. È poi degna di considerazione la successione delle parole: va, si ferma, si siede. L'uomo se ne è andato quando si è allontanato da Dio; si è fermato quando si è compiaciuto nel peccato; si è seduto quando, appesantito dalla sua superbia, non ha più saputo tornare indietro, se non fosse stato liberato da colui che non è andato secondo il consiglio degli empi, non si è fermato sulla via dei peccatori, non si è seduto sulla cattedra della pestilenza.

La legge: libertà e servitù.
2. [v 2.] Ma nella legge del Signore è la sua compiacenza e nella legge di lui medita giorno e notte. La legge non è fatta per il giusto 2, dice l'Apostolo; ma non è lo stesso essere nella legge o sotto la legge: colui che è nella legge, opera in conformità ad essa; chi è sotto la legge, è costretto a muoversi secondo essa. Il primo è libero, il secondo servo. Di conseguenza una cosa è la legge scritta e imposta al suddito, un'altra la legge accolta nell'anima da colui che non ha bisogno del precetto scritto. Medita giorno e notte: può significare incessantemente, o nel giorno, cioè nella letizia, e nella notte, cioè nella prova.

Sta scritto infatti: Abramo vide il mio giorno e si rallegrò 3; e, riguardo alla prova, perfino nella notte mi ammoniscono i miei reni 4.

Cristo albero di salvezza.
3. [v 3.] Egli è come un albero ch'è piantato lungo correnti di acque: il che si può intendere o nei riguardi della stessa Sapienza, che si è degnata di assumere la natura umana per la nostra salvezza, in modo che l'uomo è divenuto albero piantato lungo correnti d'acqua: il che può rispondere al senso per cui in un altro salmo è detto: il fiume di Dio è colmo di acque 5, o riguardo allo Spirito Santo del quale è detto: Egli vi battezzerà nello Spirito Santo 6, e ancora: Chi ha sete, venga a me e beva 7; e in altro luogo: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è Colui che ti dice: - Dammi da bere -, tu stessa gli avresti fatta questa domanda, ed egli ti avrebbe data dell'acqua viva...; chi beve di quest'acqua non avrà mai più sete, ma essa diventerà in lui una sorgente d'acqua zampillante nella vita eterna 8. Lungo correnti di acque può anche significare per i peccati dei popoli, dal momento che l'Apocalisse 9 raffigura i popoli nelle acque, e corrente può intendersi ragionevolmente come caduta attinente alla colpa. E dunque l'albero, che è Nostro Signore, dalle acque correnti, cioè dai popoli peccatori, traendoli alla via e radicandoli nella sua dottrina, darà frutto, ossia costituirà le chiese; a suo tempo, ossia dopo che sarà stato glorificato nella risurrezione e nell'ascesa al Cielo. È infatti dopo aver inviato lo Spirito Santo agli Apostoli, confermandoli nella loro fede e indirizzandoli ai popoli, che ha prodotto il frutto delle chiese. E il cui fogliame non cade, ossia la cui parola non è vana: poiché erba è tutta la carne e tutta la sua gloria è come il fiore del campo; l'erba si seccò e il fiore cadde, ma la parola del Signore resta per sempre 10. E tutto quel ch'egli fa, riesce bene, ossia tutto ciò che quell'albero avrà prodotto, in frutti e in foglie, ossia in fatti e in parole.

Il vento della superbia.
4. [v 4.] Non così gli empi, non così! ma son come polvere che il vento disperde dalla faccia della terra: per terra si intende qui la stabilità in Dio, della quale si dice: Il Signore è la porzione della mia eredità...: delizioso davvero per me è il mio retaggio 11; e ancora: Spera nel Signore e segui la sua via, e t'innalzerà su a posseder la terra 12; e in altro luogo: Beati i mansueti, perché essi possederanno la terra 13. La similitudine poi deriva dal fatto che come la terra visibile alimenta e sostiene l'uomo esteriore, così quella terra invisibile alimenta e sostiene l'uomo interiore. Ed è da questa terra che il vento, cioè la superbia che gonfia, spazza via l'empio. Tenendosi lontano dalla superbia, colui che si inebria dell'abbondanza della casa di Dio e si disseta al torrente delle sue delizie, dice: Non si levi contro di me il piede del superbo 14. Da questa terra la superbia ha scacciato colui che disse: Sederò nei penetrali aquilonari, sarò simile all'Altissimo 15; e dalla faccia di questa terra ha spazzato via anche colui il quale, acconsentendo a gustare dei frutti dell'albero proibito, per essere come Dio, si nascose dalla faccia di Dio 16. Che questa terra riguardi l'uomo interiore, e che da essa l'uomo sia scacciato dalla superbia, soprattutto lo si può intendere dalle parole: Perché insuperbisce la terra e la cenere? un tale uomo già da vivo ha gettato via le sue viscere 17; per cui l'espressione "spazzato via" può ragionevolmente intendersi come "si è spazzato via da se stesso".

L'empio e il peccatore.
5. [v 5.] Perciò non si leveranno su nel giudizio: appunto perché sono spazzati via come polvere dalla faccia della terra; ed è detto egregiamente che ai superbi viene sottratto quello che maggiormente ambiscono, cioè la facoltà di giudicare, il che ancor più chiaramente può intendersi dalle parole che seguono: né i peccatori nel consesso dei giusti; infatti vien così ripetuto in maniera più distesa quanto era stato espresso precedentemente, intendendo per peccatori gli empi; sì che quanto sopra è detto del giudizio, viene ora affermato del consiglio dei giusti. E pur essendo gli empi altra cosa dai peccatori, di modo che, sebbene ogni empio sia peccatore, non per questo ogni peccatore è empio, gli empi non si leveranno su nel giudizio, ossia si leveranno ma non per essere giudicati perché ormai destinati a certissime pene; laddove i peccatori non si leveranno nel consesso dei giusti, ossia per giudicare, ma piuttosto per essere giudicati, in modo che di loro possa dirsi: L'opera di ciascuno si farà manifesta; e se rimarrà quel lavoro che uno ha sopraedificato, ne avrà ricompensa; se l'opera di qualcuno sarà bruciata, ne soffrirà danno: egli però sarà salvato, così appunto per mezzo del fuoco 18.

La scienza di Dio, e l'essere.
6. [v 6.] Perché sa il Signore la via dei giusti. Così come si dice che la medicina conosce la salute, ma non le malattie, e tuttavia anche le malattie si conoscono per mezzo dell'arte medica, allo stesso modo si può dire che il Signore conosce la via dei giusti e non quella degli empi. Non che il Signore ignori cosa alcuna anche se dice ai peccatori: Non vi conosco 19 -; e vengono poi le parole ma la via degli empi va in malora, ed è come se si dicesse: il Signore non conosce la via degli empi -; ma più efficacemente viene affermato che essere ignorati dal Signore è perire, ed essere conosciuti da Dio è permanere, poiché alla conoscenza di Dio attiene l'essere, così come all'ignoranza il non essere. Dice infatti il Signore: Io sono Colui che è e Colui che è mi ha mandato 20.
Pedro

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12/02/2012 17:57
 
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SALMO 2
SUL SALMO 2
ESPOSIZIONE

I persecutori del Signore.
1. [vv 1.2.] Perché fremono le genti e i popoli macchinano cose vane? Si fanno avanti i re della terra, e i principi si collegano insieme contro il Signore e contro il suo Messia. È detto perché come per dire invano; infatti non hanno ottenuto ciò che volevano, che Cristo fosse annientato. Ci si riferisce qui ai persecutori del Signore, che sono menzionati anche negli Atti degli Apostoli 1.

2. [v 3.] Spezziamo i loro vincoli, gettiamo lungi da noi il loro giogo. Sebbene queste parole possano essere interpretate anche altrimenti, tuttavia è più conveniente ritenerle come pronunziate da coloro che - come ha detto il Salmista - hanno tramato invano; in modo che questo sia il senso: spezziamo i loro vincoli e gettiamo lungi da noi il loro giogo, ossia diamoci da fare affinché la fede cristiana non ci avvinca né ci sia imposta.

3. [v 4.] Colui che abita nei cieli ride di loro, e il Signore li schernisce. Il concetto è ripetuto: infatti al posto di colui che abita nei cieli, successivamente sta scritto Signore, ed al posto di ride, leggiamo poi schernisce. Tuttavia, niente di tutto questo deve essere inteso in senso carnale, come se Dio ridesse con la bocca o facesse sberleffi con il naso; dobbiamo piuttosto intendere che si riferisce a quella forza che Dio dà ai suoi santi, affinché essi, vedendo gli eventi futuri, cioè il nome di Cristo e la sua potenza che si estenderà sulle genti a venire e conquisterà tutte le nazioni, comprendano che i persecutori hanno tramato cose vane. E questa forza per cui son preconosciute tali cose è appunto il ridere e lo schernire di Dio. Colui che abita nei cieli ride di loro. Se per cieli intendiamo le anime dei santi, è per mezzo di queste che Dio, conoscendo con esattezza il futuro, riderà e si farà beffe di costoro.

L'ira di Dio.
4. [v 5.] Allora parla ad essi nella sua ira, nel suo sdegno li sgomenta. Mostrando più chiaramente in qual modo parlerà loro, soggiunge: li sgomenterà, affinché all'espressione nella sua ira, corrisponda l'espressione nel suo sdegno. Non si deve intendere per ira e per sdegno del Signore una emozione dell'animo, ma la forza con cui punisce in perfetta giustizia, essendo la creazione intera soggetta a servirlo. Dobbiamo appunto, in modo particolare, intendere bene e ritenere ciò che sta scritto in Salomone: ma, padrone della [tua] forza, con tranquillità giudichi, e con grande indulgenza ci governi 2.

L'ira di Dio è dunque quel movimento che sorge nell'anima che conosce la legge di Dio, quando vede tale legge violata dal peccatore: e in forza di questa reazione nelle anime dei giusti, molte cose vengono punite. Peraltro, l'ira di Dio può anche essere correttamente interpretata come la stessa obnubilazione dell'anima che s'impadronisce di coloro che trasgrediscono la legge di Dio.

Sion figura della Chiesa.
5. [v 6.] Io sono stato costituito da lui re su Sion, il suo santo monte, per annunziare il comandamento del Signore. Tutto questo si è reso manifesto nella persona del Signore nostro Gesù Cristo. Se Sion, come qualcuno interpreta, significa contemplazione, in essa dobbiamo vedere più propriamente la Chiesa, ove ogni giorno si leva la tensione a contemplare lo splendore di Dio come dice l'Apostolo: noi, che a viso scoperto, contempliamo la gloria del Signore 3. Il senso è dunque questo: io sono stato costituito da lui re sulla sua santa Chiesa, che chiama monte per la sua altezza e la sua stabilità. Io sono stato costituito da lui re, proprio io, del quale essi tentavano di spezzare i vincoli e di gettare lontano il giogo. Per annunziare il suo comandamento: chi non comprende questo, quando ogni giorno più volte si verifica?

L'eternità.
6. [v 7.] Il Signore mi ha detto: mio figlio sei tu, io oggi ti ho generato. Sebbene possa sembrare anche che si parli profeticamente di quel giorno in cui Gesù Cristo è nato come uomo, tuttavia - poiché oggi significa il presente, e nell'eternità non c'è alcunché di passato come se avesse cessato di essere, né di futuro come se ancora non fosse ma c'è soltanto il presente, in quanto ciò che eterno è sempre - si intende riferita a Dio quell'espressione: io oggi ti ho generato, con cui la verace e cattolica fede annunzia l'eterna generazione della potenza e della sapienza di Dio, che è il Figlio Unigenito.

Dominio universale di Cristo.
7. [v 8.] Chiedi a me, e ti darò le genti in tua eredità. Questo si intende in senso temporale, riguardo l'uomo assunto [da Cristo], che ha offerto se stesso in sacrificio in luogo di tutti i sacrifici e che, inoltre, intercede per noi 4; di modo che si riferiscono alla intera economia temporale del piano di salvezza, che si è compiuta in favore del genere umano, le parole: chiedi a me, chiedi cioè che le genti si uniscano nel nome di Cristo e siano così redente dalla morte e possedute da Dio. Ti darò le genti in tua eredità, onde tu le possegga per la loro salvezza, ed esse ti diano frutti spirituali. E in tuo possesso i confini della terra. Si ripete lo stesso concetto. Confini della terra esprime ciò che è detto con genti; ma più chiaramente, per farci intendere che si tratta di tutte le genti. E in tuo possesso significa ciò che è detto con le parole in tua eredità.

8. [vv 9.10.] Li reggerai con verga di ferro, nella giustizia inflessibile. E come vasi di creta li frantumerai, cioè frantumerai in essi i desideri carnali, i commerci immondi del vecchio uomo e tutto quanto è stato contratto ed è penetrato del fango del peccato. Ed ora, re, abbiate giudizio. Ed ora, cioè già rinnovati, dopo che sono stati già frantumati i rivestimenti di fango, ossia gli involucri carnali dell'errore che appartengono alla vita passata: abbiate giudizio voi già re, ossia capaci di dominare quanto c'è in voi di servile e di bestiale, già validi a combattere, non quasi percuotendo l'aria, ma mortificando i vostri corpi e sottomettendoli all'obbedienza 5. Rinsavite, tutti voi che giudicate la terra. Di nuovo il concetto è ripetuto. Rinsavite tiene luogo di abbiate giudizio e voi che giudicate la terra esprime ciò che è detto con re. Viene infatti indicato che coloro che giudicano la terra sono gli uomini spirituali; perché tutto quello che giudichiamo è a noi inferiore, e quanto è inferiore all'uomo spirituale è detto giustamente terra, in quanto è insozzato dalla corruzione terrena.

Servire Dio con gioia e timore.
9. [v 11.] Servite al Signore con timore, perché non si volgano in superbia le parole: re che giudicate la terra. Ed esultate in lui con tremore. Molto opportunamente è aggiunto esultate, in modo che le parole servite al Signore con timore, non sembrino infondere afflizione. Ma di nuovo, per evitare che l'invito ad esultare solleciti manifestazioni avventate, si aggiunge con tremore, perché ne derivi prudenza e vigile custodia nella santificazione. Anche così si possono intendere le parole e ora, re, abbiate giudizio, cioè, ora che io sono stabilito quale re, non siate tristi, o re della terra, come se vi fosse sottratto il vostro bene; ma piuttosto rinsavite ed imparate. A voi conviene infatti essere soggetti a lui, da cui deriva per voi intelligenza e comprensione. E ciò vi conviene non per regnare avventatamente, ma per obbedire con tremore al Signore di tutti, e gioire nella sicura e verace beatitudine cauti e attenti a non precipitare da essa per colpa della superbia.

10. [v 12.] Impadronitevi dell'ammonizione affinché non si adiri il Signore e periate lontano dalla giusta via. Questo è quanto ha già detto con le parole comprendete e rinsavite. Infatti, comprendere e rinsavire significa impadronirsi della dottrina. Nondimeno, nel dire impadronitevi, è sottintesa chiaramente l'esistenza di una certa difesa e protezione contro tutte le cose che potrebbero nuocere, se non ci siamo impadroniti con adeguata cura di quell'ausilio. Affinché non si adiri il Signore è detto poi in senso dubitativo; non dal punto di vista della previsione del profeta, per il quale l'evento è certo, ma dal punto di vista di quelli cui l'ammonimento è rivolto, dato che sono soliti nutrire dubbi sull'ira di Dio proprio coloro ai quali essa non si è apertamente rivelata. È questo dunque che essi debbono dire a sé medesimi: abbracciamo l'ammonimento, affinché non si adiri il Signore e noi precipitiamo dalla giusta via. Già prima è stato spiegato in che senso debbono intendersi le parole si adiri il Signore. E precipitiate dalla giusta via. Si tratta di una pena grandissima, intensamente temuta da coloro che hanno assaporato un poco della dolcezza della giustizia. Chi infatti precipita dalla via della giustizia, errerà con grande sofferenza per le vie dell'iniquità.

La beatitudine.
11. [v 13.] Quando rapidamente divamperà la sua ira, beati tutti coloro che confidano in lui. Cioè, quando verrà la vendetta preparata per gli empi e i peccatori, non solo essa non colpirà coloro che confidano nel Signore, ma li farà anche progredire nell'intelligenza e nell'elevazione al Regno. Non è detto infatti: quando rapidamente divamperà la sua ira saranno sicuri tutti coloro che confidano in lui, come se essi avessero soltanto il vantaggio di non essere puniti; ha detto invece beati, in cui si somma la totalità di ogni bene. Quanto poi alla parola rapidamente, credo significhi che il divampare sarà qualcosa di fulmineo, mentre i peccatori lo considereranno lontano e remoto nel futuro.
Pedro

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12/02/2012 17:58
 
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SUL SALMO 3
ESPOSIZIONE

David figura di Cristo.
1. [v 1.] Salmo di David, nel fuggire dal cospetto di Assalonne, suo figlio. Ci convincono che questo salmo è detto della persona di Cristo le parole: Mi son coricato e ho preso sonno, e mi sono levato perché il Signore mi sorregge 1. Tali parole, infatti, si adattano di più alla passione e alla risurrezione del Signore che a quella vicenda in cui si narra che David fuggì davanti a suo figlio, in armi contro di lui 2. Siccome poi dei discepoli di Cristo sta scritto: Finché con essi è lo sposo, non digiunano i figli dello Sposo 3, non è strano che l'empio figlio di David raffiguri l'empio discepolo che tradì Cristo. E anche se storicamente si può intendere che [Cristo] fuggì dal suo cospetto quando, andatosene il discepolo, si ritirò con gli altri sul monte, tuttavia, in senso spirituale si può correttamente ritenere che Cristo sia fuggito dalla faccia di lui allorché il Figlio di Dio, cioè la potenza e la sapienza di Dio, abbandonò l'anima di Giuda nel momento in cui il diavolo la occupò completamente, come appunto sta scritto: e il diavolo entrò nel suo cuore 4. Non già perché Cristo si ritirasse di fronte al diavolo, ma perché il diavolo, allontanandosi Cristo, se ne impadronì. Credo che l'allontanarsi, in questo salmo, sia chiamato fuga a causa della rapidità, il che è espresso anche dalle parole del Signore: quello che fai, fallo presto 5. Parliamo così anche nell'uso comune, tanto che diciamo: mi sfugge, di ciò che non ci viene in mente; e di un uomo dottissimo diciamo: niente gli sfugge. La verità dunque fuggì dall'anima di Giuda, allorché cessò di illuminarla. Orbene Assalonne, così certuni traducono, in latino significa pace del Padre. Può apparire strano in qual modo si possa intendere pace del Padre, sia nella storia dei regni dato che Assalonne mosse guerra contro il padre, sia nella storia del Nuovo Testamento dato che Giuda fu il traditore del Signore. Ma anche là quanti leggono attentamente vedono che in quella guerra David serbò sentimenti di pace verso il figlio, e anzi, con grande dolore ne pianse la morte, dicendo: Assalonne, figlio mio, chi mi concederà di morire per te?6; nella storia del Nuovo Testamento, poi, per quella grande e ammirabile pazienza di nostro Signore nel tollerare il traditore come fosse un fedele, pur non ignorando i suoi pensieri; nell'ammetterlo alla Cena in cui raccomandò e donò ai discepoli il sacramento del suo corpo e del suo sangue; nell'accettare infine il suo bacio nel momento stesso del tradimento 7, si comprende bene come Cristo abbia offerto al suo traditore la pace, benché questi fosse sconvolto dalla guerra interiore suscitata dalla sua tanto scellerata decisione. E per questo Assalonne è detto pace del Padre, perché il padre ebbe la pace che egli non ebbe.

2. [vv 2.3.] Signore, come si sono moltiplicati coloro che mi perseguitano! Tanto si sono moltiplicati che neppure tra i discepoli manca chi è passato nel novero dei persecutori. Molti insorgono contro di me; molti dicono alla mia anima: non c'è salvezza per lui nel suo Dio. È evidente che non lo avrebbero ucciso, se avessero avuto fiducia nella sua risurrezione. Questo significano le parole: discenda dalla croce se è figlio di Dio; e: ha salvato gli altri, non può salvare se stesso 8. Neppure Giuda dunque lo avrebbe tradito, se non fosse stato nel numero di coloro che disprezzavano Cristo, dicendo: non c'è salvezza per lui nel suo Dio.

3. [v 4.] Le parole: ma tu, Signore, sei il mio assuntore sono rivolte a Dio in quanto uomo; perché l'assunzione dell'uomo è il Verbo fatto carne. Mia gloria: chiama Dio sua gloria anche colui che è stato assunto dal Verbo di Dio in tal modo da divenire, insieme a Lui, Dio. Imparino i superbi, i quali ascoltano malvolentieri quando si dice loro: che hai che tu non abbia ricevuto? E se hai ricevuto, di che ti glori quasi tu non avessi ricevuto? 9 Tu sei colui che rialza il mio capo. Credo che si debba intendere qui la stessa mente dell'uomo, la quale a buon diritto è chiamata capo dell'anima, poiché si è così unita e in certo modo congiunta alla infinita eccellenza del Verbo che assume l'uomo, da non essere avvilita nemmeno nell'immensa umiltà della passione.

PregareDio col cuore.
4. [v 5.] Con la mia voce ho gridato verso il Signore, cioè non ho gridato con la voce del corpo, la cui sonorità risulta dalla vibrazione dell'aria, ma con la voce del cuore, che è silenziosa per gli uomini ma a Dio suona come un grido. Susanna 10 fu esaudita con questa voce; con questa voce il Signore stesso ci ha insegnato a pregare senza rumore nei luoghi chiusi, cioè nel segreto del cuore 11. E non si venga a dire che si prega meno intensamente per il fatto che nessuna parola esce dalla nostra bocca; infatti anche quando preghiamo silenziosamente nel nostro cuore, se dei pensieri estranei vengono a distrarre dal suo raccoglimento colui che prega, non possiamo più dire: con la mia voce ho gridato verso il Signore.

Possiamo correttamente dire queste parole soltanto quando l'anima, senza trascinarsi dietro niente della carne e niente dei propositi carnali, da sola parla al Signore. Allora questa preghiera si può ben chiamare grido per il vigore della tensione che la anima. E mi ha esaudito dal suo santo monte. Dal profeta il Signore stesso è indicato come monte, ove sta scritto che la pietra distaccata senza le mani dell'uomo è cresciuta sino alla grandezza di una montagna. 12 Ma queste parole non possono essere accolte come dette dalla sua persona stessa, a meno che egli non abbia voluto dire così: da me stesso, come dal suo santo monte, mi ha esaudito, in quanto abitava in me, cioè abitava nel monte medesimo. È più chiaro però e più semplice intendere che Dio lo ha esaudito per la sua giustizia. Era giusto infatti che l'Innocente ucciso, al quale è stato retribuito male per bene, risuscitasse dai morti e ripagasse i persecutori con degna mercede. Leggiamo infatti: la tua giustizia è come i monti di Dio. 13

Concetto di profezia.
5. [v 6.] Io ho dormito, e ho preso sonno. Si può osservare che non senza ragione è detto Io, per fare intendere che di sua volontà [il Cristo] ha sopportato la morte, conforme alle parole: per questo il Padre mi ama, perché io dò la mia vita per riprenderla poi. Nessuno me la toglie; ho potere di darla, ed ho potere di riprenderla 14. Per questo motivo egli dice: voi non mi avete preso e ucciso quasi contro la mia volontà, ma io ho dormito e ho preso, sonno, e mi sono levato, giacché il Signore mi sorregge. Innumerevoli volte, infatti, le Scritture recano sonno per morte, come dice l'Apostolo: non voglio che voi restiate all'oscuro, fratelli, riguardo a coloro che hanno preso sonno 15. Non occorre indagare perché è aggiunto ho preso sonno, dato che già ha detto ho dormito. Le Scritture sono solite infatti usare ripetizioni di questo genere, come già abbiamo mostrato più volte nel secondo salmo. Alcuni codici peraltro riportano: ho dormito, e sono stato preso dal sopore. Altri interpreti recano altrimenti, nel modo in cui sono riusciti a tradurre le parole greche . A meno che non si possa intendere l'addormentarsi come proprio del morente, e il sonno del morto, in modo che l'addormentarsi sia lo stato dal quale si passa al sonno, come il ridestarsi è lo stato dal quale si passa alla veglia. Non dobbiamo credere che nei libri divini queste ripetizioni siano poste a scopo di inutile ornamento del discorso. Corretto è dunque tradurre io ho dormito e ho preso sonno: cioè io ho concesso me stesso alla passione, e la morte è venuta dopo. E mi sono levato giacché il Signore mi sorreggerà. Qui dobbiamo prestare maggiore attenzione per capire perché vi sia, in una sola proposizione, il verbo al tempo passato e al tempo futuro. Prima infatti è detto: Mi sono destato, che concerne il passato, e poi sorreggerà che riguarda il futuro; non avrebbe certamente potuto risorgere, senza essere così sorretto. Ebbene, nella profezia, giustamente i tempi futuri si mischiano a quelli passati, per significare gli uni e gli altri. Infatti le cose che sono profetate per l'avvenire, sono future secondo il tempo: ma secondo la conoscenza di coloro che le profetizzano, sono da considerare come già avvenute. Si mischiano nelle profezie anche i verbi al tempo presente dei quali tratteremo a loro luogo, quando li incontreremo.

6. [v 7.] Non avrò timore delle migliaia di persone che mi circondano. Nel Vangelo è scritto che una grande folla Lo circondava mentre soffriva e veniva crocifisso 16. Lèvati o Signore, salvami mio Dio. L'esortativo lèvati non è detto a Dio come se dormisse o se ne stesse a giacere; ma è caratteristico delle Scritture divine attribuire alla persona di Dio ciò che accade in noi; non certo in ogni caso, ma laddove si può dire correttamente, come quando si dice che egli parla, mentre per suo dono parlano i Profeti o gli Apostoli, oppure qualsiasi altro messaggero della verità. Per questo l'Apostolo dice: volete forse ricevere una prova che Cristo parla in me? 17 Non ha detto: di colui per la cui illuminazione o per cui ordine io parlo; ha attribuito invece il parlare stesso a colui per il cui dono parlava.

7. [v 8.] Poiché tu hai colpito tutti coloro che mi avversavano senza motivo. Non si deve stabilire così la punteggiatura, quasi fosse una sola proposizione: lèvati, o Signore, salvami mio Dio, perché tu hai colpito tutti coloro che mi avversavano senza motivo. Non lo salva per questo, perché ha colpito i suoi nemici; ma piuttosto li ha colpiti dopo averlo salvato. Si riferisce insomma alle parole che seguono, in modo che il senso sia questo: poiché tu hai colpito tutti coloro che mi avversavano senza motivo, hai spezzato i denti dei peccatori; cioè hai rotto i denti dei peccatori, giacché hai colpito tutti i miei avversari. La pena dei nemici è dunque di avere i denti spezzati: cioè sono ridotte senza vigore e quasi in polvere le parole dei peccatori che con le maledizioni fanno a brani il Figlio di Dio; per denti s'intendono così le parole ingiuriose. Di questi denti l'Apostolo dice: ma se vi mordete l'un l'altro, badate a non distruggervi a vicenda 18. I denti dei peccatori possono essere interpretati anche come i capi dei peccatori, per la cui autorità taluno è strappato dalla comunità di coloro che vivono rettamente, e viene quasi incorporato a coloro che vivono nel male. A questi denti si oppongono i denti della Chiesa, per la cui autorità i credenti sono strappati dall'errore dei Gentili e delle dottrine eterogenee, e sono trapiantati in essa che è il corpo di Cristo. Con questi denti a Pietro fu detto di mangiare gli animali uccisi, 19 uccidendo cioè nelle genti quello che esse erano e tramutandole in ciò che egli era. A proposito di questi denti della Chiesa leggiamo: i tuoi denti sono come un gregge di pecore tosate che risale dal lavacro, le quali partoriscono tutte gemelli, e non v'è tra esse una sterile. 20 Tali sono coloro che insegnano rettamente e come insegnano così vivono: costoro obbediscono alle parole del Signore: splendano le vostre opere al cospetto degli uomini, affinché lodino il Padre vostro che è nei cieli. 21 Persuasi dalla autorità di costoro, gli uomini credono in Dio che parla ed opera per loro mezzo, e, separandosi dal secolo cui si erano conformati, si mutano in membra della Chiesa. Giustamente perciò costoro, per i quali tutto questo accade, sono chiamati denti simili a pecore tosate, perché hanno abbandonato i pesi delle cure terrene, e, risalendo dal lavacro, ossia purificati della lordura del secolo per mezzo del sacramento del battesimo, partoriscono tutti gemelli. Adempiono infatti ai due comandamenti, a proposito dei quali è scritto: in questi due precetti si riassume tutta la legge e i profeti; 22 amano Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, e il prossimo come se stessi. Nessuno tra essi è sterile, giacché rendono a Dio tali frutti. In questo senso dunque si debbono intendere le parole: Hai spezzato i denti dei peccatori; cioè hai privato di ogni forza i capi dei peccatori, colpendo tutti coloro che mi avversavano senza motivo. I capi infatti, secondo la narrazione evangelica, lo hanno perseguitato, mentre la folla degli umili lo onorava.

8. [v 9.] Dal Signore viene la salvezza, e sul tuo popolo la tua benedizione. In una sola proposizione ha insegnato agli uomini ciò in cui debbono credere, e ha pregato per i credenti. Dicendo infatti: del Signore è la salvezza, ha rivolto la parola agli uomini, ma non continua così: e sul suo popolo la sua benedizione, come per riferire tutto agli uomini; ma la preghiera si rivolge a Dio stesso a vantaggio del medesimo popolo cui è detto: del Signore è la salvezza. Cosa vuol dire dunque se non che nessuno presuma troppo di sé, giacché spetta al Signore salvare dalla morte del peccato? Dice infatti l'Apostolo: me infelice uomo; chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore 23. Quanto a te, o Signore, benedici il tuo popolo che spera salvezza da te.

