CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Il Cattolicesimo è una falsa religione? I cattolici sono salvati?

Ultimo Aggiornamento: 20/12/2008 22:10
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20/12/2008 21:43
 
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Il Cattolicesimo è una falsa religione? I cattolici sono salvati?



Domanda: "Il Cattolicesimo è una falsa religione? I cattolici sono salvati?"

Risposta:
Il problema cruciale con la Chiesa Cattolica Romana è la sua dottrina secondo cui la sola fede in Cristo non è sufficiente alla salvezza. La Bibbia afferma chiaramente e sistematicamente che ricevere Gesù Cristo come Salvatore, per grazia mediante la fede, accorda la salvezza (Giovanni 1:12; 3:16,18,36; Atti 16:31; Romani 10:9-10,13; Efesini 2:8-9). La Chiesa Cattolica Romana lo rifiuta. La posizione ufficiale della Chiesa Cattolica Romana è che una persona deve credere in Gesù Cristo ED essere battezzata E ricevere l’Eucaristia insieme agli altri sacramenti E ubbidire ai decreti della Chiesa Cattolica Romana E compiere le opere meritorie E non morire con alcun peccato mortale, ecc., ecc., ecc. La divergenza cattolica dalla Bibbia su questo problema quantomai cruciale, la salvezza, significa che, certo, il Cattolicesimo è una falsa religione. Se una persona crede quello che insegna ufficialmente la Chiesa Cattolica, non sarà salvata. Qualunque affermazione secondo cui le opere o i rituali debbano essere aggiunti alla fede per ottenere la salvezza è un’affermazione secondo cui la morte di Gesù non fu sufficiente ad acquistare pienamente la nostra salvezza.

Sebbene la salvezza per fede sia il problema cruciale, confrontando il Cattolicesimo Romano con la Parola di Dio ci sono anche molte altre differenze e contraddizioni. La Chiesa Cattolica Romana insegna molte dottrine che sono in disaccordo con quanto dichiara la Bibbia. Queste comprendono la successione apostolica, il culto dei santi o di Maria, pregare i santi o Maria, il papa/papato, il battesimo dei neonati, la transustanziazione, le indulgenze plenarie, il sistema sacramentale e il purgatorio. Benché i cattolici affermino di avere il sostegno biblico per questi concetti, nessuno di questi insegnamenti ha alcun solido fondamento nel chiaro insegnamento della Scrittura. Questi concetti sono basati sulla tradizione cattolica, non sulla Parola di Dio. Infatti, essi contraddicono chiaramente i princìpi biblici.

Riguardo al quesito: “I cattolici sono salvati?”, si tratta di una domanda più difficile cui rispondere. È impossibile fare un’affermazione generale sulla salvezza di tutti i membri di qualunque denominazione cristiana. Non TUTTI i battisti sono salvati. Non TUTTI i presbiteriani sono salvati. Non TUTTI i luterani sono salvati. La salvezza è determinata dalla fede personale soltanto in Gesù per la salvezza, non dai titoli o dall’identificazione denominazionale. Nonostante le dottrine e le pratiche antibibliche della Chiesa Cattolica Romana, ci sono credenti genuini che frequentano le chiese cattolico-romane. Ci sono molti cattolico-romani che hanno riposto genuinamente la loro fede soltanto in Gesù Cristo per la salvezza. Tuttavia, questi cristiani cattolici sono credenti nonostante, non a causa di ciò che insegna la Chiesa Cattolica. A vari livelli, la Chiesa Cattolica insegna in base alla Bibbia e indica alle persone Gesù Cristo come Salvatore. Ne risulta che, talvolta, le persone vengono salvate nelle chiese cattoliche. La Bibbia ha un impatto ovunque sia predicata (Isaia 55:11). I cristiani cattolici restano nella Chiesa Cattolica per ignoranza di ciò che davvero rappresenta la Chiesa Cattolica, per tradizione familiare o per la pressione dei coetanei, oppure per il desiderio di raggiungere altri cattolici per conquistarli a Cristo.

Allo stesso tempo, la Chiesa Cattolica conduce anche molte persone lontano da una genuina relazione di fede con Cristo. Le dottrine e le pratiche antibibliche della Chiesa Cattolica Romana hanno dato spesso ai nemici di Cristo l’opportunità di bestemmiare. La Chiesa Cattolica Romana non è la chiesa istituita da Gesù Cristo. Non è una chiesa basata sugli insegnamenti degli apostoli (così come sono descritti nel libro degli Atti e nelle epistole del Nuovo Testamento). Sebbene le parole di Gesù in Marco 7:9 fossero rivolte ai farisei, esse descrivono accuratamente la Chiesa Cattolica Romana: “Come sapete bene annullare il comandamento di Dio per osservare la tradizione vostra!”

Pedro

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20/12/2008 21:45
 
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Sono cattolico/a: perché dovrei considerare di diventare cristiano/a?

Sono cattolico/a: perché dovrei considerare di diventare cristiano/a?



Domanda: "Sono cattolico/a: perché dovrei considerare di diventare cristiano/a?"

Risposta:
Primo, ti prego di comprendere che, nel formulare questa domanda, non intendiamo offendere nessuno. Da parte di alcuni cattolici, riceviamo delle domande sincere in questi termini: “Qual è la differenza fra i cattolici e i cristiani?”. Nelle conversazioni faccia a faccia con i cattolici, abbiamo sentito dire letteralmente: “Non sono cristiano: sono cattolico”. Per molti cattolici, i termini “cristiano” e “protestante” sono sinonimi. Dopo aver detto questo, l’intento di questo articolo è che i cattolici studino ciò che dice la Bibbia riguardo all’essere cristiani e considerino, forse, che la fede cattolica non è la migliore rappresentazione di ciò che descrive la Bibbia. Per delle informazioni preliminari, ti preghiamo di leggere il nostro articolo: “
Che cos’è un cristiano?”.

Una distinzione fondamentale fra cattolici e cristiani sta nel modo in cui viene considerata la Bibbia. I cattolici considerano la Bibbia come se avesse la stessa autorità della Chiesa e della tradizione. I cristiani considerano la Bibbia come l’autorità suprema per la fede e la pratica. La domanda da porsi è: “In che modo la Bibbia presenta se stessa?”. 2 Timoteo 3:16-17 ci dice: “Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona”. La Scrittura è di per se stessa sufficiente affinché il cristiano sia completo e ben preparato per ogni opera buona. Questo testo ci dice che la Scrittura non è “solo l’inizio” o “solo i rudimenti”, oppure il “fondamento per una tradizione ecclesiastica più completa”. Al contrario, la Scrittura è perfettamente e pienamente sufficiente per tutto nella vita cristiana. La Scrittura può insegnarci, riprenderci, correggerci, educarci e preparaci. I cristiani biblici non rinnegano il valore della tradizione ecclesiastica. Piuttosto, i cristiani sostengono che affinché una tradizione ecclesiastica sia valida, essa dev’essere basata sul chiaro insegnamento della Scrittura e dev’essere in piena armonia con essa. Amico/a cattolico/a, studia la Parola di Dio per conto tuo. In essa troverai la descrizione che Dio fa della Sua Chiesa e lo scopo per cui l’ha voluta. 2 Timoteo 2:15 dichiara: “Sfòrzati di presentarti davanti a Dio come un uomo fidato, un operaio che non abbia di che vergognarsi, che dispensi rettamente la parola della verità”.

Una seconda differenza fondamentale fra i cattolici e i “cristiani biblici” è la comprensione del modo in cui possiamo accostarci a Dio. I cattolici tendono ad accostarsi a Dio attraverso degli intermediari come Maria o i santi. I cristiani si accostano a Dio direttamente, offrendo le preghiere a nessun altro che a Dio stesso. La Bibbia proclama che noi stessi possiamo accostarci al trono della grazia con piena fiducia (Ebrei 4:16). La Bibbia è perfettamente chiara sul fatto che Dio desideri che Lo preghiamo, che abbiamo comunicazione con Lui per chiederGli le cose di cui abbiamo bisogno (Filippesi 4:6; Matteo 7:7-8; 1 Giovanni 5:14-15). Non c’è alcun bisogno di mediatori o di intermediari, in quanto Cristo è il nostro solo ed unico mediatore (1 Timoteo 2:5), e sia Cristo sia lo Spirito Santo stanno già intercedendo in nostro favore (Romani 8:26-27; Ebrei 7:25). Amico/a cattolico/a, Dio ti ama intimamente e, mediante Gesù, ha provveduto una porta aperta per la comunicazione diretta con Lui.

La differenza cruciale fra i cattolici e i “cristiani biblici” riguarda l’argomento della salvezza. I cattolici considerano la salvezza quasi interamente come un processo, mentre i cristiani sia come una condizione compiuta sia come un processo. I cattolici si considerano “nel processo di salvezza”, mentre i cristiani credono di “essere stati salvati”. 1 Corinzi 1:2 (ND) ci dice: “…ai santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi…”. I termini “santificati” e “santi” derivano dalla stessa radice greca. Questo versetto sta dichiarando che i cristiani sono sia santificati sia chiamati ad essere santi. La Bibbia presenta la salvezza come un dono che si riceve nel momento in cui una persona esercita fede in Gesù Cristo come Salvatore (Giovanni 3:16). Quando una persona riceve Cristo come Salvatore, viene giustificata (dichiarata giusta – Romani 5:9), redenta (liberata dalla schiavitù del peccato – 1 Pietro 1:18), riconciliata (ottenendo la pace con Dio – Romani 5:1), santificata (messa da parte per gli scopi di Dio – 1 Corinzi 6:11) e rigenerata come una nuova creazione (1 Pietro 1:23; 2 Corinzi 5:17). Ognuno di questi è un fatto compiuto che si riceve pienamente nel momento della salvezza. Poi i cristiani sono chiamati a vivere praticamente (chiamati ad essere santi) quanto è già vero nella loro posizione (santificati).

Il punto di vista cattolico è che la salvezza si riceve per fede, ma poi dev’essere “mantenuta” dalle buone opere e dalla partecipazione ai sacramenti. I cristiani biblici non negano l’importanza delle buone opere o che Cristo ci chiami a osservare gli ordinamenti in memoria di Lui e in ubbidienza a Lui. La differenza è che i cristiani considerano queste cose come il risultato della salvezza, non un suo requisito o un mezzo per mantenerla. La salvezza è un’opera compiuta, acquistata dal sacrificio espiatorio di Gesù Cristo (1 Giovanni 2:2). Dio ci offre la salvezza e la sicurezza della salvezza perché il sacrificio di Gesù fu pienamente, completamente e perfettamente sufficiente. Se riceviamo il prezioso dono di Dio della salvezza, possiamo sapere che siamo salvati. 1 Giovanni 5:13 dichiara: “Vi ho scritto queste cose perché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figlio di Dio”.

Possiamo sapere di avere la vita eterna e possiamo avere la sicurezza della salvezza a causa della grandezza del sacrificio di Cristo, il quale non ha bisogno di essere riofferto o ripresentato. Ebrei 7:27 dice: “Egli ha fatto questo una volta per sempre quando ha offerto sé stesso”. Ebrei 10:10 dichiara: “…noi siamo stati santificati, mediante l’offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre”. 1 Pietro 3:18 esclama: “Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio…”. Il sacrificio di Cristo, fatto una volta per sempre, fu assolutamente e perfettamente sufficiente. Gesù dichiarò sulla croce: “È compiuto!” (Giovanni 19:30). Il sacrificio espiatorio di Gesù fu il pagamento completo per tutti i nostri peccati (1 Giovanni 2:2). Ne è risultato che tutti i nostri peccati sono perdonati e che ci è promessa la vita eterna in cielo nel momento in cui riceviamo il dono che Dio ci offre: la salvezza mediante Cristo (Giovanni 3:16).

Amico/a cattolico/a, desideri questa “così grande salvezza” (Ebrei 2:6)? Se la desideri, tutto quello che devi fare è riceverla (Giovanni 1:12), mediante la fede (Romani 5:1). Dio ci ama e ci offre la salvezza come un dono (Giovanni 3:16). Se riceviamo la Sua grazia, per fede, abbiamo la salvezza come nostro eterno possesso (Efesini 2:8-9). Una volta salvati, niente può separaci dal Suo amore (Romani 8:38-39). Niente può rapirci dalla Sua mano (Giovanni 10:28-29). Se desideri questa salvezza, se desideri che tutti i tuoi peccati siano perdonati, se desideri avere la sicurezza della salvezza, se desideri accedere direttamente al Dio che ti ama, ricevila ed è tua. Per provvedere questa salvezza Gesù morì, ed è questa salvezza che Dio offre in dono.