La Chiesa è il Cristo totale.
9. [v 10.] Questo salmo può essere riferito anche in un altro senso alla persona di Cristo, nel senso cioè che egli quivi parli tutto intero: tutto intero dico, con il suo corpo di cui è capo, come dice l'Apostolo: voi siete infatti il corpo e le membra di Cristo 24. Egli è dunque il capo di questo corpo. Ecco perché altrove è detto: ma operando la verità nell'amore, ci accresciamo in ogni modo in lui che è il capo, Cristo, dal quale tutto il corpo è connesso e composto 25. Insieme dunque, nel profeta, parlano il Capo e la Chiesa costituita in tutto il mondo in mezzo alle tempeste delle persecuzioni, come sappiamo essere già accaduto: Signore, come si sono moltiplicati coloro che mi perseguitano! Molti insorgono contro di me desiderosi di sterminare il nome cristiano. Molti dicono alla mia anima: non c'è salvezza per lui nel suo Dio. Non spererebbero di poter distruggere in qualche modo la Chiesa così largamente diffusa, se credessero che Dio si prende cura di lei. Ma tu, o Signore, sei il mio assuntore: in Cristo, senza dubbio. Infatti anche la Chiesa, in quell'uomo, è stata assunta dal Verbo, che si è fatto carne e ha abitato tra noi 26: poiché ci ha fatto sedere insieme con lui 27 nelle sedi celesti. Quando il capo precede, le altre membra lo seguono. Infatti, chi ci separerà dall'amore di Cristo? 28 Giustamente perciò anche la Chiesa dice: sei il mio assuntore, la mia gloria. Non attribuisce a sé ciò in cui eccelle, comprendendo che è tale per grazia e misericordia di lui. Tu colui che rialza il mio capo: proprio quello stesso che, primogenito dai morti, è asceso in cielo. Con la mia voce ho gridato verso il Signore, e mi ha esaudito dal suo santo monte. Questa è la preghiera di tutti i santi, l'odore soavissimo che sale al cospetto del Signore. Ecco che già la Chiesa è esaudita dal monte stesso, che è anche il suo Capo: oppure è esaudita da quella giustizia di Dio dalla quale sono liberati i suoi eletti, e puniti i loro persecutori. Dica dunque anche questo, il popolo di Dio: Io ho dormito, e ho preso sonno, e mi sono destato, perché il Signore mi sorreggerà, per unirsi e stare stretto al suo Capo. A questo popolo infatti è detto: risvegliati tu che dormi, e sorgi dai morti, e Cristo ti sarà vicino 29; giacché è stato tratto dai peccatori, dei quali è detto in generale: coloro che dormono, di notte dormono 30. Dica anche: non avrò timore delle migliaia di genti che mi circondano, cioè delle genti che lo assediano per annientare, se fosse possibile, il nome cristiano ovunque esso si trovi. Ma come temere, quando l'ardore dell'amore per Cristo divampa, alimentato come da olio per il sangue dei martiri? Lèvati, o Signore, salvami, mio Dio. Il corpo può dire questo al suo stesso Capo, perché è stato salvato nell'elevazione di quello che è sceso in alto, ha fatto prigioniera la schiavitù, ha dato doni agli uomini 31. Il profeta così si esprime riferendosi alla predestinazione, per la quale quella messe matura, di cui si parla nel Vangelo 32, depose a terra il Signore nostro, e la cui salvezza è nella resurrezione di colui che si è degnato di morire per noi. Poiché tu hai colpito tutti coloro che mi avversavano senza motivo, hai spezzato i denti dei peccatori. Mentre ormai regna la Chiesa, i nemici del nome cristiano sono colpiti dalla confusione, e sono rese vane sia le loro macchinazioni calunniose, sia il loro potere. Abbiate dunque fede, uomini, perché del Signore è la salvezza; e sia, o Signore, sul tuo popolo la tua benedizione.

10. [v 11.] Anche ciascuno di noi può dire, quando la folla dei vizi delle passioni tenta di trascinare l'anima riluttante sotto la legge del peccato: Signore, come si sono moltiplicati coloro che mi perseguitano, molti insorgono contro di me. E poiché per lo più accade che si insinua la disperazione nella salvezza con l'accumularsi dei vizi - questi infatti prendon quasi d'assalto l'anima, e il diavolo e i suoi angeli operano con le loro funeste suggestioni alla nostra disperazione - con molta verità è detto: molti dicono alla mia anima: non c'è salvezza per lui nel suo Dio. Ma tu, o Signore, sei il mio assuntore. Questa è la speranza, perché [Dio] si è degnato di assumere la natura umana in Cristo. Mia gloria, per quel principio secondo il quale nessuno deve attribuire alcunché a se medesimo. E colui che rialza il mio capo, cioè colui che è il Capo di tutti noi, oppure lo spirito di ognuno di noi che è il capo dell'anima e della carne. Infatti capo della donna è l'uomo e capo dell'uomo è Cristo 33. Orbene, la mente si leva in alto quando si può dire: con la mente servo la legge di Dio 34, in modo che tutte le altre cose dell'uomo si sottomettano in pace, dal momento che già la morte è assorbita nella vittoria con la risurrezione della carne 35. Con la mia voce ho gridato verso il Signore, con quella voce intima e intensissima. E mi ha esaudito dal suo santo monte: da parte di quello stesso per cui mezzo ci ha soccorso e con la cui mediazione ci esaudisce. Io ho dormito e ho preso sonno, e mi sono destato, giacché il Signore mi sorreggerà. Quale fedele non può dire queste parole, ripensando alla morte dei suoi peccati e al dono della rigenerazione? Non avrò timore delle migliaia di persone che mi circondano. Senza contare le calamità che in tutto il mondo ha affrontato e affronterà la Chiesa, anche ciascuno di noi è circondato da tentazioni, dinanzi al cui assedio dice: lèvati, o Signore, salvami, mio Dio, cioè fammi risorgere. Le parole: poiché tu hai colpito tutti coloro che mi avversavano senza motivo, sono giustamente dette - riferendosi alla predestinazione - del diavolo e degli angeli suoi, che non solo incrudeliscono contro il corpo di Cristo nel suo complesso, ma anche in particolare, contro ciascuno dei suoi membri. Hai spezzati i denti dei peccatori. Ciascuno ha chi lo maledice; ed ha anche chi gli è maestro di vizi e tenta di strapparlo dal corpo di Cristo. Ma del Signore è la salvezza. Dobbiamo guardarci dalla superbia e dobbiamo dire: si è unita a te l'anima mia 36. E sul tuo popolo la tua benedizione, cioè su ciascuno di noi.
Pedro

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12/02/2012 17:58
 
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SUL SALMO 4
ESPOSIZIONE

Salmi e cantici.
1. [v 1.] Per la fine, salmo cantico di David. Cristo è fine della legge a giustificazione di ogni credente 1. Infatti qui fine significa perfezione, non consunzione. Ci si può chiedere se ogni cantico sia un salmo, o piuttosto ogni salmo un cantico; oppure ancora se vi sono alcuni cantici che non possono essere detti salmi, e salmi che non possono essere detti cantici. Dobbiamo considerare le Scritture, se per caso cantico non significhi letizia. Sono detti salmi quelli che sono cantati col salterio, di cui - tramanda la storia - il profeta David si serviva nei sacri misteri 2. Non è il caso qui di discutere di questo, perché sarebbe necessaria una lunga indagine e una prolungata dissertazione. Dobbiamo per ora considerare le parole dell'Uomo del Signore, dopo la risurrezione, oppure dell'uomo che crede nella Chiesa e spera in lui.

La preghiera di Cristo.
2. [v 2.] Quando l'ho invocato, mi ha esaudito il Dio della mia giustizia. Quando lo invocavo - è detto - mi ha esaudito Dio, dal quale deriva la mia giustizia. Nella tribolazione mi hai allargato il cuore: dalle angustie della tristezza mi hai condotto nella larghezza della gioia; poiché c'è tribolazione e angustia nell'anima di ogni uomo che opera il male 3. Ma colui che dice: rallegriamoci nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione genera la pazienza, con quel che segue, fino alle parole: perché la carità di Dio è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato 4, non ha il cuore in angustie, anche se esteriormente è angustiato dai persecutori. Il cambiamento di persona - col passare dalla terza persona, ha esaudito, subito alla seconda, mi hai allargato il cuore - se non ha lo scopo di rendere vario e armonioso il discorso, è piuttosto strano; è come se avesse infatti voluto dapprima mostrare agli uomini di essere stato esaudito, e poi rivolgersi a colui che lo ha esaudito. A meno che avendo indicato in qual modo è stato esaudito nella stessa dilatazione del cuore, abbia preferito parlare con Dio, così da mostrare anche in questo modo che cosa sia avere il cuore dilatato, cioè avere infuso nel cuore quel Dio con il quale parla in segreto. Giustamente perciò si applica questo alla persona di colui che, credendo in Cristo, è illuminato; non vedo però in quale modo tutto questo possa applicarsi alla persona stessa dell'Uomo del Signore, che la Sapienza di Dio ha assunto. Non è stato infatti da tale Sapienza qualche volta abbandonato. Ma siccome la stessa preghiera di lui è piuttosto una riprova della nostra debolezza, così anche di questo improvviso dilatarsi del cuore lo stesso Signore può parlare a nome dei suoi fedeli, la cui persona si è addossata anche quando ha detto: ero affamato, e non mi avete nutrito; ero assetato, e non mi deste da bere 5, con quel che segue. Ecco perché può dire anche qui hai dilatato a me a nome di uno dei suoi più piccoli che parla con Dio, la cui carità ha diffusa nel cuore grazie allo Spirito Santo che ci è stato donato 6. Abbi pietà di me, ed esaudisci la mia preghiera. Perché prega di nuovo, quando ha già dichiarato di essere stato esaudito e di essere stato tolto dalle angustie? Prega a cagion nostra, dato che di noi è detto: ma se speriamo ciò che non vediamo, con pazienza aspettiamo 7, oppure perché in colui che ha creduto sia portato a termine quanto ha avuto inizio.

La beatitudine della verità.
3. [v 3.] Figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore? Concediamo che il vostro errore si sia protratto fino all'avvento del Figlio di Dio: ma perché siete anche ora duri di cuore? Quando giungerete alla fine delle menzogne, se, mentre la verità è presente, non la possedete? Perché amate la vanità e cercate la menzogna? Come volete essere beati nelle cose più infime? Rende beati solo la Verità, per la quale tutte le cose sono vere. Infatti, vanità delle vanità e tutto è vanità 8. Cosa resta all'uomo di tutto il suo affaticarsi, con il quale egli sotto il sole si affatica? 9 Perché dunque rimanete così schiavi dell'amore alle cose temporali? Perché inseguite cose infime quali la vanità e la menzogna, come se fossero le prime? Desiderate infatti che restino con voi quelle cose che, tutte, passano come se fossero ombre.

4. [v 4.] E sappiate che il Signore ha fatto mirabile il suo Santo: chi è, se non Colui che ha risuscitato dagli inferi, e ha collocato in cielo alla sua destra? È dunque rimproverato il genere umano, affinché dall'amore di questo mondo si converta finalmente a lui. Se qualcuno si stupisce per la congiunzione premessa all'inizio, là dove si dice: e sappiate, si può facilmente osservare nelle Scritture che questo modo di esprimersi è familiare nel linguaggio dei profeti. Trovi infatti spesso un inizio del genere: e il Signore disse a lui, e la parola del Signore a lui fu rivolta. Probabilmente questa connessione indicata dalla congiunzione - mentre non precede una sentenza cui sia connessa la successiva - forse suggerisce in modo mirabile che l'espressione della verità con la parola è unita a quella visione che si manifesta nel cuore. Si potrebbe dire peraltro qui che la frase precedente: perché amate la vanità e cercate la menzogna, è disposta così come per dire: non amate la vanità e non cercate la menzogna. Dopo aver detto questo, segue logicamente: e sappiate che il Signore ha fatto mirabile il suo Santo. Ma ci vieta di unire questa proposizione con la precedente il diapsalma posto in mezzo; per alcuni si tratta di una parola ebraica, che significa: Sia fatto; per altri di un termine greco, con cui si indica un intervallo nel salmeggiare, nel senso che salmo è ciò che è cantato, mentre diapsalma è la pausa interposta nel canto; ne segue che come synsalma indica l'unione di più voci nel canto, così diapsalma indica la loro separazione, nella quale una certa sosta segna un passaggio nella continuità. Ebbene, sia questo o quello il significato, oppure sia un altro, è certamente credibile che è errato continuare a collegare il senso del concetto laddove si interpone il diapsalma.

Come pregare.
5. Il Signore mi esaudirà quando avrò gridato verso di lui. Credo che qui noi siamo esortati a implorare l'aiuto di Dio con grande intensità di cuore, cioè con il grido interiore dello spirito. Infatti, come dobbiamo rendere grazie per l'illuminazione in questa vita, così dobbiamo pregare per il riposo [eterno] dopo questa vita. Ecco perché, o dalla voce del fedele che annunzia il Vangelo o dalla voce stessa del Signore, dobbiamo intendere queste parole come se fosse detto: il Signore vi esaudirà quando avrete gridato verso di lui.

La penitenza.
6. [v 5.] Adiratevi, e non peccate. Qualcuno infatti potrebbe obiettare: chi è degno di essere esaudito, o in qual modo il peccatore non invoca invano il Signore? Perciò adiratevi - è detto - e non peccate. Queste parole possono essere intese in due modi: o, anche se vi adirate, non peccate, cioè, anche se sorge in voi un movimento dell'anima che non potete più padroneggiare a cagione della condanna del peccato, almeno ad esso non consentano la ragione e lo spirito, che nell'intimo è rigenerato da Dio, in modo da servire con lo spirito alla legge di Dio 10, anche se con la carne serviamo ancora alla legge del peccato; ovvero: fate penitenza, cioè adiratevi con voi stessi per i peccati trascorsi, e cessate di peccare per l'avvenire. E quelle cose che dite nei vostri cuori: è sottinteso "ditele", in modo che la frase completa sia questa: ciò che dite, ditelo nei vostri cuori, cioè non siate quel popolo a proposito del quale è detto: con le labbra mi onorano, ma il loro cuore è lontano da me 11. Abbiate compunzione nei vostri giacigli: cioè, come già è stato detto, nei cuori. Questi infatti sono i recessi dei quali ci parla anche il Signore, affinché entrati in essi preghiamo dopo aver chiuso le porte 12. E abbiate compunzione si riferisce, o al dolore della penitenza con il quale l'anima trafigge se stessa per punirsi onde non subire il supplizio che seguirebbe alla condanna di Dio nel giorno del giudizio; oppure al dovere di stimolarsi quasi con pungoli per vegliare e vedere la luce di Cristo. Peraltro alcuni dicono che si legge più opportunamente non abbiate compunzione ma apritevi: infatti nel salterio greco si legge che concerne quel dilatarsi del cuore che permette di accogliere l'amore che si diffonde per mezzo dello Spirito Santo.

7. [v 6.] Immolate il sacrificio di giustizia, e sperate nel Signore. Lo stesso concetto è espresso in un altro salmo: sacrificio a Dio è lo spirito contrito 13. Ecco perché non è errato intendere che il sacrificio di giustizia è quello che si compie per mezzo della penitenza. Cosa c'è infatti di più giusto che ciascuno si adiri più per i propri peccati, che non per quelli altrui, e si immoli a Dio punendo se stesso? Oppure, sacrificio di giustizia sono le opere giuste compiute dopo la penitenza? Il diapsalma posto in mezzo, suggerisce forse opportunamente anche il passaggio dalla vita antica alla vita nuova; di modo che soppresso o ridotto impotente il vecchio uomo grazie alla penitenza, il sacrificio di giustizia sia offerto a Dio secondo la rigenerazione dell'uomo nuovo, quando la stessa anima già purificata si offre e si pone sull'altare della fede, per essere posseduta dal fuoco divino, cioè dallo Spirito Santo. Per cui il senso è questo: immolate il sacrificio di giustizia, e sperate nel Signore, cioè vivete rettamente e sperate nel dono dello Spirito Santo, affinché vi illumini la verità nella quale avete creduto.

Presenza interiore di Cristo.
8. [v 7.] Tuttavia sperate nel Signore resta ancora una espressione oscura. Ma che cosa si spera, se non il bene? Siccome però ciascuno vuole ottenere da Dio quel bene che ama, e difficilmente si trova chi ami i beni interiori - cioè quelli che riguardano l'uomo interiore, i soli che debbono essere amati, mentre gli altri debbono essere soltanto usati per necessità, e non fruiti per goderne -, mirabilmente, dopo aver detto: sperate nel Signore, soggiunge: molti dicono: chi ci farà vedere il bene? Queste parole e questa domanda ricorrono quotidianamente sulla bocca di tutti gli stolti e gli empi, sia di quelli che desiderano la pace e la tranquillità nella vita del secolo e non la trovano a cagione della perversità del genere umano, i quali osano persino accusare - ciechi - l'ordine delle cose perché credono, tutti presi dai loro meriti, che i tempi presenti siano peggiori di quelli trascorsi; sia di coloro che dubitano o disperano della stessa vita futura che ci è promessa, e perciò dicono spesso: chissà se è vero? Oppure: chi è venuto dall'inferno per annunziarci tali cose? Ebbene, in modo magnifico e conciso, ma solo per chi vede nell'intimo, [il salmista] mostra quali beni debbono essere ricercati. Alla domanda di quanti dicono: chi ci mostra il bene? risponde: è impressa in noi la luce del tuo volto, o Signore. Questa luce è il completo e vero bene dell'uomo, che si vede non con gli occhi ma con lo spirito. È impressa, ha detto, in noi, così come nel denaro è impressa l'immagine del re. Perché l'uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio 14, e questa peccando ha corrotto; il suo bene perciò è vero ed eterno, se rinascendo gli viene impresso. Credo che questo, come alcuni interpretano con cautela, si riferisca a ciò che il Signore dice, vedendo la moneta di Cesare: date a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio 15. È come se dicesse: allo stesso modo con cui Cesare esige da voi l'impressione della sua immagine così la esige anche Dio; per cui, come si ridà a Cesare la moneta, così si ridà a Dio l'anima illuminata e impressa dalla luce del suo volto. Hai messo la gioia nel mio cuore. Non dobbiamo dunque cercare la gioia fuori, presso coloro che, ancora duri di cuore, amano la vanità e ricercano la menzogna, ma dentro, ove è impressa la luce del volto di Dio. Cristo abita infatti nell'uomo interiore 16, dice l'Apostolo; e spetta dunque all'uomo interiore vedere la verità, dato che [il Signore] ha detto: Io sono la verità 17. E quando [Cristo] parlava nell'Apostolo, che poteva dire: volete forse ricevere una prova che Cristo parla in me? 18, certamente non gli parlava esteriormente, ma nel suo stesso cuore, cioè in quel recesso in cui si deve pregare 19.

9. [vv 8.9.] Ma gli uomini che inseguono le cose temporali - e certamente sono molti - non sanno dire altro se non chi ci mostrerà il bene, perché non sono capaci di vedere i veri e sicuri beni entro se stessi. Di conseguenza molto giustamente di costoro dice il salmista quanto segue: nel tempo del frumento, del vino e dell'olio loro, si sono moltiplicati. Non è oziosa l'aggiunta loro. C'è infatti anche il frumento di Dio, che è appunto il pane vivo che discende dal cielo 20. E c'è pure il vino di Dio, perché - è detto - si inebrieranno nell'abbondanza della tua casa 21. Neppure manca l'olio di Dio, a proposito del quale è detto: ungesti nell'olio il mio capo 22. Ma questi, e sono molti, che dicono: chi ci farà vedere il bene?, e non vedono che dentro di loro sta il regno dei Cieli 23, nel tempo del frumento, del vino e dell'olio loro, si sono moltiplicati. Infatti, non sempre il moltiplicarsi significa abbondanza; talvolta significa scarsezza; quando l'anima dedita ai piaceri terreni brucia sempre di cupidigia, e non può saziarsi ed è impedita da molteplici e tumultuosi pensieri, lo schietto bene non si lascia scorgere: tale è quella anima di cui è detto: perché il corpo corruttibile appesantisce l'anima, e la dimora terrena opprime la mente agitata da molti pensieri 24. Quest'anima, nel passare e nell'avvicendarsi dei beni terreni, cioè nel tempo del frumento, del vino e dell'olio suo, si è a tal punto colmata e "moltiplicata" in fantasmi senza numero, che non può più compiere quanto le è ordinato: nutrite sentimenti buoni rispetto a Dio e cercatelo in semplicità di cuore 25. Questa molteplicità è infatti duramente opposta a quella semplicità. E perciò, abbandonati costoro - e sono molti - apertamente moltiplicati nella cupidigia delle cose terrene, e che dicono: chi ci mostrerà il bene? (dato che il bene si deve cercare non all'esterno, ma nell'intimo e con semplicità di cuore) l'uomo fedele esulta e dice: in pace, nello stesso momento mi addormenterò, e prenderò sonno. A ragione siffatti spiriti possono sperare il totale distacco dalle cose mortali e l'oblio delle miserie del secolo, distacco e oblio che sono convenientemente e in senso profetico raffigurati nelle parole addormentarsi e sonno, in cui la completa pace non può essere interrotta da nessuno strepito. Tutto questo non si ottiene però in questa vita, ma dobbiamo sperarlo nell'altra. Lo dimostrano le parole stesse, perché sono al tempo futuro. Non dice infatti: mi sono addormentato e ho preso sonno, oppure mi addormento e prendo sonno, ma mi addormenterò e prenderò sonno. Allora questo corpo corruttibile si rivestirà di incorruttibilità, e questo corpo mortale sarà rivestito di immortalità; allora la morte sarà assorbita nella vittoria 26. Ecco perché l'Apostolo dice: ma se speriamo ciò che non vediamo, con pazienza aspettiamo 27.

10. [v 10.] Per questo, opportunamente aggiunge per ultimo: perché tu solo, o Signore, mi hai fatto abitare nella speranza. Qui non dice: farai; ma dice: hai fatto. In ciò in cui consiste già questa speranza, vi sarà certamente anche quello che si spera. Giustamente dice: singolarmente. Possiamo considerarlo come opposto a quei molti i quali, moltiplicati nel tempo del loro frumento, del loro vino e del loro olio, dicono: Chi ci mostrerà il bene? Questa molteplicità infatti perisce, e invece resta salda l'unità nei santi, a proposito dei quali leggiamo negli Atti degli Apostoli: ma nella moltitudine dei credenti una era l'anima e uno il cuore 28. Dobbiamo dunque essere soli e semplici, cioè isolati dalla folla e dalla turba delle cose che nascono e muoiono, innamorati dell'eternità e dell'unità, se bramiamo essere stretti all'unico Dio e Signore nostro.
Pedro

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12/02/2012 17:59
 
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SUL SALMO 5
ESPOSIZIONE

I Cristiani eredità di Dio.
1. [v 1.] Ecco il titolo del salmo: per colei che riceve l'eredìtà. Si tratta dunque della Chiesa che riceve in eredità la vita eterna per mezzo di nostro Signore Gesù Cristo, in modo che essa possiede Dio stesso, aderisce a lui, trova in lui la sua felicità secondo quanto sta scritto: Beati i miti perché essi possederanno in eredità la terra 1. Quale terra, se non quella di cui è detto: la mia speranza sei tu, la mia porzione nella terra dei viventi 2? E più apertamente: Il Signore è parte della mia eredità e della mia coppa 3. A sua volta anche la Chiesa è detta eredità di Dio, nelle parole: chiedi a me, e ti darò le genti in tua eredità 4. Dunque Dio è detto nostra eredità, perché ci nutre e ci fa vivere; e noi siamo detti eredità di Dio perché egli si prende cura di noi e ci guida. Ecco perché [notiamo] in questo salmo la voce della Chiesa, chiamata all'eredità per divenire essa stessa eredità del Signore.

2. [v 2.] Presta orecchio alle mie parole, Signore. Colei che è chiamata, chiama il Signore, per potere, con il suo aiuto, passare oltre la malvagità di questo secolo e giungere a lui. Intendi il mio grido. Si comprende bene quale sia questo grido, e come esso giunga a Dio, senza suono di voce corporale, dall'intimo recesso del cuore; infatti la voce del corpo si ode, e quella spirituale si intende. Benché così si possa dire anche del prestare orecchio da parte di Dio, che si attua non con l'orecchio della carne, ma con la presenza della maestà.

La Trinità.
3. [v 3.] Bada alla voce della mia supplica, cioè alla voce che chiede che Dio intenda. Già ha fatto capire quale sia questa voce dicendo: intendi il mio grido. Bada alla voce della mia supplica, mio Re e mio Dio. Benché il Figlio sia Dio e Dio il Padre, ed insieme il Padre ed il Figlio siano un solo Dio, e se ci richiedono sullo Spirito Santo, niente altro dobbiamo rispondere se non che è Dio, e quando insieme sono nominati il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo niente altro si deve intendere se non che si tratta di un solo Dio, tuttavia le Scritture sono solite chiamare Re il Figlio. Giustamente poi, dato che il Signore ha detto: per me si va al Padre 5, il salmista dice prima mio Re, poi Dio mio. E non dice: intendete, ma: intendi. La fede cattolica non predica infatti due o tre dèi, ma la stessa Trinità, unico Dio: e non nel senso che la stessa Trinità possa essere ora detta Padre, ora Figlio, ed ora Spirito Santo, come credeva Sabellio; ma in modo che il Padre non sia altri che il Padre, il Figlio non sia altri che il Figlio, lo Spirito Santo non sia altri che lo Spirito Santo, e questa Trinità non sia altri che l'unico Dio. Infatti quando l'Apostolo disse: da Lui ogni cosa, per Lui ogni cosa, in Lui ogni cosa 6, crediamo che si riferiva proprio alla stessa Trinità; non aggiunse pertanto: a Loro la gloria, ma: a Lui la gloria.

La speranza delle cose invisibili.
4. [v 4.] Giacché a te innalzerò la mia preghiera, o Signore, al mattino esaudirai la mia voce. E perché prima ha detto esaudisci, come se desiderasse essere esaudito al presente, mentre ora dice: al mattino esaudirai, e non: esaudisci, e ancora: a te pregherò e non: a te prego; e più avanti al mattino mi presenterò a te e vedrò, e non: mi presento e vedo, se non per il fatto che la precedente preghiera indica la medesima invocazione? Ma, vedendosi addensare d'intorno le tenebre in mezzo alle tempeste di questo secolo, si accorge di non vedere quanto brama, e tuttavia non cessa di sperare. Infatti la speranza che si vede, non è speranza 7. Comprende tuttavia per quale motivo non vede, perché non è ancora trascorsa la notte, cioè quelle tenebre meritate dai peccati. Dice dunque: giacché a te pregherò, Signore, ossia: sei tanto grande tu al quale io pregherò, che al mattino esaudirai la mia voce. E vuol dire: Tu non sei tale da esser veduto da coloro dai cui occhi la notte dei peccati non si è ancora allontanata; ebbene, passata la notte del mio errore e ritirandosi le tenebre che ho fatto scendere su di me con i miei peccati, esaudirai la mia voce. Perché dunque non ha detto prima: esaudirai, ma ha detto: esaudisci? Forse perché, dopo aver gridato esaudisci e non essere stata esaudita, si è resa conto di quel che deve trascorrere per poter essere esaudita? Oppure è stata prima esaudita, ma non se ne è ancora accorta, perché non vede ancora da chi è stata esaudita: e quando ora dice: al mattino esaudirai, vuol fare intendere che al mattino capirà di essere stata esaudita? Allo stesso modo dice: sorgi, Signore 8, intendendo: fammi risorgere, le quali parole son riferite alla resurrezione di Cristo. Per lo stesso motivo certamente non possono essere interpretate correttamente in altro modo le parole: il Signore Dio vostro vi mette alla prova, per sapere se lo amate 9, se non nel senso: affinché voi, per suo mezzo, conosciate - ed a voi stessi si faccia manifesto - quanto avete progredito nell'amore di lui.

5. [vv 5-7.] Al mattino mi presenterò a te e vedrò. Che vuol dire mi presenterò? Vuol dire che non giacerò. Ma che altro è giacere se non riposarsi in terra, cioè ricercare la felicità nei piaceri terreni? Mi presenterò, dice, e vedrò. Non dobbiamo dunque tenerci stretti alle cose terrene, se vogliamo vedere Dio che si vede col cuore puro. Poiché tu non sei un Dio che ami l'iniquità. Non abiterà presso di te il maligno, né gli ingiusti resisteranno dinanzi ai tuoi occhi. Hai odiato tutti coloro che operano l'iniquità, perderai tutti coloro che dicono menzogna. Il Signore abominerà l'uomo sanguinario e fraudolento. L'iniquità, la malignità, la menzogna, l'omicidio, la frode ed ogni delitto di questo genere sono la notte stessa, trascorsa la quale viene il mattino, affinché si possa vedere Dio. Ha spiegato dunque il motivo per cui si presenterà al mattino e vedrà, poiché tu non sei un Dio che ami l'iniquità: se fosse infatti un Dio che vuole l'ingiustizia, potrebbe essere visto anche dagli iniqui, e non lo si potrebbe vedere unicamente al mattino, cioè una volta trascorsa la notte dell'iniquità.

6. Non abiterà presso di te il maligno, cioè non vedrà così da unirsi a te. Per questo continua: né gli iniqui resisteranno dinanzi ai tuoi occhi. I loro occhi infatti, ossia la loro mente è come abbagliata dalla luce della verità a cagione delle tenebre dei peccati, per la consuetudine dei quali non possono sopportare lo splendore della retta intelligenza. Di conseguenza anche coloro che talvolta vedono, cioè che intendono la verità, tuttavia restano ancora ingiusti, e non resistono perché amano le cose che li distolgono dalla verità: portano infatti con sé la loro notte, ossia non soltanto l'abitudine, ma anche l'amore del peccato. Se questa notte avrà fine, cioè se desisteranno dal peccare e saranno fugati quell'amore e quella consuetudine, si farà mattina, tanto che non solo comprenderanno ma anche aderiranno alla verità.

La menzogna.
7. Hai in odio tutti coloro che operano l'iniquità. L'odio di Dio va inteso secondo la espressione con cui diciamo che ogni peccatore odia la verità: sembra infatti che anche la verità nutra odio per coloro cui non consente di restare in lei. In realtà non restano in lei quanti non sono in grado di sopportarla. Perderai tutti coloro che dicono menzogna. Infatti la menzogna è l'opposto della verità. Ma, affinché nessuno pensi che vi sia qualche sostanza o natura contraria alla verità, dobbiamo comprendere che la menzogna compete a ciò che non è, non a ciò che è. Infatti, ciò che è detto essere, è verità; mentre è menzogna ciò che è detto non essere. Ecco perché dice: perderai tutti quelli che dicono menzogna, perché, allontanandosi da ciò che è, ripiegano in ciò che non è. Senza dubbio molte menzogne appaiono [esser state dettate] non da malizia, ma da bontà, per la salvezza o per l'interesse di qualcuno, come quelle delle levatrici di cui [si narra] nell'Esodo che annunziarono il falso al Faraone 10 per evitare che fossero uccisi i bambini dei figli di Israele. Anch'esse però sono lodate, non per il fatto in sé, ma per la loro intenzione; del resto coloro che mentono soltanto in questo modo meriteranno un giorno di essere liberati da ogni menzogna. Nei perfetti, infatti, non si trovano neppure menzogne di questo genere: a proposito di costoro è detto: sia nella vostra bocca: sì, sì; no, no; tutto quanto è di più viene dal maligno 11. E altrove non senza ragione leggiamo: la bocca che mente uccide l'anima 12, affinché nessuno creda che l'uomo perfetto e spirituale debba mentire per salvare questa vita temporale, per la cui morte non viene a spegnersi l'anima: né la sua né quella del prossimo. Ma, siccome altro è mentire e altro nascondere il vero, cioè altro è dire il falso e altro tacere la verità, se per caso qualcuno non vuole consegnare un suo simile a questa morte temporale, deve esser pronto a celare la verità, non a dire il falso: così non tradirà e non mentirà, in modo da non uccidere la sua anima al posto del corpo di un altro. Ma se non può fare neppure questo, almeno usi unicamente delle menzogne adeguate a questa necessità in modo che anche da queste, se son rimaste le uniche, meriti di esser liberato e di ricevere il vigore dello Spirito Santo per poter disprezzare tutto quanto deve sopportare in nome della verità. Vi sono solo due generi di menzogna che non comportano grave colpa, e che tuttavia non ne sono esenti: quando scherziamo, oppure diciamo il falso per giovare a qualcuno. Nel primo caso, scherzando, la menzogna non è troppo dannosa, perché non trae in inganno: colui che la ascolta, sa infatti che è detta per giuoco. Nel secondo caso, poi, è ancora più compatibile perché contiene una certa bontà. Anzi, quando non vi è doppiezza di cuore, neppure si può dire che vi sia menzogna: come, ad esempio, nel caso in cui sia affidata una spada a qualcuno con la promessa di restituirla quando chi gliel'ha data la richiederà; ma se [il proprietario della spada] la richiede mentre è in preda all'ira, è chiaro che in tal caso non deve essergli restituita, finché non è tornato padrone di sé, nel timore che uccida se stesso o altri. Qui non vi è doppiezza di cuore, perché colui cui è stata affidata la spada, nel promettere di restituirla alla richiesta del proprietario, non pensava che questi avrebbe potuto esigerla mentre era in preda alla collera. E del resto, anche il Signore celò la verità, allorché disse al discepoli non ancora preparati: molte cose ho da dirvi, ma ora non potete sopportarle 13, e l’apostolo Paolo nel dire: non ho potuto parlare a voi come a uomini spirituali, ma come a carnali 14. È chiaro dunque che non è una colpa tacere qualche volta la verità. Non ci risulta però che sia permesso ai perfetti dire il falso.

8. [vv 7.8.] Il Signore abominerà l'uomo sanguinario e fraudolento. Può sembrare una ripetizione di quanto è detto prima: Hai in odio tutti coloro che operano l'iniquità, perderai tutti coloro che dicono menzogna, in modo da riferire l'appellativo uomo sanguinario a colui che opera iniquità, e l'aggettivo fraudolento a colui che dice menzogna. La frode, infatti, consiste nel compiere una cosa e nel simularne un'altra. Ha usato un conveniente termine, dicendo abominerà: infatti i diseredati sono soliti esser detti abominati. Ma questo salmo è per colei che riceve l'eredità, la quale subito dopo manifesta la gioia della sua speranza, dicendo: io invece, nella moltitudine della tua misericordia, entrerò nella tua casa. Nella moltitudine della misericordia significa forse nella folla degli uomini perfetti e beati, i quali costituiranno quella città che la Chiesa ora genera e a poco a poco dà alla luce. Come negare che la folla degli uomini rigenerati e perfetti è chiamata giustamente moltitudine della misericordia di Dio, quando con grande verità è detto: che cosa è l'uomo, perché tu ti ricordi di lui, o il figlio dell'uomo che tu ti prenda cura di lui? 15 Entrerò nella tua casa, io credo che sia detto come per intendere una pietra che si colloca nell'edificio. Che cos'altro è la casa di Dio, se non il tempio di Dio, del quale è detto: Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi 16? E la pietra angolare 17 di questo edificio è Colui che ha assunto la Potenza coeterna del Padre e la Sapienza di Dio.

9. Mi prosternerò verso il tuo santo tempio, nel tuo timore. Intendiamo verso il tempio come se dicesse presso il tempio. Non dice: mi prosternerò nel tuo santo tempio, ma: mi prosternerò verso il tuo santo tempio. E queste parole si intendono riferite non alla perfezione, ma al progresso verso la perfezione, in modo che entrerò nella tua casa significa appunto la perfezione; ma, per pervenire a tanto, prima mi prosternerò - è detto - verso il tuo santo tempio. Proprio per questo forse ha aggiunto: nel tuo timore, perché il timore è una grande protezione per chi avanza verso la salvezza. Quando vi sarà giunto, si compiranno in lui le parole: l'amore perfetto caccia fuori il timore 18, perché non temono più l'amico coloro ai quali è detto: non vi chiamerò più servi, ma amici 19, quando saranno stati condotti a ciò che è stato loro promesso.

10. [vv 9.10.] Signore guidami nella tua giustizia a cagione dei miei nemici. Qui chiaramente ha dimostrato di essere in cammino, cioè in via di avanzamento verso la perfezione, non ancora nella perfezione medesima, in quanto supplica di esservi guidato. Nella tua giustizia dice, non in quella che sembra tale agli uomini: infatti, anche rendere male per male sembra giustizia: ma non è la giustizia di Colui del quale è detto che fa sorgere il suo sole sopra i buoni e i malvagi 20. Dio infatti, anche quando punisce i peccatori, non infligge loro un male suo, ma li abbandona ai loro mali. Ecco - dice - ha partorito ingiustizia, ha concepito sventura e generato iniquità; ha aperta una buca e l'ha scavata ed è caduto nella fossa che ha fatta; il suo male ricadrà sul suo capo, e discenderà sulla sua testa la sua iniquità 21. Dunque, quando Dio punisce, punisce come giudice coloro che hanno trascurata la legge, non cagionando loro un male che deriva da Lui stesso, ma ricacciandoli in ciò che essi medesimi hanno scelto per colmare la somma delle loro miserie. L'uomo invece, quando restituisce male per male, lo fa con intenzione malvagia: per questo egli stesso per primo è malvagio, mentre vuole punire il male.

11. Dirigi al tuo cospetto il mio cammino. Qui è ben chiaro che egli raccomanda il tempo in cui avanza: si tratta infatti di un cammino che non passa attraverso i luoghi della terra, ma attraverso i sentimenti dell'animo. Dice: al tuo cospetto dirigi il mio cammino, per quella via cioè che non vede nessuno degli uomini, ai quali non si deve credere né quando lodano né quando offendono; infatti in nessun modo gli uomini possono dare giudizi sulla coscienza altrui, nella quale appunto si svolge il cammino verso Dio. Per questo aggiunge: giacché la verità non è sulla loro bocca, sulla bocca cioè di coloro ai cui giudizi non si deve prestare fede e quindi occorre trovar rifugio dentro la coscienza e al cospetto di Dio. Il loro cuore è vano. Come può essere la verità sulla bocca di coloro il cui cuore si inganna a proposito del peccato e della pena del peccato? Ne consegue che nuovamente gli uomini sono richiamati da quella voce: perché amate la vanità e cercate la menzogna? 22

12. [v 11.] Sepolcro spalancato è la loro gola. Possiamo riferire queste parole a significare la voracità, per la quale sovente gli uomini mentono a scopo di adulazione. Mirabilmente ha detto: sepolcro spalancato, perché quella voracità sta sempre a bocca aperta, non come i sepolcri i quali, una volta accolti i cadaveri, sono sigillati. Si può anche intendere che attirano a sé, con la menzogna e con la sottile adulazione, coloro che inducono a peccare, ed in certo modo li divorano spingendoli al loro modo di vivere. E poiché ad essi avviene di morire nel peccato, giustamente vengono chiamati sepolcri spalancati coloro dai quali sono indotti a peccare: infatti sono anch'essi in un certo qual modo morti, non avendo in sé la vita della verità; e in se medesimi accolgono come morti coloro che, uccisi dalle parole fallaci e dal cuore vano, rendono simili a se stessi. Con le loro lingue tramavano inganni; cioè con lingua malvagia, poiché questo sembra indicare con quel loro, dato che i malvagi hanno lingue malvage, cioè dicono cose cattive nel tessere inganni. Ad essi il Signore dice: come potete dire cose buone, dato che siete malvagi? 23

13. Giudicali, o Dio, falliscano nei loro disegni. È una profezia, non una maledizione. Non esprime infatti il desiderio che così accada, ma vede ciò che accadrà: e ciò accade loro non perché egli sembra averlo desiderato, ma perché essi sono tali da meritare che così accada. Nello stesso senso, infatti, anche le parole che seguono: si rallegrino tutti coloro che sperano in te, sono dette in senso profetico, in quanto vede che costoro si allieteranno. Pure in senso profetico è stato detto: ridesta la tua potenza e vieni 24, poiché vedeva che sarebbe avvenuto. Quantunque le parole: falliscano nei loro disegni, possano essere intese anche altrimenti: - si può infatti credere che egli desideri ancor di più proprio che essi desistano dai loro malvagi pensieri, cioè non pensino più cose malvage, - peraltro questa interpretazione ci è vietata dalle parole che seguono: cacciali via. In nessun modo possiamo intendere in senso buono, il fatto che qualcuno sia scacciato da Dio. Ecco perché si intende in senso profetico e non come una maledizione quanto qui si dice: è qui additato che necessariamente così accadrà, a coloro che avranno preferito perseverare nei peccati qui menzionati. È dunque detto: cadano dai loro pensieri, ossia cadano sotto l'accusa dei loro stessi pensieri, grazie alla testimonianza della loro coscienza, come dice l'Apostolo, e dei loro pensieri, che ora li accusano ora li difendono, nella rivelazione del giusto giudizio di Dio 25.

Condanna degli empi.
14. Secondo la moltitudine delle loro empietà, scacciali, cioè scacciali lontano; ossia siano scacciati così lontano quanto merita la moltitudine della loro empietà. Gli empi sono dunque scacciati da quella eredità che si possiede comprendendo e vedendo Dio; così come gli occhi infermi sono scacciati dal fulgore della luce in quanto è pena per essi ciò che per altri è gioia. Costoro perciò non si presenteranno al mattino e vedranno. Questo allontanamento è una pena tanto grande quanto grande è quel premio a proposito del quale è detto: ma per me è bene star stretto a Dio 26. Il contrario di questa pena è: entra nel gaudio del tuo Signore, mentre simile a questa espulsione è: gettatelo nelle tenebre esteriori 27.

Al peccatore la verità è sgradita.
15. Perché ti hanno amareggiato, Signore. Egli dice: Io sono il pane che è disceso dal cielo 28, e: Lavorate per il nutrimento che non si corrompe 29, e: gustate e vedete quanto è dolce il Signore 30. Ma il pane della verità è amaro per i peccatori e per questo hanno odiato la bocca che dice la verità. Hanno dunque amareggiato Dio coloro i quali, peccando, sono caduti in una tale debolezza da non poter più tollerare, quasi fosse fiele, quel cibo della verità di cui godono le anime sane.

Il giusto è tempio di Dio.
16. [v 12.] E si allietino tutti coloro che sperano in te, ai quali, senza dubbio, nel gustarlo, il Signore appare dolce. In eterno esulteranno e tu abiterai in loro. Sarà dunque questa la eterna esultanza, quando i giusti diverranno il tempio di Dio, e il medesimo Abitatore sarà il loro gaudio. E si glorieranno in te tutti coloro che amano il nome tuo, in quanto è presente in loro, perché ne godano, ciò che amano. Giustamente dice in te, in quanto possessori della eredità di cui si parla nel titolo del salmo, e nel contempo essi stessi sono l'eredità di lui, come appunto vogliono intendere le parole: abiterai in loro. Sono respinti da questo bene coloro che Dio ha scacciati, secondo la moltitudine delle loro empietà.

Gratuità della vocazione.
17. [v 13.] Perché tu benedirai il giusto. Questa è la benedizione, gloriarsi in Dio ed essere abitati da Dio. Tale santificazione è concessa ai giusti: ma, per essere giustificati, occorre prima la vocazione la quale non dipende dai loro meriti, ma dalla grazia di Dio. Tutti infatti hanno peccato, e sono privi della gloria di Dio 31. E quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; e quelli che ha giustifìcati, li ha anche glorificati 32. Proprio perché la vocazione non deriva dai nostri meriti, ma dalla bontà e dalla misericordia di Dio, soggiunge: Signore, come con lo scudo della tua buona volontà ci hai coronati. La buona volontà di Dio per chiamare i peccatori a penitenza precede infatti la nostra buona volontà. E queste stesse sono le armi da cui è sconfitto il nemico, contro il quale sono rivolte le parole: chi accuserà gli eletti di Dio? e: se Dio è con noi, chi è contro di noi? Egli che non ha risparmiato l'unico suo Figlio, ma per tutti noi lo ha dato 33. Poiché, se, essendo ancora peccatori, Cristo è morto per noi, molto di più, riconciliati, saremo salvi dall'ira per suo mezzo 34. Questo è lo scudo invitto, dal quale è respinto il nemico che tenta di farci disperare della salvezza con innumerevoli tribolazioni e tentazioni.

18. Concludendo, da dove è scritto: Esaudisci le mie parole, Signore, fino a: mio Re e mio Dio, tutto il testo del salmo consiste in una preghiera per essere esauditi. Poi, da dove è scritto: poiché a te pregherò, Signore, al mattino esaudirai la mia voce, fino a: il Signore abominerà l'uomo sanguinario e fraudolento, il salmo è una esposizione delle cose che impediscono [all'anima] di vedere Dio, ossia un chiarimento perché si renda conto che è stata esaudita. In terzo luogo, da dove è scritto: io, invece, nella moltitudine della tua misericordia, fino a: mi prosternerò verso il tuo santo tempio nel tuo timore, l'anima spera di divenire la casa di Dio e di avvicinarsi fin da ora a Lui nel timore, prima di raggiungere quella perfezione che scaccia la paura. In quarto luogo, da dove è scritto: Signore guidami nella tua giustizia a cagione dei miei nemici, fino a: con le loro lingue operavano inganni, mentre avanza e progredisce in mezzo a quelle stesse cose dalle quali si sente ostacolata, prega per essere aiutata nell'intimo, ove nessun uomo vede, onde non essere distolta dalle lingue malvage. In quinto luogo, da dove è scritto: giudicali o Dio, sino alla fine del salmo, si profetizza quale pena sovrasta gli empi, dato che a stento si salverà il giusto; e quale premio conseguiranno i giusti i quali, chiamati, sono venuti e hanno virilmente sopportato ogni cosa per tutto il tempo in cui sono stati guidati.
Pedro

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12/02/2012 17:59
 
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SUL SALMO 6
ESPOSIZIONE

Il giorno del giudizio.
1. [v 1.] Per la fine, a guisa di inni sull'ottavo, salmo di David. Le parole sull'ottavo appaiono oscure, mentre le altre parti di questo titolo sono più chiare. Alcuni hanno ritenuto che indichi il giorno del giudizio, cioè il tempo dell'avvento di nostro Signore, in cui verrà a giudicare i vivi e i morti. Si crede che questo avvento, computando gli anni da Adamo, avverrà dopo settemila anni; di modo che, trascorsi i settemila anni come sette giorni, venga poi quel momento come fosse l'ottavo giorno. Ma, poiché il Signore ha detto: non vi è dato conoscere i tempi che il Padre ha posto in suo potere 1, e: quanto poi a quel giorno e a quell'ora nessuno lo conosce né l'angelo, né la virtù, né il Figlio, ma solo il Padre 2, e siccome sta scritto che il giorno del Signore verrà come un ladro 3, è a sufficienza dimostrato che nessuno può pretendere di conoscere quel tempo attraverso un computo di anni. Se infatti quel giorno venisse dopo settemila anni, ogni uomo potrebbe venire a conoscenza della data del suo avvento contando gli anni. Quando verrà dunque quella data, dato che non la conosce neppure il Figlio? Certamente così è detto perché gli uomini non la apprendono dal Figlio di Dio, non perché egli in se stesso non la conosca. Si tratta di una espressione analoga alle altre: il Signore Dio vostro vi tenta per sapere 4, cioè perché voi sappiate, e: lèvati, Signore 5, cioè facci sorgere. Essendo dunque stato detto che il Figlio di Dio non conosce questo giorno, non perché non lo sa, ma perché non vuole renderlo noto a coloro ai quali non conviene conoscerlo, cioè non conviene che sia ad essi indicato; per questo non so proprio con quale presunzione qualcuno, contando gli anni, tiene per certo il giorno del Signore dopo settemila anni!

2. Quanto a noi, ignoriamo volentieri quel che il Signore non ha voluto farci conoscere e cerchiamo che cosa voglia dire questo titolo, laddove è scritto: sull'ottavo. Certamente si può, anche senza nessun temerario calcolo di anni, interpretare l'ottavo come il giorno del giudizio, in quanto le anime dei giusti, già dopo la fine di questo secolo, ricevuta la vita eterna, non saranno più soggette al tempo; e poiché tutti i tempi si svolgono nella ripetizione di questi sette giorni, può forse essere detto l'ottavo quello che non avrà questa instabilità. E vi è anche un altro motivo per il quale si può ragionevolmente accettare che sia chiamato ottavo il giudizio, in quanto esso si compirà dopo due generazioni, delle quali l'una concerne il corpo, l'altra l'anima. Da Adamo fino a Mosè infatti, il genere umano ha vissuto nel corpo, cioè secondo la carne, che è detta anche uomo esteriore e uomo vecchio 6, cui è stato dato il Vecchio Testamento affinché prefigurasse le future opere spirituali, con atti religiosi, ma tuttavia ancora carnali. In tutto questo tempo in cui si viveva secondo il corpo, regnò la morte, come dice l'Apostolo, anche su coloro che non peccarono. Ma regnò a somiglianza della trasgressione di Adamo, come l'Apostolo stesso dice, poiché fino a Mosè 7 deve essere inteso fino a quando le opere della legge, cioè quei sacramenti osservati carnalmente, non tennero assoggettati, in forza del sicuro mistero, anche coloro che erano sottoposti all'unico Dio. Ma dall'avvento del Signore, a partire dal quale fu compiuto il passaggio dalla circoncisione della carne alla circoncisione del cuore, si è operata la vocazione, affinché si vivesse secondo l'anima, cioè secondo l'uomo interiore, che è detto anche uomo nuovo 8 a cagione della rigenerazione e del rinnovamento dei costumi spirituali. Pertanto è chiaro che il numero quattro si riferisce al corpo, in quanto consta dei quattro elementi a tutti noti e delle quattro qualità, secca, umida, calda e fredda. Donde anche deriva che è regolato da quattro stagioni; primavera, estate, autunno e inverno. Tutte queste sono cose notissime. Del numero quattro riferito al corpo si discute infatti anche altrove in modo più sottile, ma più oscuro: cosa che dobbiamo evitare in questo sermone, che vogliamo sia alla portata anche dei meno colti. Si può intendere poi che il numero tre si riferisca all'animo, in quanto ci viene ordinato di amare in tre modi, con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente 9; riguardo a ciascuno di questi modi è più opportuno discutere non nel Salterio, ma nel Vangelo. Per ora ritengo che quanto si è detto sia sufficiente per dimostrare che il numero tre si riferisce all'animo. Ebbene, esaminati i numeri del corpo concernenti il vecchio uomo e il Vecchio Testamento, esaminati del pari i numeri dell'animo che si riferiscono al nuovo uomo e al Nuovo Testamento - ed ottenuto così il numero sette, poiché ciascuna cosa si compie secondo il tempo - assegnato poi il quattro al corpo e il tre all'animo, ne viene l'ottavo giorno del giudizio, il quale, dando ai meriti quanto è dovuto, trasferirà i santi non più alle opere temporali ma alla vita eterna, mentre condannerà per sempre gli empi.

Le pene.
3. [v 2.] Temendo tale condanna la Chiesa prega in questo salmo, dicendo: Signore, non mi riprendere nell'ira tua. Anche l'Apostolo la chiama ira del giudizio: ti accumuli - dice - l'ira per il giorno dell'ira del giusto giudizio di Dio 10. In questa ira non vuole essere ripreso chiunque desidera essere risanato in questa vita. E nel tuo furore non mi correggere. Correggere appare più mite: mira infatti a emendare. Infatti chi è ripreso, cioè è accusato, c'è da temere che finisca col subire la condanna. Ma poiché il furore sembra essere più forte dell'ira, può destare stupore il fatto che ciò che è più mite, cioè la correzione, sia posta insieme con ciò che è più severo, ossia con il furore. Credo però che si voglia intendere una sola cosa con due parole: infatti in greco che è nel primo versetto, ha lo stesso significato di che leggiamo nel secondo. Siccome però anche i latini volevano porre due parole, ci si è chiesti che cosa fosse prossimo all'ira, e si è scritto furore: ecco perché in questo punto sono diverse le lezioni dei codici; in alcuni infatti si trova prima ira e poi furore, in altri prima furore e poi ira, in altri ancora al posto di furore c'è indignazione, oppure collera. Ma, quale che sia la parola, si tratta sempre di un turbamento dell'animo che induce a infliggere una pena. Tale turbamento non può essere attribuito a Dio, come si può attribuirlo all'anima. A proposito di Dio infatti è detto: ma tu Signore delle virtù, con tranquillità giudichi 11, e ciò che è tranquillo non è turbato. Il turbamento non colpisce Dio giudice: ma l'ira che si accende nei suoi servi, in quanto si manifesta a cagione delle sue leggi, è detta ira di Dio. In questa ira, non soltanto l'anima che ora prega non vuole essere ripresa, ma neppure corretta, cioè emendata o ammaestrata: in greco infatti sta scritto cioè ammaestri. Nel giorno del giudizio, poi, saranno ripresi tutti coloro che non posseggono il fondamento, che è Cristo; saranno emendati, invece, cioè purificati, coloro che su questo fondamento avranno sovrapposto legno, erba e stoppia: infatti costoro soffriranno danno, ma saranno salvi, come attraverso il fuoco 12. A qual fine prega dunque costui che non vuole essere né ripreso né emendato nell'ira del Signore, se non per essere risanato? Dove c'è infatti la salute non c'è da temere la morte, né la mano del medico che brucia e taglia.

La conversione è una grazia.
4. [vv. 3.4.] Continua perciò e dice: abbi pietà di me, Signore, perché sono infermo; risanami, Signore, perché turbate sono le mie ossa, cioè è turbata la stabilità o la fermezza della mia anima: questo infatti significano le ossa. Menzionando le ossa, l'anima dice dunque che la sua fermezza è turbata, poiché non dobbiamo credere che essa abbia le ossa che vediamo nel corpo. Per questo motivo le parole che seguono: e l'anima mia è grandemente turbata, ci appaiono una spiegazione, volta ad evitare che, quando ha detto ossa, si intendano quelle del corpo. E tu, Signore, fino a quando? Chi non comprende che è qui rappresentata l'anima in lotta con le sue malattie, [l'anima] a lungo privata del medico perché sia ben persuasa in quali mali, peccando, si è precipitata? Non incute infatti molto timore ciò da cui facilmente si guarisce; dalle difficoltà della guarigione nascerà invece una più diligente custodia della salute ritrovata. Quindi non dobbiamo considerare come crudele Dio, al quale sono rivolte le parole: e tu Signore fino a quando, ma dobbiamo piuttosto considerarlo come un buon maestro che fa capire all'anima il male che si è procurata da se stessa. Infatti quest'anima non prega ancora in modo tanto perfetto che [Iddio] le possa dire: mentre ancora parli ti dirò: ecco son qui 13. Comprenda anche nel contempo quanto deve essere grande la pena preparata per gli empi che non vogliono convertirsi a Dio, se tanta è la difficoltà che incontrano coloro che si convertono; come appunto è scritto in altro luogo: se il giusto a stento si salverà, dove finiranno l'empio e il peccatore? 14

5. [v 5.] Volgiti, o Signore e libera l'anima mia. Nel convertirsi prega che anche Dio si volga verso di lei, come sta scritto: volgetevi a me ed io mi volgerò a voi, dice il Signore 15. Oppure con quell'espressione: volgiti o Signore, dobbiamo intendere: fa' si che io mi converta, in quanto sente la difficoltà e la fatica connesse alla sua stessa conversione? La nostra perfetta conversione trova infatti Dio pronto, come dice il profeta: come l'aurora lo troveremo pronto 16, perché quel che ce Lo ha fatto perdere non fu la sua assenza - Egli è ovunque presente - ma il nostro distoglierci da Lui. Sta scritto: era in questo mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui e il mondo non lo conobbe 17. Ebbene, se era in questo mondo e il mondo non lo conobbe, è la nostra impurità che non sopporta la sua vista. Ma quando ci convertiamo, ossia quando, nella trasformazione della vecchia vita, veniamo come a dare una nuova effigie al nostro spirito, sperimentiamo bene quanto è duro e faticoso rivolgersi dalla caligine delle passioni terrene alla serenità e alla tranquillità della luce divina. E in tale difficoltà diciamo: volgiti, o Signore, cioè aiutaci, affinché si compia in noi quella conversione che ti trova pronto e nell'atto di offrirti in godimento a coloro che ti amano. Per questo, dopo aver detto: volgiti, o Signore, ha aggiunto: e libera l'anima mia, in quanto essa è avvinta alle perplessità di questo secolo, ed è trafitta dalle spine dei laceranti desideri nell'atto stesso in cui si converte. Dice: salvami per la tua misericordia. Si rende conto che non è risanata per i suoi meriti, giacché una giusta condanna era dovuta al peccatore che aveva violato il comandamento dato [da Dio]. Sanami dunque - dice - non per i miei meriti, ma per la tua misericordia.

Morte ed inferno.
6. [v 6.] Perché non vi è nella morte chi si ricorda di te. Comprende anche che è ora il tempo della conversione; perché quando sarà trascorsa questa vita, non resterà altro che la ricompensa dei meriti. E nell'inferno chi ti confesserà? Confessò [Dio] nell'inferno quel ricco di cui parla il Signore, quel ricco che vide Lazzaro in pace mentre egli soffriva nei supplizi; ha confessato fino al punto da voler avvisare i suoi a guardarsi dai peccati, a cagione delle pene che non si crede siano nell'inferno 18. Sebbene invano, confessava tuttavia che quei supplizi lo avevano colpito giustamente, quando desiderava avvisare i suoi perché non precipitassero in tali tormenti. Perché allora è scritto: e nell'inferno chi ti confesserà? O forse si intende per inferno il luogo in cui, dopo il giudizio, saranno precipitati gli empi, e dove ormai, a cagione delle profonde tenebre, non vedranno nessuna luce di Dio cui rivolgere la loro confessione? Sta di fatto che costui, alzando gli occhi, sebbene vi fosse tra loro un immane abisso, ha potuto tuttavia vedere Lazzaro stabilito nella pace e, paragonandosi a lui, è stato costretto a confessare i meriti di questo. Possiamo anche intendere le parole del salmo nel senso che chiami morte il peccato che si commette disprezzando la legge divina; di modo che chiamiamo morte il pungiglione della morte che procura la morte, e il pungiglione della morte è il peccato 19. In questa morte, non ricordarsi di Dio significa disprezzare la sua legge e i suoi comandamenti, di modo che avrebbe chiamato inferno la cecità dell'animo, che accoglie e avviluppa il peccatore, ossia il morente; così come sta scritto: poiché non si diedero cura di conoscere Dio, li abbandonò Iddio ai reprobi sentimenti 20. Ebbene, l'anima scongiura di essere preservata da questa morte e da questo inferno, mentre si sforza di convertirsi a Dio, e ne esperimenta le difficoltà.

7. [v 7.] Ecco perché continua dicendo: mi sono sfinito nel mio gemere, e aggiunge, come se a poco gli avesse giovato: laverò [col pianto] ogni notte il mio letto. In questo passo è chiamato letto il luogo ove l'anima ammalata e inferma cerca riposo, cioè nei piaceri del corpo e in ogni voluttà del mondo. Lava questa seduzione con le lacrime chi tenta di strappare se stesso alla sua stretta. Infatti si avvede già che le concupiscenze carnali lo portano alla dannazione; e tuttavia la sua debolezza è prigioniera del diletto e in esso giace volentieri l'anima che non può risollevarsi, se non è risanata. Dicendo: ogni notte, vuol fare intendere forse che colui il quale nella risoluzione dello spirito avverte una certa luce di verità e ricade tuttavia di tanto in tanto nelle seduzioni di questo secolo a causa della debolezza della carne, si trova allora costretto a subire l'alternarsi dei sentimenti come i giorni e le notti; così che quando dice: con lo spirito obbedisco alla legge di Dio, è come se avanzasse nel giorno, e quando dice ancora: ma con la carne alla legge del peccato 21 allora precipita nella notte, finché non trascorra ogni notte e venga quell'unico giorno a proposito del quale è detto: al mattino mi presenterò a te e vedrò 22. Allora starà in piedi: ma per ora giace, poiché è nel letto che ogni notte laverà per ottenere, versando tante lacrime, la medicina efficacissima da parte della misericordia di Dio. Nelle lacrime irrigherò il mio giaciglio, è una ripetizione: dicendo infatti nelle lacrime ripete ciò che prima ha detto dicendo laverò. E con giaciglio intendiamo quanto ha detto prima con letto. Tuttavia, irrigherò è qualcosa di più che laverò, perché si può lavare qualcosa anche solo in superficie, mentre l'irrigazione giunge a permeare l'interno, il che significa che il pianto giunge fino al profondo del cuore. Quanto poi al cambiamento dei tempi verbali - ha usato il passato dicendo: mi sono sfinito nel mio gemere, e il futuro col dire: laverò ogni notte il mio letto, e di nuovo il futuro: nelle lacrime irrigherò il mio giaciglio - esso mostra che cosa ciascuno deve dire a se stesso, quando si è affaticato gemendo invano; è come se dicesse: non mi ha giovato far questo, farò quindi quest'altro.