Se hai ricevuto Gesù Cristo come Salvatore, per fede, a motivo di ciò che hai letto oggi qui, ti prego di farcelo sapere cliccando sul pulsante in basso “Oggi ho accettato Cristo”. Benvenuto/a nella famiglia di Dio! Benvenuto/a, amico/a cattolico/a, nella vita cristiana!

Hai preso una decisione per Cristo grazie a quello che hai letto qui? Se lo hai fatto, ti preghiamo di cliccare sul pulsante sottostante "Oggi ho accettato Gesù".

Pedro

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20/12/2008 21:46
 
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Le credenze e le pratiche cattoliche sono bibliche?

Le credenze e le pratiche cattoliche sono bibliche?



Domanda: "Le credenze e le pratiche cattoliche sono bibliche?"

Risposta:
La domanda da porsi relativamente a qualsiasi chiesa e alle sue pratiche dovrebbe essere: “È biblico?”. Se un insegnamento è biblico (preso nel contesto), dovrebbe essere accettato. Se non lo è, dovrebbe essere respinto. Dio è più interessato a vedere se una chiesa sta facendo la Sua volontà e a ubbidire alla Sua Parola, piuttosto che se riesce a tracciare una linea di successione che arrivi agli apostoli di Gesù. Gesù era davvero preoccupato del fatto che si abbandonasse la Parola di Dio per seguire le tradizioni degli uomini (Marco 7:7). Le tradizioni non sono intrinsecamente sbagliate… Ci sono alcune tradizioni buone e preziose. Ancora una volta, la domanda dev’essere se una dottrina, una pratica o una tradizione sia biblica. In che modo, quindi, la Chiesa Cattolica Romana regge il confronto con gli insegnamenti della Parola di Dio?

La salvezza: la Chiesa Cattolica Romana insegna che la salvezza si ottiene mediante la rigenerazione battesimale ed è mantenuta attraverso i sacramenti cattolici, finché non venga commesso un atto peccaminoso volontario che interrompa la condizione della grazia santificante. La Bibbia insegna che siamo salvati per grazia, la quale si riceve mediante la semplice fede (Efesini 2:8-9), e che le buone opere sono il risultato il un cambiamento del cuore operato nella salvezza (Efesini 2:10; 2 Corinzi 5:17) e il frutto di quella nuova vita in Cristo (Giovanni 15).

La sicurezza della salvezza: la Chiesa Cattolica Romana insegna che la salvezza non può essere garantita o assicurata. 1 Giovanni 5:13 afferma che la lettera di 1 Giovanni fu scritta allo scopo di rinsaldare nei credenti la CERTEZZA della loro salvezza.

Le buone opere: la Chiesa Cattolica Romana afferma che i cristiani sono salvati dalle opere meritorie (a cominciare dal battesimo) e che la salvezza è mantenuta dalle buone opere (ricevere i sacramenti, la confessione dei peccati a un sacerdote, ecc.). La Bibbia afferma che i cristiani sono salvati per grazia mediante la fede, totalmente a prescindere dalle opere (Tito 3:5; Efesini 2:8-9; Galati 3:10-11; Romani 3:19-24).

Il battesimo: nel Nuovo Testamento il battesimo è praticato SEMPRE DOPO aver esercitato la fede salvifica in Cristo. Il battesimo non è il mezzo per la salvezza; è la fede nel Vangelo che salva (1 Corinzi 1:14-18; Romani 10:13-17). La Chiesa Cattolica Romana insegna la rigenerazione battesimale dei bambini, una pratica che non si trova mai nella Scrittura. L’unico possibile e vago indizio di battesimo dei bambini, nella Bibbia, che la Chiesa Cattolica Romana possa indicare è quello dell’intera famiglia del carceriere di Filippi che venne battezzata in Atti 16:33. Tuttavia, il contesto non menziona mai dei bambini. Atti 16:31 dichiara che la salvezza è mediante la fede. Paolo parlò a tutta quella famiglia al versetto 32, e tutta la famiglia credette (versetto 34). Questo passo conferma solo il battesimo di quanti hanno già creduto, non dei bambini.

La preghiera: la Chiesa Cattolica Romana insegna ai cattolici a pregare non solo Dio, ma di rivolgersi anche a Maria e ai santi nelle loro preghiere. Contrariamente a questo, nella Scrittura ci è insegnato a pregare soltanto Dio (Matteo 6:9; Luca 18:1-7).

Il sacerdozio: la Chiesa Cattolica Romana insegna che esiste una distinzione fra il clero e i “laici”, mentre il Nuovo Testamento insegna il sacerdozio di tutti i credenti (1 Pietro 2:9).

I sacramenti: la Chiesa Cattolica Romana insegna che a un credente viene infusa la grazia alla ricezione dei sacramenti. Tale insegnamento non si trova mai nella Scrittura.

La confessione: la Chiesa Cattolica Romana insegna che a meno che un credente non sia impossibilitato, l’unico modo per ricevere il perdono dei peccati è confessandoli a un sacerdote. Contrariamente a questo, la Scrittura insegna che la confessione dei peccati dev’essere fatta a Dio (1 Giovanni 1:9).

Maria: la Chiesa Cattolica Romana insegna, fra le altre cose, che Maria è la Regina del Cielo, una vergine perpetua e la corredentrice che fu assunta in Cielo. Nella Scrittura, ella è presentata come una serva ubbidiente e fedele di Dio che divenne la madre di Gesù. Nessuno degli altri attributi menzionati dalla Chiesa Cattolica Romana ha la benché minima base biblica. Il concetto secondo cui Maria sarebbe la corredentrice e un’altra mediatrice fra Dio e l’uomo non è solo extrabiblico (che si trova solo al di fuori della Scrittura), ma è anche antibiblico (contrario alla Scrittura). Atti 4:12 afferma che Gesù è l’unico Redentore. 1 Timoteo 2:5 proclama che Gesù è l’unico mediatore fra Dio e gli uomini.

Si potrebbero fornire molti altri esempi. Bastano questi argomenti a far capire chiaramente che la Chiesa Cattolica non è biblica. Ogni denominazione cristiana ha delle pratiche e delle tradizioni che non sono basate esplicitamente sulla Scrittura. Ecco perché la Scrittura dev’essere il criterio della fede e della pratica cristiane. La Parola di Dio è sempre verace e affidabile. Non si può dire lo stesso della tradizione ecclesiastica. La nostra linea guida dev’essere: “Che cosa dice la Scrittura?” (Romani 4:3; Galati 4:30; Atti 17:10). 2 Timoteo 3:16-17 dichiara: “Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona”.

Pedro

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20/12/2008 21:47
 
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Qual è l’origine della Chiesa Cattolica?

Qual è l’origine della Chiesa Cattolica?



Domanda: "Qual è l’origine della Chiesa Cattolica?"

Risposta:
La Chiesa Cattolica Romana sostiene che la sua origine sia nella morte, risurrezione e ascensione di Gesù Cristo avvenute approssimativamente nel 30 d.C. La Chiesa Cattolica proclama di essere la Chiesa per cui morì Gesù, la Chiesa che fu istituita ed edificata dagli apostoli. È questa la vera origine della Chiesa Cattolica? Al contrario. Persino una lettura veloce del Nuovo Testamento rivelerà che la Chiesa Cattolica non ha origine negli insegnamenti di Gesù o dei Suoi apostoli. Nel Nuovo Testamento, non si accenna affatto al papa, al culto/adorazione di Maria (o alla sua immacolata concezione, alla sua verginità perpetua, alla sua assunzione o al suo essere corredentrice e mediatrice), al chiedere ai santi in cielo le loro preghiere, alla successione apostolica, agli ordinamenti della chiesa che fungono da sacramenti, al battesimo dei bambini, alla confessione dei peccati a un sacerdote, al purgatorio, alle indulgenze o all’eguale autorità della tradizione ecclesiastica e della Scrittura. Pertanto, se l’origine della Chiesa Cattolica non è negli insegnamenti di Gesù e dei Suoi apostoli, per come li troviamo nel Nuovo Testamento, qual è la vera origine della Chiesa Cattolica?

Per i primi 280 anni di storia cristiana, il Cristianesimo fu proibito dall’Impero Romano e i cristiani furono terribilmente perseguitati. Tutto questo cambiò dopo la “conversione” dell’imperatore romano Costantino, il quale “legalizzò” il Cristianesimo con l’Editto di Milano nel 313 d.C. Successivamente, nel 325 d.C., Costantino convocò il Concilio di Nicea nel tentativo di unificare il Cristianesimo. Costantino immaginava che il Cristianesimo fosse una religione che potesse unire l’Impero Romano, che a quel tempo stava cominciando a frammentarsi e a dividersi. Sebbene questo potesse sembrare uno sviluppo positivo per la Chiesa cristiana, i risultati furono tutt’altro che positivi. Così come Costantino rifiutò di abbracciare pienamente la fede cristiana, ma conservò molte sue credenze e pratiche pagane, così la Chiesa cristiana che promosse Costantino fu una miscela di autentico Cristianesimo e paganesimo romano.

Costantino capì che dal momento che l’Impero Romano era così vasto, esteso e variegato, non tutti avrebbero accettato di rinunciare alle proprie credenze religiose per abbracciare, invece, il Cristianesimo. Pertanto, Costantino permise, e perfino promosse, la “cristianizzazione” delle credenze pagane. A credenze completamente pagane e del tutto antiscritturali vennero date nuove identità “cristiane”. Alcuni chiari esempi di questo sono i seguenti:

(1) Il culto di Iside, una religione egizia basata sulla dèa-madre, fu assorbito nel Cristianesimo sostituendo Iside con Maria. Molti dei titoli impiegati per Iside come “Regina del cielo”, “Madre di Dio” e “Theotokos” (“portatrice di Dio”) furono assegnati a Maria. Maria ricevette un ruolo di primo piano nella fede cristiana, ben al di là di quello che le assegna la Bibbia, allo scopo di attrarre gli adoratori di Iside alla fede che, altrimenti, non avrebbero abbracciata. Molti templi di Iside furono, di fatto, convertiti in templi dedicati a Maria. I primi chiari accenni di mariologia cattolica compaiono negli scritti di Origene, il quale visse ad Alessandria, in Egitto, che non a caso era il centro principale del culto di Iside.

(2) Il mitraismo era una religione dell’Impero Romano fra il I e il V sec. d.C. Era molto popolare fra i Romani, specialmente fra i soldati romani, e fu probabilmente la religione di parecchi imperatori romani. Anche se al mitraismo non fu dato mai “ufficialità” nell’Impero Romano, esso fu de facto la religione ufficiale fino a Costantino, e i successivi imperatori romani sostituirono il mitraismo con il Cristianesimo. Uno degli aspetti fondamentali del mitraismo era un pasto sacrificale che comprendeva il fatto di mangiare la carne e bere il sangue di un toro. Mitra, il dio del mitraismo, era “presente” nella carne e nel sangue del toro e veniva mangiato in modo da accordare la salvezza a coloro che condividevano il pasto sacrificale (la cosiddetta “teofagia”, ossia “mangiare il proprio dio”). Mitra aveva anche sette “sacramenti”, così da rendere le somiglianze fra il mitraismo e il Cattolicesimo romano troppo numerose per essere ignorate. Costantino e i suoi successori trovarono un facile sostituto per il pasto sacrificale del mitraismo nel concetto della Cena del Signore o Comunione cristiana. Purtroppo, alcuni primi cristiani avevano già cominciato a legare un significato mistico alla Cena del Signore, rifiutando il concetto biblico di una semplice e devota commemorazione della morte di Cristo e del Suo sangue versato. La romanizzazione della Cena del Signore completò la transizione a una consumazione sacrificale di Gesù Cristo, nota adesso come la messa cattolica o l’Eucaristia.

(3) La maggior parte degli imperatori (e dei cittadini) romani era enoteisti. Un enoteista crede nell’esistenza d molti dèi, ma si concentra anzitutto su un dio in particolare, oppure lo considera supremo sugli altri dèi. Ad esempio, il dio romano Giove era supremo sul pantheon romano degli dèi. I marinai romani erano spesso adoratori di Nettuno, il dio degli oceani. Quando la Chiesa Cattolica assorbì il paganesimo romano, sostituì semplicemente il pantheon degli dèi con i santi. Così come il pantheon degli dèi aveva un dio dell’amore, un dio della pace, un dio della guerra, un dio della forza, un dio della sapienza, ecc., così la Chiesa Cattolica ha un santo che è “incaricato” di ciascuna di queste cose e di molte altre categorie. Così come molte città romane aveva un dio specifico, così la Chiesa Cattolica fornì dei “santi patroni” alle città.

(4) La supremazia del vescovo romano (il papato) fu creata con il sostegno degli imperatori romani. Dato che la città di Roma era il centro governativo dell’Impero Romano e che gli imperatori romani vivevano a Roma, la città di Roma salì alla ribalta in tutti gli aspetti della vita. Costantino, e i suoi successori, diedero il loro appoggio affinché il vescovo di Roma diventasse il capo supremo della Chiesa. Naturalmente, la cosa migliore da fare per l’unità dell’Impero Romano era che il governo e la religione di Stato fossero accentrati nello stesso posto. Anche se la maggior parte degli altri vescovi (e degli altri cristiani) si oppose all’idea che il vescovo romano fosse supremo, alla fine questi ottenne la supremazia, grazie al potere e all’influsso degli imperatori romani. Quando cadde l’Impero Romano, i papi assunsero il titolo che precedentemente era spettato agli imperatori romani: quello di pontifex maximus.

Si potrebbero fornire molti altri esempi. Questi quattro dovrebbero bastare per mostrare la vera origine della Chiesa Cattolica. Naturalmente la Chiesa Cattolica Romana nega l’origine pagana delle sue credenze e pratiche. La Chiesa Cattolica camuffa le sue credenze pagane sotto le mentite spoglie di una teologia complessa. La Chiesa Cattolica giustifica e rinnega la sua origine pagana dietro la maschera della “tradizione ecclesiastica”. Nel riconoscere che molte delle sue credenze e pratiche sono completamente estranee alla Scrittura, la Chiesa Cattolica è costretta a negare l’autorità e la sufficienza della Scrittura.

L’origine della Chiesa Cattolica sta nel tragico compromesso del Cristianesimo con le religioni pagane che lo circondavano. Anziché annunciare il Vangelo e convertire i pagani, la Chiesa Cattolica “cristianizzò” le religioni pagane e “paganizzò” il Cristianesimo. Sfocando le differenze e cancellando le distinzioni, certo, la Chiesa Cattolica si rese attraente ai popoli dell’Impero Romano. Un risultato fu che la Chiesa Cattolica divenne la religione suprema del “mondo romano” per secoli. Tuttavia, un altro risultato fu la forma più prevalente di Cristianesimo che aveva apostatato dal vero Vangelo di Gesù Cristo e dall’autentica predicazione della Parola di Dio.

2 Timoteo 4:3-4 dichiara: “Infatti verrà il tempo che non sopporteranno più la sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie voglie, e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole”.

Pedro

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20/12/2008 21:49
 
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Domanda: "Che cos’è il sacramento cattolico della Santa Eucaristia? Qual è la definizione cattolica della celebrazione eucaristica?"
Domanda: "Che cos’è il sacramento cattolico della Santa Eucaristia? Qual è la definizione cattolica della celebrazione eucaristica?"

Risposta:
Per i cattolici, la Santa Eucaristia o messa è considerata la forma di preghiera più importante e sublime. In effetti, partecipare alla messa è obbligatorio ogni domenica e in altre feste comandate, altrimenti si commette peccato mortale. La messa è suddivisa in due sezioni: la liturgia della Parola e la liturgia eucaristica. La liturgia della Parola consiste in due letture (una dall’Antico Testamento e l’altra dal Nuovo), nel Salmo responsoriale, nella lettura del Vangelo, nell’omelia (o sermone) e nelle intercessioni generali (chiamate anche “Preghiera dei fedeli”).

Il centro della messa è la seconda parte: la liturgia eucaristica. Durante questo periodo di tempo, i cattolici condividono il corpo e il sangue di Gesù nelle specie del pane e del vino distribuite alla congregazione. Secondo la Bibbia, questo è fatto in memoria di Cristo (1 Corinzi 11:23-25, cfr. Luca 22:18-20 e Matteo 26:26-28). Tuttavia, secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, paragrafo 1366: "L'Eucaristia è dunque un sacrificio perché ripresenta (rende presente) il sacrificio della croce, perché ne è il memoriale e perché ne applica il frutto". Il Catechismo continua al paragrafo 1367:

“Il sacrificio di Cristo e il sacrificio dell'Eucaristia sono un unico sacrificio: ‘Si tratta infatti di una sola e identica vittima e lo stesso Gesù la offre ora per il ministero dei sacerdoti, egli che un giorno offrì se stesso sulla croce: diverso è solo il modo di offrirsi’. E poiché in questo divino sacrificio, che si compie nella Messa, è contenuto e immolato in modo incruento lo stesso Cristo, che ‘si offrì una sola volta in modo cruento’ sull'altare della croce, [...] questo sacrificio [è] veramente propiziatorio".

Nel libro di Malachia, il profeta predice la fine del vecchio sistema sacrificale e l’istituzione di un nuovo sacrificio: "‘Io non prendo alcun piacere in voi’, dice il Signore degli eserciti, ‘e non gradisco le offerte delle vostre mani. Ma dall’oriente all’occidente il mio nome è grande fra le nazioni; in ogni luogo si brucia incenso al mio nome e si fanno offerte pure; perché grande è il mio nome fra le nazioni’, dice il Signore degli eserciti" (Malachia 1:10-11). Questo significa che, un giorno, Dio sarà glorificato fra i Gentili, che Gli faranno offerte pure in ogni luogo. I cattolici vedono in questo l’Eucaristia. Tuttavia, l’apostolo Paolo sembra avere un’opinione diversa in proposito: "Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale" (Romani 12:1). L’Eucaristia può essere offerta solo in luoghi esclusivi: chiese consacrate e benedette secondo il diritto canonico cattolico. Il concetto di offrire i nostri corpi in sacrificio vivente si accorda meglio con il linguaggio della predizione, secondo cui i sacrifici sarebbero stati offerti "in ogni luogo".

La Chiesa Cattolica Romana crede che il pane e il vino della Santa Eucaristia diventino il corpo e il sangue veri e propri di Gesù. Essi cercano di confermare il loro sistema di pensiero con passi come Giovanni 6:32-58, Matteo 26:26, Luca 22:17-23 e 1 Corinzi 11:24-25. Nel 1551 d.C., il Concilio di Trento dichiarò ufficialmente: "Con la consacrazione del pane e del vino si opera la trasformazione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del corpo di Cristo, nostro signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo sangue. Questa trasformazione, quindi, in modo adatto e proprio è chiamata dalla santa chiesa cattolica transustanziazione" (Sessione XIII, capitolo IV; cfr. canone II). Condividendo il pasto eucaristico, la Chiesa Cattolica insegna che i suoi fedeli stanno adempiendo Giovanni 6:53: "In verità, in verità vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete vita in voi".

Che cosa significa davvero questo? Gesù continua dicendo: "È lo Spirito che vivifica; la carne non è di alcuna utilità; le parole che vi ho dette sono spirito e vita" (Giovanni 6:63). Pertanto, se "la carne non è di alcuna utilità", perché dovremmo mangiare la carne di Gesù per avere la vita eterna? Ciò non ha senso, finché Gesù non ci dice che le parole che Egli pronuncia sono "spirito". Gesù sta dicendo che non è un insegnamento da prendere in modo letterale, ma spirituale. Questo linguaggio si collega perfettamente all’affermazione dell’apostolo Paolo poc’anzi menzionata di "presentare i [nostri] corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il [nostro] culto spirituale" (Romani 12:1).

Nel pensiero ebraico, il pane era equiparato alla Torah e il fatto di "mangiarlo" alla lettura e alla comprensione del patto con Dio (cfr. Deuteronomio 8:3). Ad esempio, il libro apocrifo del Siracide afferma: "Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me, avranno ancora sete. […] Tutto questo è il libro dell’alleanza del Dio altissimo, la legge che ci ha imposto Mosè, l’eredità delle assemblee di Giacobbe" (Siracide 24:20-22). Il fatto che qui si citi dal Siracide non significa dichiararne la canonicità, ma serve solo a illustrare in che modo il popolo ebreo concepisse la Legge mosaica. È importante comprendere l’equiparazione del pane con la Torah per apprezzare il vero punto di Gesù.

In Giovanni 6, in realtà Gesù sta dicendo alla folla di essere superiore alla Torah (cfr. Giovanni 6:49-51) e all’intero sistema legislativo mosaico. Nel passo del Siracide si afferma che quanti si nutriranno della legge "avranno ancora fame" e "avranno ancora sete"; questo è lo stesso linguaggio riecheggiato da Gesù nel dire: "Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete" (Giovanni 6:35). Gesù non sta comandando letteralmente alle persone di mangiare la Sua carne e di bere il Suo sangue, ma sta comunicando loro il cuore di tutta la dottrina cristiana: la fede in Lui ("Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato" [Giovanni 6:29, mio il corsivo]). Pertanto, l’interpretazione cattolica di Giovanni 6 non è biblica.

In secondo luogo, esiste un’analogia chiarissima in Giovanni 6 con i tempi di Mosè e la consumazione della manna. Ai tempi di Mosè, la manna fu ciò che Dio provvide come cibo per gli Israeliti che vagavano nel deserto. In Giovanni 6, però, Gesù affermò di essere la vera manna, il pane del cielo. Con questa affermazione, Gesù affermò di essere tutto ciò che Dio ha provveduto per la salvezza. La manna era quanto Dio aveva provveduto per salvare il popolo e non farlo morire di fame. Gesù è quanto ha provveduto Dio per salvare dall’inferno. Così come la manna doveva essere mangiata per mantenere in vita gli Israeliti, così Gesù dev’essere “mangiato” (ricevuto pienamente per fede) per ricevere la salvezza.

È chiarissimo che Gesù facesse riferimento a Se stesso come Pane della Vita, tanto che incoraggiò i Suoi discepoli a mangiare la Sua carne in Giovanni 6. Ma non dobbiamo giungere alla conclusione che Gesù stesse insegnando quello che i cattolici indicano come transustanziazione. La Cena del Signore — detta anche Comunione Cristiana o Santa Eucaristia — non era stata ancora istituita. Gesù non istituì la Santa Eucaristia o messa o Cena del Signore fino a Giovanni 13. Pertanto, è arbitrario leggere la Cena del Signore in Giovanni 6. Come già suggerito, è meglio comprendere questo passo alla luce dell’andare a Gesù, con fede, per la salvezza. Quando Lo riceviamo come Salvatore, riponendo la nostra piena fiducia in Lui, stiamo “mangiando la Sua carne” e “bevendo il Suo sangue”. Il Suo corpo fu spezzato (alla Sua morte) e il Suo sangue versato per provvedere alla nostra salvezza: “Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga” (1 Corinzi 11:26).

Sia che la definizione cattolica della Santa Eucaristia sia quella di un "nuovo sacrificio" di Cristo o di una "nuova offerta" del sacrificio di Cristo, entrambi i concetti sono antiscritturali. Cristo non ha bisogno di essere sacrificato di nuovo. Il sacrificio di Cristo non ha bisogno di essere riofferto. Ebrei 7:27 (ND) dichiara: "[Gesù] non ha bisogno ogni giorno, come quei sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, quando offerse se stesso". Similmente, 1 Pietro 3:18 esclama: "Anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio...". La morte di Cristo sulla croce, compiuta una volta per sempre, fu sufficiente ad espiare tutti i nostri peccati (1 Giovanni 2:2). Pertanto, il sacrificio di Cristo non ha bisogno di essere riofferto. Invece, esso dev’essere ricevuto per fede (Giovanni 1:12; 3:16). Mangiare la carne di Cristo e bere il Suo sangue sono simboli del ricevere appieno il Suo sacrificio in nostro favore, per grazia mediante la fede.
Pedro

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20/12/2008 21:50
 
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Domanda: "La tradizione cattolica avrebbe un’autorità pari o superiore a quella della Bibbia?"
Domanda: "La tradizione cattolica avrebbe un’autorità pari o superiore a quella della Bibbia?"

Risposta:
Le tradizioni ecclesiastiche dovrebbero essere accettate con la stessa autorità della Scrittura? Oppure esse dovrebbero essere seguite solo se sono in piena armonia con la Scrittura? La risposta a queste domande svolge un ruolo importante nel determinare che cosa credi e come vivi da cristiano/a. Il nostro assunto è che solo la Scrittura sia l’unica fonte autorevole e infallibile per la dottrina e la pratica cristiane. Le tradizioni sono valide solo se sono costruite sul solido fondamento della Scrittura e sono in piena armonia con l’interezza della Scrittura. Forniamo di seguito sette motivi biblici a sostegno dell’insegnamento secondo cui la Bibbia dovrebbe essere accettata come l’autorità per la fede e la pratica:

(1) Della Scrittura è detto che è ispirata da Dio (2 Timoteo 3:16), ed è riguardo ad essa che viene ripetuto: “Così dice il Signore...”. In altri termini, è la Parola scritta ad essere trattata ripetutamente come Parola di Dio. Non è mai detto di alcuna tradizione ecclesiastica che sia anch’essa ispirata da Dio e infallibile.