La sapienza di Dio è luce interiore.
8. [v 8.] Turbato dall'ira è il mio occhio. Dall'ira sua o da quella di Dio, nella quale chiede di non essere ripreso o corretto? Ma se essa significa il giorno del giudizio, come si può ora [così] intendere? Ovvero si tratta del suo inizio, dato che qui gli uomini soffrono dolori e tormenti, e soffrono soprattutto la riduzione della conoscenza della verità, secondo quanto ho già ricordato: Dio li ha abbandonati ai perversi sentimenti 23? È questa infatti la cecità dello spirito e chiunque è abbandonato ad essa, è escluso dall'interiore luce di Dio: ma non ancora del tutto, finché è in questa vita. Vi sono infatti le tenebre esteriori 24, che paiono essere più pertinenti al giorno del giudizio, di modo che rimanga completamente fuori da Dio chiunque ha ricusato di correggersi fino a che era in tempo. Cosa è essere completamente estranei a Dio, se non essere nella totale cecità? Dio infatti abita la luce inaccessibile 25, ove hanno accesso soltanto coloro ai quali è detto: entra nel gaudio del tuo Signore 26. Quel che soffre ogni peccatore in questa vita è dunque l'inizio di questa ira: temendo perciò il giorno del giudizio, si affatica e piange, per non arrivare a [quella ira] il cui inizio tanto micidiale esperimenta già fin da ora. Per questo non ha detto: si è spento, ma ha detto: turbato dall'ira è il mio occhio. Se poi dice che per la sua ira è turbato il suo occhio, non c'è da meravigliarsi e forse in ordine a questo sta l'espressione: non tramonti il sole sulla vostra ira 27; poiché pare che lasci tramontare in sé il sole interiore - cioè la sapienza di Dio - la mente che per il suo turbamento resta impedita di vederlo.

Dimora dell'animo è il suo amore.
9. Sono invecchiato fra tutti i miei nemici. Aveva parlato soltanto dell'ira (se è solo alla sua ira che si riferiva); ma considerando gli altri vizi, scopre di essere assediato da tutti, e siccome questi vizi appartengono alla vecchia vita e al vecchio uomo, di cui dobbiamo spogliarci per rivestirci del nuovo 28, giustamente è detto: sono invecchiato. E dice ancora: fra tutti i miei nemici, ossia o in mezzo ai vizi stessi, oppure in mezzo agli uomini che non vogliono convertirsi a Dio. Costoro infatti, anche se non se ne rendono conto, anche se sono clementi, anche se prendono parte agli stessi banchetti e convivono nelle medesime case e città senza che si frapponga alcuna lite, e fanno conversazioni frequenti e concordi, pur tuttavia, data la diversità della loro intenzione, sono nemici di coloro che si convertono a Dio. Infatti, poiché gli uni amano e desiderano questo mondo, mentre gli altri desiderano liberarsene, come possono quelli non essere nemici di questi? Se potessero, infatti, li trascinerebbero con sé nella via che porta alla pena. Ed è davvero un grande dono vivere ogni giorno in mezzo alle loro conversazioni e non allontanarsi dalla via dei comandamenti di Dio. Spesso, infatti, la mente che si sforza di tendere a Dio, sconvolta, trepida nel cammino stesso; e il più delle volte non adempie al suo buon proposito per non offendere coloro con cui vive, i quali amano e inseguono altri beni, passeggeri ed effimeri. Ogni spirito sano è separato da costoro, non nello spazio, ma nell'anima: i corpi infatti sono contenuti nello spazio, mentre lo spazio dell'anima è l'affetto [che la pervade].

Ora i giusti convivono con gli empi.
10. [v 9.] Ecco perché, dopo la fatica, il gemito, i torrenti abbondantissimi di lacrime, siccome non può essere vana la preghiera innalzata con tanto vigore a colui che è la fonte di ogni misericordia con grande verità è detto: vicino è il Signore a chi ha il cuore contrito 29. Osserva poi che cosa aggiunge l'anima pia, nella quale è lecito scorgere anche la Chiesa, nel dichiararsi esaudita dopo tante difficoltà: allontanatevi da me, tutti voi che operate iniquità; giacché il Signore ha udita la voce del mio pianto. Queste parole sono dette sia in senso profetico, in quanto gli empi si allontaneranno, cioè saranno separati dai giusti quando verrà il giorno del giudizio, sia in senso attuale, perché, anche se sono raccolti insieme e negli stessi luoghi, tuttavia sulla nuda aia il grano è già separato dalla paglia sebbene sia celato tra la paglia. Possono pertanto stare insieme, ma non possono essere portati via insieme dal vento.

11. [v 10.] Giacché il Signore ha udito la voce del mio pianto; il Signore ha esaudito la mia supplica; il Signore ha accolto la mia preghiera. La frequente ripetizione dello stesso concetto sta ad indicare non la necessità della narrazione, ma il sentimento dell'anima esultante. Sono soliti infatti parlare così coloro che gioiscono; come se non bastasse loro proclamare una volta sola la propria gioia. Questo è il frutto di quel gemito nel quale ci si affatica, di quelle lacrime con cui si lava il letto e si irriga il giaciglio; perché miete nella gioia chi semina nelle lacrime 30, e beati sono coloro che piangono, perché saranno consolati 31.

Nel giudizio saranno separati.
12. [v 11.] Siano svergognati e turbati tutti i miei nemici. Allontanatevi da me tutti voi, ha detto prima, ciò può accadere anche in questa vita, come abbiamo spiegato; ma quando ora dice: siano svergognati e turbati, non vedo in qual modo possa accadere se non in quel giorno in cui saranno resi noti i premi dei giusti e i supplizi dei peccatori. Infatti ora non solo gli empi non si vergognano, al punto che non cessano di insultarci, ma hanno spesso tanta forza con le loro beffe, che inducono gli uomini deboli a vergognarsi del nome di Cristo. Per questo il Signore ha detto: chiunque si vergognerà di me al cospetto degli uomini, io mi vergognerò di lui al cospetto del Padre mio 32. Chi invece avrà voluto adempiere ai sublimi precetti di distribuire le ricchezze e darle ai poveri, onde in eterno rimanga la giustizia di lui 33, e, dopo aver venduto tutti i suoi beni terreni e averne dato il ricavato ai bisognosi, avrà voluto seguire Cristo, dicendo: nulla abbiamo portato in questo mondo, ma neppure possiamo portar via qualcosa: avendo di che sostentarci e di che coprirci, di questo siamo contenti 34, ebbene costui cade nella mordacità sacrilega di questi, ed è chiamato pazzo da coloro che non vogliono essere risanati; e spesso, per evitare di essere chiamato così da questi uomini perduti, ha paura di compiere e rimanda quanto ha ordinato il fedelissimo e onnipotente medico di tutti. Ora dunque non possono arrossire costoro, a cagione dei quali c'è da augurarci di non arrossire noi, e di non essere, o indotti a tornare indietro, o ostacolati, o ritardati nel cammino che ci siamo proposti. Ma verrà per essi tempo di arrossire, quando diranno, come sta scritto: questi sono coloro che un tempo avemmo a scherno e a oggetto di vituperio; noi insensati consideravamo follia la loro vita e senza onore la loro fine; in qual modo sono annoverati tra i figli di Dio e la loro sorte è tra i santi? Noi dunque abbiamo deviato dalla via della verità, la luce della giustizia non ha brillato per noi, e per noi il sole non è sorto; ci siamo stancati per la via dell'iniquità e della perdizione, e abbiamo camminato per impervie solitudini, ma non abbiamo conosciuto la via del Signore. Che ci ha giovato la superbia, o che cosa ci ha portato il vantarci delle ricchezze? Tutte quelle cose passarono come ombra 35.

13. Quanto poi alle parole che seguono: si convertano e siano confusi, chi non penserà che è giustissimo castigo che abbiano in sorte una conversione a [loro] confusione coloro che non hanno voluto riceverla come salvezza? Ha aggiunto poi: molto rapidamente. Quando comincerà infatti a non essere più atteso il giorno del giudizio, quando essi diranno: pace, allora d'improvviso verrà per loro la fine 36. Quale che sia il momento in cui verrà, viene rapidissimo ciò di cui non si attende la venuta; e solo la speranza di vivere fa sentire la lunghezza di questa vita: niente infatti sembra essere più fulmineo di quanto in essa è già passato. Orbene, quando sarà venuto il giorno del giudizio, allora i peccatori si renderanno conto di come sia breve ogni vita che passa. In nessun modo potrà sembrar loro essere venuto tardi ciò che sopraggiunge mentre non solo non lo desiderano, ma ancor più non vi credono. Queste parole possono tuttavia essere anche interpretate nel senso che l'anima esaudita da Dio per i gemiti e i frequenti e lunghi pianti, è stata liberata dai suoi peccati e ha domato ogni malvagio moto dei suoi affetti carnali, dato che dice: allontanatevi da me tutti voi che operate iniquità giacché il Signore ha esaudito la voce del mio pianto. Riflettendo al bene conseguito, non è da meravigliarsi che sia già così perfetta da pregare per i suoi nemici. A questo possono riferirsi anche le parole: arrossiscano e si turbino tutti i miei nemici, in modo che facciano penitenza dei loro peccati, il che non può avvenire senza vergogna e turbamento. Niente vieta quindi di intendere in questo senso anche quel che segue: si convertano e arrossiscano, cioè si convertano a Dio e arrossiscano di se stessi che un tempo si sono gloriati nelle vecchie tenebre dei peccati, secondo le parole dell'Apostolo: quale gloria aveste un tempo in ciò di cui oggi arrossite? 37 Quanto poi aggiunge: molto rapidamente, è da riferire o al sentimento di chi desidera o alla potenza di Cristo, il quale con così grande celerità di tempo ha convertito alla fede del Vangelo le genti che perseguitavano la Chiesa per difendere i loro idoli.
Pedro

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12/02/2012 18:00
 
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SUL SALMO 7
ESPOSIZIONE

1. [v 1.] Salmo dello stesso David, che [egli] cantò al Signore a causa delle parole di Cusi, figlio di Iemini. Nel secondo libro dei Regni è facile riconoscere il fatto storico da cui questa profezia ha preso spunto 1. Ivi si narra infatti che Cusi, amico del re David, passò dalla parte del figlio di lui Assalonne, il quale conduceva guerra contro il padre, per cercare di scoprire e sventare i piani che egli preparava ai danni del genitore dietro suggerimento di Achitofel: questi aveva rotto l'amicizia con David e istigava il figlio contro il padre, con i consigli che era in grado di dare. Ma poiché non dobbiamo in questo salmo considerare la medesima storia dalla quale il profeta ha tratto il velo che copre i misteri, se ci spostiamo verso Cristo, sarà tolto il velo 2. In primo luogo esamineremo che cosa indica il significato dei nomi stessi. Non sono infatti mancati interpreti i quali, indagando su questo significato non in maniera carnale secondo la lettera, ma in maniera spirituale, ci hanno dichiarato che Cusi vuol dire silenzio, Iemini destro e Achitofel delitto del fratello. Con queste interpretazioni ci imbattiamo di nuovo in Giuda il traditore, così come Assalonne evoca la sua immagine per il fatto che il suo nome è tradotto con pace del padre: infatti il padre è apparso animato da sentimenti di pace nei suoi confronti, sebbene egli avesse nel cuore la guerra, [operando] con i suoi inganni, come abbiamo già spiegato nel terzo salmo. Ebbene, come si legge nel Vangelo che i discepoli sono detti figli di nostro Signore Gesù Cristo 3, nello stesso Vangelo troviamo che essi sono chiamati anche fratelli. Il Signore che risorge dice infatti: Va' e di' ai miei fratelli 4 e l'Apostolo lo chiama primogenito tra molti fratelli 5. Perciò il delitto del suo discepolo che lo tradì si può bene intendere come delitto del fratello: abbiamo infatti detto che questo è il significato di Achitofel. Cusi invece, che significa silenzio, ci mostra giustamente che nostro Signore ha combattuto, contro i tranelli tesigli, con il silenzio, cioè secondo quel profondissimo segreto per il quale si è verificata la cecità di una parte di Israele, allorché [i giudei] perseguitavano il Signore, in modo che subentrasse la totalità delle genti e fosse così, allora, salvato tutto Israele. Riferendosi a questo segreto profondo e a questo alto silenzio, l'Apostolo come colpito da una sorta di sacro orrore per la sua stessa profondità esclamava: O abisso delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio, quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e investigabili le sue vie! Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore, o chi è stato suo consigliere? 6 In tal modo, non tanto rivela, spiegandolo, questo grande silenzio, ma piuttosto lo mostra alla nostra ammirazione. Il Signore, nascondendo con questo silenzio il mistero della sua venerabile passione, ha convertito il volontario delitto del fratello, cioè il nefando crimine del suo traditore, nel piano della sua misericordia e della sua provvidenza; in modo che quello che egli compiva con animo perverso per la rovina di un uomo solo, con provvidenziale disposizione ha volto alla salvezza di tutti gli uomini. Canta dunque il salmo al Signore l’anima perfetta, che è già degna di conoscere il segreto di Dio. Canta a causa delle parole di Cusi, perché ha meritato di conoscere le parole di quel silenzio. Per gli infedeli e i persecutori esso è silenzio e segreto, ma presso i suoi, ai quali è detto: più non vi dico servi, perché il servo non conosce ciò che fa il suo Signore; voi invece vi ho chiamati amici, perché vi ho rivelate tutte le cose che ho udito dal Padre mio 7, presso i suoi amici, dunque, non c’è il silenzio, ma le parole del silenzio, cioè il chiaro e manifesto significato di quel silenzio. E questo silenzio, ossia Cusi, è detto figlio di Iemini, cioè del destro: non doveva infatti rimaner nascosto ai santi ciò che è stato compiuto a loro vantaggio. E tuttavia dice: non sappia la sinistra quel che fa la destra 8. In questa profezia canta dunque l'anima perfetta, cui quel mistero è stato reso noto, a causa delle parole di Cusi, cioè a causa della conoscenza di quel medesimo mistero. Dio "destro", cioè a lui propizio e favorevole, ha compiuto questo mistero: ecco perché tale silenzio è detto figlio del destro, ossia Cusi figlio di Iemini.

La salvezza dono di Dio.
2. [vv 2.3.] Signore Dio mio, in te ho sperato; salvami da tutti coloro che mi perseguitano, e liberami. Al pari di chi, già perfetto, ha vinto ogni assalto e ogni opposizione dei vizi e gli resta soltanto da superare l'invidia del diavolo, dice: salvami da tutti coloro che mi perseguitano, e liberami; affinché mai, come leone, rapisca la anima mia. Dice l'Apostolo: il vostro nemico - il diavolo - come leone ruggente gira intorno, cercando chi divorare 9. Per questo, dopo aver detto, usando il plurale: salvami da tutti coloro che mi perseguitano, introduce poi il singolare dicendo: affinché mai, come leone, rapisca l'anima mia. Non dice: affinché non rapiscano, in quanto sa quale è il nemico che resiste e come si oppone violentemente all'anima perfetta. Mentre non c'è chi riscatta né chi salva, cioè affinché egli non mi rapisca mentre tu non mi riscatti né mi salvi. Se Dio, infatti, non riscatta né salva, il diavolo rapisce.

Vinciamo l'ira.
3. [vv 4.5.] E perché sia chiaro che chi dice tutto questo è l'anima già perfetta, la quale deve ormai guardarsi soltanto dalle insidie fraudolente del diavolo, stai attento alle parole che seguono: Signore mio Dio, se questo ho fatto. Cos'è ciò che chiama questo? dobbiamo forse intendere il peccato in generale, dato che non specifica il nome del peccato? Se questa interpretazione non è soddisfacente, intendiamo come una risposta quel che segue, quasi avessimo chiesto il significato della parola questo: se c'è iniquità nelle mie mani. Ed è evidente che si riferisce ad ogni peccato: se ho reso male a coloro che così mi retribuivano; il che non può dire in verità se non chi è perfetto. Dice infatti il Signore: siate perfetti come il Padre vostro che è nei cieli, il quale fa sorgere il suo sole su buoni e cattivi e fa piovere su giusti e ingiusti 10. È perfetto dunque chi non ricambia il male per il male. Pertanto, quando l'anima perfetta prega a causa delle parole di Cusi, figlio di Iemini, cioè per la conoscenza di quel segreto e di quel silenzio che il Signore, benigno a noi e misericordioso, ha operato per la nostra salvezza, tanto da tollerare e sopportare con la più grande pazienza l'inganno del suo traditore; dica dunque [il Signore] a questa anima perfetta, spiegando la ragione del suo stesso segreto: io per te, empio e peccatore, perché le tue iniquità fossero lavate con lo spargimento del mio sangue, ho sopportato il mio traditore, con grande silenzio e con immensa pazienza; e tu non mi imiterai, tanto da non restituire male per male? L'anima, accorgendosi e comprendendo quanto ha fatto per lei il Signore, ed allo scopo di progredire, sul suo esempio, verso la perfezione, dice: se ho reso male a coloro che mi retribuivano, cioè se non ho compiuto ciò che tu con i fatti mi hai insegnato, soccomba pure, senza speranza, sotto ai miei nemici. Giustamente non ha detto: se ho ricambiato coloro che mi hanno dato il male, ma: coloro che retribuivano. Già qualcosa ha ricevuto colui che ricambia, ed è segno di maggior pazienza non ricambiare il male a chi restituisce male per bene, pur avendo ricevuto dei benefici, anziché a colui che cercasse di farci del male senza avere ricevuto prima alcun beneficio. Se ho ricambiato male - dice - a coloro che mi retribuivano, ossia se non ti ho imitato in quel silenzio, cioè in quella pazienza che tu hai manifestato per me, ebbene, soccomba pure, senza speranza, sotto ai miei nemici. Invano si vanta dunque chi, essendo un uomo, brama vendicarsi di un altro uomo; e, mentre tenta apertamente di vincere un uomo, è di nascosto vinto dal diavolo, annientato dalla esultanza vana e superba per la quale crede di non poter quasi essere vinto. [Il Salmista] comprende dunque quand'è che si consegue più grande vittoria e quand'è che il Padre, che vede nell'intimo, contraccambia 11. Per non ricambiare perciò male per male, vince l'ira piuttosto che l'uomo, colui che ricorda anche l'ammonimento della Scrittura: È migliore chi vince l'ira di chi conquista una città 12. Se ho reso male a coloro che così mi retribuivano, soccomba pure senza speranza sotto ai miei nemici. Sembra giurare con una maledizione, modo questo gravissimo di giurare, di cui si serve l'uomo che dice: se questo io ho fatto, questo io subisca. Ma altro è il giuramento sulle labbra di chi giura, altro è sulle labbra di chi profetizza. Qui infatti egli esprime quanto realmente accadrà agli uomini che ricambiano male per male; non augura del male a sé, o ad un altro, come se imprecasse.

Il vizio della superbia.
4. [v 6.] Perseguiti pure il nemico la mia anima, e se ne impadronisca. Nominando di nuovo il nemico al singolare indica ancor più chiaramente quello che pnma aveva definito come un leone: è infatti esso stesso che insegue l'anima; e, se riuscirà a sedurla, se ne impadronirà. Gli uomini infatti possono incrudelire fino alla morte del corpo, ma non possono avere in loro potere l'anima dopo questa morte visibile; il diavolo, invece, possederà le anime di cui si sarà impadronito dopo averle inseguite. E calpesti a terra la mia vita, cioè, calpestandola, faccia della mia vita terra, ossia suo cibo. Non soltanto leone, ma anche serpente è chiamato infatti colui al quale fu detto: mangerai la terra 13, così come fu detto all'uomo peccatore: terra sei e alla terra tornerai 14. E la mia gloria trascini nella polvere. Questa è la polvere che il vento spazza via dalla faccia della terra 15, cioè l'inutile e impotente vanità dei superbi, gonfiata, non solida, come un globo di polvere sollevato dal vento. Giustamente dunque fa qui menzione di quella gloria che non vuole che sia trascinata nella polvere: vuole infatti possederla solida nella coscienza al cospetto di Dio, ove non è vanità alcuna; così come dice l'Apostolo: chi si gloria, si glori nel Signore 16. Questa solidità è trascinata nella polvere se qualcuno, disprezzando per superbia i segreti della coscienza ove solo Dio giudica l'uomo, vuole avere gloria presso gli uomini. Di qui derivano le parole che altrove leggiamo: Dio spezzerà le ossa di coloro che piacciono agli uomini 17. Ma chi ha bene appreso, oppure conosce già il cammino per vincere i vizi, comprende che tale vizio della vanagloria è il solo o quello da cui principalmente devono guardarsi i perfetti, poiché il vizio che per primo sedusse l'anima, è da essa vinto per ultimo. L'inizio di ogni peccato è la superbia; e: l'inizio della superbia dell'uomo è apostatare da Dio 18.

Il diavolo padre della superbia.
5. [v 7.] Sorgi, Signore, nella tua ira. Perché provoca ancora Dio all'ira colui che abbiamo chiamato perfetto? Non sarebbe invece da ritenersi perfetto piuttosto il martire che, mentre veniva lapidato, disse: Signore, non imputare loro questo peccato 19? Oppure [l'anima perfetta] non invoca l'ira contro gli uomini, ma contro il diavolo e gli angeli suoi, nelle cui mani sono i peccatori e gli empi? Non è dunque crudele, ma misericordioso verso il peccatore chiunque prega affinché questo schiavo del diavolo sia liberato dal Signore che giustifica l'empio 20. Quando, infatti l'empio viene giustificato, da empio diventa giusto, e da possesso del diavolo diviene tempio di Dio. E poiché chiunque è privato del possesso di qualcosa su cui desiderava dominare subisce una pena, chiama questa pena ira di Dio contro il diavolo, perché questi cessi di possedere quanto possiede. Sorgi, Signore, nella tua ira. Qui sorgi vuol dire renditi manifesto, con parole umane e velate, come se Dio dormisse, in quanto è nascosto e sconosciuto nei suoi segreti. Grandeggia, entro i confini dei miei nemici. Chiama confini quel possesso ove vuole che sia innalzato, cioè onorato e glorificato, Dio piuttosto che il diavolo, quando gli empi vengono giustificati e lodano Dio. E sorgi, Signore Dio mio, nel precetto che hai comandato, cioè mostrati umile, giacché hai ordinato l'umiltà; adempi tu per primo ciò che hai comandato, affinché vincendo la superbia con il tuo esempio, [gli uomini] non siano posseduti dal diavolo che istigò alla superbia contro i tuoi ordini, dicendo: mangiate e si apriranno i vostri occhi e sarete come dèi 21.

6. [v 8.] E l'assemblea dei popoli ti circonderà. Possiamo interpretare in due modi queste parole. Si può intendere trattarsi sia dell'assemblea dei popoli dei credenti, come di quella dei persecutori, perché gli uni e gli altri si sono riuniti a cagione della medesima umiltà di nostro Signore. Disprezzando tale umiltà, Lo ha circondato la folla dei persecutori di cui sta scritto: a che scopo hanno mormorato le genti e i popoli hanno tramato cose vane? 22 D'altra parte la moltitudine di coloro che credono grazie alla sua umiltà Lo ha circondato a tal punto che con grande verità è detto: si è verificato l'accecamento di una parte di Israele, affinché entrasse la totalità delle genti 23; e ancora: chiedi a me e ti darò le genti in tua eredità e in tuo possesso i confini della terra 24. E a cagione di questa, ritorna in alto, cioè ritorna in alto a cagione di questa assemblea, il che si comprende che ha compiuto risorgendo e ascendendo al cielo. Così glorificato, infatti, ha donato lo Spirito Santo che non poteva esserci donato prima della sua glorificazione, dato che leggiamo nel Vangelo: ma lo Spirito non era stato ancora donato perché Gesù non era stato ancora glorificato 25. Ritornato dunque in alto a cagione dell'assemblea dei popoli, ha mandato lo Spirito Santo; ripieni di esso, i predicatori del Vangelo hanno riempito di Chiese il mondo intero.

Fede ed incredulità.
7. Le parole: sorgi, Signore, nella tua ira, innalzati entro i confini dei miei nemici, possono essere intese anche in un altro senso: si può intendere, cioè, sorgi nella tua ira e non ti comprendano i miei nemici; in modo che innalzati significhi: lèvati tanto in alto da non essere compreso, il che ben si accorda con quel silenzio [di cui abbiamo parlato]. A proposito di questo innalzarsi, leggiamo in un altro salmo: e salì su un Cherubino e volava. E delle tenebre fece il suo velo 26. In forza di questo innalzamento, ovvero di questo occultamento, poiché non ti avranno compreso - a causa dei loro peccati - coloro che ti crocifiggeranno, ti circonderà l'assemblea dei credenti. È infatti nella sua stessa umiliazione che si è innalzato, cioè non è stato compreso. A questo si debbono riferire le parole: e sorgi, Signore Dio mio, nel precetto che hai comandato: cioè sii alto nel momento in cui sembri umile, in modo che i miei nemici non ti comprendano. I peccatori sono infatti i nemici del giusto, e gli empi del pio. E l'assemblea dei popoli ti circonderà, cioè, per il fatto stesso che non ti conoscono quelli che ti crocifiggono, le genti crederanno in te, e così ti circonderà l'assemblea dei popoli. Ma quel che segue, se veramente ha questo significato, comporta più dolore, dato che già comincia a sentirsi, che gioia di comprendere. Continua infatti: e a cagione di questa, ritorna in alto, cioè a cagione di questa assemblea del genere umano nella quale sono disseminate le chiese, ritorna in alto, ossia cessa di nuovo di farti intendere. Che vuol dire dunque a cagione di questa, se non che ti offenderà anche questa assemblea, tanto che con grande verità profeterai, dicendo: credi che quando verrà il Figlio dell'uomo troverà la fede sulla terra? 27 E del pari, riferendosi ai falsi profeti, nei quali sono designati gli eretici, dice: a cagione della loro iniquità, si raggelerà la carità di molti 28. Quando dunque anche nelle chiese, cioè in quell'assemblea di popoli e di nazioni ove il nome cristiano si è largamente diffuso, avrà tanto dilagato quel cumulo di peccati che già attualmente sentiamo in gran parte, viene qui predetta [che si manifesterà allora] quella fame della parola, che è stata preannunziata anche per bocca di un altro profeta 29. E non è a cagione di questa assemblea, che allontana da sé la luce della verità per i suoi peccati, che Dio ritorna in alto, ossia che nessuno, o soltanto pochissimi - dei quali è detto: beato chi avrà perseverato fino alla fine, perché sarà salvo 30 - potranno conseguire e sperimentare la fede sincera, purificata dalle macchie di tutte le perverse dottrine? Non senza motivo dice perciò: e a cagione di questa assemblea ritorna in alto, cioè allontanati di nuovo nella profondità dei tuoi misteri anche a cagione di questa assemblea di popoli che porta il tuo nome ma non compie le tue opere.

Da Dio abbiamo la santità.
8. [v 9.] Ma, sia più pertinente la prima o la seconda spiegazione di questo passo, senza che si escluda qualche altra spiegazione migliore o di pari valore, molto opportunamente si aggiunge: il Signore giudica i popoli. Se infatti è ritornato in alto quando è asceso in cielo dopo la risurrezione, opportunamente aggiunge: il Signore giudica i popoli, in quanto verrà dall'alto per giudicare i vivi e i morti; se invece è ritornato in alto perché l'intelligenza della verità ha abbandonato i cristiani caduti in peccato (dato che a proposito di tale avvento è detto: credi che venendo il Figlio dell'uomo troverà la fede sulla terra? 31), opportunamente aggiunge: il Signore giudica i popoli. Quale Signore, se non Gesù Cristo? Poiché il Padre non giudica nessuno, ma ogni giudizio ha dato in mano al Figlio 32. Osserva perciò come quest'anima, che prega in modo perfetto, non tema il giorno del giudizio e in verità dica nella preghiera con tranquillo desiderio: venga il regno tuo 33: Giudicami - dice - Signore, secondo la mia giustizia. Nel salmo precedente il debole scongiurava, implorando la misericordia di Dio piuttosto che menzionando alcun suo merito; perché il Figlio di Dio è venuto a chiamare i peccatori alla penitenza 34. Per questo motivo diceva in tale salmo: salvami, Signore, per la tua misericordia 35; cioè non a cagione del mio merito. Ora invece, poiché, chiamato, ha abbracciato e osservato i comandamenti che ha ricevuto, osa dire: giudicami, Signore, secondo la mia giustizia, e secondo la mia innocenza [che è] in me. La vera innocenza è quella che non nuoce neppure al nemico. Chiede perciò giustamente di essere giudicato secondo la sua innocenza colui che sinceramente ha potuto dire: se ho ricambiato chi mi ha restituito il male 36. L'aggiunta in me, può essere riferita non soltanto all'innocenza ma anche alla giustizia, in modo che questo sia il senso: giudicami, Signore, secondo la mia giustizia e secondo la mia innocenza, giustizia e innocenza che sono in me. Con questa aggiunta dimostra che l'anima che è giusta e innocente, non lo è per se stessa, ma perché Dio la rischiara e la illumina; a proposito di questo concetto, in un altro salmo dice: tu darai luce alla mia lampada, Signore 37; e di Giovanni leggiamo che non era egli la luce, ma rendeva testimonianza alla luce 38. Egli era lampada che ardeva e risplendeva 39. La Luce dunque dalla quale le anime sono accese come fossero lampade, non rifulge per lo splendore altrui, ma per il proprio, che è la stessa verità. Per questo è detto: secondo la mia giustizia e secondo la mia innocenza in me, come se la lampada che arde e splende dicesse: giudicami secondo la fiamma che è in me; non per quello che io sono, ma perché rifulgo, da te accesa.

La coscienza via per andare a Dio.
9. [v 10.] Ma giunga a consumazione l'iniquità dei peccatori. Giunga a consumazione - dice - cioè si completi, secondo le parole che leggiamo nell'Apocalisse: il giusto divenga più giusto, e il contaminato si contamini ancora di più 40. Malvagità consumata si direbbe infatti quella degli uomini che crocifissero il Figlio di Dio; ma maggiore della loro è l'iniquità di quelli che non vogliono vivere rettamente e hanno odiato i comandamenti della verità per i quali fu crocifisso il Figlio di Dio. Dice: giunga, dunque, a consumazione l'iniquità dei peccatori, cioè raggiunga il colmo dell'iniquità, affinché possa venire finalmente il giusto giudizio. Ma, siccome non è stato detto soltanto: il contaminato si contamini ancora di più, ma anche: il giusto divenga più giusto, continua e dice: e guiderai il giusto, o Dio che scruti i cuori e i reni. Nei primi tempi del Cristianesimo, quando i santi erano ancora oppressi dalla persecuzione dei figli del secolo, vi erano cose che apparivano agli uomini degne di ammirazione; ma ora che il nome cristiano ha incominciato ad essere in così alta considerazione, proprio in quelle cose è cresciuta l'ipocrisia, cioè la simulazione di chi, cristiano solo di nome, preferisce piacere agli uomini anziché a Dio. E allora in qual modo il giusto può essere guidato, se non nell'intimo? In qual modo, insomma, il giusto è guidato in mezzo a tanta confusione di simulazione, se non perché Dio scruta i cuori e i reni, vedendo i pensieri di tutti, che sono significati nel cuore, e i diletti [dei sensi] raffigurati nei reni? Giustamente il piacere [che proviene] dalle cose temporali e terrene è attribuito ai reni, perché è questa la parte inferiore dell'uomo, è questa la sede riservata alla voluttà della generazione carnale per il cui mezzo in questa vita piena di affanni e di ingannevole gioia si trasmette la natura umana, attraverso il succedersi dei figli. Quindi Dio, scrutando il nostro cuore e vedendo perfettamente che esso è là dove è il nostro tesoro 41, cioè nei cieli; e scrutando nello stesso tempo i reni, e vedendo che noi non accondiscendiamo alla carne e al sangue 42, ma ci deliziamo nel Signore, guida il giusto dinanzi a sé nella sua coscienza stessa, ove nessun uomo vede, ma solo colui che penetra nei pensieri di ciascuno e vede ciò in cui ognuno trova piacere. Il piacere è infatti il fine dell'affanno: per questo ognuno si sforza, con gli affanni ed i pensieri, di pervenire al suo piacere. Vede dunque le nostre preoccupazioni colui che scruta il cuore; vede poi il fine degli affanni, cioè i piaceri, colui che scruta i reni: in tal modo, quando avrà scoperto che le nostre preoccupazioni non sono dedite alla concupiscenza della carne né a quella degli occhi, e neppure alle ambizioni del secolo - tutte cose che passano come ombre 43 - ma si elevano alle gioie delle cose eterne che non sono insidiate da nessun mutamento, allora Dio dirige il giusto scrutando cuori e reni. Perché gli uomini possono conoscere le nostre opere che compiamo con le azioni e con le parole, ma con quale animo le compiamo, e dove desideriamo giungere con esse, lo sa solo quel Dio che scruta reni e cuori.