(2) È alla Scrittura che si appellano di continuo Gesù e gli apostoli a sostegno o in difesa delle loro azioni e dei loro insegnamenti (Matteo 12:3,5; 19:4; 22:31; Marco 12:10). Ci sono più di 60 versetti in cui troverai “è scritto...” usato da Gesù e dagli apostoli a sostegno dei loro insegnamenti.

(3) È alle Scritture che viene affidata la chiesa per combattere l’errore che sarebbe giunto (Atti 20:32). Similmente, era la parola scritta ad essere considerata nell’Antico Testamento come la fonte della verità su cui basare la propria vita (Giosuè 1:8; Deuteronomio 17:18-19; Salmi 1; Salmi 19:7-11; 119; etc.). Gesù disse che uno dei motivi per cui i sadducei erano in errore riguardo alla risurrezione era che essi non conoscevano le Scritture (Marco 12:24).

(4) Non viene mai asserito che l’infallibilità sarebbe stata appannaggio di quanti fossero diventati i conduttori ecclesiali come successori degli apostoli. Sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, si vede che dei leader religiosi debitamente nominati potevano anche far sviare il popolo di Dio (1 Samuele 2:27-36; Matteo 15:14; 23:1-7; Giovanni 7:48; Atti 20:30; Galati 2:11-16). Entrambi i Testamenti esortano la gente a studiare le Scritture per stabilire cosa è vero e cosa è falso (Salmi 19; 119; Isaia 8:20; 2 Timoteo 2:15; 3:16-17). Sebbene Gesù insegnasse il rispetto per i leader religiosi (Matteo 23:3), un’ammonizione che gli apostoli seguirono, abbiamo il loro esempio quando essi contravvennero all’autorità religiosa nel momento in cui essa era in opposizione a quanto Gesù aveva comandato (Atti 4:19).

(5) Gesù equipara le Scritture alla Parola di Dio (Giovanni 10:35). In contrapposizione a questo, quando si tratta delle tradizioni religiose, Egli ne condanna alcune perché esse contraddicono la Parola scritta (Marco 7:1-13). Gesù non utilizza mai la tradizione religiosa per avallare le Sue azioni o i Suoi insegnamenti. Prima della redazione del Nuovo Testamento, l’Antico Testamento era l’unica Scrittura ispirata. Tuttavia, c’erano letteralmente centinaia di “tradizioni” giudaiche registrate nel Talmud (una collezione di commenti compilata dai rabbini giudei). Gesù e gli apostoli avevano sia l’Antico Testamento sia la tradizione giudaica. Mai nella Scrittura Gesù o alcuno degli apostoli fecero appello alle tradizioni giudaiche. Al contrario, Gesù e gli apostoli citarono dall’Antico Testamento o vi allusero centinaia di volte. I farisei accusarono Gesù e gli apostoli di “trasgredire la tradizione” (cfr. Matteo 15:2). Gesù rispose con un rimprovero: “E voi, perché trasgredite il comandamento di Dio a motivo della vostra tradizione?” (Matteo 15:3). Il modo in cui Gesù e gli apostoli distinsero fra le Scritture e le tradizioni in loro possesso è un esempio per la chiesa. Il rimprovero specifico di Gesù è di trattare i “precetti d’uomini” come dottrine (Matteo 15:9).

(6) È la Scrittura ad avere la promessa che non verrà mai meno e che verrà pienamente adempiuta. Ancora una volta, questa promessa non è mai fatta alle tradizioni della chiesa (Salmi 119:89, 152; Isaia 40:8; Matteo 5:18; Luca 21:33).

(7) Sono le Scritture ad essere lo strumento dello Spirito Santo e il Suo mezzo per sconfiggere Satana e cambiare le vite (Ebrei 4:12; Efesini 6:17).

"… Fin da bambino hai avuto conoscenza delle sacre Scritture, le quali possono darti la sapienza che conduce alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù. Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona" (2 Timoteo 3:15-17). "’Alla legge! Alla testimonianza!’. Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessuna aurora!" (Isaia 8:20).

Secondo 2 Timoteo 3:15-17, è la Scrittura ad essere in grado di dare a qualcuno la conoscenza della salvezza, ad essere ispirata da Dio e ad essere ciò di cui abbiamo bisogno per essere ben preparati per ogni opera buona. Essere “ben” preparati significa che essa è tutto ciò di cui abbiamo bisogno. La Scrittura contiene le informazioni da parte di Dio che sono tutto ciò di cui abbiamo bisogno per la salvezza e per vivere una vita di buone opere. Secondo Isaia 8:20, sono “la legge e la testimonianza” (termini impiegati per far riferimento alla Scrittura [cfr. Salmi 119]) ad essere il criterio di misurazione della verità.

"Ma i fratelli subito, di notte, fecero partire Paolo e Sila per Berea; ed essi, appena giunti, si recarono nella sinagoga dei Giudei. Or questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano così" (Atti 17:10-11). Qui il popolo giudeo della città di Berea fu lodato perché valutò gli insegnamenti che stava ascoltando da Paolo mediante le Scritture. Essi non accettarono e basta le parole di Paolo come autorevoli, ma le esaminarono confrontandole con la Scrittura, trovandolo veraci.

In Atti 20:27-32, Paolo riconosce pubblicamente che dei “lupi” e dei falsi insegnanti sarebbero sorti “fra di loro” (dall’interno della chiesa). A chi li affidò? A “Dio e alla parola della Sua grazia”. Egli non li affida ai “conduttori ecclesiali” (come erano essi stessi) né alle tradizioni della chiesa, né a un particolare anziano supervisore. Piuttosto, Paolo indicò loro la Parola di Dio.

Riassumendo, benché non esista alcun versetto che affermi che solo la Bibbia è la nostra autorità, la Bibbia fornisce continuamente esempi e ammonimenti a rivolgersi alla Parola scritta di Dio come nostra fonte di autorità. Quando si tratta di esaminare l’origine dell’insegnamento di un profeta o di un leader religioso, è alla Scrittura che ci si deve appellare come criterio normativo.

La Chiesa Cattolica Romana utilizza numerosi passi biblici a sostegno del suo impiego della tradizione come se questa avesse lo stesso peso della Scrittura. Ecco i passi usati più frequentemente, insieme a una breve spiegazione:

"Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese così dalla nostra parola come dalla nostra lettera" (2 Tessalonicesi 2:15, CEI). "Vi ordiniamo pertanto, fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che ha ricevuto da noi" (2 Tessalonicesi 3:6, CEI). Questi passi si riferiscono alle tradizioni che i Tessalonicesi avevano ricevute dallo stesso Paolo, sia orali che scritte. Esse non si riferiscono alle tradizioni tramandate, ma agli insegnamenti che essi stessi avevano ricevuti o dalla bocca di Paolo o dalla sua penna. Paolo non sta dando la sua benedizione a tutta la tradizione, ma piuttosto solo alle tradizioni che egli aveva trasmesse ai Tessalonicesi. Questo è in contrasto con le tradizioni della Chiesa Cattolica Romana, che sono state tramandate dal IV sec. in poi, non dalla bocca o dalla penna di uno degli apostoli.

"Ti scrivo queste cose sperando di venir presto da te, affinché tu sappia, nel caso che dovessi tardare, come bisogna comportarsi nella casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità" (1 Timoteo 3:14-15). L’espressione "colonna e sostegno della verità" non indica che la chiesa sia la creatrice della verità o che possa dar vita a una tradizione che integri la Scrittura. Il fatto che la chiesa sia “colonna e sostegno della verità” significa semplicemente che essa deve annunciare e difendere la verità. Il Nuovo Testamento loda le chiese per il fatto di annunciare la verità: "Infatti da voi la parola del Signore ha echeggiato" (1 Tessalonicesi 1:8). Il Nuovo Testamento elogia i primi cristiani che difendevano la verità: "Io vi ho nel cuore, voi tutti che, tanto nelle mie catene quanto nella difesa e nella conferma del Vangelo, siete partecipi con me della grazia" (Filippesi 1:7). Non c’è un solo versetto in tutte le Scritture a indicare che la chiesa abbia l’autorità di sviluppare o di decretare nuove verità come se provengano dalla bocca di Dio.

"Ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto" (Giovanni 14:26). Questa fu una promessa fatta soltanto agli apostoli. Lo Spirito Santo avrebbe aiutato gli apostoli a ricordare tutto quello che Gesù aveva detto loro. Questa Scrittura non dice assolutamente che ci sarebbe stata una linea apostolica di successori e che la promessa sarebbe stata valida anche per loro.

"E anch’io ti dico: tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa, e le porte del soggiorno del morti non la potranno vincere. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; tutto ciò che legherai in terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai in terra sarà sciolto nei cieli" (Matteo 16:18-19). Questi versetti sono utilizzati dalla Chiesa Cattolica Romana per avallare il suo insegnamento secondo cui Pietro fu il primo papa e che la chiesa fu edificata su di lui. Ma quando è preso nel contesto rispetto a quanto accadde nel libro degli Atti, scoprirai che Pietro fu il primo ad aprire il Vangelo al mondo nel senso che egli fu il primo a predicare il Vangelo di Cristo nel giorno di Pentecoste (Atti 2). Fu lui a predicare per primo il Vangelo ai Gentili (Atti 10). Perciò, il legare e lo sciogliere fu fatto mediante la predicazione del Vangelo, non attraverso alcuna tradizione cattolico-romana.

Sebbene sia chiaramente evidente che la Scrittura sostenga la propria autorità, la Scrittura non afferma mai che “la tradizione autorevole equivale alla Scrittura”. In effetti, il Nuovo Testamento ha più da dire contro le tradizioni che in favore.

La Chiesa Cattolica Romana sostiene che la Scrittura fu data agi uomini mediante la Chiesa e che, pertanto, la Chiesa ha uguale o maggiore autorità di essa. Tuttavia, anche fra gli scritti della Chiesa Cattolica Romana (dal Concilio Vaticano I in poi), scoprirai il riconoscimento che i concili ecclesiali che stabilirono quali libri dovessero essere considerati la Parola di Dio non fecero altro che riconoscere quanto lo Spirito Santo aveva già reso evidente. Vale a dire che la Chiesa non “diede” le Scritture agli uomini, ma che semplicemente “riconobbe” ciò che Dio, mediante lo Spirito Santo, aveva già dato. Come dice A.A. Hodge, quando un contadino riconosce un principe ed è in grado di chiamarlo per nome, questo non gli dà il diritto di governare il regno. In modo simile, se un concilio ecclesiale riconosce quali libri sono stati ispirati da Dio e ne possiedono le caratteristiche, questo non dà a quel concilio la stessa autorità di quei libri.

Per riassumere, non si può trovare nemmeno un passo che affermi che “solo la Parola scritta, e non anche la tradizione, è la nostra unica autorità per la fede e la pratica”. Allo stesso tempo, bisogna anche ammettere che gli autori veterotestamentari, Gesù e gli apostoli si rivolgono alle Scritture come loro asta di misurazione, raccomandando di fare lo stesso a chiunque e a tutti quelli che sarebbero venuti dopo di loro.
Pedro

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20/12/2008 21:55
 
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Domanda: "Che cosa dice a Bibbia riguardo alla vergine Maria?"
Domanda: "Che cosa dice a Bibbia riguardo alla vergine Maria?"

Risposta:
Maria, la madre di Gesù, era una donna che fu descritta da Dio come “grandemente favorita” (Luca 1:28, ND). L’espressione “grandemente favorita” deriva da una singola parola greca che, in buona sostanza, significa “molta grazia”. Maria ricevette la grazia di Dio. La grazia è “favore immeritato”, ossia qualcosa che riceviamo nonostante non lo meritiamo. Maria aveva bisogno della grazia di Dio, proprio come tutti noi. La stessa Maria comprese questo fatto, in quanto dichiarò in Luca 1:47: “…e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore…”. Maria riconobbe il bisogno di essere salvata, di aver bisogno di Dio come suo Salvatore. La Bibbia non dice mai che Maria fu qualcosa di diverso da una comune donna che Dio scelse per usarla in modo straordinario. Certo, Maria era una donna giusta e favorita (graziata) da Dio (Luca 1:27-28). Allo stesso tempo, Maria era anche un essere umano peccatore proprio come chiunque altro — che aveva bisogno di Gesù Cristo come suo Salvatore, proprio come chiunque altro (Ecclesiaste 7:20; Romani 3:23; 6:23; 1 Giovanni 1:8).

Maria non ebbe una “immacolata concezione” — non esiste alcun motivo biblico per credere che la nascita di Maria sia stata nient’altro che una normale nascita umana. Quando diede alla luce Gesù, Maria era vergine (Luca 1:34-38), ma il concetto della verginità perpetua di Maria è antiscritturale. Matteo 1:25, parlando di Giuseppe, dichiara: “E non ebbe con lei rapporti coniugali finché ella non ebbe partorito un figlio”. Il termine “finché” indica chiaramente che Giuseppe e Maria non si unirono sessualmente se non dopo la nascita di Gesù. Giuseppe e Maria ebbero parecchi figli dopo che nacque Gesù. Gesù ebbe quattro fratellastri: Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda (Matteo 13:55). Egli ebbe anche delle sorellastre, di cui non conosciamo però il nome e il numero (Matteo 13:55-56). Dio benedisse e graziò Maria dandole parecchi figli, il che, in quella cultura, era il segno più chiaro della benedizione di Dio su una donna.

Una volta, mentre Gesù stava parlando, una donna tra la folla proclamò: “Beato il grembo che ti portò e le mammelle che tu poppasti!” (Luca 11:27). Non ci fu mai più un’opportunità migliore di quella in cui Gesù potesse dichiarare che Maria era davvero degna di lode e adorazione. Quale fu la risposta di Gesù? “Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica!” (Luca 11:28). Per Gesù, l’ubbidienza alla Parola di Dio era PIÙ IMPORTANTE dell’essere la donna che Lo aveva messo al mondo. Mai nella Scrittura Gesù, o qualcun altro, rivolge qualche lode, gloria o adorazione a Maria. Elisabetta, parente di Maria, lodò Maria in Luca 1:42-44, ma la sua lode era basata sul fatto che Maria avrebbe dato alla luce Gesù, non su qualche gloria intrinseca in Maria.

Quando Gesù morì, Maria era alla croce (Giovanni 19:25). Nel giorno di Pentecoste, Maria era con gli apostoli (Atti 1:14). Tuttavia, Maria non è mai più menzionata dopo Atti 1. Gli apostoli non danno mai a Maria un ruolo di primo piano. La morte di Maria non è registrata nella Bibbia. Non si dice niente di Maria che ascese al cielo o che ebbe una qualche forma di ruolo eccelso in cielo. Maria va rispettata in quanto la madre terrena di Gesù, ma non merita il nostro culto o la nostra adorazione. La Bibbia non indica mai che Maria possa ascoltare le nostre preghiere o che possa fare da mediatrice fra noi e Dio. Gesù è il nostro unico avvocato e mediatore in cielo (1 Timoteo 2:5). Se le si offrissero culto, adorazione o preghiere, Maria direbbe la stessa cosa degli angeli: “Adora Dio!” (Apocalisse 19:10; 22:9). È la stessa Maria a costituire un esempio per noi, in quanto ella rivolse il suo culto, la sua adorazione e la sua lode soltanto a Dio: “L’anima mia magnifica il Signore, e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore, perché egli ha guardato alla bassezza della sua serva. Da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata, perché grandi cose mi ha fatte il Potente. Santo è il suo nome” (Luca 1:46-49).
Pedro

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Domanda: "Che cosa dice la Bibbia riguardo al papa o al papato?"
Domanda: "Che cosa dice la Bibbia riguardo al papa o al papato?"

Risposta:
L’insegnamento della Chiesa Cattolica Romana riguardo al papa (“papa” significa “padre”) è fondato su alcuni insegnamenti cattolico-romani che comprendono i seguenti:

1) Cristo fece di Pietro il capo degli apostoli e della chiesa (Matteo 16:18-19). Dando a Pietro le “chiavi del regno”, Cristo non solo ne fece il capo, ma lo rese anche infallibile per agire o parlare da rappresentante di Cristo sulla terra (parlando dalla sua posizione di autorità o “ex cathedra”). Questa capacità di agire per conto della chiesa in modo infallibile nel parlare “ex cathedra” fu trasmessa ai successori di Pietro, dando così alla Chiesa una guida infallibile sulla terra. Lo scopo del papato è di guidare la Chiesa in modo infallibile.

2) Successivamente, Pietro divenne il primo vescovo di Roma. In quanto tale, egli esercitò autorità su tutti gli altri vescovi e conduttori ecclesiali. L’insegnamento secondo cui il vescovo di Roma è al di sopra di tutti gli altri vescovi quanto ad autorità è noto come il “primato” del vescovo romano.

3) Pietro trasmise la sua autorità apostolica al successivo vescovo di Roma, insieme agli altri apostoli che trasmisero la propria autorità apostolica ai vescovi da loro ordinati. Questi ultimi, a loro volta, trasmisero la loro autorità apostolica a quei vescovi che ordinarono successivamente e così via. Questa “trasmissione dell’autorità apostolica” è nota come “successione apostolica”.

4) In base alla rivendicazione cattolico-romana di una catena ininterrotta di vescovi romani, i cattolici insegnano che la Chiesa Cattolica Romana è la vera chiesa e che tutte le chiese che non accettano il primate del papa si sono separate dall’unica vera chiesa delle origini.

Avendo passato brevemente in rassegna alcuni insegnamenti della Chiesa Cattolica Romana riguardo al papato, bisogna chiedersi se tali insegnamenti siano in armonia con la Scrittura. La Chiesa Cattolica Romana considera il papato e l’insegnamento autorevole e infallibile della “madre Chiesa” necessari per guidare la Chiesa, e utilizza questo come un ragionamento logico per cui Dio li ha provveduti. Però, esaminando la Scrittura scoprirai quanto segue:

1) Sebbene Pietro sia stato centrale nella diffusione iniziale del Vangelo (questo è parte del significato dietro Matteo 16:18-19), l’insegnamento della Scrittura, preso nel suo contesto, non dichiara mai che egli avesse autorità sugli altri apostoli o sull’intera Chiesa (cfr. Atti 15:1-23; Galati 2:1-14; 1 Pietro 5:1-5). Né è mai insegnato che il vescovo di Roma dovesse avere il primato sulla Chiesa. Piuttosto, esiste un solo riferimento nella Scrittura di Pietro che scrive da “Babilonia”, un nome applicato talvolta a Roma, e che troviamo in 1 Pietro 5:13. È anzitutto in base a questo, e all’ascesa storica dell’influsso del vescovo di Roma (dovuto al sostegno di Costantino e degli imperatori romani dopo di lui), che deriva l’insegnamento cattolico-romano del primato del vescovo di Roma. Tuttavia, la Scrittura mostra che l’autorità di Pietro era condivisa dagli altri apostoli (Efesini 2:19-20) e che l’autorità di “legare e sciogliere” attribuita a lui era parimenti condivisa dalle chiese locali, non solo dai loro conduttori (cfr. Matteo 18:15-19; 1 Corinzi 5:1-13; 2 Corinzi 13:10; Tito 2:15; 3:10-11).

2) La Scrittura non afferma mai che per preservare la chiesa dall’errore, l’autorità degli apostoli sarebbe stata trasmessa a coloro che essi avessero ordinati (secondo l’insegnamento cattolico-romano della "successione apostolica"). La successione apostolica è “letta in” quei versetti che la Chiesa Cattolica Romana usa per avallare questa dottrina (2 Timoteo 2:2; 4:2-5; Tito 1:5; 2:1; 2:15; 1 Timoteo 5:19-22). Quello che la Scrittura DAVVERO insegna è che i falsi insegnamenti sarebbero sorti persino tra i conduttori ecclesiali riconosciuti e che i cristiani avrebbero dovuto confrontare gli insegnamenti di questi successivi conduttori ecclesiali con la Scrittura, la quale è la sola ad essere indicata nella Bibbia come infallibile. La Bibbia non insegna che gli apostoli fossero infallibili, a prescindere da quanto fu scritto da loro e incorporato nella Scrittura (2 Timoteo 3:16; 2 Pietro 1:18-21). Paolo, parlando ai conduttori ecclesiali della città di Efeso, mette in guardia rispetto alla venuta di falsi insegnanti, e per combattere contro i loro errori NON li affida “agli apostoli e a coloro che avrebbero portato avanti la loro autorità”, quanto piuttosto “a Dio e alla Parola della sua grazia...” (Atti 20:28-32).

Ancora una volta, la Bibbia insegna che è la Scrittura a dover essere usata come asta di misurazione per discernere la verità dall’errore. In Galati 1:8-9, Paolo afferma che non è CHI insegna, ma QUANTO viene insegnato a dover essere usato per discernere la verità dall’errore. E sebbene la Chiesa Cattolica Romana continui a lanciare anatemi contro che rifiuta l’autorità del papa, la Scrittura riserva tali anatemi per coloro che insegnano un Vangelo diverso da quello che è già stato dato ed è documentato nel Nuovo Testamento (Galati 1:8-9).

3) Benché la Chiesa Cattolica Romana consideri la successione apostolica e il magistero infallibile della chiesa come logicamente necessari affinché Dio guidi infallibilmente la Chiesa, la Scrittura afferma che Dio ha provveduto alla Sua chiesa mediante:

(a) la Scrittura infallibile (Atti 20:32; 2 Timoteo 3:15-17; Matteo 5:18; Giovanni 10:35; Atti 17:10-12; Isaia 8:20; 40:8, ecc.). Nota che Pietro parla degli scritti di Paolo facendoli rientrare nella stessa categoria del resto della Scrittura (2 Pietro 3:16);

(b) l’eterno sommo sacerdozio di Cristo in cielo (Ebrei 7:22-28);

(c) il dono dello Spirito Santo che ha guidato gli apostoli dopo la morte di Cristo (Giovanni 16:12-14), che dota i credenti per l’opera del ministero, incluso con il dono dell’insegnamento (Romani 12:3-8; Efesini 4:11-16), e che utilizza la Parola scritta come Suo strumento principale (Ebrei 4:12; Efesini 6:17).

Sebbene vi siano stati (umanamente parlando) uomini buoni e morali a svolgere il compito di papa della Chiesa Cattolica Romana, inclusi papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI, l’insegnamento cattolico-romano riguardo all’ufficio del papa dovrebbe essere respinto perché non è “in continuità” con gli insegnamenti della chiesa delle origini riportatici nel Nuovo Testamento. Questo confronto di qualunque insegnamento della chiesa è essenziale, altrimenti potremmo perdere l’insegnamento del Nuovo Testamento sul Vangelo, non perdendo solo noi stessi la vita eterna in cielo, ma conducendo involontariamente gli altri lungo il sentiero sbagliato (Galati 1:8-9).

Pedro

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Domanda: "La preghiera ai santi o a Maria è biblica?"

Domanda: "La preghiera ai santi o a Maria è biblica?"

Risposta:
L’argomento dei cattolici che pregano i santi è uno di quelli pieni di confusione. Secondo la posizione ufficiale della Chiesa Cattolica Romana, i cattolici non devono pregare i santi o Maria, ma piuttosto possono chiedere ai santi o a Maria di pregare PER loro. La posizione ufficiale della Chiesa Cattolica Romana è che chiedere ai santi le loro preghiere non è affatto diverso dal chiedere a qualcuno, qui sulla terra, di pregare per noi. Tuttavia, la pratica di molti cattolici diverge dall’insegnamento cattolico-romano ufficiale. Di fatto, molti cattolici pregano direttamente i santi e/o Maria, chiedendo loro aiuto — anziché chiedere loro di intercedere presso Dio per ottenere aiuto. In un caso o nell’altro, sia che si stia pregando un santo o Maria sia che si stia chiedendo loro di pregare, nessuna delle due pratiche ha la benché minima base biblica.

La Bibbia non insegna mai ai credenti in Cristo a pregare qualcun altro che non sia Dio. Mai la Bibbia incoraggia i credenti a chiedere alle persone in cielo le loro preghiere, e nemmeno menziona credenti che lo facciano. Perché, quindi, molti cattolici pregano Maria e/o i santi oppure chiedono le loro preghiere? I cattolici considerano Maria e i santi come "intercessori" davanti a Dio. Essi credono che un santo, che è glorificato in cielo, abbia un maggiore "accesso diretto" a Dio di noi. Pertanto, se un santo rivolge una preghiera a Dio, questa è più efficace di quella che potremmo rivolgere noi direttamente a Dio. Questo concetto è palesemente antiscritturale. Ebrei 4:16 ci dice che noi, credenti qui sulla terra, possiamo accostarci "...con piena fiducia al trono della grazia...".

1 Timoteo 2:5 dichiara: "Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo". Non c’è nessun altro che possa mediare fra Dio e noi. Se Gesù è l’UNICO mediatore, ciò indica che Maria e i santi non possono essere mediatori. Essi non possono mediare le nostre richieste di preghiera presso Dio. Inoltre, la Bibbia ci dice che Gesù Cristo stesso sta intercedendo per noi davanti al Padre: "Perciò egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio, dal momento che vive sempre per intercedere per loro" (Ebrei 7:25). Con Gesù stesso che intercede per noi, perché avremmo bisogno che Maria o dei santi intercedano per noi? Perché Egli ascolterebbe più loro che Suo Figlio? Romani 8:26-27 descrive lo Spirito Santo che intercede per noi. Con il secondo e il terzo membro della Trinità che già intercedono per noi davanti al Padre celeste, che bisogno ci potrebbe mai essere che Maria o i santi intercedano per noi?