Cristo nostra medicina.
10. [v 11.] Il mio giusto aiuto [procede] dal Signore, che salva i retti di cuore. Due sono i compiti della medicina, risanare le infermità e conservare la salute. Riferendosi al primo compito nel salmo precedente è detto: abbi pietà di me, Signore, perché sono infermo 44; riferendosi all'altro è detto in questo salmo: se c'è iniquità nelle mie mani, se ho ricambiato chi mi ha restituito il male, soccomba pure, misero, ai miei nemici 45. Là l'infermo prega per essere liberato; qui, ormai sano, prega per non ammalarsi: nel primo intento, là dice: salvami per la tua misericordia 46; nel secondo caso, qui dice: giudicami, Signore, secondo la mia giustizia 47. Là chiede il rimedio per sfuggire al male, qui chiede protezione per non ricadere nel male; nel primo caso ha detto: salvami, Signore, secondo la tua misericordia; qui esclama: Il mio giusto aiuto [procede] dal Signore, che salva i retti di cuore. Infatti la misericordia e l'aiuto salvano ambedue; ma la misericordia porta alla salute dalla malattia, l'aiuto conserva nella salute stessa: nel primo caso l'aiuto è misericordioso, perché non ha alcun merito il peccatore che desidera essere giustificato, credendo in colui che giustifica l'empio 48; qui invece l'aiuto è giusto, perché viene dato a chi è già giusto. Ebbene, il peccatore che ha detto: sono infermo, dica ora: Salvami, Signore, per la tua misericordia! e il giusto che ha detto: se ho ricambiato chi mi ha restituito il male, gridi: Il mio giusto aiuto [procede] dal Signore che salva i retti di cuore. Se infatti il Signore ci porge la medicina per risanarci quando siamo infermi, quanto più ci porgerà la medicina per conservarci in salute? Che se Cristo è morto per noi quando ancora eravamo peccatori, quanto più, ora che siamo giustificati 49, saremo salvi dall'ira per mezzo di lui?

La sede delle dilettazioni.
11. Il mio giusto aiuto [procede] dal Signore, che salva i retti di cuore. Dio guida il giusto scrutando il cuore e i reni; e con il suo giusto aiuto salva i retti di cuore. Non però allo stesso modo per cui scruta i cuori e i reni, salva anche i retti di cuore e di reni. Infatti i pensieri malvagi si trovano in un cuore perverso, e i pensieri buoni in un cuore retto; i piaceri non buoni, in quanto inferiori e terreni, competono ai reni, mentre i piaceri buoni non riguardano i reni, ma il cuore stesso. Ecco perché non si può parlare di retti di reni come si parla di retti di cuore, poiché dove sono i pensieri, là è presente il godimento; e questo non può accadere se non quando si pensa alle cose divine ed eterne. Perciò ha detto: hai infuso letizia nel mio cuore solo dopo aver detto: è impressa in noi la luce del tuo volto, Signore 50. Infatti, benché i fantasmi delle cose terrene, che l'animo simula a se stesso quando si esalta con speranza inutile e mortale, spesso arrechino una letizia folle e delirante dovuta a vacue immaginazioni, tuttavia non dobbiamo attribuire questo piacere al cuore, ma ai reni; perché tutte quelle fantasie scaturiscono dalle cose inferiori, cioè dalle cose carnali e terrene. Accade perciò che Dio, scrutando cuori e reni, se vede nel cuore retti pensieri, e nessun piacere nei reni, offre il suo giusto aiuto ai retti di cuore, nei quali sublimi delizie si associano a puri pensieri. Per questo in un altro salmo, dopo aver detto: perfino nella notte mi castigarono i miei reni, subito parla dell'aiuto, dicendo: vedevo sempre il Signore al mio cospetto, giacché è alla mia destra perché io non vacilli 51. Mostra cioè di avere subito soltanto tentazioni da parte dei reni, non di aver provato anche dei piaceri, perché di certo avrebbe vacillato se anche questi avesse sentito. E dopo aver detto: il Signore è alla mia destra perché io non vacilli, aggiunge: per questo si è allietato il mio cuore 52, in quanto i reni hanno potuto metterlo alla prova, non dilettarlo. Perciò la gioia è suscitata non nei reni, ma là dove Dio ha procurato di essere alla destra per opporsi alle tentazioni dei reni, ossia nel cuore.

Il giudizio giorno d'ira.
12. [v 12.] Dio giudice giusto, forte e longanime. Quale Dio è giudice, se non il Signore, che giudica i popoli? Egli stesso è il giusto, che renderà a ciascuno secondo le sue opere 53; è il forte, che, pur essendo potentissimo, ha sopportato per la nostra salvezza anche gli empi persecutori; è il longanime, che non ha precipitato nel supplizio, subito dopo la sua risurrezione, coloro che lo avevano perseguitato, ma li ha tollerati affinché una buona volta si convertissero dall'empietà alla salvezza; e ancora li sopporta riservando l'ultima pena per l'ultimo giudizio, ed invitando anche ora i peccatori alla penitenza. Che non suscita l'ira ogni giorno. È forse più efficace dire: suscita l'ira, anziché si adira (come abbiamo letto in molti esemplari greci), in quanto l'ira con la quale punisce non è in lui, ma negli animi dei suoi ministri che osservano i comandamenti della verità, e per cui mezzo viene trasmesso l'ordine di punire i peccati anche ai ministri di grado inferiore, chiamati angeli dell'ira i quali si compiacciono del castigo inflitto agli uomini non a cagione della giustizia, nella quale non trovano gioia, ma a cagione della malvagità. Dio, dunque, non suscita l'ira ogni giorno, cioè non convoca tutti i giorni i suoi ministri per la vendetta. Infatti, ora, la pazienza di Dio invita alla penitenza; ma nell'ultima ora, quando gli uomini, per la loro ostinazione e il loro cuore non rinnovato, avranno accumulato per sé l'ira per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio 54, [il Signore] vibrerà la sua spada.

13. [v 13.] Se non vi convertite - dice - vibrerà la sua spada. Si può vedere anche l'Uomo del Signore nella spada di Dio a due tagli, cioè nella lancia, che nel primo avvento non ha vibrato, ma ha nascosto come nel fodero dell'umiltà; la vibrerà però quando, venendo nel secondo avvento per giudicare i vivi e i morti nel manifesto splendore della sua gloria, balenerà luce per i suoi giusti e terrore per gli empi. Al posto di vibrerà la sua spada, leggiamo infatti in altri codici le parole: la sua lancia farà sfolgorare; espressione che mi sembra significare in modo assai efficace l'ultimo avvento dello splendore del Signore, se si intende riferito alla sua stessa persona ciò che reca un altro salmo: libera, Signore, la mia anima dagli empi, la tua lancia dai nemici della tua mano 55. Ha teso il suo arco, e lo ha preparato. Non dobbiamo dimenticare e trascurare i tempi dei verbi: ha detto infatti, al futuro, che vibrerà la spada, e, al passato, che ha teso l'arco; seguono poi altri verbi al tempo passato.

14. [v 14.] E in esso ha preparato strumenti di morte; ha forgiato le sue frecce per coloro che ardono. Propendo a ritenere che questo arco siano le Sante Scritture, dove la durezza del Vecchio Testamento è stata piegata e domata dal vigore del Nuovo Testamento, quasi fosse un nerbo. È da esso che sono inviati, come frecce, gli Apostoli; di qui sono lanciati gli annunzi divini. Queste frecce egli ha forgiate per coloro che ardono, ossia perché, da esse percossi, si infiammino di amore divino. Da quale altra freccia è colpita infatti colei che dice: introducetemi nella cella del vino, mettetemi in mezzo ai profumi, collocatemi tra il miele, perché sono ferita d'amore 56? Da quali altre frecce è infiammato colui che, anelando di andare a Dio e di far ritorno da questo esilio, chiede aiuto contro le lingue ingannatrici, e a lui è detto: cosa ti sarà dato, o che cosa ti sarà apprestato contro la lingua ingannatrice? Le frecce aguzze del potente, con i carboni devastatori 57? In modo cioè che, ferito e infiammato da essi, tu arda di tanto amore per il regno dei cieli, da disprezzare le lingue di tutti coloro che ti si oppongono e vogliono distoglierti dal tuo proposito, e da deridere le loro persecuzioni dicendo: chi mi separerà dall'amore di Cristo? Le tribolazioni, le ristrettezze, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Sono certo infatti - dice - che né la morte, né la vita, né l'angelo, né il principato, né le cose di oggi, ne quelle future, né la virtù, né l'altezza, né la profondità, né un'altra creatura potrà separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù nostro Signore 58. Così ha forgiato le sue frecce per coloro che ardono. Leggiamo infatti nei codici greci: ha forgiato le sue frecce per coloro che ardono. Molti codici latini recano invece: ha reso infuocate le sue frecce. Ma sia che le frecce stesse ardano, sia che facciano ardere, cosa che non potrebbero fare se non ardessero esse stesse, il senso permane inalterato.

15. Ma poiché ha detto che il Signore ha preparato nell'arco non soltanto le frecce, ma anche gli strumenti di morte, possiamo chiederci quali siano questi strumenti. Sono forse gli eretici? Anch'essi infatti balzano fuori dal medesimo arco, cioè dalle medesime Scritture, sulle anime, non per infiammarle d'amore, ma per ucciderle con i veleni, il che non accade però senza loro colpa. Anche tale disposizione è perciò da attribuirsi alla provvidenza divina, non perché sia essa che crea i peccatori, ma perché sa disporre al bene anche il loro peccato. Infatti, leggendo con perversa disposizione a causa del peccato, gli eretici necessariamente comprendono male, tanto che proprio in questa errata comprensione sta la pena del peccato medesimo; ma dalla loro morte i figli della Chiesa cattolica sono svegliati dal sonno, come da altrettante spine, e progrediscono nella intelligenza delle Scritture divine. Bisogna infatti che vi siano le eresie, affinché i provati divengano manifesti tra voi 59, cioè tra gli uomini, poiché già sono conosciuti da Dio. Oppure ha preparato le frecce stesse e gli strumenti di morte per la rovina degli infedeli, e ha forgiato quelle ardenti - o per coloro che ardono - allo scopo di esercitare i fedeli nella virtù? Non sono false infatti le parole dell'Apostolo: per alcuni siamo odore di vita per la vita, per altri odore di morte per la morte: e a tali cose chi è adatto? 60 Non c'è quindi da stupirsi che gli Apostoli stessi siano strumenti di morte per coloro dai quali hanno subìto persecuzioni, e frecce infuocate per infiammare i cuori dei credenti.

16. [v 15.] Dopo questa "economia" verrà il giusto giudizio, del quale ci parla in modo da farci comprendere che per ogni uomo il supplizio nasce dal suo peccato, e la sua iniquità si tramuta in pena: non dobbiamo infatti credere che la tranquillità e la luce ineffabile di Dio suscitino in sé il castigo con cui vengono puniti i peccati, ma che ordinino i peccati stessi in modo tale che le cose che sono state delizia per l'uomo peccatore, divengano gli strumenti per il Signore che punisce. Ecco, dice, ha partorito ingiustizia. Che cosa ha concepito per partorire ingiustizia? Aggiunge: ha concepito travaglio. Derivano da qui le parole: nel travaglio mangerai il tuo pane 61; ed anche le altre: venite a me tutti voi che siete travagliati e aggravati. Perché il mio giogo è dolce e il mio peso lieve 62. Il travaglio non potrà infatti avere fine se ognuno di noi non amerà ciò che non gli potrà essere tolto contro la sua volontà. Se si amano infatti le cose che possiamo perdere anche contro la nostra volontà, è inevitabile che ci affatichiamo miserevolmente per esse; e, per ottenerle, in mezzo alle angustie delle difficoltà terrene, quando uno desidera rubarle per sé, prevenire l'altro o strapparle all'altro, macchiniamo ingiustizie. A ragione dunque, e secondo l'ordine, chi ha concepito il travaglio partorisce ingiustizia. Dà alla luce quel che ha partorito, anche se non partorirà ciò che ha concepito: non nasce ciò che è stato concepito, ma si concepisce il seme e nasce ciò che si forma dal seme. Il travaglio dunque è il seme dell'iniquità; e la concezione del travaglio è il peccato, cioè quel primo peccato che consiste nell'apostatare da Dio 63. Insomma, chi ha concepito il travaglio ha partorito l'ingiustizia. E ha generato iniquità. L'iniquità non è altro che l'ingiustizia; cioè ha dato alla luce ciò che ha partorito. Che cosa segue?

17. [v 16.] Ha aperta una buca e l'ha scavata. Aprire una buca nelle cose terrene è come preparare una trappola nella terra, nella quale cada colui che l'ingiusto vuole ingannare. Si apre pertanto questa buca quando si acconsente alle malvage suggestioni dei desideri terreni; e la si scava quando, dopo il consenso, si insiste nell'azione dell'inganno. Ma come può accadere che l'iniquità ferisca l'uomo giusto, contro cui è diretta, prima del cuore ingiusto dal quale procede? Così, tanto per fare un esempio, colui che froda il denaro, mentre desidera far male ad altri, è a sua volta lacerato dalla ferita dell'avarizia. Ma chi è tanto stolto da non vedere quanta differenza vi sia tra costoro, dato che quello subisce danno nel denaro, questo nell'innocenza? Cadrà, dunque, nella fossa che ha fatta. Lo stesso concetto troviamo in un altro salmo: è conosciuto il Signore nel fare giustizia, il peccatore è preso nelle opere delle sue mani 64.

18. [v 17.] Il suo male ricadrà sul suo capo, e discenderà sulla sua testa la sua iniquità. Egli non ha voluto infatti sfuggire al peccato; ma sotto il peccato è divenuto come uno schiavo, così come dice il Signore: chiunque pecca, è schiavo 65. Quindi l'iniquità si porrà al di sopra di lui, quando egli si fa suddito della sua ingiustizia e non può perciò dire al Signore ciò che dicono gli innocenti e retti: tu mia gloria, e colui che levi in alto il mio capo 66. Tanto egli sarà in basso che la sua ingiustizia lo sovrasta e discende su di lui, perché lo appesantisce, lo schiaccia, e non gli consente di ritornare in volo nella pace dei santi. Questo accade quando nell'uomo perverso la ragione è schiava e il piacere domina.

L'essere è luce.
19. [v 18.] Confesserò al Signore secondo la sua giustizia. Non è questa la confessione dei peccati. Qui parla infatti colui che prima diceva con grande verità: se c'è iniquità nelle mie mani. È la confessione della giustizia di Dio, nella quale così diciamo: veramente, Signore, tu sei giusto, perché tanto proteggi i giusti che li illumini mediante te stesso, e fai in modo che i peccatori siano puniti non dalla tua, ma dalla loro malvagità. Questa confessione loda a tal punto il Signore, che più a nulla valgono le bestemmie degli empi, i quali, volendo scusare i loro delitti non vogliono imputare i propri peccati a loro colpa, cioè non vogliono imputare a loro colpa la loro stessa colpa. Trovano modo perciò di accusare o la fortuna o il destino; oppure il diavolo, mentre colui che ci ha creati ha posto in nostro potere la facoltà di non consentire ad esso; oppure tirano in ballo un'altra natura, che non procederebbe da Dio, oscillando miseri e vagando piuttosto che confessare Dio perché li perdoni. Il perdono conviene infatti solo a colui che dice: ho peccato. Orbene, chi comprende che i meriti delle anime sono ordinati da Dio in modo che, mentre a ciascuno viene dato il suo, in nessuna parte sia violata la bellezza dell'universo, loda Dio in ogni cosa: e questa è la confessione dei giusti, quella nella quale il Signore dice: ti confesso, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli 67. Del pari nell'Ecclesiastico è detto: confessate il Signore in tutte le sue opere. E questo confesserete: che ottime sono tutte le opere del Signore 68. Il che si può intendere anche in questo salmo se uno, con pia intenzione e con l'aiuto del Signore, discerne tra i premi dei giusti e i supplizi dei peccatori in qual modo da queste due disposizioni l'intera creazione, che Dio governa dopo averla creata, è adornata con meravigliosa bellezza che a pochi è nota. Dice pertanto: confesserò al Signore secondo la sua giustizia, come chi abbia visto che le tenebre non furon create da Dio, ma tuttavia ordinate da lui. Dio ha detto infatti: sia fatta la luce, e la luce fu fatta 69. Non ha detto: siano fatte le tenebre e le tenebre furono fatte, tuttavia ha ordinato anche le tenebre. Per questo leggiamo: Dio separò la luce dalle tenebre, e chiamò la luce giorno e le tenebre notte 70. Ecco la distinzione: una cosa ha fatta e ha ordinata; mentre un'altra cosa non ha fatta, e tuttavia ha ordinato anche questa. Che nelle tenebre siano significati i peccati, si legge già nel profeta: e le tue tenebre saranno come il mezzogiorno 71; e nell'Apostolo che dice: Chi odia il suo fratello è nelle tenebre 72; e soprattutto nelle parole: spogliamoci delle opere delle tenebre e rivestiamoci delle armi della luce 73. Questo non vuol dire che esista una natura propria delle tenebre: infatti ogni natura, in quanto è natura è necessariamente essere. E poiché l'essere attiene alla luce e il non essere alle tenebre, chi dunque abbandona colui dal quale è fatto, per decadere in ciò di cui fu fatto, cioè nel nulla, diviene tenebra in questo peccato; e tuttavia non perisce del tutto, ma si colloca nell’estrema bassezza. Per questo dopo aver detto: confesserò al Signore, per farci intendere che non si tratta della confessione dei peccati, aggiunge come conclusione: e inneggerò al Nome del Signore Altissimo. Poiché alla gioia appartiene l’inneggiare, mentre la penitenza dei peccati appartiene al dolore.

20. Questo salmo può intendersi anche (riferito) alla persona dell'Uomo del Signore, purché le cose che in esso esprimono debolezza sian riferite all'infermità della nostra natura da lui assunta.
Pedro

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12/02/2012 18:00
 
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SUL SALMO 8
ESPOSIZIONE

Il significato di " torchi ".
1. [v 1.] Per la fine, per i torchi: salmo di David stesso. Non sembra che nel testo di questo salmo, che ha un simile titolo, si dica qualcosa dei torchi; dal che risulta che, spesso, nelle Scritture, sotto molte e diverse similitudini si intende una sola e medesima cosa. Possiamo perciò nei torchi vedere le chiese, per la stessa ragione per cui vediamo anche nell'aia la Chiesa. Sia nell'aia sia nel torchio infatti non si compie niente altro se non la liberazione dei frutti dai tegumenti, necessari perché nascessero, crescessero e giungessero alla maturità sia della mietitura che della vendemmia. Orbene, quanto a questi tegumenti e peduncoli, il frumento si libera nell'aia dalla pula, e il vino si libera nel torchio dalle vinacce; allo stesso modo, nelle chiese, si separano in forza di spirituale amore, ad opera dei ministri di Dio, i buoni dalla moltitudine degli uomini del secolo che sta riunita insieme con loro; moltitudine che era necessaria ai buoni perché nascessero e divenissero idonei a ricevere la parola divina. Questa divisione si verifica anche ora, in modo però che i buoni sono separati dai malvagi, non nello spazio ma nell'amore, anche se gli uni e gli altri stanno insieme nelle chiese per quanto si riferisce alla presenza corporale. Verrà poi un altro tempo nel quale il frumento sarà raccolto nei granai e il vino nelle cantine. Dice: il grano raccoglierà nei granai, mentre brucerà la pula nel fuoco inestinguibile 1. In un'altra similitudine si può intendere la stessa cosa: il vino raccoglierà nelle cantine, mentre getterà le vinacce al bestiame in modo che i ventri delle bestie possano raffigurare - in similitudine - le pene dell'inferno.

2. Possiamo interpretare i torchi anche in un altro modo, senza tuttavia rinunziare a vedere in essi le chiese. Possiamo infatti scorgere nell'uva anche il Verbo divino: anche il Signore è stato chiamato grappolo d'uva, che portarono dalla terra promessa, sospeso a un ramo come fosse crocifisso 2 coloro che erano stati mandati in avanscoperta dal popolo di Israele. Ora, allorché il Verbo divino, per la necessità dell'enunciazione, assume suono di voce per giungere all'orecchio degli ascoltatori, nel medesimo suono della voce si racchiude il significato come il vino nelle vinacce; e così questa uva giunge all'orecchio come al pressatoio ove sono situati i torchi. Si compie infatti qui la separazione, per cui il suono si ferma alle orecchie, mentre il senso si raccoglie nella memoria di coloro che ascoltano, come in una specie di tino, da cui passa nella disciplina dei costumi e nell'atteggiamento della mente, come (il vino) passa dal tino nelle cantine, ove, se non diverrà aceto per negligenza, acquisterà vigore con l'invecchiare. Presso i Giudei è divenuto aceto, ed essi diedero da bere al Signore questo aceto 3. È infatti necessario che quel vino, generato dalla vite del Nuovo Testamento e che il Signore berrà insieme con i suoi santi nel regno del Padre suo 4, sia dolcissimo e robustissimo.

3. Si suole scorgere anche il martirio nel torchio, in quanto, essendo stati premuti dalla violenza delle persecuzioni coloro che hanno confessato il nome di Cristo, i loro resti mortali rimarranno in terra come le vinacce, mentre le loro anime voleranno nella pace della dimora celeste. Neppure questa interpretazione si allontana dalla fruttificazione delle chiese. Quindi si canta il salmo per i torchi, cioè per la fondazione della Chiesa, quando il nostro Signore è asceso al cielo dopo essere risorto: è allora che ha mandato lo Spirito Santo, ricolmi del quale i discepoli hanno predicato con fiducia la parola di Dio, onde costituire le chiese.

4. [v 2.] Per questo è detto: o Signore, Signore nostro, quanto è ammirabile il tuo nome in tutta la terra! Chiedo: perché è ammirabile il suo nome in tutta la terra? Mi si risponde: perché la tua magnificenza è innalzata sopra i cieli. Il senso è dunque questo: o Signore, tu che sei il nostro Signore, quanto ti ammirano tutti coloro che abitano la terra! Perché la tua magnificenza si è innalzata dalla umiltà terrena fin sopra i cieli. Di là infatti si è reso manifesto chi eri tu che, ne discendevi, quando alcuni hanno visto, e altri hanno creduto, ove tu salivi.

La Chiesa è costituita anche da peccatori.
5. [v 3.] Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai tratto perfetta lode, contro i tuoi nemici. Non posso ritenere che si tratti di fanciulli e di lattanti diversi da quelli ai quali dice l'Apostolo: come a fanciulli in Cristo vi ho dato da bere il latte, non il cibo solido 5. Tali fanciulli erano raffigurati da quei bambini che precedevano il Signore inneggiando a lui, ai quali applicò il Signore stesso questa testimonianza quando, ai Giudei che gli dicevano di rimproverarli, rispose: non avete letto: dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai tratto perfetta lode? 6 Giustamente non dice: hai tratto lode, ma: hai tratto perfetta lode. Vi sono infatti nelle chiese anche coloro che non bevono più il latte, ma mangiano il cibo solido, ai quali allude lo stesso Apostolo dicendo: parliamo della sapienza tra i perfetti 7. Le chiese, peraltro, non si compongono solo di questi, perché se vi fossero soltanto perfetti non si provvederebbe al (bene del) genere umano. Ed invece si provvede, quando anche coloro che non sono ancora capaci della conoscenza delle cose spirituali ed eterne, sono nutriti con la fede della storia temporale, la quale, dopo i Patriarchi e i Profeti, è stata governata per la nostra salvezza dalla superiore potenza e sapienza di Dio anche con il mistero dell'assunzione della natura umana, nella quale [fede] risiede la salvezza per ogni credente, in modo che mosso dall'autorità, obbedisca ai comandamenti; e ciascuno, purificato da essi e radicato e stabilito nella carità, possa correre insieme con i santi non più come un bambino [da nutrirsi] con il latte, ma come un giovane capace del cibo solido, e comprendere la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità e conoscere anche la sovraeminente scienza della carità di Cristo 8.

Scienza e fede.
6. Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai tratto perfetta lode, contro i tuoi nemici. Per nemici di questa [opera di] salvezza, compiuta per mezzo di Gesù Cristo e della sua crocifissione, dobbiamo intendere in generale tutti coloro che dicono di non credere nel Mistero, e promettono una scienza certa; come appunto fanno tutti gli eretici e coloro che sono detti filosofi nella superstizione dei gentili. Non perché la promessa della scienza sia da condannarsi, ma perché costoro pensano di poter trascurare quel salutare e necessario gradino della fede, mezzo indispensabile per elevarci a qualcosa di certo, che non può essere se non l'eterno. Da ciò risulta che costoro non posseggono neppure quella scienza che promettono disprezzando la fede, perché disconoscono questo gradino tanto utile e necessario. Per questo il nostro Signore ha tratto perfetta lode dalla bocca dei bambini e dei lattanti dando dapprima il precetto per mezzo dei profeti: se non avrete creduto non intenderete 9, e dicendo poi egli stesso di persona: beati coloro che non avranno visto e crederanno 10. Contro i nemici, ossia contro coloro a proposito dei quali dice anche: ti confesso, Signore del cielo e della terra, perché hai celato queste cose ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli 11. Ha detto ai sapienti non perché sono sapienti, ma perché credono di esserlo. Per annientare il nemico e difensore. Chi è costui se non l'eretico? È infatti insieme nemico e difensore colui che, mentre combatte la fede cristiana, sembra difenderla. Tuttavia possono essere definiti correttamente nemici e difensori anche i filosofi di questo mondo, dato che il Figlio di Dio è Potenza e Sapienza di Dio, da cui è illuminato chiunque diventa sapiente per mezzo della verità. Costoro si proclamano amici della verità, e anche per questo sono detti filosofi: ecco perché sembrano difenderla, mentre sono suoi nemici, perchée non cessano di insinuare nocive superstizioni per fare adorare e venerare gli elementi di questo mondo.

Lo Spirito Santo dito di Dio.
7. [v 4.] Giacché vedrò i cieli, opera delle tue dita. Leggiamo che è stata scritta dal dito di Dio la Legge data per mezzo di Mosè, suo santo servo 12; e molti in questo dito di Dio riconoscono lo Spirito Santo. Per questa ragione se intendiamo giustamente come dita di Dio i ministri stessi ricolmi dello Spirito Santo - poiché è lo Spirito stesso che opera in essi, ed è per loro mezzo che è stata redatta a nostro vantaggio tutta la divina Scrittura - altrettanto giustamente intenderemo che sono detti cieli, in questo passo, i libri dell'uno e dell'altro Testamento. Sta di fatto che i maghi del re Faraone, dopo essere stati vinti da Mosè, dissero di lui: questi è il dito di Dio 13; sta inoltre scritto: il cielo sarà piegato come un libro 14; anche se così è detto di questo cielo etereo, opportunamente tuttavia con questa stessa similitudine si nominano i cieli per intendere allegoricamente i libri. Giacché vedrò - dice - i cieli, opera delle tue dita, cioè vedrò e comprenderò le Scritture, che tu hai scritte per mezzo dei tuoi ministri grazie all'opera dello Spirito Santo.

Non c'è vera scienza senza fede.
8. Possiamo vedere questi stessi libri anche in quei cieli che ha menzionato prima, quando ha detto: perché la tua magnificenza è innalzata sopra i cieli, in modo che il senso integrale sia questo: invero la tua magnificenza è innalzata sopra i cieli, in quanto la tua gloria supera l'eloquenza di tutte le Scritture. E hai tratto perfetta lode dalla bocca dei bambini e dei lattanti, affinché inizino dalla fede nelle Scritture coloro che desiderano pervenire alla conoscenza della tua gloria, che si innalza sopra le Scritture stesse, in quanto trascende e supera le espressioni di ogni parola e di ogni linguaggio. Dio ha dunque piegato le Scritture fino alla capacità dei bambini e dei lattanti, come si canta in un altro salmo: piegò il cielo e discese 15, e ha fatto questo a cagione dei nemici, i quali, contrastando con la superbia della loro loquacità la croce di Cristo, anche quando dicono qualcosa di vero, non possono tuttavia giovare ai fanciulli e ai lattanti. Così è annientato il nemico e difensore, il quale, mentre sembra tutelare la sapienza e anche il nome di Cristo, allontanandosi dal gradino di questa fede, combatte quella verità che promette con tanta prontezza. Ecco perché mostra chiaramente di non possederla, dato che, opponendosi al gradino che a lei conduce, cioè alla fede, non conosce in qual modo si può giungere ad essa. Viene così annientato colui che - temerario e cieco - promette la verità (ed invece è nemico e difensore), allorché si manifestano i cieli opera delle dita di Dio; quando cioè vengono comprese le Scritture, piegate fino al livello della debolezza dei fanciulli, e questi, attraverso l'umiltà della fede nella storia che si è attuata nel tempo, sono innalzati, ben nutriti e rinvigoriti, alla sublimità della conoscenza delle cose eterne, e in esse confermati. Dunque questi cieli, cioè questi libri, sono opera delle dita di Dio: perché sono stati redatti dallo Spirito Santo che opera nei santi. Infatti coloro che si sono curati della propria gloria piuttosto che della salvezza degli uomini, hanno parlato senza quello Spirito Santo, che ha le viscere della misericordia di Dio.

9. Giacché vedrò i cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fondate. La luna e le stelle sono fondate nei cieli, perché anche la Chiesa universale (ad indicar la quale spesso si pone la luna) e le chiese particolari di ogni singola regione (che credo siano simboleggiate con il nome di stelle) sono collocate in quelle stesse Scritture che riteniamo essere rappresentate nella parola cieli. Perché poi la luna designi a ragione la Chiesa, lo considereremo con più agio in un altro Salmo, laddove si dice: i peccatori hanno teso l'arco, per saettare i retti di cuore mentre oscura è la luna 16.

Rapporto tra uomo e figlio dell'uomo.
10. [v 5.] Che cosa è l'uomo, che tu ti ricordi di lui, o il figlio dell'uomo, che tu lo visiti? Ci si può chiedere quale differenza vi sia tra l'uomo e il figlio dell'uomo. Se non vi fosse alcuna differenza, il salmista non avrebbe scritto così: l'uomo, o il figlio dell'uomo, separandoli con la disgiunzione. Se fosse scritto infatti: che cosa è l'uomo che tu ti ricordi di lui, e il figlio dell'uomo che tu lo visiti, sembrerebbe trattarsi di una ripetizione della parola uomo; ma siccome qui leggiamo l'uomo, o il figlio dell'uomo, si suggerisce chiaramente che vi è una differenza. Dobbiamo senz'altro intendere così, perché mentre ogni figlio dell'uomo è uomo, non ogni uomo può essere ritenuto figlio dell'uomo. Adamo infatti era uomo, ma non figlio dell'uomo. Ecco perché è fin d'ora lecito esaminare e distinguere quale differenza vi sia in questo luogo tra l'uomo e il figlio dell'uomo, in modo che coloro che portano l'immagine dell'uomo terreno - che non è figlio dell'uomo - siano indicati con il nome di uomini; mentre coloro che portano l'immagine dell'uomo celeste siano piuttosto chiamati figli degli uomini 17. Quello, infatti, è detto anche uomo vecchio, e questo nuovo 18; ma il nuovo nasce dal vecchio, perché la rigenerazione spirituale si inizia con il mutamento della vita terrena e secolare; e perciò l'uomo nuovo è detto figlio dell'uomo. Orbene, in questo passo l'uomo è quello terreno, mentre il figlio dell'uomo è l'uomo celeste; il primo è ben lontano da Dio, il secondo è presente a Dio: ecco perché il Signore si ricorda del primo, come di chi si trova lontano, mentre visita il secondo, che, presente, illumina con il suo volto. Lontana - infatti - è la salvezza dai peccatori 19, e impressa è in noi la luce del tuo volto, o Signore 20. Così, in un altro salmo, avendo associato gli uomini agli animali, non per la loro attuale interiore illuminazione ma per quell'effusione della misericordia di Dio, a motivo della quale la sua bontà si estende fino alle più basse creature, dice che [gli uomini] sono salvati insieme con gli stessi animali; poiché la salvezza degli uomini carnali è carnale come quella delle bestie. Invece, separando i figli degli uomini da quelli che - [chiamati] uomini - aveva associato agli animali, annunzia che saranno beati in un modo di gran lunga più sublime, nella illuminazione della stessa verità e come in una sorta di inondazione della fonte di vita. Dice infatti: uomini e animali salverai, Signore, così come si è moltiplicata la tua misericordia, o Dio. Ma i figli degli uomini spereranno nella protezione delle tue ali. Si inebrieranno nella abbondanza della tua casa, e tu li disseterai al torrente delle tue delizie. Perché presso di te è la fonte della vita, e nella tua luce vedremo la luce. Dispiega la tua misericordia su coloro che ti conoscono 21. Si ricorda dunque dell'uomo, come degli animali, nella moltiplicazione della sua misericordia poiché la misericordia moltiplicata giunge fino a coloro che sono lontani; invece visita il figlio dell'uomo al quale porge, dopo averlo posto sotto la protezione delle sue ali, la misericordia, e al quale offre la luce nella sua luce, e lo disseta alle sue delizie, e lo inebria nell’abbondanza della sua casa, affinché dimentichi le sofferenze e gli errori della vita passata. La penitenza dell’uomo vecchio partorisce, con dolore e gemito, questo figlio dell’uomo, cioè l’uomo nuovo. Questi, sebbene sia nuovo, è tuttavia detto ancora carnale, quando è nutrito con il latte: non vi ho potuto parlare come a uomini spirituali, ma come a uomini carnali, dice l’Apostolo, e, per mostrare poi che sono già rigenerati, aggiunge: come fanciulli in Cristo vi ho dato da bere il latte, non il cibo solido. Se, come spesso accade, costui ricadrà nella vecchia vita, si sentirà dire, con tono di rimprovero, che è uomo: forse che non siete uomini - dice - e secondo l’uomo camminate? 22

11. [vv 6.7.] Orbene, il figlio dell'uomo è visitato dapprima nello stesso Uomo del Signore, nato da Maria Vergine. Di lui, a cagione della stessa debolezza della carne che la Sapienza di Dio si è degnata di assumere e della umiliazione della passione, è detto giustamente: lo hai fatto di un poco inferiore agli angeli. Ma si aggiunge poi quella glorificazione nella quale, risorgendo, è asceso al cielo: di gloria - dice - e di onore lo hai coronato; lo hai costituito sopra le opere delle tue mani. Poiché anche gli angeli sono opere delle mani di Dio, comprendiamo che anche al di sopra degli angeli è stato costituito il Figlio Unigenito, che abbiamo sentito, e crediamo, essere stato reso un poco inferiore rispetto agli angeli a causa della umiltà della sua generazione carnale e della passione.

Nobiltà e grandezza di Cristo.
12. [vv 8.9.] Tutte le cose - dice - hai poste sotto i suoi piedi. Non eccettua niente, dicendo tutte le cose. E per evitare che si intenda altrimenti, l'Apostolo così ci ordina di credere: eccetto colui che tutto gli ha sottomesso 23. Scrivendo agli Ebrei si serve della medesima testimonianza di questo salmo, quando vuol far intendere che tutte le cose sono sottomesse al nostro Signor Gesù Cristo, tanto che niente è eccettuato 24. Non sembra tuttavia aggiungere niente di straordinario, dicendo: le pecore e i buoi tutti, in più anche gli animali dei campi, gli uccelli del cielo e i pesci del mare, che percorrono le vie del mare. Sembra infatti aver sottomesso al Signore soltanto gli animali, avendo lasciato da parte le Virtù e le Potenze, e tutti gli eserciti degli angeli, e tralasciando gli uomini stessi; a meno che non si vedano nelle pecore e nei buoi le anime sante [nel senso] che o danno i frutti dell'innocenza, oppure si adoperano affinché la terra dia frutto, cioè affinché gli uomini terreni siano rigenerati nella abbondanza spirituale. In queste anime sante dobbiamo perciò vedere non soltanto gli uomini, ma anche tutti gli angeli, se vogliamo con queste parole intendere che tutte le cose sono soggette al nostro Signore Gesù Cristo. Non c'è infatti creatura che non sia soggetta a colui al quale sono soggetti, per esprimerci così, gli spiriti superiori. Ma come possiamo provare che si possono vedere nelle pecore anche gli spiriti supremamente beati, non gli uomini, ma gli spiriti angelici? Forse con le parole del Signore, che dice di aver lasciato sui monti, cioè nei luoghi più sublimi, novantanove pecore, e di essere disceso a causa di una sola 25? Se intendiamo infatti per quella sola pecora l'anima umana caduta in Adamo, in quanto anche Eva fu fatta dal suo fianco 26 - tutte cose di cui ora non è il momento di trattare e di trarne il senso spirituale -, non ci resta che vedere nelle novantanove pecore lasciate sui monti gli spiriti non umani, ma angelici. Riguardo ai buoi, l'affermazione si delucida facilmente, dato che gli uomini stessi sono chiamati buoi in quanto imitano gli angeli nell'annunziare la parola di Dio, come risulta dalle parole: non metterai il freno alla bocca del bue che trebbia. Premesso questo, quanto più facilmente possiamo vedere nei buoi gli angeli messaggeri di verità, dato che sono chiamati buoi gli stessi Evangelisti, poiché partecipano del loro nome 27? Hai sottomesso - dice dunque - le pecore e i buoi tutti, cioè tutte le creature sante e spirituali; nelle quali intendiamo anche i santi uomini che sono nella Chiesa, cioè in quei torchi che, in un'altra similitudine, sono raffigurati nella luna e nelle stelle.

13. In più - dice - anche gli animali dei campi. L'aggiunta in più non è affatto inutile. In primo luogo perché gli animali del campo possono essere anche le pecore e i buoi; in modo che, se gli animali delle rupi e dei luoghi scoscesi sono le capre, giustamente si intende con pecore gli animali del campo. Cosicché, anche se fosse scritto: le pecore e i buoi tutti e gli animali del campo, ci si chiederebbe giustamente che cosa significano questi animali del campo, dato che in essi possiamo vedere anche le pecore e i buoi. Siamo pertanto indotti a riconoscere l'esistenza di una certa differenza, proprio perché è aggiunto anche in più. Ma sotto queste parole - che suonano: in più - son posti non solo gli animali del campo, ma anche gli uccelli del cielo e i pesci del mare che percorrono le vie del mare. Ebbene, di quale differenza si tratta? Ricordiamoci dei torchi che hanno le vinacce e il vino, dell'aia che contiene la pula e il grano 28, delle reti in cui sono chiusi i pesci buoni e cattivi 29, e dell'arca di Noè nella quale stavano gli animali puri e quelli immondi 30, e vedrai allora che le chiese di questo tempo transeunte contengono, fino all'ultimo giorno del giudizio, non solo le pecore e i buoi, cioè santi laici e santi ministri, ma in più anche gli animali del campo, gli uccelli del cielo, e i pesci del mare che percorrono le vie del mare. In modo quanto mai preciso sono raffigurati negli animali dei campi gli uomini immersi nei piaceri della carne, stato dal quale non si innalzano a niente di arduo, a niente di faticoso. Infatti il campo è anche la via larga che conduce alla morte 31, ed è nel campo che è ucciso Abele 32. Ecco perché è da temersi che uno, discendendo dai monti della giustizia di Dio (perché la tua giustizia - dice - è come i monti di Dio 33), scegliendo la larghezza e la facilità dei piaceri carnali, sia così trucidato dal diavolo. Vedi poi ora negli uccelli del cielo i superbi, a proposito dei quali leggiamo: hanno messo la loro bocca in cielo 34. Guarda come siano trasportati in alto dal vento coloro che dicono: innalzeremo la nostra lingua, le nostre labbra sono con noi, chi è il nostro Signore? 35 Considera anche i pesci del mare, cioè quei curiosi che percorrono le vie del mare, ossia ricercano nell'abisso di questo mondo le cose temporali; le quali, simili alle vie [che si aprono] nel mare, all'istante svaniscono e scompaiono come l'acqua che subito si ricompone dopo aver fatto posto alle navi che passano o a qualsiasi altra cosa che transita o nuota in essa. Non ha detto infatti soltanto: camminano per le vie del mare, ma percorrono, mostrando così lo sforzo tenacissimo di coloro che ricercano le cose vane e passeggere. Orbene, questi tre generi di vizi, cioè il piacere della carne, la superbia e la curiosità, racchiudono tutti i peccati. Mi sembra che essi siano elencati dall'apostolo Giovanni, quando dice: non vogliate amare il mondo, perché tutte le cose che stanno nel mondo sono concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e ambizione del secolo 36. La curiosità si esercita soprattutto per mezzo degli occhi; a chi poi appartengano le altre cose, è evidentissimo. Del resto, la tentazione dell’Uomo del Signore fu appunto triplice: per mezzo del cibo, cioè della concupiscenza della carne, là dove gli viene suggerito: Di’ a queste pietre che diventino pani 37; per mezzo della vanagloria quando, dopo essere stato posto sul monte, gli vengono mostrati i regni di questa terra e gli vengono promessi se adorerà [il tentatore]; per mezzo della curiosità, quando gli viene proposto di gettarsi giù dal pinnacolo del tempio, per provare se sarebbe stato sorretto dagli angeli. Perciò, dopo che il nemico non riuscì a vincerlo con nessuna di queste tentazioni, è detto di lui: il diavolo dopo avere esaurito ogni tentazione 38. I torchi significano quindi che sono sottomessi ai suoi piedi, non soltanto il vino, ma anche le vinacce; vale a dire non soltanto le pecore e i buoi, cioè le sante anime dei fedeli, sia tra il popolo che tra i sacerdoti, ma, in più, anche gli animali del piacere, gli uccelli della superbia e i pesci della curiosità. Vediamo che ora nelle chiese tutti questi generi di peccatori sono frammisti con i buoni e i santi. Operi dunque nelle sue chiese, separi il vino dalle vinacce; quanto a noi adoperiamoci per essere vino, o pecore, o bovi; non vinacce, o animali del campo, o uccelli del cielo, o pesci del mare che percorrono le vie del mare. Tutti questi nomi, peraltro, possono essere anche intesi e spiegati in altro modo, a seconda del contesto: in altri passi infatti hanno un altro significato. Ma in ogni allegoria dobbiamo tenere presente questa norma: che nei confronti dell'argomento di cui si tratta si consideri quel che si dice in similitudine: è infatti questo l'insegnamento del Signore e degli Apostoli. Ripetiamo dunque l'ultimo verso, che si legge anche nell'esordio del salmo, e lodiamo Dio dicendo: o Signore, Signore nostro, quanto è ammirabile il tuo nome in tutta la terra! Invero opportunamente, dopo lo svolgimento del discorso si torna all'inizio, cui si deve riferire il sermone tutto intero.
Pedro

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12/02/2012 18:01
 
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SUL SALMO 9
ESPOSIZIONE

Il giudizio di Dio.
1. [v 1.] Il titolo di questo salmo è: per la fine, riguardo alle cose occulte del Figlio, salmo di David. Possiamo chiederci che cosa significhi riguardo alle cose occulte del Figlio; ma poiché non ha aggiunto di quale figlio, si deve intendere trattarsi dello stesso Figlio Unigenito di Dio. Dove ci si riferiva infatti al figlio di David, nel salmo che aveva per titolo: nel fuggire dal volto di Assalonne suo figlio 1, pur essendo stato espresso il suo nome e non potendo perciò restar dubbi sulla persona di cui si trattava, tuttavia non si diceva soltanto dal volto del figlio Assalonne, ma si era aggiunto suo. Invece qui, sia perché non ha aggiunto suo, sia perché dice molte cose concernenti i Gentili, non si può correttamente intendere Assalonne. La guerra che quell'empio condusse contro il padre non ha infatti in nessun modo attinenza con i Gentili, in quanto là era soltanto il popolo di Israele diviso ed in lotta con se stesso. Questo salmo si canta dunque sui segreti dell'Unigenito Figlio di Dio. Anche il Signore, quando dice Figlio senza aggiungere niente, vuol indicare se stesso, l'Unigenito, là dove dice: se il Figlio vi avrà liberati, allora sarete veramente liberi 2. Non ha detto: il Figlio di Dio; ma dicendo soltanto il Figlio, fa capire di chi è figlio. Tale modo di esprimersi è possibile solo per l'eccellenza di Colui del quale parliamo, tanto che, anche non nominandolo, si comprende a chi ci riferiamo. Diciamo infatti: piove, si rasserena, tuona, ed altre cose simili; non aggiungiamo chi è che le compie, perché spontaneamente si presenta alla mente di tutti la grandezza del loro autore, e non c'è bisogno di parole. Orbene, quali sono i segreti del Figlio? In questa parola dobbiamo prima di tutto comprendere che vi sono alcune cose del Figlio manifeste, dalle quali sono distinte queste che sono dette segrete. Perciò, dato che noi crediamo in due avventi del Signore, uno passato, che i Giudei non hanno compreso, ed uno futuro in cui speriamo noi e i Giudei; e poiché quest'avvento che i Giudei non hanno compreso ha giovato ai Gentili, si intende detto correttamente di tale avvento: riguardo ai segreti del Figlio, poiché in esso si è compiuta la cecità di una parte di Israele affinché entrasse la totalità dei Gentili 3. Inoltre, per chi osserva bene, sono due i giudizi cui fanno riferimento le Scritture, uno segreto e l'altro manifesto. Quello segreto si compie ora, e di esso dice l'apostolo Pietro: è tempo che cominci il giudizio dalla casa del Signore 4; ne consegue che il giudizio segreto è la pena dalla quale attualmente ciascun uomo, o è tormentato perché si purifichi, o è ammonito perché si converta, oppure, se avrà disprezzato la chiamata e l'insegnamento di Dio, rimane accecato per la dannazione. Il giudizio manifesto è invece quello per cui il Signore, quando verrà, giudicherà i vivi e i morti, allorché tutti dovranno riconoscere che è lui ad assegnare i premi ai buoni e i supplizi ai malvagi. Ma allora tale confessione varrà non a rimedio dei mali, sibbene ad accumulare la condanna. Di questi due giudizi, uno segreto e l'altro manifesto, mi sembra abbia parlato il Signore dicendo: chi crede in me, passa dalla morte alla vita, e non verrà in giudizio 5, cioè nel giudizio manifesto. Infatti il passare dalla morte alla vita attraverso qualche sofferenza, con la quale colpisce ogni figlio che accoglie, è appunto il giudizio segreto. Chi invece non crede - dice - è già giudicato 6, ossia in questo segreto giudizio è già pronto per subire quello manifesto. Di questi due giudizi leggiamo anche nella Sapienza, ove sta scritto: perciò come a ragazzi scapestrati, mandasti loro un giudizio di beffa; ma coloro che da questo giudizio non furono corretti, sperimentarono il degno giudizio di Dio 7. Coloro, dunque, che non si correggono in seguito a questo segreto giudizio di Dio, saranno puniti come meritano in quello manifesto. È necessario quindi osservare in questo salmo le cose occulte del Figlio, cioè il suo umile avvento che portò giovamento alle genti, insieme con la cecità dei Giudei, e la pena che si attua ora in segreto, non ancora a dannazione dei peccatori, ma a stimolo per i convertiti, o ad ammonizione perché si convertano, oppure ad accecamento che predisponga alla dannazione quanti non hanno voluto convertirsi.

Due specie di miracoli.
2. [v 2.] Ti confesserò, Signore, con tutto il mio cuore. Confessa Dio con tutto il cuore non chi dubita riguardo a qualche cosa della sua provvidenza, ma chi vede già le cose occulte della sapienza di Dio e quanto grande sia il suo premio invisibile, e dice: rallegriamoci nelle tribolazioni 8, e [intende] come tutti i dolori che ci sono inflitti nel corpo, [siano] o per provare coloro che si sono convertiti a Dio, o per ammonirli a convertirsi, oppure per preparare gli ostinati alla giusta condanna estrema; in tal modo vengono attribuite al governo della provvidenza divina tutte le cose che gli stolti pensano che accadano come per caso o alla cieca e senza alcuna divina disposizione. Racconterò tutte le tue meraviglie. Narra tutte le meraviglie di Dio chi le vede compiersi, non solo visibilmente nei corpi, ma anche invisibilmente nelle anime: qui anzi, in modo di gran lunga più sublime e perfetto. Infatti gli uomini terreni, quando si dedicano alle cose occulte, provano più meraviglia per la resurrezione corporale di Lazzaro morto, che per la resurrezione spirituale di Paolo persecutore. Il miracolo visibile chiama l'anima verso l'illuminazione, mentre quello invisibile illumina l'anima che, chiamata, viene. Racconta dunque tutte le meraviglie di Dio colui che, credendo a quelle visibili, progredisce verso la comprensione di quelle invisibili.

3. [v 3.] Mi allieterò ed esulterò in te. Non più in questo mondo, non nel piacere del contatto tra i corpi, non nei sapori del palato e della lingua, non nella soavità dei profumi, non nella giocondità dei suoni che svaniscono, non nelle forme multicolori dei corpi, non nella vanità delle lodi umane, non nel matrimonio o nei figli che morranno, non nelle superfluità delle ricchezze temporali, non nella investigazione di questo mondo, sia per le cose che si estendono nello spazio, sia per quelle che si svolgono nel succedersi del tempo; ma mi allieterò ed esulterò in te, cioè nei segreti del Figlio, da cui si è impressa in noi la luce del tuo volto, o Signore 9. Infatti li nasconderai - dice - nel segreto del tuo volto 10. Si allieterà insomma ed esulterà in te colui che racconta tutte le tue meraviglie. E narrerà tutte le tue meraviglie - dato che ora si parla in profezia - colui che non è venuto per fare la sua volontà, ma la volontà di colui che lo ha mandato 11.

Uomo terreno e uomo celeste.
4. [v 4.] Così comincia già ad apparire la persona del Signore che parla in questo salmo. Infatti continua: inneggerò al tuo nome, o Altissimo, volgendo indietro il mio nemico. Quando si è voltato indietro questo nemico? Forse quando gli è stato detto: Va' indietro, Satana 12? Allora è stato infatti sospinto indietro colui che, tentando, desiderava mettersi innanzi, non riuscendo a ingannare il tentato e non potendo niente contro di lui; poiché all'indietro stanno gli uomini terreni, mentre l'uomo celeste è stato fatto per primo, sebbene sia venuto dopo. Giacché il primo uomo, tratto dalla terra, è terreno; il secondo uomo è dal cielo e celeste 13, ma procedeva dalla stessa stirpe di colui che ha detto: chi viene dopo di me, è fatto prima di me 14. E l'Apostolo dimentica le cose che stanno indietro, per gettarsi verso quelle che gli stanno innanzi 15. Il nemico è stato dunque volto indietro non essendo riuscito a trarre in inganno l'uomo celeste quando fu tentato; e si rivolse agli uomini terreni, sui quali può esercitare il suo dominio. Ecco perché nessun uomo lo precede e lo fa volgere indietro, eccettuato colui che, deponendo l'immagine dell'uomo terreno, avrà assunta quella dell'uomo celeste 16. Ma se volessimo intendere le parole: il mio nemico, come riferite in senso generale al peccatore o al pagano, non sarebbe cosa assurda; né esprimeranno un castigo le parole volgendo indietro il mio nemico, ma piuttosto un beneficio, anzi un beneficio tale che niente può essergli paragonato. Cosa c'è infatti di più beato che abbandonare la superbia, e non voler andare innanzi al Cristo (come se vi fosse un sano che non abbia bisogno del medico) ma preferire invece andare dietro a Cristo che, chiamando il discepolo alla perfezione, gli dice: seguimi 17? È tuttavia più opportuno riferire al diavolo le parole: volgendo indietro il mio nemico. Infatti il diavolo è stato volto indietro anche nel perseguitare i giusti; ed è molto più utile come persecutore che se andasse innanzi come duce e principe. Dobbiamo dunque inneggiare al nome dell'Altissimo nel volgere indietro il nemico; perché dobbiamo preferire di fuggire lui come persecutore che seguirlo come guida. Abbiamo infatti ove fuggire e nasconderci nelle cose occulte del Figlio, poiché il Signore si è fatto rifugio per noi 18.

5. [vv 4.5.] Diverranno impotenti e periranno dal tuo cospetto. Chi diverrà impotente e perirà, se non gli iniqui e gli empi? Diverranno impotenti quando non saranno più capaci di niente; e periranno, cioè non saranno più empi, dal cospetto di Dio, cioè dinanzi alla conoscenza di Dio, come perì colui che disse: e vivo non più io, ma vive in me Cristo 19. Ma perché diverranno impotenti e periranno gli empi di fronte a te? Perché tu hai fatto il mio giudizio e la mia causa; cioè hai fatto mio quel giudizio in cui sembravo esser giudicato; e hai fatta mia quella causa nella quale gli uomini mi hanno condannato, mentre ero giusto e innocente. Tutte queste cose infatti hanno cooperato con lui alla nostra liberazione: in questo stesso senso anche i marinai chiamano loro il vento di cui si servono per navigare felicemente.

6. Ti sei assiso sul trono, tu che giudichi secondo equità. È forse il Figlio che dice questo al Padre, giacché il Figlio ha detto anche: non avresti potere su di me se non ti fosse stato dato dall'alto 20, attribuendo il potere alla equità del Padre ed ai suoi segreti, in quanto il giudice degli uomini è stato giudicato per il bene degli uomini; oppure è l'uomo che dice a Dio: ti sei assiso sul trono, tu che giudichi secondo equità, chiamando la sua anima trono di lui, in modo che il corpo sia forse la terra che fu detta sgabello dei suoi piedi 21 (Dio era infatti in Cristo nel riconciliare in sé il mondo 22); o infine l'anima della Chiesa che, già perfetta e senza macchia né ruga 23, degna cioè dei segreti del Figlio - poiché il re l'ha introdotta nella stanza intima 24 - dica al suo sposo: ti sei assiso sul trono, tu che giudichi secondo equità, perché sei risorto da morte, sei asceso in cielo e siedi alla destra del Padre. Qualunque interpretazione si preferisca tra queste per spiegare il versetto, non esce dalla norma della fede.

Il mondo immagine dell'eternità.
7. [v 6.] Hai rimproverato le genti, e l'empio è perito. Riteniamo più opportuno intendere queste parole come rivolte al Signore Gesù Cristo, anziché dette da lui stesso. Chi altri ha rimproverato le genti - e l'empio è perito - se non colui che, dopo essere salito al cielo, ha mandato lo Spirito Santo, ricolmi del quale gli Apostoli hanno annunziato con fiducia la parola di Dio e hanno rimproverato liberamente i peccati degli uomini? In questo rimprovero è perito l'empio, perché l'empio è stato giustificato e trasformato in pio. Il loro nome hai distrutto nel secolo, e nel secolo del secolo. Il nome degli empi è distrutto, poiché non si chiamano empi coloro che credono al vero Dio. E il loro nome è distrutto nel secolo, cioè finché scorrerà il secolo temporale, e nel secolo del secolo. Che cosa è il secolo del secolo, se non ciò di cui questo secolo porta la immagine e come l'ombra? Infatti l'avvicendarsi dei tempi che si succedono gli uni agli altri - mentre la luna diminuisce e di nuovo cresce, il sole ripete ogni anno il suo corso, mentre la primavera e l'estate, l'autunno e l'inverno passano per ritornare - è una sorta di imitazione dell'eternità; ma il secolo di questo secolo è quello che costituisce la immutabile eternità. Come il verso [risuona] nell'anima e [risuona] nella voce, e quello si intende e questo si ode, e quello modifica questo: perciò quello si attua nell'arte e permane, mentre questo risuona nell'aria e svanisce; così la misura di questo secolo mutevole è stabilita da quel secolo immutabile che è detto secolo del secolo. Perciò, quello permane nell'Arte di Dio, cioè nella Sapienza e nella Potenza, mentre questo si attua nel governo della creazione. A meno che non si tratti di una ripetizione, in modo che, dopo aver detto nel secolo non sia stato aggiunto nel secolo del secolo, affinché non si intenda il tempo che passa. Leggiamo infatti così in molti esemplari greci: e che molti latini hanno tradotto non nel secolo e nel secolo del secolo, ma in eterno e nel secolo del secolo, in modo che le parole nel secolo del secolo, siano spiegate col dire in eterno. Orbene, il nome degli empi hai distrutto in eterno, perché d'ora innanzi non vi saranno più empi. E se il loro nome non resiste in questo secolo, molto meno nel secolo del secolo.

Le città del diavolo.
8. [v 7.] Le lance del nemico sono venute meno per sempre. Non parla al plurale, cioè dei nemici, ma al singolare, di questo nemico. Le lance di quale nemico sono venute meno, se non quelle del diavolo? Esse raffigurano le diverse dottrine dell'errore, con le quali, come se fossero spade, quello uccide le anime. Per vincere queste spade e trascinarle alla disfatta, incalza quella spada della quale nel settimo salmo è detto: se non vi convertite vibrerà la sua spada 25. E forse questa è la fine nella quale vengono meno le lance del nemico, poiché fino ad allora esse valgono qualcosa. Ora [questa spada] opera di nascosto, ma nell'ultimo giudizio vibrerà scopertamente; da essa sono distrutte le città: continua infatti così: le lance del nemico sono venute meno per sempre; e hai distrutto le città. Ma [si tratta di] quelle città sulle quali regna il diavolo, ove tengono luogo di senato consigli ingannatori e fraudolenti, alla cui autorità si accompagnano come sicari e ministri gli uffici di ciascuno dei membri: gli occhi per la curiosità, le orecchie per la lascivia o per le altre cose che siano volentieri ascoltate con spirito deteriore, le mani per la rapina o per qualsiasi altra scelleratezza o delitto, e le restanti membra [sottoposte] per scopi analoghi all'autorità tirannica, ossia che militano sotto ai perversi consigli. La plebe di questa città è costituita da tutti i sentimenti sensuali e dai moti turbolenti dell'animo, che sollevano nell'uomo rivolte quotidiane. Infatti laddove si trova un re, un senato, dei ministri, un popolo, là esiste una città. E non vi sarebbero tali elementi nelle città malvage, se prima essi non fossero nei singoli uomini, che sono come gli elementi e i germi delle città. Ha distrutto queste città quando ne ha scacciato il principe del quale è stato detto: il principe di questo secolo è stato gettato fuori 26. Dalla parola della verità sono devastati questi regni, tramortiti i malvagi consigli, i disonesti sentimenti domati, le funzioni delle membra e dei sensi assoggettate e poste al servizio della giustizia e delle buone opere; in modo che ormai, come dice l'Apostolo, non regni il peccato nel nostro corpo mortale 27 e le altre cose che dice in questo passo. Allora l'anima è pacificata, e l'uomo è avviato alla conquista della pace e della beatitudine. È perito con strepito il loro ricordo, cioè degli empi. Ma è detto con strepito, o perché è con strepito che è distrutta l'empietà: infatti non passa alla somma pace, ove regna altissimo il silenzio, se non colui che prima ha combattuto con grande strepito contro i suoi vizi; oppure è detto con strepito in modo che sia perduta la memoria degli empi e perisca, insieme, lo stesso strepito nel quale tumultuava l'empietà.