I cattolici sostengono che pregare Maria o i santi non è diverso dal chiedere a qualcuno qui sulla terra di pregare per noi. Esaminiamo tale affermazione. (1) L’apostolo Paolo chiede ad altri cristiani di pregare per lui in Efesini 6:19. Molte Scritture descrivono i credenti che pregano gli uni per gli altri (2 Corinzi 1:11; Efesini 1:16; Filippesi 1:19; 2 Timoteo 1:3). La Bibbia non menziona mai nessuno che chieda a qualcuno in cielo di pregare per lui. La Bibbia non descrive mai nessuno in cielo che preghi per qualcuno sulla terra. (2) La Bibbia non dà assolutamente alcuna indicazione sul fatto che Maria o i santi possano ascoltare le nostre preghiere. Maria e i santi non sono onniscienti. Sebbene glorificati in cielo, essi sono ancora esseri finiti con dei limiti. Come potrebbero mai ascoltare le preghiere di milioni di persone? Ogniqualvolta la Bibbia menzioni il fatto di pregare o di parlare con i morti, è nel contesto della magia, della stregoneria, della negromanzia e della divinazione: tutte attività che la Bibbia condanna severamente (Levitico 20:27; Deuteronomio 18:10-13). L’unico caso in cui si parli a un "santo" è quello di Samuele in 1 Samuele 28:7-19: ma Samuele non fu proprio così felice di essere stato disturbato! È assolutamente chiaro che pregare Maria o i santi è completamente diverso dal chiedere a qualcuno qui sulla terra di pregare per noi. Quest’ultima cosa ha forti basi bibliche, mentre l’altra non ne ha alcuna.

Dio non esaudisce le preghiere in base a chi sta pregando, ma se esse sono secondo la Sua volontà (1 Giovanni 5:14-15). Non esiste assolutamente alcuna base o bisogno di pregare qualcun altro che non sia Dio. Non esiste alcuna base per chiedere a coloro che sono in cielo di pregare per noi. Solo Dio può ascoltare le nostre preghiere. Solo Dio può esaudirle. Nessuno in cielo ha maggiore accesso al trono di Dio di quanto ne possiamo avere noi attraverso la preghiera (Ebrei 4:16).
Pedro

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20/12/2008 21:57
 
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Domanda: "Che cosa dice la Bibbia sul purgatorio?"

Domanda: "Che cosa dice la Bibbia sul purgatorio?"

Risposta:
Secondo la Catholic Encyclopedia, il purgatorio è “un luogo o una condizione di castigo temporaneo per coloro che, essendo morti nella grazia di Dio, non sono interamente liberi dai peccati veniali, oppure non hanno scontato appieno la soddisfazione dovuta alle loro trasgressioni”. Per riassumere, nella teologia cattolica il purgatorio è un luogo dove va l’anima di un cristiano dopo la morte per essere purificata dai peccati che non erano stati soddisfatti appieno durante la vita. Questa dottrina del purgatorio è in armonia con la Bibbia? Assolutamente no!

Gesù morì per scontare la pena di tutti i nostri peccati (Romani 5:8). Isaia 53:5 dichiara che “Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e grazie alle sue ferite noi siamo stati guariti”. Gesù soffrì per i nostri peccati affinché noi potessimo essere liberati dalla sofferenza. Dire che dobbiamo soffrire ancora per i nostri peccati significa affermare che la sofferenza di Gesù fu insufficiente. Dire che dobbiamo espiare i nostri peccati mediante la purificazione del purgatorio significa negare la sufficienza del sacrificio espiatorio di Cristo (1 Giovanni 2:2). Il concetto secondo cui dobbiamo soffrire per i nostri peccati dopo la morte è contrario a tutto ciò che dice la Bibbia sulla salvezza.

Il passo scritturale principale che indicano i cattolici come prova del purgatorio è 1 Corinzi 3:15, in cui è scritto: “Se l’opera sua sarà arsa, egli ne avrà il danno; ma egli stesso sarà salvo; però come attraverso il fuoco”. Nel brano (1 Corinzi 3:12-15) si sta utilizzando l’esempio di cose che passano per il fuoco per descrivere il giudizio delle opere dei credenti. Se le nostre opere sono di buona qualità — di “oro, argento, pietre di valore” —, esse passeranno incolumi attraverso il fuoco, e noi ne riceveremo la ricompensa. Se le nostre opere sono di qualità scadente — di “legno, fieno, paglia” —, esse saranno consumate dal fuoco e non ci sarà alcuna ricompensa. Il passo non dice che sono i credenti a passare attraverso il fuoco, ma piuttosto che passano le sue opere. 1 Corinzi 3:15 fa riferimento al credente “salvo […] come attraverso il fuoco”, non “purificato dal fuoco”.

Il purgatorio, come molti altri dogmi cattolici, è basato su un’incomprensione della natura del sacrificio di Cristo. I cattolici considerano la messa e l’eucaristia una nuova presentazione del sacrificio di Cristo, perché non riescono a comprendere che il sacrificio di Gesù, compiuto una volta per sempre, fu assolutamente e perfettamente sufficiente (Ebrei 7:27). I cattolici considerano le opere meritorie un contributo alla salvezza, perché non riescono a riconoscere che il pagamento sacrificale di Gesù non ha alcun bisogno di “contributi” aggiuntivi (Efesini 2:8-9). Similmente, il purgatorio viene inteso dai cattolici come un luogo di purificazione in preparazione al cielo, perché essi non riconoscono che, a motivo del sacrificio di Gesù, noi siamo già purificati, dichiarati giusti, perdonati, redenti, riconciliati e santificati.

L’idea stessa del purgatorio e le dottrine spesso connesse (la preghiera per i defunti, le indulgenze, le opere meritorie in favore dei defunti, ecc.) non riescono a riconoscere che la morte di Gesù fu sufficiente a scontare la pena di TUTTI i nostri peccati. Gesù, che era Dio incarnato (Giovanni 1:1, 14), pagò un prezzo infinito per i nostri peccati. Gesù morì per i nostri peccati (1 Corinzi 15:3). Gesù è il sacrificio espiatorio per i nostri peccati (1 Giovanni 2:2). Limitare il sacrificio di Cristo all’espiazione del peccato originale o dei peccati commessi prima della salvezza è un attacco alla Persona e all’Opera di Gesù Cristo. Se dovessimo in qualche modo scontare, espiare o soffrire per i nostri peccati, ciò indicherebbe che la morte di Gesù non fu un sacrificio perfetto, completo e sufficiente.

Per i credenti, dopo la morte bisogna "partire dal corpo e abitare con il Signore" (2 Corinzi 5:6-8; Filippesi 1:23). Nota che questo versetto non dice "partire dal corpo e andare in purgatorio con il fuoco purificatore". No, a causa della perfezione, della completezza e della sufficienza del sacrificio di Gesù, dopo la morte andiamo immediatamente alla presenza del Signore pienamente purificati, liberi dal peccato, glorificati, resi perfetti e definitivamente santificati.
Pedro

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20/12/2008 21:58
 
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Domanda: "Che cos’è la transustanziazione?"

Domanda: "Che cos’è la transustanziazione?"

Risposta:
La transustanziazione è una dottrina della Chiesa Cattolica Romana. Il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce questa dottrina nella sezione 1376:

"Il Concilio di Trento riassume la fede cattolica dichiarando: ‘Poiché il Cristo, nostro Redentore, ha detto che ciò che offriva sotto la specie del pane era veramente il suo Corpo, nella Chiesa di Dio vi fu sempre la convinzione, e questo santo Concilio lo dichiara ora di nuovo, che con la consacrazione del pane e del vino si opera la conversione di tutta la sostanza del pane nella sostanza del Corpo del Cristo, nostro Signore, e di tutta la sostanza del vino nella sostanza del suo Sangue. Questa conversione, quindi, in modo conveniente e appropriato è chiamata dalla santa Chiesa cattolica transustanziazione’".

In altri termini, la Chiesa Cattolica Romana insegna che quando un sacerdote ordinato benedice il pane della Cena del Signore, esso viene trasformato nella vera e propria carne di Cristo (sebbene mantenga l’apparenza, l’odore e il sapore del pane), e che quando benedice il vino, esso viene trasformato nel vero e proprio sangue di Cristo (sebbene mantenga l’apparenza, l’odore e il sapore del vino). Tale concezione è biblica? Ci sono alcune Scritture che, se interpretate in modo strettamente letterale, porterebbero a credere nella “presenza reale” di Cristo nel pane e nel vino. Ne sono un esempio Giovanni 6:32-58; Matteo 26:26; Luca 22:17-23 e 1 Corinzi 11:24-25. Il passo indicato più di frequente è Giovanni 6:32-58 e specialmente ai versetti 53-57: “Perciò Gesù disse loro: ‘In verità, in verità vi dico che se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna […]. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in lui. […] Così chi mi mangia vivrà anch’egli a motivo di me’”.

I cattolici romani interpretano questo passo letteralmente e ne applicano il messaggio alla Cena del Signore, che definiscono “Eucaristia” o “Messa”. Coloro che rifiutano il concetto di transustanziazione interpretano le parole di Gesù in Giovanni 6:53-57 in senso figurativo o simbolico. Come facciamo a sapere qual è l’interpretazione corretta? Grazie al cielo, Gesù rese oltremodo ovvio ciò che intendeva dire. Giovanni 6:63 dichiara: “È lo Spirito che vivifica; la carne non è di alcuna utilità; le parole che vi ho dette sono spirito e vita”. Gesù affermò specificamente che le Sue parole erano “spirito”. Gesù stava usando concetti fisici, mangiare e bere, per insegnare verità spirituali. Così come l’atto di consumare un pasto fisico e di bere sostiene i nostri corpi fisici, così le nostre vite spirituali sono salvate ed edificate ricevendoLo spiritualmente, per grazia mediante la fede. Mangiare la carne di Gesù e bere il Suo sangue simboleggiano il fatto di riceverLo pienamente e completamente nelle nostre vite.

Le Scritture dichiarano che la Cena del Signore è un memoriale del corpo e del sangue di Cristo (Luca 22:19; 1 Corinzi 11:24-25), non la vera e propria consumazione del Suo corpo e sangue fisici. Quando stava parlando in Giovanni 6, Gesù non aveva ancora fatto l’Ultima Cena con i Suoi discepoli, in cui istituì la Cena del Signore. Leggere già in Giovanni 6 la Cena del Signore/Comunione cristiana è arbitrario. Per una discussione più completa degli argomenti, ti prego di leggere i nostri articoli sulla Santa Eucaristia.

Il motivo più serio per cui dovrebbe essere rifiutata la transustanziazione è perché essa è considerate dalla Chiesa Cattolica Romana come un "nuovo sacrificio" di Gesù Cristo per i nostri peccati, ovvero una “riofferta/ripresentazione” del Suo sacrificio. Questo contraddice direttamente quanto afferma la Scrittura, ossia che Gesù morì "una volta per sempre" e non c’è bisogno che sia sacrificato di nuovo (Ebrei 10:10; 1 Pietro 3:18). Ebrei 7:27 dichiara: "[Gesù] non ha ogni giorno bisogno di offrire sacrifici, come gli altri sommi sacerdoti, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo; poiché egli ha fatto questo UNA VOLTA per sempre quando ha offerto sé stesso".
Pedro

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20/12/2008 22:02
 
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Domanda: "Che cos’è il sola Scriptura?"

Domanda: "Che cos’è il sola Scriptura?"

Risposta:
Le parole “sola Scriptura” sono latine: sola rimanda al concetto di "solo", "suolo", "base", mentre la parola Scriptura significa "scritti", in riferimento alle Scritture. Sola Scriptura significa che soltanto la Scrittura è autorevole per la fede e la pratica dei cristiani. La Bibbia è completa, autorevole e vera. "Ogni Scrittura è ispirata da Dio [data per ispirazione di Dio] e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia..." (2 Timoteo 3:16).

Sola Scriptura fu il "grido di guerra" della Riforma protestante. Per secoli la Chiesa Cattolica Romana aveva reso le sue tradizioni di autorità superiore alla Bibbia. Questo sfociò in molte pratiche che erano, di fatto, contrarie alla Bibbia. Alcuni esempi di questo sono: pregare i santi e/o Maria, l’immacolata concezione, la transustanziazione, il battesimo dei bambini, le indulgenze e l’autorità papale. Martin Lutero, il fondatore della chiesa luterana e il padre della Riforma protestante, rimproverò pubblicamente la Chiesa Cattolica per i suoi insegnamenti antiscritturali. La Chiesa Cattolica minacciò Martin Lutero con la scomunica (e la morte), se non avesse ritrattato. La risposta di Martin Lutero fu: "A meno che non venga convinto da testimonianze delle Scritture o da ragioni evidenti; poiché non confido né nel Papa, né nel solo Concilio, poiché è certo che essi hanno spesso errato e contraddetto loro stessi. Sono tenuto saldo dalle Scritture da me addotte, e la mia coscienza è prigioniera dalla Parola di Dio, ed io non posso ne voglio revocare alcunché, vedendo che non è sicuro o giusto agire contro la coscienza. Dio mi aiuti. Amen".

La principale argomentazione cattolica contro il sola Scriptura è che la Bibbia non lo insegna esplicitamente: “La Bibbia non afferma mai di essere l’UNICA guida autorevole per la fede e la pratica”, sostengono i cattolici. Sebbene questo sia vero, con ciò non si riesce a riconoscere un problema d’importanza cruciale. Sappiamo che la Bibbia è la Parola di Dio. La Bibbia dichiara di se stessa di essere ispirata da Dio, inerrante e autorevole. Sappiamo anche che Dio non cambia parere né si contraddice. Perciò, sebbene la stessa Bibbia non sostenga esplicitamente la necessità del sola Scriptura, essa non permette nel modo più assoluto che le tradizioni ne contraddicano il messaggio. Sola Scriptura non è tanto un’argomentazione contro la tradizione, quanto conto contro le dottrine non bibliche e/o antibibliche. L’unico modo per sapere con certezza che cosa si aspetta Dio da noi è di restare fedeli a quanto sappiamo che Egli ha rivelato: la Bibbia. Possiamo sapere, senza la benché minima ombra di dubbio, che la Scrittura è vera, autorevole e affidabile. Non si può dire lo stesso della tradizione.

La Parola di Dio è l’unica autorità per la fede cristiana. Le tradizioni sono valide soltanto quando sono basate sulla Scrittura e in piena armonia con essa. Le tradizioni che sono in contraddizione con la Bibbia non sono da Dio e non costituiscono un aspetto valido della fede cristiana. Il sola Scriptura è l’unico modo per evitare che la soggettività e le opinioni personali abbiano la precedenza sugli insegnamenti della Bibbia. L’essenza del sola Scriptura sta nel basare la tua vita spirituale soltanto sulla Bibbia, rifiutando qualunque tradizione o insegnamento che non sia in piena armonia con la Bibbia. 2 Timoteo 2:15 dichiara: "Sfòrzati di presentarti davanti a Dio come un uomo fidato, un operaio che non abbia di che vergognarsi, che dispensi rettamente la parola della verità".

Il sola Scriptura non annulla il concetto di tradizione ecclesiastica. Piuttosto, ci dà un solido fondamento su cui basarla. Esistono molte pratiche, sia nelle chiese cattoliche che protestanti, che sono il risultato di tradizioni, non dell’esplicito insegnamento della Scrittura. È bene, e finanche necessario, che la chiesa abbia delle tradizioni. Esse svolgono un ruolo importante nel chiarire la dottrina e nell’organizzare la pratica cristiana. Allo stesso tempo, affinché queste tradizioni siano valide, esse non devono essere in disaccordo con la Parola di Dio, ma devono essere basate sul solido fondamento dell’insegnamento della Scrittura. Il problema della Chiesa Cattolica Romana (e di molte altre chiese cristiane) è che basa le tradizioni su altre tradizioni, a loro volta basate su tradizioni basate su tradizioni, e che spesso la tradizione iniziale non è in piena armonia con le Scritture. Ecco perché i cristiani devono sempre ritornare al sola Scriptura, all’autorevole Parola di Dio, quale solida base per la fede e la pratica.

Scendendo sul pratico, un’obiezione frequente al concetto del sola Scriptura è il fatto che il canone della Bibbia fu concordato ufficialmente almeno 250 anni dopo essere stata fondata la chiesa. Inoltre, le Scritture non furono a disposizione delle masse per 1500 e più anni dalla fondazione della chiesa. Come avrebbero fatto, quindi, i primi cristiani a servirsi del sola Scriptura quando non avevano nemmeno tutte le Scritture? Come avrebbero potuto, quindi, i cristiani che vissero prima dell’invenzione della stampa basare la loro fede e pratica solo sulla Scrittura se non era in alcun modo possibile, per loro, avere una copia completa delle Scritture? Questo problema è ulteriormente aggravato dall’altissimo tasso di analfabetismo in tutta la storia. In che modo il concetto del sola Scriptura affronta questi problemi?

Il problema di questa argomentazione è che essa dice sostanzialmente che l’autorità della Scrittura è basata sulla sua disponibilità. Le cose non stanno così! L’autorità della Scrittura è universale, perché è la Parola di Dio, è la Sua autorità. Il fatto che la Scrittura non sia stata immediatamente disponibile, o anche che le persone non riuscissero a leggerla, non cambia il fatto che la Scrittura sia la Parola di Dio. Inoltre, anziché essere questa un’argomentazione contro il sola Scriptura, è in effetti un’argomentazione su cosa la chiesa dovrebbe aver fatto anziché su ciò che fece. La chiesa antica avrebbe dovuto fare della produzione di copie della Scrittura una delle priorità principali. Sebbene fosse irrealistico che ogni cristiano possedesse una copia completa della Bibbia, era possibile che ogni chiesa avesse alcune, la maggior parte o tutte le Scritture subito disponibili. I conduttori della chiesa antica avrebbero dovuto fare dello studio delle Scritture la loro massima priorità, in modo da poterle insegnare accuratamente. Anche se non era possibile mettere le Scritture a disposizione delle masse, i conduttori ecclesiali avrebbero potuto almeno essere ben addestrati nella Parola di Dio. Anziché costruire tradizioni su tradizioni — tramandandole di generazione in generazione —, la chiesa avrebbe dovuto ricopiare e insegnare le Scritture (2 Timoteo 4:2).

Ancora una volta, le tradizioni non sono il problema. Le tradizioni non bibliche sono il problema. La disponibilità delle Scritture lungo i secoli non è il fattore determinante. Lo sono le Scritture stesse. Adesso abbiamo le Scritture a nostra piena disposizione. Studiando la Parola di Dio, risulta chiaro che molte tradizioni ecclesiastiche sviluppatesi lungo i secoli contraddicano effettivamente la Parola di Dio. È qui che si applica il sola Scriptura. Le tradizioni basate sulla Parola di Dio e in armonia con essa possono essere mantenute. Le tradizioni che non sono basate sulla Parola di Dio e/o sono in disaccordo con essa devono essere respinte. Il sola Scriptura ci riporta a quanto Dio ha rivelato nella Sua Parola. Il sola Scriptura ci riporta, in definitiva, al Dio che dice sempre la verità, non si contraddice mai e dimostra sempre di essere affidabile.
Pedro

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20/12/2008 22:03
 
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Domanda: "La successione apostolica è biblica?"

Domanda: "La successione apostolica è biblica?"

Risposta:
La dottrina della successione apostolica è la credenza secondo cui i 12 apostoli tramandarono la loro autorità ai successori, i quali poi tramandarono l’autorità apostolica ai loro successori, continuando attraverso i secoli fino a oggi. La Chiesa Cattolica Romana considera Pietro il capo degli apostoli, con la massima autorità, e perciò i suoi successori continuano ad avere la massima autorità. La Chiesa Cattolica Romana combina questa credenza con il concetto che Pietro divenne poi il primo vescovo di Roma, e che i vescovi romani che seguirono a Pietro furono accettati dalla chiesa primitiva come l’autorità centrale fra tutte le chiese. La successione apostolica, combinata con la supremazia di Pietro fra gli apostoli, sfocia nel fatto che il vescovo di Roma sia l’autorità suprema della Chiesa Cattolica: il papa.

Tuttavia, mai nella Scrittura Gesù, gli apostoli o qualche altro autore neotestamentario hanno mai manifestato il concetto di “successione apostolica”. Inoltre, Pietro non è nemmeno presentato come “supremo” fra gli altri apostoli. L’apostolo Paolo, infatti, rimprovera Pietro quando questi stava facendo sviare gli altri (Galati 2:11-14). Certo, l’apostolo Pietro aveva un ruolo importante. Certo, forse l’apostolo Pietro era il capo degli apostoli (sebbene il libro degli Atti riferisca che anche l’apostolo Paolo e Giacomo, il fratello di Gesù, avevano un importante ruolo di guida). In un caso o nell’altro, Pietro non era il “comandante” o l’autorità suprema degli altri apostoli. Quandanche si potesse dimostrare la successione apostolica con la Scrittura, il che non è possibile, essa non sfocerebbe nel fatto che i successori di Pietro siano assolutamente supremi rispetto ai successori degli altri apostoli.

I cattolici indicano Mattia — scelto per sostituire Giuda come dodicesimo apostolo in Atti 1 — come un esempio di successione apostolica. Benché Mattia sia effettivamente “succeduto” a Giuda come apostolo, questo non è assolutamente un buon motivo per continuare la successione apostolica. Il fatto che Mattia sia stato scelto per sostituire Giuda è solo un motivo fornito alla chiesa per sostituire i conduttori empi e infedeli (come Giuda) con guide pie e fedeli (come Mattia). Mai nel Nuovo Testamento è riferito che uno dei dodici apostoli abbia tramandato la propria autorità apostolica ai successori. Mai alcuno degli apostoli predisse che avrebbe tramandato la propria autorità apostolica. No, Gesù stabilì gli apostoli per porre il fondamento della chiesa (Efesini 2:20). Qual è il fondamento della chiesa che posero gli apostoli? Il Nuovo Testamento: la registrazione delle opere e degli insegnamenti degli apostoli. La chiesa non ha bisogno di successori apostolici. La chiesa ha bisogno degli insegnamenti degli apostoli accuratamente registrati e preservati. E questo è esattamente quanto Dio ha provveduto nella Sua Parola (Efesini 1:13; Colossesi 1:5; 2 Timoteo 2:15; 4:2).

In breve, la successione apostolica non è biblica. Il concetto di successione apostolica non si trova mai nella Scrittura. Ciò che vi si trova è che la vera chiesa insegnerà ciò che insegnano le Scritture e confronterà tutte le dottrine e le pratiche con la Scrittura in modo da determinare ciò che è vero e giusto. La Chiesa Cattolica Romana afferma che la mancanza di costante successione apostolica sfocia nella confusione dottrinale e nel caos. Una spiacevole verità (che gli apostoli riconoscevano) è che sarebbero sorti falsi insegnanti (2 Pietro 2:1). Bisogna riconoscere che la mancanza di “autorità suprema” fra le chiese non cattoliche ha dato origine a molte diverse interpretazioni. Tuttavia, queste differenze d’interpretazione non sono il risultato del fatto che la Scrittura non sia chiara. Piuttosto, sono il risultato del fatto che perfino cristiani non cattolici portano avanti la tradizione cattolica di interpretare la Scrittura in conformità con le proprie tradizioni. Se la Scrittura è studiata nella sua interezza e nel suo contesto appropriato, la verità può essere facilmente stabilita. Le differenze dottrinali e i conflitti denominazionali sono il risultato del fatto che alcuni cristiani rifiutano di accettare quanto dice la Scrittura — non del fatto che non ci sia alcuna “autorità suprema” che interpreti la Scrittura.

L’allineamento all’insegnamento scritturale, non alla successione apostolica, è il fattore determinante per stabilire l’autenticità di una chiesa. Quello che viene menzionato nella Scrittura è il concetto che la Parola di Dio dev’essere la guida che la chiesa deve seguire (Atti 20:32). È la Scrittura a dover essere l’infallibile asta di maturazione per l’insegnamento e la pratica (2 Timoteo 3:16-17). È con le Scritture che devono essere confrontati gli insegnamenti (Atti 17:10-12). L’autorità apostolica fu tramandata attraverso gli scritti degli apostoli, non mediante la successione apostolica.
Pedro

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20/12/2008 22:04
 
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Domanda: "Che cosa dice la Bibbia riguardo al battesimo dei bambini?"
Domanda: "Che cosa dice la Bibbia riguardo al battesimo dei bambini?"

Risposta:
Nelle varie denominazioni cristiane, c’è molta confusione riguardo al battesimo. Tuttavia, questo non è un risultato del fatto che la Bibbia presenti un messaggio confuso sul battesimo. La Bibbia è abbondantemente chiara su che cos’è il battesimo, per chi è e che cosa compie. Nella Bibbia, erano battezzati solo i credenti che avevano esercitato la loro fede in Cristo — come una testimonianza pubblica della loro fede e dell’identificazione con Lui (Atti 2:38; Romani 6:3-4). Il battesimo in acqua per immersione è un passo di ubbidienza dopo aver esercitato fede in Cristo. È una proclamazione di fede in Cristo, una dichiarazione di sottomissione a Lui e un’identificazione con la Sua morte, sepoltura e risurrezione.