Il giudizio del Signore.
9. [vv 8.9.] E il Signore resta in eterno. A che scopo hanno dunque mormorato le genti e i popoli hanno tramate cose vane, contro il Signore e contro il suo Messia 28? Infatti il Signore resta in eterno. Ha preparato nel giudizio il suo trono, ed egli stesso giudicherà il mondo secondo equità. Ha preparato il suo trono quando è stato giudicato: l'uomo ha infatti conseguito il cielo grazie a quella pazienza, e Dio ha concesso la salvezza a coloro che hanno creduto nell'Uomo: ecco il giudizio occulto del Figlio. Ma poiché verrà anche apertamente e pubblicamente per giudicare i vivi e i morti, ha preparato in segreto il suo trono; ed egli stesso, ancora apertamente, giudicherà il mondo secondo equità, cioè distribuirà la mercede secondo i meriti, ponendo gli agnelli alla sua destra e i capri alla sinistra 29. Giudicherà i popoli con giustizia. È una ripetizione di quanto è detto prima con le parole: giudicherà il mando secondo equità. Non nel modo in cui giudicano gli uomini, i quali non vedono i cuori e dai quali sono il più delle volte assolti piuttosto che condannati i più malvagi; il Signore giudicherà secondo equità e con giustizia, perché è la coscienza che rende testimonianza, e sono i pensieri che accusano o difendono 30.

10. [v 10.] E il Signore si è fatto rifugio per il povero. Persèguiti quanto vuole quel nemico che è stato volto indietro: che male potrà fare a coloro dei quali il Signore si è fatto rifugio? Ma questo accadrà solo se avranno scelto di essere poveri in questo secolo, di cui quegli è reggitore, non amando niente di ciò che può venir meno a colui che qui vive o ama, o è abbandonato da colui che muore. Per un tale povero il Signore si è fatto rifugio, soccorritore nel tempo opportuno, nella tribolazione. Così forma i poveri, perché flagella ogni figlio che accoglie 31. Che cosa significhi soccorritore nel tempo opportuno, lo spiega aggiungendo nella tribolazione. L'anima infatti si converte a Dio solo quando si distacca da questo secolo: e non ha occasione più favorevole per distaccarsi da questo secolo se non quando alle sue leggerezze e ai suoi piaceri dannosi e perversi si mescolano fatiche e sofferenze.

Il valore del nome.
11. [v 11.] E sperino in te coloro che conoscono il tuo nome, allorché avranno cessato di sperare nelle ricchezze e nelle altre lusinghe di questo secolo. La conoscenza del nome di Dio accoglie, al momento opportuno, l'anima che, strappandosi da questo mondo, cerca ove riporre la sua speranza. Oggi infatti il nome stesso di Dio è diffuso ovunque: ma si ha la conoscenza del nome quando si conosce colui che ha quel nome. Il nome infatti non è tale per se stesso, ma per ciò che significa. Ora sta scritto: il suo nome è: Signore 32. Ecco perché chi si assoggetta volentieri al servizio di Dio conosce questo nome. E sperino in te coloro che conoscono il tuo nome. Parimenti il Signore dice a Mosé: io sono colui che sono; e dirai ai figli di Israele: colui che è mi ha mandato 33. Sperino dunque in te coloro che conoscono il tuo nome, onde non sperare più in queste cose che scorrono via per la mutevolezza del tempo, e in cui non c'è se non il "sarà" e il "fu", giacché quanto in esse è futuro, appena giunto diviene subito passato: lo si aspetta con avidità e lo si perde con dolore. Invece nella natura di Dio, non c'è nulla che " sarà ", come se ancora non fosse; o che " fu ", quasi che ora non sia più; c'è soltanto ciò che è, e questo appunto è l'eternità. Coloro che conoscono il nome di Colui che ha detto: Io sono colui che sono, e del quale è detto: colui che è, mi ha mandato, cessino dunque di sperare nelle cose temporali e di amarle, e si abbandonino nell'eterna speranza. Perché non hai abbandonato coloro che ti cercano, o Signore. Coloro che lo cercano non cercano già più le cose passeggere ed effimere: nessuno può infatti servire due padroni 34.

Sion torre di guardia.
12. [v 12.] Inneggiate al Signore, che abita in Sion: è detto a coloro che il Signore non abbandona poiché Lo cercano. Egli stesso abita in Sion, che significa speculazione e che è immagine della Chiesa attuale; come Gerusalemme è immagine della Chiesa futura, cioè della Città dei santi che già fruiscono della vita angelica, poiché Gerusalemme significa visione di pace. La speculazione precede invero la visione, come questa Chiesa precede quella che ci è promessa, la città immortale ed eterna: ma la precede nel tempo, non nella dignità, perché la mèta cui ci sforziamo di pervenire è assai più onorevole di ciò che operiamo per meritare di giungervi; e attuiamo la speculazione per pervenire alla visione. Ma, se il Signore non abitasse anche in questa Chiesa attuale, cadrebbe in errore anche la più attenta speculazione. A questa Chiesa è detto: santo è il tempio di Dio, che siete voi 35, e: nell'uomo interiore abita Cristo per mezzo della fede nei vostri cuori 36. Ci è dunque ordinato di inneggiare al Signore che abita in Sion, affinché lodiamo all'unisono il Signore che abita nella Chiesa. Annunziate tra le genti le sue meraviglie. Così è stato fatto, e non cessa di essere fatto.

13. [v 13.] Giacché si è ricordato chiedendo conto del loro sangue. Quasi che coloro, che sono stati mandati a evangelizzare in forza di quel precetto rivolto loro: annunziate tra le genti le sue meraviglie, rispondessero: Signore, chi ha creduto al nostro annunzio? 37, e: per te siamo messi a morte tutto il giorno 38, opportunamente continua dicendo che i cristiani moriranno nella persecuzione non senza trarne grande frutto di eternità: giacché si è ricordato chiedendo conto del loro sangue. Ma perché ha preferito dire del loro sangue? Non è forse come se qualche altro, meno capace e dotato di minor fede, richiedesse in qual modo annunzieranno - dato che l'incredulità delle genti si scatenerà contro di loro - e a costui si risponda: giacché si è ricordato chiedendo conto del loro sangue: verrà cioè l'ultimo giudizio, in cui sarà manifesta e la gloria degli uccisi e la pena degli uccisori? Ma nessuno creda che qui sia detto si è ricordato come se a Dio attenesse l'oblio: ma, poiché il giudizio si compirà dopo molto tempo, è posta [tale espressione] riguardo ai sentimenti degli uomini deboli, i quali pensano che Dio si sia quasi dimenticato perché non agisce così rapidamente quanto essi desidererebbero. E a costoro è detto anche quanto segue: Non ha dimenticato il grido dei poveri, ossia: non l'ha dimenticato, come voi credete; quasi che essi, dopo avere udito: si è ricordato, avessero detto: dunque se ne era dimenticato. Non ha dimenticato - dice - il grido dei poveri.

Malizia della cupidigia.
14. [vv 14.15.] Chiedo però quale sia il grido dei poveri che Dio non dimentica. Si tratta forse del grido le cui parole sono: abbi pietà di me, o Signore, guarda alla mia umiliazione da parte dei miei nemici? Perché non ha detto allora: abbi pietà di noi, o Signore, guarda alla nostra umiliazione da parte dei nostri nemici, come cioè se gridassero molti poveri, ma ha detto, come se si trattasse di uno solo: abbi pietà di me, o Signore? Forse perché è uno colui che intercede per i santi, quegli che per primo si è fatto povero per noi, mentre era ricco 39, ed è quindi egli stesso che dice: Tu che mi innalzi dalle porte della morte, affinché io annunzi tutte le tue lodi alle porte della figlia di Sion? In lui infatti viene esaltato non solo l'uomo assunto, in quanto capo della Chiesa, ma anche chiunque di noi appartenga alle altre membra; ed è innalzato al di sopra di tutti i desideri perversi, che sono le porte della morte, perché per loro mezzo si va alla morte. Morte poi è già la stessa allegrezza che si prova nel godimento quando si ottiene ciò che si è desiderato perversamente: imperocché la cupidigia è la radice di ogni male 40; e per questo essa è la porta della morte, perché è morta la vedova che vive nei piaceri 41, cui si arriva attraverso i desideri, come attraverso porte di morte. Sono invece porte della figlia di Sion tutti i desideri di bene, per il cui mezzo si arriva alla visione della pace nella santa Chiesa. È dunque in queste porte che a ragione si annunziano tutte le lodi di Dio, in modo da non dare il santo ai cani, né da gettare le perle ai porci 42: i primi preferiscono latrare ostinatamente piuttosto che ricercare con zelo, gli altri né latrare né cercare, ma avvoltolarsi nel brago delle loro voluttà. Quando invece si annunciano a Dio le lodi con ricerca amorosa, a chi chiede è dato, a chi cerca è fatto conoscere, e a chi bussa è aperto. Oppure le porte della morte sono forse i sensi del corpo e gli occhi, che si aprirono all'uomo quando gustò dall'albero proibito 43, sopra i quali si innalzano coloro cui è detto di cercare non le cose che si vedono, ma le cose che non si vedono; perché quelle che si vedono sono temporali, mentre quelle che non si vedono 44 sono eterne; e le porte della figlia di Sion sono forse i misteri e i fondamenti della fede, che si aprono a coloro che bussano per giungere ai segreti del Figlio. Poiché occhio non vide, né udì orecchio, né entrò nel cuore dell'uomo quel che Dio ha preparato per coloro che lo amano 45. Fin qui è il grido dei poveri, che il Signore non ha dimenticato.

L'amore è un trasporto dell'anima.
15. [v 16.] Poi continua: esulterò per la tua salvezza, cioè con gioia sarò rafforzato a causa della tua Salvezza, che è il Signore nostro Gesù Cristo, Potenza e Sapienza di Dio 46. Qui dunque chi parla è la Chiesa che ora è afflitta ed è salva nella speranza; e, finché il giudizio del Figlio è segreto, dice, con la medesima speranza, esulterò per la tua salvezza, perché ora è spaventata sia dalla violenza che dall'errore dei gentili che le tumultuano intorno. Sprofondate sono le genti nella corruzione che hanno suscitata. Osserva in qual modo al peccatore sia riservata una pena secondo le sue stesse opere, e come coloro che hanno voluto perseguitare la Chiesa siano sprofondati in quella corruzione che credevano di infliggerle. Desideravano infatti uccidere i corpi, mentre essi stessi morivano nell'anima. In questa rete, che avevano occultata, è stato preso il loro piede. La rete nascosta è il pensiero ingannatore. Per piede dell'anima si intende giustamente l'amore; il quale, quando è perverso, è detto cupidigia e libidine; mentre, quando è retto, è chiamato dilezione o carità. È infatti con l'amore che si muove verso il luogo al quale si dirige: ma il luogo dell'anima non è situato in qualche spazio occupato da una forma corporea, bensì nella gioia in cui, chi vi è giunto per mezzo dell'amore, si allieta. Ora il diletto mortale segue la cupidigia, quello fruttuoso la carità. Per questo la cupidigia è detta anche radice 47: senza dubbio si intende per radice il piede dell'albero. Radice è stata detta altresì la carità quando il Signore parla dei semi che, [caduti] in luoghi petrosi, si disseccano per il bruciore del sole, appunto perché non hanno una profonda radice 48: si tratta perciò di coloro che si rallegrano nell'accogliere la parola della verità, ma cedono poi alle persecuzioni, alle quali si resiste solo con la carità. Anche l'Apostolo dice: affinché, radicati e fondati nella carità, possiate comprendere 49. Orbene, il piede, cioè l'amore, dei peccatori, è preso nella rete che essi nascondono; poiché, quando hanno conseguito il piacere con una azione fraudolenta - dato che Dio li ha abbandonati alla concupiscenza del loro cuore 50 - già quel piacere li incatena in modo che non osano strappar via l'amore e volgersi verso le cose utili; se tenteranno infatti di farlo, soffriranno nell'animo come coloro che tentano di strappare il piede dai ceppi. Soccombendo quindi a tale dolore, non vogliono più separarsi dai piaceri micidiali. Nella rete dunque che avevano occultata, cioè nel consiglio ingannatore, è stato preso il loro piede, cioè l'amore che con l'inganno è pervenuto a quella vana gioia che può essere paragonata al dolore.

16. [v 17.] Il Signore è conosciuto nel fare i giudizi. Questi sono i giudizi di Dio. Non dalla serenità della sua beatitudine, né dai segreti della sapienza nei quali sono accolte le anime beate, derivano il ferro, il fuoco, le belve feroci, o qualsiasi altra cosa da cui sono tormentati i peccatori. Ma allora, in qual modo essi sono tormentati, ed in qual modo il Signore compie il giudizio? Nelle opere delle sue mani - dice - è stato preso il peccatore.

17. [v 18.] Qui si intercala un cantico di intermezzo (diapsalma), quasi per la segreta letizia (per quanto possiamo giudicare), a motivo della separazione che si compie ora - non nello spazio ma nei sentimenti degli animi - tra i peccatori e i giusti, come tra il grano e la pula che sono ancora sull'aia. Continua: si volgano i peccatori verso l'inferno; cioè siano consegnati nelle loro stesse mani, anche se sono risparmiati, e siano avvinti nei lacci del piacere mortale. Tutte le genti che dimenticano Dio: siccome non hanno tenuto in alcun conto la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balìa dei loro sentimenti perversi 51.

18. [v 19.] Perché non per sempre sarà dimenticato il povero, cioè colui che ora pare essere dimenticato, quando i peccatori sembrano godere nella felicità di questo secolo e i giusti esser travagliati; ma la pazienza dei poveri - dice - non perirà in eterno. Ecco perché è necessaria ora la pazienza per sopportare i malvagi, i quali si sono separati già ora nella loro volontà [dai buoni], finché non saranno separati anche nell'ultimo giudizio.

19. [vv 20.21.] Sorgi, o Signore, non prevalga l'uomo. Si implora il giudizio futuro; ma prima che venga, siano giudicate - dice - le genti al tuo cospetto, cioè in segreto, perché il giudizio è pronunziato alla presenza di Dio, e pochi santi e giusti lo intendono. Poni, Signore, un legislatore su di essi. Mi sembra che qui alluda all'anticristo, del quale l'Apostolo dice: Quando sarà rivelato l'uomo del peccato 52. Imparino le genti che sono uomini: affinché coloro che non vogliono essere liberati dal Figlio di Dio e appartenere al figlio dell'uomo, ed essere figli degli uomini, cioè uomini nuovi, siano servi dell'uomo, ossia del vecchio uomo peccatore, poiché sono uomini.

Sull'altro Salmo 9.
20. [vv 1-3.] Poiché si crede che l'"uomo del peccato" giungerà ad un tale culmine di vanagloria e che tante cose gli sarà concesso di fare sia centro tutti gli uomini che contro i santi di Dio, che allora davvero alcuni deboli crederanno che Dio trascuri le vicende umane; per questo, interposta una pausa, soggiunge, [come per esprimere] la voce di coloro che gemono e che si chiedono perché il giudizio è rinviato: perché, o Signore, te ne sei andato lontano? Poi, colui che ha fatto questa domanda, come se d'un tratto avesse capito, oppure come se, conoscendo già la risposta, avesse formulato quella domanda per insegnare, continua dicendo: non badi [a noi] nei momenti opportuni, nelle tribolazioni, cioè opportunamente non badi a noi e disponi le tribolazioni per infiammare gli animi nel desiderio del tuo avvento. Infatti diviene più gradevole la fonte della vita per coloro che hanno sofferto molta sete. Suggerisce così la ragione del rinvio dicendo: mentre insuperbisce l'empio, il povero si accende. È cosa certa e meravigliosa vedere con quanto zelo di salutare speranza si accendono i fanciulli per vivere rettamente, in confronto a coloro che peccano. Per questo mistero accade che anche le eresie siano permesse: non perché lo vogliono gli stessi eretici, ma perché così dispone per i loro peccati la divina Provvidenza, la quale crea e ordina la luce, mentre ordina soltanto le tenebre 53, affinché la luce sia più gradita a confronto delle tenebre, così come, a confronto degli eretici, più gradita si fa la conquista della verità. E invero da quel confronto i provati, che sono conosciuti da Dio, divengono manifesti fra gli uomini.

21. Sono presi nei loro pensieri che escogitano, cioè i loro cattivi pensieri diventano per essi catene. Ma perché diventano catene? Perché il peccatore è lodato nelle brame della sua anima, dice. Le lingue degli adulatori avvincono le anime ai peccati, poiché si prova piacere nel compiere quelle cose per le quali, non soltanto non si temono rimproveri, ma si è anche lodati. E chi compie cose inique è benedetto: da qui [deriva che] sono presi nei loro pensieri, che rimuginano.

Il peccatore.
22. [v 4.] Il peccatore ha irritato il Signore. Nessuno si congratuli con l'uomo che prospera nella sua via, e il cui peccato non è punito, mentre non manca chi lo loda: questa è la vendetta maggiore del Signore. Infatti il peccatore ha irritato il Signore fino al punto di patire queste cose, cioè di non patire i flagelli della correzione. Il peccatore ha irritato il Signore; non indagherà secondo la grandezza della sua ira. Molto si adira, quando non indaga e quasi dimentica e non sta attento ai peccati, mentre si raggiungono ricchezze ed onori con frodi e delitti; il che accadrà soprattutto in quell'anticristo il quale sarà considerato così beato dagli uomini da essere anche creduto Dio. Ma quanto grande sia questa ira di Dio, lo mostrano le parole seguenti.

Sua cecità e dannazione.
23. [v 5.] Non c'è Dio alla sua presenza, le sue vie si contaminano in ogni tempo. Colui che conosce ciò di cui gode o di cui si allieta nell'anima, sa quale grande disgrazia sia essere abbandonati dalla luce della verità, dato che gli uomini considerano come una grande sventura la cecità degli occhi del corpo, per la quale viene meno questa luce [terrena]. Quale grande condanna subisce dunque chi dal prospero sviluppo dei suoi peccati è condotto al punto che Dio non sta più alla sua presenza, e in ogni momento le sue vie sono contaminate, cioè sono sempre impuri i suoi pensieri e i suoi consigli! Sono sottratti i tuoi giudizi dalla sua vista. Infatti l'animo poco consapevole di se medesimo, in quanto gli sembra di non subire alcuna condanna, crede che Dio non lo giudicherà, e in questo modo sono sottratti alla sua vista i giudizi di Dio, e proprio questa è la grande condanna. E trionferà di tutti i suoi nemici. Si narra infatti che vincerà tutti i re, e che egli solo avrà il regno, quando, anche secondo l'Apostolo che profetizza di lui, nel tempio di Dio si assiderà, ponendosi al di sopra di tutto ciò che si adora e che viene chiamato Dio 54.

L'oppressione del male.
24. [v 6.] E poiché, abbandonato alla concupiscenza del suo cuore e destinato alla dannazione ultima, con arti scellerate giungerà a quel vano e inutile culmine del potere, continua: Ha detto infatti nel suo cuore: non sarò scosso di generazione in generazione senza male; cioè, la mia fama e il mio nome non passeranno da questa generazione alla generazione dei posteri, se non conquisterò con arti malvage un così eccelso primato che di esso non possano tacere i posteri. Infatti l'animo perduto, incapace di operare il bene ed estraneo alla luce della giustizia, cerca di aprirsi con arti malvage la via [per giungere] ad una fama tanto duratura da essere celebrata anche presso i posteri. E coloro che non possono farsi conoscere nel bene, desiderano che gli uomini parlino di loro almeno nel male, purché il loro nome sia largamente diffuso. Credo che questo sia detto con le parole: non sarò scosso di generazione in generazione senza male. C'è anche un'altra interpretazione, il caso che l'animo vano e ricolmo di errore creda di non poter passare dalla generazione mortale alla generazione dell'eternità se non per mezzo di male arti: il che consta chiaramente nei riguardi di Simone 55, il quale credette di poter conquistare il cielo con arti scellerate e passare con mezzi magici dalla generazione umana a quella divina. Che c'è dunque da stupirsi se anche quell'uomo del peccato, il quale deve completare la malvagità e l'empietà che tutti i falsi profeti hanno iniziato, e farà tanti prodigi da ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti, dirà nel suo cuore: non sarò scosso di generazione in generazione senza male?

25. [v 7.] La sua bocca è piena di questa maledizione, e di asprezza e d'inganno. È infatti una grande maledizione desiderare il cielo con arti tanto nefande, e approntare meriti di tal genere per conquistare l'eterna dimora. Ma di questa maledizione è piena la sua bocca: tale cupidigia infatti non avrà risultati, ma nella sua bocca soltanto varrà a perdere colui che ha osato ripromettersi queste cose con asprezza ed inganno, cioè con la collera e con le insidie, [strumenti] con cui convertirà la folla alla sua parte. Sotto la sua lingua travaglio e dolore. Niente è più faticoso dell'iniquità e dell'empietà; e a questo travaglio fa seguito il dolore, perché ci si affatica, non solo senza frutto, ma anzi a perdizione. Questo travaglio e questo dolore hanno attinenza con quanto ha detto in cuor suo: non sarò scosso di generazione in generazione senza male. E per questo è detto: sotto la sua lingua, non nella lingua, in quanto tramerà queste cose in silenzio, mentre in un altro modo parlerà agli uomini per apparire buono, giusto e figlio di Dio.

26. [v 8.] Siede in agguato insieme con i ricchi. Con quali ricchi, se non con coloro che ha ricolmati dei doni di questo secolo? E per questo è detto che siede in agguato con costoro, perché ostenterà la loro fallace felicità per ingannare gli uomini. Costoro, mentre con malvagia volontà desiderano esser tali e non ricercano i beni eterni, incappano nei suoi lacci. In nascondigli, per uccidere l'innocente. Credo sia detto in nascondigli perché non è facile intendere ciò che si deve desiderare e ciò che si deve fuggire. Ma uccidere l'innocente significa fare dell'innocente un colpevole.

Le persecuzioni.
27. [v 9.] I suoi occhi spiano il povero. Perseguiterà infatti soprattutto i giusti, dei quali è detto: beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli 56. Insidia nel nascondiglio, come il leone nella sua tana. È chiamato leone nella sua tana colui nel quale agiscono la violenza e l'inganno. La prima persecuzione della Chiesa fu infatti violenta, quando si costringevano i Cristiani a sacrificare a base di prescrizioni, torture e stragi; è invece insidiosa la seconda persecuzione che si attua ora per mezzo degli eretici e dei falsi fratelli; resta la terza, quella che verrà con l'Anticristo, e di cui nulla sarà più pericoloso, perché sarà violenta e insidiosa insieme. Nel potere manifesterà la violenza, l'inganno nei prodigi: alla violenza si riferisce la similitudine come il leone, all'inganno quella nella sua tana. E di nuovo le stesse cose sono ripetute in ordine inverso: Insidia - dice - per ghermire il povero, il che si riferisce all'inganno. Le parole che invece seguono: per ghermire il povero attirandolo a sé, sono da attribuire alla violenza. Attirandolo significa infatti trascinarlo a sé, affliggendolo con ogni sofferenza possibile.

28. [v 10.] I due versetti che seguono esprimono gli stessi concetti. Nella sua rete lo umilierà, significa l'inganno. Si piegherà e cadrà, mentre dominerà sui poveri, mostra invece la violenza. Perché chiaramente la rete indica l'insidia, e la dominazione apertamente suggerisce il terrore. Giustamente dice: Lo umilierà nella sua rete. Quando infatti avrà preso a compiere quei prodigi, quanto più essi sembreranno straordinari agli uomini, tanto più saranno disprezzati i santi che allora vivranno, e tenuti quasi in nessun conto, poiché sembrerà vincere con i suoi atti miracolosi quelli che gli si opporranno con la giustizia e l'innocenza. Allora si piegherà e cadrà, mentre dominerà sui poveri, cioè mentre infliggerà ogni genere di tormenti ai servi di Dio che gli resisteranno.

29. [vv 11.12.] Ma in che modo si piegherà e cadrà? Ha detto infatti in cuor suo: Dio si è dimenticato, ha rivolto altrove la sua faccia, per non vedere più. Questo è il piegarsi e il disastroso cadere [che accade] quando l'animo umano sembra prosperare nelle sue iniquità e crede di essere risparmiato: e invece è accecato e sarà riserbato per l'ultima giusta vendetta, della quale già ora è detto: sorgi, o Signore Dio, si levi la tua mano, cioè si manifesti la tua potenza. Prima aveva detto invece: sorgi, Signore, non prevalga l'uomo, siano giudicate le genti al tuo cospetto 57, cioè in segreto, dove solo Dio vede. Questo è accaduto quando gli empi hanno raggiunto quella che agli uomini sembra essere una grande felicità; e al di sopra di essi si è costituito il legislatore che essi si sono meritati di avere, del quale è detto: poni, Signore, un legislatore su di essi, conoscano le genti che sono uomini 58. Ma ora, dopo quella occulta condanna e vendetta, è detto: sorgi o Signore Dio, si levi la tua mano, non più in segreto ma nella chiarissima gloria. Non dimenticarti dei poveri per sempre, come credono gli empi, i quali dicono: Dio si è dimenticato, ha rivolto altrove la sua faccia per non vedere più. Ma Dio non vedrà mai, affermano quanti dicono che egli non si cura delle vicende umane e terrene. La terra infatti è per essi quasi il fine delle cose, perché è l'elemento ultimo nel quale gli uomini si affaticano ordinatamente, senza però poter vedere l'ordine delle loro fatiche, cosa che compete ai segreti del Figlio. Orbene la Chiesa, affaticandosi in quei tempi come una nave in mezzo a grandi ondate e tempeste, sveglia il Signore che sembra dormire, affinché dia ordini ai venti e torni la serenità 59. Dice perciò: sorgi, o Signore Dio, si levi la tua mano, non dimenticarti per sempre dei poveri.

30. [vv 13.14.] Perciò, comprendendo ormai che il giudizio è manifesto, dicono esultanti: per quale ragione l'empio ha irritato Dio?; cioè, che cosa gli ha giovato aver commesso tante azioni malvage? Ha detto infatti in cuor suo: non indagherà. Continua poi: Tu vedi, perché tu consideri il travaglio e l'ira, per trascinarli nelle tue mani. Questo significato richiede una [retta] pronuncia: sbagliando in questa resta oscura l'espressione. Infatti l'empio ha detto così in cuor suo: Dio non indagherà, quasi che Dio consideri la fatica e l'ira per trascinarli nelle sue mani; cioè come se temesse di affaticarsi e di adirarsi, e per questa ragione perdoni loro per risparmiarsi l'onere di condannarli, oppure per non essere turbato dalla tempesta dell'ira, come appunto fanno spesse volte gli uomini, i quali dissimulano la vendetta per non affaticarsi e non adirarsi.

Il Signore è speranza del povero.
31. In te si è abbandonato il povero. Per questo è povero; ha infatti disprezzato tutti i beni temporali di questo mondo proprio perché soltanto tu sia la sua speranza. Tu sarai l'aiuto dell'orfano, cioè di colui cui è morto questo mondo - suo padre - per cui mezzo è stato generato secondo la carne; e può già dire: il mondo è crocifisso per me, ed io per il mondo 60. Dio si fa padre di tali orfani. Il Signore insegna infatti ai suoi discepoli a diventare orfani, dato che dice loro: non chiamate alcuno vostro padre sulla terra 61. E di ciò offrì in se stesso l'esempio per primo, col dire: chi è mia madre, o chi sono i miei fratelli? 62 Donde alcuni pericolosissimi eretici pretendono affermare che egli non avesse madre e non vedono che, se si attengono a tali parole, ne consegue che neppure i suoi discepoli avrebbero padre. Poiché come ha detto: chi è mia madre, così insegna loro, dicendo: non chiamate alcuno padre vostro sulla terra.

32. [vv 15.16.] Spezza il braccio del peccatore e del malvagio, cioè di colui del quale era detto prima: e di tutti i suoi nemici sarà dominatore. Definisce suo braccio quella sua potenza cui si oppone la potenza di Cristo, della quale è detto: sorgi, o Signore Dio, si levi la tua mano. Sarà ricercato il suo delitto, e non sarà trovato a causa di quello, cioè sarà giudicato riguardo al suo peccato, ed egli stesso perirà a causa del suo peccato. Donde non meravigliamoci se poi così continua: il Signore regnerà in eterno e per i secoli dei secoli, e voi, genti, sarete sterminate dalla sua terra. Con genti intende i peccatori e gli empi.

33. [v 17.] Il Signore ha esaudito il desiderio dei poveri, quel desiderio di cui essi ardevano, quando bramavano il giorno del Signore nelle angustie e nelle tribolazioni di questo secolo. Il tuo orecchio ha ascoltato la disposizione del loro cuore. Questa è la disposizione del cuore, di cui si canta in un altro salmo: pronto è il mio cuore, o Dio, pronto è il mio cuore 63, e della quale dice l'Apostolo: ma se speriamo ciò che non vediamo, con pazienza aspettiamo 64. Dobbiamo naturalmente intendere per orecchio di Dio non un membro corporeo, ma la potenza con la quale esaudisce; e del pari - onde non ripetere spesso queste cose - è necessario vedere nelle varie membra di Lui che nominiamo, e che sono in noi visibili e corporee, le potenze operative. Infatti non si può ritenere un fenomeno corporeo il fatto che egli oda, poiché il Signore Dio esaudisce la disposizione del cuore, non la voce che risuona.

34. [v 18.] Per giudicare in favore dell'orfano e dell'umile, cioè non in favore di colui che vive secondo questo secolo, e neppure in favore del superbo. Una cosa è infatti giudicare l'orfano, ed un'altra giudicare in favore dell'orfano. Giudica l'orfano anche chi lo condanna; giudica invece in favore dell'orfano chi emana una sentenza a suo vantaggio. Affinché l'uomo non insista oltre nel magnificare se stesso sopra la terra. Sono infatti uomini, dei quali è detto: poni, Signore, un legislatore su di essi, imparino le genti che sono uomini. Ma sarà un uomo anche colui che nel medesimo passo si intende posto sopra di essi; di lui dice ora: affinché l'uomo non insista oltre nel magnificare se stesso sopra la terra, quando appunto verrà il Figlio dell'uomo a giudicare in favore dell'orfano, che si è spogliato del vecchio uomo, quasi esaltando in questo modo il Padre.

Divinità di Cristo.
35. Orbene, dopo i segreti del Figlio di cui molto si è detto in questo salmo, verranno le cose manifeste del Figlio, delle quali poco, ora, si è detto alla fine del salmo stesso. Ma il titolo è tratto da ciò che ha qui la parte maggiore. Lo stesso giorno dell'avvento del Signore può essere a ragione annoverato tra i segreti del Figlio, anche se diverrà manifesta la presenza stessa del Signore. Di quel giorno è stato detto infatti che nessuno lo conosce, né gli angeli, né le virtù e neppure il Figlio dell'uomo 65. Che cosa vi è di tanto nascosto da esser detto celato, non per la conoscenza, ma per la manifestazione, allo stesso giudice? Se qualcuno, riguardo alle "cose occulte del Figlio", non volesse intendere che si tratti del Figlio di Dio, ma del figlio dello stesso David, al cui nome è attribuito tutto il Salterio, dato che i salmi sono chiamati di David, ascolti costui quelle parole con le quali si dice al Signore: abbi pietà di noi, Figlio di David 66; e comprenda anche in tal caso che si tratta del medesimo Cristo Signore, ai cui segreti fu intitolato il salmo stesso. Così dice infatti anche l'angelo: Dio gli darà il trono di David suo padre 67. E a questa interpretazione non sono contrarie le parole con cui il Signore stesso chiede ai Giudei: se Cristo è Figlio di David, come mai lo chiama in spirito Signore, dicendo: Il Signore ha detto al mio Signore: siedi alla mia destra, finché ponga i tuoi nemici sotto i tuoi piedi? 68 È detto così agli inesperti, i quali, sebbene sperino nell'avvento di Cristo, lo attendono tuttavia come uomo, non in quanto è Potenza e Sapienza di Dio. Dunque qui insegna la fede verissima e sincera, secondo la quale egli è Signore del re David (in quanto è Verbo in principio, Dio presso Dio, per cui tutte le cose furono fatte 69) e insieme figlio, perché nato dalla stirpe di David secondo la carne 70. Non dice infatti: Cristo non è Figlio di David, ma dice: se già ritenete che sia suo figlio, apprendete in qual modo sia anche suo Signore; e non ricordate solo il fatto che Cristo, in quanto figlio dell'uomo, è figlio di David, dimenticando che è Figlio di Dio, dato che è Signore di David.
Pedro

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SUL SALMO 10

ESPOSIZIONE

Salmo antidonatista.

1. [vv 1.2.] Per la fine, salmo di David stesso. Questo titolo non necessita di una nuova spiegazione; abbiamo già infatti spiegato a sufficienza che cosa significhi per la fine. Vediamo dunque il testo stesso del salmo, che mi sembra debba essere cantato contro gli eretici, i quali, sottolineando ed esagerando i peccati di molti membri della Chiesa - quasi che fra loro tutti o quasi tutti fossero giusti - tentano di distoglierci e di strapparci dal seno dell'unica e vera madre Chiesa, affermando che Cristo è presso di loro, e ammonendoci, quasi con un senso di zelo e pietà, a passare dalla loro parte per andare a quel Cristo che essi sostengono di possedere, mentendo. Orbene, è noto che in profezia Cristo, prefigurato allegoricamente con molti nomi, è chiamato anche monte. Dobbiamo dunque rispondere a questi eretici e dir loro: nel Signore confido; perché dunque dite all'anima mia: migra ai monti come il passero? Uno solo è il monte in cui confido; perché dunque mi dite di passare a voi, come se vi fossero più Cristi? Oppure, se voi - nella vostra superbia - vi dite monti, è necessario invero che le piume del passero siano le virtù e i comandamenti di Dio: e proprio questi vietano di volare verso codesti monti e di riporre la speranza negli uomini superbi. Io ho la casa ove riposare, perché confido nel Signore. Infatti anche il passero si è trovato una dimora 1; e il Signore si è fatto rifugio per il povero 2. Diciamo dunque con tutta fiducia, in modo da non perdere Cristo mentre lo cerchiamo presso gli eretici: nel Signore confido; perché dunque dite all'anima mia: migra ai monti come il passero?

2. [v 3.] Perché ecco, i peccatori hanno teso l'arco, hanno preparate le loro frecce nella faretra, per saettare i retti di cuore mentre oscura è la luna. Queste sono le forme di terrore di quanti ci minacciano perché passiamo a loro, come da peccatori a giusti. Ecco - dicono - i peccatori hanno teso l'arco: credo significhi le Scritture da cui essi, interpretandole secondo la carne, scagliano come teorie avvelenate. Hanno preparate le frecce nella faretra; cioè hanno preparato nel segreto del loro cuore queste stesse parole che scaglieranno con l'autorità delle Scritture. Per saettare i retti di cuore mentre oscura è la luna; ossia per poter corrompere i buoni costumi con i loro malvagi discorsi 3, quando si accorgono che non possono essere scoperti poiché la luce della Chiesa è oscurata dalla moltitudine degli ignoranti e dei carnali. Ma dobbiamo dire contro tutte queste minacce: nel Signore confido.

I vari significati della parola " luna ".

3. Ricordo di avere promesso di esporre in questo salmo come la luna rappresenti convenientemente la Chiesa. Due sono le ipotesi probabili sulla luna: ma credo sia impossibile o difficilissimo per l'uomo sapere quale di queste sia la vera. Infatti, quando ci si chiede donde essa tragga la luce, alcuni dicono che la possiede di per sé, ma che una metà soltanto del suo globo risplende, mentre l'altra resta oscura; ma, nel muoversi nella sua orbita la medesima parte che splende a poco a poco si volge verso la terra in modo da poter essere veduta da noi, e perciò appare dapprima come se avesse dei corni. Se, per esempio, fai una palla per metà bianca e metà scura, e hai davanti agli occhi la parte scura, non vedrai niente di bianco; ma se comincerai a girare verso i tuoi occhi la parte bianca, e la girerai a poco a poco, dapprima vedrai dei corni bianchi; poi gradatamente [essa] cresce, fino a che tutta la parte candida è dinanzi ai tuoi occhi e non si vede più niente dell'altra parte scura. E se continui ancora a far girare la palla a poco a poco, comincia ad apparire l'oscurità e a diminuire il candore, finché riappaiono di nuovo i corni e infine tutta la parte bianca scompare dagli occhi e di nuovo si può vedere solo la parte scura. Dicono che questo accade quando la luce della luna sembra crescere sino alla quindicesima luna, e poi di nuovo diminuire fino alla tredicesima e ritornare ai corni, fino a che non appare più nessuna luce nella luna. Secondo questa opinione, la luna allegoricamente simboleggia la Chiesa, poiché la Chiesa risplende nella sua parte spirituale, mentre è oscura nella sua parte carnale; e talvolta la parte spirituale si manifesta agli uomini nelle buone opere; in altri momenti rimane nascosta nella coscienza ed è conosciuta solo da Dio, mentre si manifesta agli uomini soltanto nel corpo. Così accade quando preghiamo col cuore e sembra quasi che non facciamo nulla, mentre ci è ordinato di non tenere i cuori sulla terra, ma di elevarli verso il Signore. Altri poi dicono che la luna non ha luce propria, ma è illuminata dal sole; però, quando è insieme con il sole, volge verso di noi la parte non illuminata, e perciò non vediamo in essa alcuna luce; quando invece comincia ad allontanarsi dal sole, si illumina anche in quella parte che volge verso la terra, e necessariamente comincia dai corni, finché non giunge alla quindicesima luna [che sta] di contro al sole. Allora, infatti, quando il sole tramonta, la luna nasce, in modo che chiunque, avendo visto tramontare il sole, quando comincia a non vederlo più, se si volge ad oriente, vedrà sorgere la luna. A partire da questo momento, quando essa comincia ad avvicinarsi al sole dall'altra parte, rivolge verso di noi quella parte che non è illuminata, finché non riappaiono i corni ed infine non si vede più nulla, perché allora la parte illuminata è volta in alto verso il cielo, mentre verso la terra è volta la parte che il sole non può illuminare. Orbene, anche secondo questa opinione, nella luna si intende la Chiesa, perché non ha luce propria ma è illuminata dall'Unigenito Figlio di Dio, il quale è allegoricamente chiamato Sole in molti passi delle Sacre Scritture. Alcuni eretici, non conoscendo, oppure non essendo in grado di distinguere [questo Sole], tentano di distogliere i sentimenti dei semplici verso questo sole corporeo e visibile, che è luce comune alla carne degli uomini e alle mosche, e riescono così a sovvertire alcuni, i quali, non potendo contemplare con la mente la luce interiore della verità, non si accontentano della semplice fede cattolica che costituisce l'unica salvezza per i piccoli, e con il cui unico latte si può giungere con vigore sicuro alla robustezza del cibo più solido. Quale che sia la vera di queste due opinioni, giustamente si scorge, in senso allegorico, la Chiesa nella luna. Se poi non piacesse esercitare l’animo in queste oscurità, piene più di affanni che di frutti, oppure non ce ne fosse il tempo, ovvero l’animo stesso non ne fosse capace, è sufficiente guardare la luna con occhi semplici e non cercare le cause oscure, ma rendersi conto alla maniera di tutti del suo accrescersi, del suo completarsi e del suo decrescere. La luna, proprio nel suo venir meno per rinnovarsi, mostra anche alla stessa moltitudine incolta l’immagine della Chiesa, nella quale si crede alla risurrezione dei morti.

4. Dobbiamo poi indagare che cosa si intenda in questo salmo con luna oscura, nella quale i peccatori si sono preparati per saettare i retti di cuore. Non soltanto in un modo, infatti, la luna può esser detta oscura: può esser detta oscura quando è al termine del suo corso mensile, e quando il suo fulgore è ottenebrato dalle nubi, e quando, pur piena, si eclissa. Il voler saettare, quando è oscura la luna, i retti di cuore, può invero riferirsi ai persecutori dei martiri; non poteva esser vista la luna nella sua chiarità, ossia la Chiesa: sia per la sua fase iniziale, in quanto non aveva brillato sulla terra in tutta la sua luce e non aveva ancora fugato le tenebre delle superstizioni dei Gentili; sia nel ricoprirsi la terra come di nebbia per le lingue di coloro che bestemmiavano e diffamavano il nome cristiano; sia per le uccisioni degli stessi martiri, e un così copioso spargimento di sangue, come se in tale venir meno e oscuramento, per cui la luna sembrava mostrare insanguinata la sua faccia, i deboli siano stati col terrore stornati dal nome cristiano. E profittando di tale terrore, i peccatori scagliavano le loro parole ingannatrici e sacrileghe per sovvertire anche i retti di cuore. Ci si può infine riferire agli stessi peccatori che la Chiesa contiene, perché allora, colta l'occasione di quest'oscurarsi della luna, essi hanno commesso molte di quelle azioni che ora ci sono rinfacciate come obbrobriose dagli eretici, quando si dice che tali delitti sono stati compiuti dai loro fondatori. Ma in qualsiasi modo si sia svolto quel che è accaduto nel periodo della luna oscura, perché debbo turbarmi per eventi sconosciuti, ora che il nome cattolico è diffuso e celebrato in tutto il mondo? Nel Signore - infatti - confido; e non ascolto coloro che dicono alla mia anima: migra ai monti come il passero. Perché, ecco, i peccatori hanno teso l'arco per saettare i retti di cuore mentre oscura è la luna. Oppure, se ad essi sembra ancora oscura la luna, in quanto vogliono mettere in dubbio quale sia la Chiesa cattolica e tentano di incolparla per i peccati degli uomini carnali che essa contiene in gran numero, che interessa tutto questo a colui che dice con verità: nel Signore confido? Con queste parole ciascuno mostra di essere buon grano, e sosterrà con pazienza la pula sino al tempo della vagliatura.

Dottrina donatista.

5. Nel Signore, dunque, confido. Temano quelli che confidano nell'uomo e non possono negare di essere dalla parte di quell'uomo per i cui capelli bianchi giurano, e quando si chiede loro, nel discorso, a quale comunione appartengano, non possono essere riconosciuti se non dichiarano di essere del suo partito. Dimmi che fanno costoro quando sono loro ricordati tanti innumerevoli e quotidiani loro peccati e delitti, di cui questa setta è ricolma? Possono forse dire: nel Signore confido; perché mai dite alla mia anima: migra ai monti come il passero? Infatti non confidano nel Signore coloro che chiamano santi i sacramenti, solo quando sono amministrati da uomini santi; e quando si chiede loro chi siano i santi, si vergognano di dire: siamo noi. Ed anche se essi non si vergognano di dirlo, si vergognano per loro quelli che li ascoltano. È così che costoro obbligano quanti ricevono i sacramenti a riporre la loro speranza in un uomo, nel cui cuore non possono vedere. E maledetto chiunque ripone in un uomo la sua speranza 4. Che significa infatti dire: ciò che dò io è santo, se non dire: riponi in me la tua speranza? E se tu non sei santo? Mostrami almeno il tuo cuore. E se non lo puoi, come vedrò che sei santo? Dirai forse che sta scritto: dalle loro opere li conoscerete 5? Vedo certamente opere "meravigliose": le quotidiane violenze dei Circoncellioni scatenarsi ovunque sotto la guida di vescovi e di presbiteri, e apparire i terribili bastoni di Israele, tutte cose che ogni giorno vedono e sperimentano gli uomini che oggi vivono. Invero i più non hanno visto, e nessuno ora vede, i tempi di Macario, che essi hanno in odio: mentre qualsiasi cattolico che li ha veduti, ha potuto dire, se era un vero servo di Dio: nel Signore confido. E così ancora dice, quando vede nella Chiesa molte cose che non vorrebbe vedere, perché sente di nuotare tuttora in quelle reti piene di pesci buoni e cattivi 6, finché non giungerà alla sponda del mare dove i malvagi saranno separati dai buoni. Ma che cosa risponderanno costoro se quello che battezzano dirà a qualcuno di loro: in qual modo mi comandi di presumere? Se infatti il merito è di chi dà e di chi riceve, sia di Dio che dà e della mia coscienza che riceve: giacché non mi sono sconosciute queste due cose, la sua bontà e la mia fede. Perché poni te stesso in mezzo, quando di te io non posso conoscere niente di sicuro? Lascia che io dica: nel Signore confido. Infatti, se confido in te, da che cosa traggo la certezza che tu questa notte non hai fatto niente di male? E infine, se vuoi che creda a te, posso forse credere al di fuori di te? Come posso essere certo che coloro con i quali ieri hai comunicato, e oggi comunichi e domani comunicherai, non hanno commesso niente di male in questi tre giorni? Che se ciò che non conosciamo non ha insozzato né te né me, quale motivo c'è perché tu ribattezzi coloro che non hanno conosciuti i tempi del tradimento e dell'odio di Macario? Per quale ragione osi ribattezzare i cristiani che vengono dalla Mesopotamia e che neppure hanno udito il nome di Ceciliano e di Donato, e neghi che siano cristiani? Orbene, se essi sono macchiati da peccati altrui che non conoscono, ti fa colpevole tutto quello che si commette nella vostra setta ogni giorno senza che tu lo sappia, e invano rinfacci ai cattolici i decreti degli imperatori, quando nei vostri accampamenti le bastonature private e gli incendi incrudeliscono in tal modo. Ecco dove sono andati a precipitare coloro che, vedendo i peccatori nella Chiesa cattolica, non sono stati capaci di dire: nel Signore confido, e hanno riposto la loro speranza nell’uomo. Cosa che certamente direbbero, se non fossero essi peccatori, o non fossero tali quali stimavano essere coloro dai quali hanno finto di volersi separare per sacrilega superbia.

Il cristiano tempio di Dio.

6. [v 4.] Dica dunque l'anima cattolica: Nel Signore confido; perché dunque dite alla mia anima: migra ai monti come il passero? Perché, ecco, i peccatori hanno teso l'arco, hanno preparate le loro frecce nella faretra, per saettare i retti di cuore mentre oscura è la luna; e, abbandonando costoro, rivolga la sua parola verso il Signore, e dica: perché hanno distrutto ciò che tu hai fatto perfetto. E questo dica non solo contro costoro, ma contro tutti gli eretici. Perché tutti, per quanto è in loro potere, hanno distrutto la lode che Dio ha tratto perfetta dalla bocca dei fanciulli e dei lattanti 7, sconvolgendo i piccoli con vane e cavillose questioni, e non consentendo loro di nutrirsi con il latte della fede. Dunque, come se a questa anima fosse detto: perché costoro ti dicono: migra ai monti come il passero? perché ti spaventano quelli che, da parte dei peccatori, hanno teso l'arco per saettare i retti di cuore mentre oscura è la luna?, essa risponde: ecco perché mi spaventano, perché hanno distrutto ciò che tu hai fatto perfetto. E dove hanno fatto questo, se non nelle loro conventicole, dove non nutrono con il latte, ma uccidono con il veleno i piccoli e quanti non conoscono ancora la luce interiore? Ma il giusto che ha fatto? Se Macario, se Ceciliano, vi ha ferito, che vi ha fatto Cristo, il quale ha detto: vi dò la mia pace, lascio a voi la mia pace 8, [pace] che voi, con nefanda discordia, avete violata? Che vi ha fatto Cristo, il quale sopportò il suo traditore con tanta pazienza da dare anche a lui, come agli altri Apostoli, la prima Eucaristia preparata con le sue mani e affidata dalla sua bocca 9? Che vi ha fatto Cristo, il quale mandò il suo stesso traditore 10, che chiamò diavolo 11 e che, prima ancora di tradire il Signore, non aveva saputo esser fedele neppure nell'amministrare la borsa del Signore 12, lo mandò, ripeto, insieme con gli altri discepoli a predicare il Regno dei Cieli? E questo proprio per dimostrare che i doni di Dio giungono a chi li accoglie con fede, anche se colui per il cui mezzo li riceve è tale quale fu Giuda.

7. [v 5.] Il Signore è nel suo santo tempio. È proprio così; dice infatti l'Apostolo: santo è il tempio di Dio, che siete voi. Ma chiunque avrà violato il tempio di Dio, Dio lo disperderà 13. Profana il tempio di Dio chi viola l'unità, poiché non sta stretto al capo, da cui tutto il corpo 14, connesso e compaginato dall'azione generale di distribuzione del nutrimento, secondo l'attività conveniente a ciascun membro, opera l'accrescimento del corpo, per l'edificazione di se stesso nella carità 15. In questo suo santo tempio dimora il Signore; esso consta di molte membra, ciascuna adibita al suo compito e insieme connesse dalla carità in un unico edificio. Viola questo tempio chiunque per voler primeggiare, si separa dalla comunità cattolica. Il Signore è nel suo santo tempio, il Signore ha il suo trono in cielo. Se intendi il giusto per cielo, come per terra intendi il peccatore (al quale è detto: sei terra e in terra tornerai 16), le parole: il Signore è nel suo santo tempio, ti appariranno ripetute nelle altre: Il Signore ha il suo trono in cielo.

8. I suoi occhi guardano il povero, poiché il povero si è abbandonato in Lui che si è fatto rifugio per il povero 17. Quindi tutte le sedizioni e i tumulti [che si scatenano] entro queste reti, prima che siano trascinate a riva, e con le quali ci oltraggiano gli eretici a perdizione loro e a nostro emendamento, si compiono ad opera di questi uomini che rifiutano di essere poveri di Cristo. Ma forse che essi riescono a distogliere gli occhi di Dio da coloro che vogliono essere tali? I suoi occhi guardano il povero. C'è da temere forse che in mezzo alla folla dei ricchi non possa vedere i pochi poveri che nutre custodendoli nel grembo della Chiesa cattolica? Le sue palpebre interrogano i figli degli uomini. Qui, secondo l'interpretazione già nota, intenderei volentieri per figli degli uomini coloro che sono stati rigenerati - dall'uomo vecchio - per mezzo della fede. Infatti costoro sono provati nella ricerca in certi passi oscuri delle Scritture, come negli occhi chiusi di Dio; e di nuovo, in altri passi chiari, come negli occhi aperti di Dio, si illuminano di gioia. E questo frequente chiudersi ed aprirsi nei Santi Libri viene a essere come le palpebre di Dio che interrogano, cioè mettono alla prova, i figli degli uomini, i quali non sono affaticati ma stimolati dall'oscurità delle cose, e non si insuperbiscono, ma si rafforzano nella conoscenza.

9. [v 6.] Il Signore esamina il giusto e l'empio. Che paura abbiamo di essere danneggiati in qualcosa dagli empi, se per caso essi partecipano con noi nei sacramenti con cuore non sincero, dal momento che egli esamina il giusto e l'empio? Ma chi ama l'iniquità odia la sua anima, cioè chi ama l'iniquità non nuoce a colui che crede in Dio e non ripone nell'uomo la sua speranza, ma unicamente alla sua anima.

10. [vv 7.8.] Pioverà lacci sopra i peccatori. Se nelle nubi si scorgono in generale i profeti, sia buoni che cattivi (che sono chiamati anche pseudo-profeti), ebbene gli pseudo-profeti sono ordinati dal Signore in modo che da essi piovano lacci sui peccatori. Nessuno infatti, salvo il peccatore, va a finire nel loro seguito, sia in vista dell'estremo supplizio - se avrà preferito ostinarsi nel peccato - sia per reprimere la superbia - qualora abbia cercato Dio con sforzo più sincero. Se poi per nubi si intendono soltanto i profeti buoni e veraci, è chiaro che Dio fa piovere per mezzo di essi lacci sui peccatori, sebbene, sempre con essi, irrighi anche i pii per farli fruttificare. Per alcuni - dice l'Apostolo - siamo odore di vita per la vita, per altri odore di morte per la morte 18. Inoltre non soltanto i profeti, ma anche tutti coloro che irrigano le anime con la parola di Dio possono essere detti nubi. E quando essi sono male intesi, allora Dio piove lacci sopra i peccatori; quando invece sono intesi bene feconda i petti dei pii e dei fedeli. Ad esempio, riguardo a quel che sta scritto: e saranno due in una carne sola 19, se qualcuno interpreta queste parole nel senso del piacere carnale, piove un laccio sul peccatore; se invece le interpreta come [l'Apostolo] dice: ma io lo dico in ordine al Cristo e alla Chiesa 20, piove pioggia sulla terra fertile. Insomma, dalla stessa nube, cioè dalla divina Scrittura, si compiono l'una e l'altra cosa. Dice del pari il Signore: non ciò che entra nella vostra bocca vi contamina, ma ciò che ne esce 21. Ascolta queste parole il peccatore e prepara la sua gola alla voracità; le ascolta il giusto e si premunisce contro la superstiziosa discriminazione tra i cibi. Anche qui, dunque, dalla stessa nube delle Scritture, a seconda del merito di ciascuno, cade sul peccatore la pioggia dei lacci, e sul giusto la pioggia della fertilità.

La giustizia di Dio.

11. Fuoco e zolfo e vento di tempesta è la porzione della loro coppa. Questa è la pena e la sorte di coloro a motivo dei quali si bestemmia il nome di Dio; in modo che dapprima sono devastati dal fuoco della loro concupiscenza, poi sono gettati fuori dalla comunità dei beati per il fetore delle loro cattive opere e infine trascinati a forza e sommersi, scontano indicibili pene. Perché questa è la porzione della loro coppa. Del pari, per i giusti, come inebriante ed eccellente è il tuo calice 22! S'inebriano infatti dell'abbondanza della tua casa 23. Credo pertanto che si parli di coppa perché non riteniamo che la divina provvidenza compia qualcosa che eccede l'equità e la misura, anche negli stessi supplizi inflitti ai peccatori. E, come per rendere ragione del motivo per cui così accade, aggiunge: perché giusto è il Signore, ed ha amato le giustizie. Usa il plurale non senza scopo, affinché, dato che sta parlando degli uomini, si comprenda che usa la parola "giustizia" per giusti: infatti, essendo molti i giusti, sembra quasi che vi siano molte giustizie, sebbene una sola sia la giustizia, quella di Dio, della quale tutti partecipano. È come se un volto fosse visto in molti specchi: ciò che in esso è unico, diventa molteplice a causa di quei molti specchi. Per questa ragione torna di nuovo al singolare, col dire: il suo volto ha visto l'equità. Forse è detto il suo volto ha visto l'equità come per dire: l'equità si vede nel suo volto, cioè nella sua conoscenza; il volto di Dio è infatti la potenza con la quale si fa conoscere da chi ne è degno. O senza dubbio [è detto]: il suo volto ha visto l'equità, perché non si dà a conoscere al malvagi, ma ai buoni: e proprio questa è l'equità.

12. Ma se qualcuno vuol vedere la Sinagoga nella luna, riferisca allora tutto il salmo alla Passione del Signore, e dica dei Giudei: perché hanno distrutto ciò che hai fatto perfetto, e dica del Signore stesso: ma il giusto che ha fatto?; Lui, che essi accusavano come distruttore della legge; i cui comandamenti avevano distrutto vivendo nel male, disprezzandoli e istituendo i loro, tanto che lo stesso Signore, parlando, secondo il suo solito, come uomo, dice: nel Signore confido; in qual modo dite all'anima mia: migra ai monti come il passero?, e questo a motivo delle minacce di coloro che volevano catturarlo e crocifiggerlo. Non è infatti assurdo vedere nell'espressione nella luna oscura la Sinagoga piena di peccatori, dal momento che i peccatori volevano saettare i retti di cuore, cioè coloro che avevano creduto in Cristo. Al Signore convengono anche le parole: Il Signore nel suo santo tempio, il Signore ha il suo trono nel cielo, cioè il Verbo risiede nell'uomo, eppure lo stesso Figlio dell'uomo siede in cielo. I suoi occhi guardano il povero: o quello che ha assunto in quanto Dio, oppure quello per il quale ha sofferto come uomo. Le sue palpebre esaminano i figli degli uomini. Possiamo scorgere nel chiudersi e nell'aprirsi degli occhi, cui probabilmente si riferisce la parola palpebre, la sua morte e la sua risurrezione, con cui ha messo alla prova i figli degli uomini suoi discepoli; spaventandoli con la passione e allietandoli con la risurrezione. Il Signore esamina il giusto e l'empio, governando già dal cielo la Chiesa. Ma chi ama l'iniquità odia la sua anima. Che cosa questo significhi è spiegato da quanto segue; infatti le parole: pioverà lacci sopra i peccatori, debbono essere interpretate secondo la precedente spiegazione, e così tutto il resto sino alla fine del salmo.

Pedro

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SUL SALMO 11
ESPOSIZIONE

1. [v 1.] Per la fine, sull'ottavo, salmo di David. Nel sesto salmo si è detto che l'ottavo può essere interpretato come il giorno del giudizio. Si può anche riferire sull'ottavo alla vita eterna, che sarà donata ai santi dopo questa epoca che si svolge in sette giorni.

2. [v 2.] Salvami, o Signore, perché il santo manca, cioè non si trova, come ci esprimiamo quando diciamo: manca il grano, oppure: manca il denaro. Perché sono venute meno le verità da parte dei figli degli uomini. Una sola è la verità, dalla quale sono illuminate le anime sante; ma poiché molte sono le anime, si può dire che in esse sono molte verità, come da un solo volto si riflettono negli specchi molte immagini.

3. [v 3.] Cose vane ciascuno ha detto al suo prossimo. È necessario intendere nel prossimo ogni uomo, perché non vi è nessuno al quale si possa far del male: e l'amore del prossimo non può operare il male 1. Labbra ingannatrici, nel cuore e nel cuore, hanno parlato male. Dicendo due volte nel cuore e nel cuore, indica il cuore doppio.

4. [v 4.] Disperda il Signore tutte le labbra ingannatrici. Ha detto tutte, affinché nessuno creda di essere eccettuato, come dice l'Apostolo: in ogni anima d'uomo operante il male, i Giudei per primi e poi i Greci 2. Lingua orgogliosa, cioè lingua superba.

5. [v 5.] Essi hanno detto: magnificheremo la nostra lingua, le nostre labbra sono con noi, chi è nostro Signore? Sono indicati qui i superbi e gli ipocriti, che ripongono la speranza nelle loro parole per ingannare gli uomini, e non sono soggetti a Dio.

Cristo salvatore dei poveri.
6. [v 6.] Per l'afflizione dei miseri e il gemito dei poveri, ora mi leverò, ha detto il Signore. Così infatti il Signore stesso ha avuto, nel Vangelo, compassione del suo popolo perché non aveva una guida mentre poteva egregiamente obbedire. Per questo nel Vangelo è detto anche: la messe è molta, ma pochi gli operai 3. Dobbiamo intendere queste parole come dette dalla persona di Dio Padre, il quale, a cagione dei miseri e dei poveri, cioè a cagione dei bisognosi per la miseria e la povertà dei beni spirituali, si è degnato di mandare il Figlio suo. Da qui prende inizio il discorso della montagna secondo il Vangelo di Matteo, quando dice: beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli 4. Porrò nella salvezza: non ha detto che cosa porrà; ma nella salvezza si deve intendere in Cristo, come leggiamo: perché hanno visto i miei occhi la tua salvezza 5. E perciò si intende che ha posto in lui ciò che è necessario per togliere la miseria dei poveri e consolare il gemito dei bisognosi. Con fermezza spererò in lui, secondo quanto si legge nel Vangelo: insegnava loro come uno che ha autorità, non come i loro scribi 6.

I vari gradi della beatitudine.
7. [v 7.] Le parole del Signore sono parole pure. Questa è figura del profeta stesso. Le parole del Signore sono parole pure: pure, dice, cioè senza essere corrotte dalla simulazione. Infatti molti predicano la verità in modo non puro, perché la vendono al prezzo dei vantaggi di questo secolo: di questi dice l'Apostolo che annunziavano Cristo in modo impuro 7. Argento affinato nel fuoco della terra. Le stesse parole del Signore furono provate dai peccatori nelle tribolazioni. Purificato sette volte; per mezzo del timore di Dio; della pietà, della scienza, della fortezza, del consiglio, dell'intelletto e della sapienza 8. Sono infatti sette i gradi delle beatitudini che il Signore espose nel discorso tenuto sul monte, secondo Matteo: beati i poveri di spirito, beati i miti, beati coloro che piangono, beati coloro che hanno fame e sete di giustizia, beati i misericordiosi, beati i puri di cuore, beati i pacifici 9. Possiamo renderci conto che tutto quel lungo discorso è fondato su queste sette sentenze: infatti l'ottava, nella quale è detto: beati coloro che subiscono persecuzioni per la giustizia, significa appunto quel fuoco con il quale si prova l'argento sette volte. E al termine del discorso è detto: insegnava loro come uno che ha autorità, non come i loro scribi 10; tali parole si riconnettono a quanto si dice in questo salmo: con fermezza opererò in lui.

8. [v 8.] Tu, o Signore, ci salverai e ci custodirai da questa generazione e per sempre: qui come miseri e poveri, là come potenti e ricchi.

9. [v 9.] Gli empi girano all'intorno, cioè nell'avidità delle cose terrene, che gira come una ruota ripetendo il giro dei sette giorni; e non giunge perciò all'ottavo, cioè all'eterno, al quale è dedicato il titolo di questo salmo. Dice così anche Salomone: il re saggio infatti disperde gli empi, e gira su di essi la ruota dei mali 11. Secondo la tua sublimità hai moltiplicato i figli degli uomini. Perché c'è anche nelle cose temporali una moltiplicazione che allontana dall'unità di Dio; donde il corpo che si corrompe appesantisce l'anima e la dimora terrena deprime la mente che pensa molte cose 12. Si moltiplicano invece i giusti secondo la sublimità di Dio, quando andranno di virtù in virtù 13.


[Modificato da pedrodiaz 12/02/2012 18:05]
Pedro

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