Tenendo presente questo, il battesimo dei bambini non è una pratica biblica. Un neonato non può esercitare fede in Cristo. Un neonato non può prendere una decisione consapevole di ubbidire a Cristo. Un neonato non può capire che cosa simboleggia il battesimo in acqua. La Bibbia non parla mai di neonati che venivano battezzati. Il battesimo dei bambini è all’origine dei metodi battesimali per aspersione e per infusione — visto che è imprudente e pericoloso immergere un neonato sott’acqua. Perfino il metodo del battesimo dei bambini non concorda con la Bibbia. In che modo l’infusione o l’aspersione illustrano la morte, la sepoltura e la risurrezione di Gesù Cristo?

Molti cristiani che praticano il battesimo dei bambini lo fanno perché lo intendono come l’equivalente, nel Nuovo Patto, della circoncisione. Secondo questa concezione, così come la circoncisione univa un Ebreo ai patti di Abraamo e di Mosè, così il battesimo unisce una persona al Nuovo Patto di salvezza mediante Gesù Cristo. Questa concezione è antiscritturale. Il Nuovo Testamento non collega mai il battesimo alla circoncisione. Il Nuovo Testamento non descrive mai il battesimo come un segno del Nuovo Patto. È la fede in Gesù Cristo che dà la possibilità a una persona di godere delle benedizioni del Nuovo Patto (1 Corinzi 11:25; 2 Corinzi 3:6; Ebrei 9:15).

Il battesimo non salva una persona. Non importa se tu sia stato/a battezzato/a per immersione, infusione o aspersione: se prima non ti sei affidato/a a Cristo per la salvezza, il battesimo (a prescindere dal metodo) è insignificante e inutile. Il battesimo in acqua per immersione è un passo di ubbidienza da fare dopo la salvezza come professione pubblica di fede in Cristo e di identificazione con Lui. Il battesimo dei bambini non soddisfa né la definizione biblica né il metodo biblico di battesimo. Se i genitori cristiani desiderano dedicare i propri figli a Cristo, allora un servizio di dedicazione dei neonati è assolutamente appropriato. Tuttavia, anche se i neonati vengono dedicati al Signore, quando cresceranno dovranno prendere ancora la decisione personale di credere in Gesù Cristo per poter essere salvati.
Pedro

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20/12/2008 22:05
 
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Domanda: "Che cosa sono i libri apocrifi o deuterocanonici? I libri apocrifi o deuterocanonici appartengono alla Bibbia?"


Domanda: "Che cosa sono i libri apocrifi o deuterocanonici? I libri apocrifi o deuterocanonici appartengono alla Bibbia?"

Risposta:
Le Bibbie cattolico-romane contengono parecchi libri in più nell’Antico Testamento rispetto alle Bibbie protestanti. Ci si riferisce a questi libri come “libri apocrifi” o “deuterocanonici”. Il termine “apocrifo” significa “nascosto”, mentre la parola “deuterocanonico” significa “secondo canone”. Originariamente, gli apocrifi o deuterocanonici furono redatti nel periodo fra l’Antico e il Nuovo Testamento. Questi libri sono stati chiamati: 3 Ezra, 4 Ezra, Tobia, Giuditta, Aggiunte a Ester, Sapienza di Salomone, Siracide (Ecclesiastico), Baruc, Lettera di Geremia, Aggiunte a Daniele (Cantico dei tre giovani [con la Preghiera di Azaria], Susanna, Bel e il drago), Preghiera di Manasse, 1 Maccabei, 2 Maccabei.

La nazione d’Israele trattava con rispetto i libri apocrifi o deuterocanonici, ma non li accettò mai fra i libri autentici della Bibbia ebraica. La Chiesa cristiana antica discusse sulla natura degli apocrifi o deuterocanonici, ma pochi fra i primi cristiani credevano che essi appartenessero al canone della Scrittura. Il Nuovo Testamento cita l’Antico Testamento centinaia di volte, ma non cita mai né allude ad alcuno dei libri apocrifi o deuterocanonici. Inoltre, ci sono molti errori e contraddizioni comprovati negli apocrifi o deuterocanonici.

I libri apocrifi o deuterocanonici insegnano molte cose che non sono vere e che non sono storicamente accurate. Sebbene, precedentemente, molti cattolici avessero accettato gli apocrifi o deuterocanonici, la Chiesa Cattolica Romana li aggiunse ufficialmente alla sua Bibbia durante il Concilio di Trento a metà del XVI sec., anzitutto per reazione alla Riforma. Gli apocrifi o deuterocanonici convalidano alcune cose che crede e pratica la Chiesa Cattolica Romana e che non sono in armonia con la Bibbia. Ci sono alcuni esempi di preghiere per i morti, di richieste ai “santi” in cielo affinché intercedano, di adorazione degli angeli e di “elemosine” fatte per espiare i peccati. Alcune cose che dicono gli apocrifi o deuterocanonici sono vere e corrette. Tuttavia, a causa degli errori storici e teologici, questi libri devono essere considerati come documenti storicamente e religiosamente fallibili, e non come l’ispirata e autorevole Parola di Dio.

Pedro

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20/12/2008 22:06
 
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Domanda: "Che cosa dice la Bibbia riguardo alla confessione dei peccati a un prete?"

Domanda: "Che cosa dice la Bibbia riguardo alla confessione dei peccati a un prete?"

Risposta:
Il concetto di “confessione dei peccati a un sacerdote” non è mai insegnato nella Scrittura. Primo, il Nuovo Testamento non insegna che debbano esserci sacerdoti nel Nuovo Patto. Invece, esso insegna che tutti i credenti sono sacerdoti. 1 Pietro 2:5, 9 descrive i credenti come un “sacerdozio santo” e un “sacerdozio regale”. In Apocalisse 1:6 e 5:10 i credenti sono descritti come “un regno e dei sacerdoti”. Nell’Antico Patto, i fedeli dovevano accostarsi a Dio mediante i sacerdoti. I sacerdoti facevano da mediatori fra il popolo e Dio. I sacerdoti offrivano sacrifici a Dio in favore del popolo. Questo non è più necessario. A motivo del sacrificio di Cristo, ora noi possiamo accostarci al trono di Dio con piena fiducia (Ebrei 4:16). Il velo del tempio che si squarciò in due alla morte di Gesù simboleggiava la distruzione del muro di divisione fra Dio e l’umanità. Noi possiamo accostarci a Dio direttamente, da soli, senza il bisogno di un mediatore umano. Perché? Perché Gesù Cristo è il nostro grande Sommo Sacerdote (Ebrei 4:14-15; 10:21) e l’unico mediatore fra noi e Dio (1 Timoteo 2:15). Il Nuovo Testamento insegna che devono esserci anziani (1 Timoteo 3), diaconi (1 Timoteo 3), vescovi (Tito 1:6-9) e pastori (Efesini 4:11), ma non sacerdoti.

Rispetto alla confessione dei peccati, in 1 Giovanni 1:9 è detto ai credenti di confessare i loro peccati a Dio. Egli è fedele e giusto da perdonare i nostri peccati quando li confessiamo a Lui. Giacomo 5:16 parla di confessare i nostri peccati “gli uni agli altri”, ma questo non equivale al confessare i peccati a un sacerdote, così come insegna la Chiesa Cattolica Romana. Sacerdoti o conduttori ecclesiali non sono mai menzionati nel contesto di Giacomo 5:16. Inoltre, Giacomo 5:16 non collega il perdono dei peccati alla confessione dei peccati “gli uni agli altri”.

La Chiesa Cattolica Romana basa la sua pratica della confessione a un sacerdote anzitutto sulla tradizione cattolica. In realtà, i cattolici indicano Giovanni 20:23: “A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti". In base a questo versetto, i cattolici affermano che Dio diede agli apostoli l’autorità di perdonare i peccati, e che quell’autorità fu trasmessa ai successori degli apostoli, ossia ai vescovi e ai sacerdoti della Chiesa Cattolica Romana. Ci sono parecchi problemi con questa interpretazione. (1) Giovanni 20:23 non menziona mai la confessione dei peccati. (2) Giovanni 20:23 non promette mai, e nemmeno accenna, che l’autorità di perdonare i peccati sarebbe stata trasmessa ai successori degli apostoli. La promessa di Gesù era diretta specificamente agli apostoli. (3) Il Nuovo Testamento non afferma mai che gli apostoli avrebbero nemmeno avuto dei successori cui trasmettere la loro autorità apostolica. Similmente, i cattolici indicano Matteo 16:19 e 18:18 (legare e sciogliere) come prova dell’autorità della Chiesa Cattolica di perdonare i peccati. Gli stessi tre punti succitati si applicano in eguale misura a queste Scritture.

Ancora una volta, il concetto di confessione dei peccati a un sacerdote non è mai insegnato nella Scrittura. Noi dobbiamo confessare i nostri peccati a Dio (1 Giovanni 1:9). Come credenti del Nuovo Patto, non abbiamo bisogno di mediatori fra noi e Dio. Possiamo andare a Dio direttamente grazie al sacrificio di Gesù per noi: “Infatti c’è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo” (1 Timoteo 2:5).
Pedro

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20/12/2008 22:07
 
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Domanda: "Che cos’è l’immacolata concezione?"

Domanda: "Che cos’è l’immacolata concezione?"

Risposta:
Molte persone credono erroneamente che l’immacolata concezione si riferisca alla concezione di Gesù Cristo. La concezione di Gesù fu nel modo più assoluto immacolata… ma questo concetto non si riferisce affatto a Gesù. L’immacolata concezione è una dottrina della Chiesa Cattolica Romana nei riguardi di Maria, la madre di Gesù. Una formulazione ufficiale della dottrina recita: “…la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale”. In buona sostanza, l’immacolata concezione è la dottrina secondo cui Maria fu protetta dal peccato originale, non aveva una natura di peccato ed era, di fatto, senza peccato.

Il problema di questa dottrina dell’immacolata concezione è che non è insegnata nella Bibbia. La Bibbia non descrive mai Maria come qualcosa di diverso da una donna umana normale che Dio scelse come la madre del Signore Gesù Cristo. Maria fu indubbiamente una donna santa (Luca 1:28). Maria fu sicuramente una moglie e una madre meravigliosa. Gesù amava Sua madre e se ne prendeva certamente cura (Giovanni 19:27). La Bibbia non ci dà alcun motivo di credere che Maria fosse senza peccato. In effetti, la Bibbia ci dà tutti i motivi per farci credere che Gesù Cristo sia l’unica Persona a non essere stata “infettata” dal peccato e a non aver mai commesso peccato (Ecclesiaste 7:20; Romani 3:23; 2 Corinzi 5:21; 1 Pietro 2:22; 1 Giovanni 3:5).

La dottrina dell’immacolata concezione scaturì dalla confusione sul modo in cui Gesù Cristo potesse essere nato senza peccato pur essendo stato concepito all’interno di una donna peccatrice. Si pensava che, se Maria fosse stata una peccatrice, Gesù avrebbe ricevuto una natura peccaminosa da lei. In contrasto con l’immacolata concezione, la soluzione biblica a questo problema sta nel comprendere che Gesù stesso fu protetto miracolosamente dall’essere contaminato dal peccato mentre era dentro il grembo di Maria. Se Dio fosse stato capace di proteggere Maria dal peccato, non sarebbe stato capace di proteggere Gesù? Pertanto, il fatto che Maria sia stata senza peccato non è né necessario né biblico.

La Chiesa Cattolica Romana sostiene che l’immacolata concezione è necessaria perché, senza di essa, Gesù sarebbe stato l’oggetto della Sua stessa grazia. Il ragionamento è questo: se Gesù fosse stato preservato miracolosamente dal peccato — il che sarebbe stato esso stesso un atto di grazia —, ciò avrebbe significato che, in buona sostanza, Dio aveva “graziato Se stesso”. Il termine grazia significa “favore immeritato”. Grazia significa dare a qualcuno qualcosa che non merita. Il fatto che Dio abbia operato un miracolo nel preservare Gesù dal peccato non è stato un atto di “grazia”. In nessun senso Gesù avrebbe mai potuto essere infettato dal peccato. Egli era umanità perfetta e senza peccato unita a divinità senza peccato. Dio non poteva essere infettato o contaminato dal peccato in quanto è perfettamente santo. Questa stessa verità si applica a Gesù. Non ci volle “grazia” per proteggere Gesù dal peccato. Essendo Dio incarnato, Gesù era nella Sua essenza “immune” dal peccato.

Pertanto, la dottrina dell’immacolata concezione non è né biblica né necessaria. Gesù fu concepito miracolosamente dentro Maria, che a quel tempo era vergine. Questo è il concetto biblico della nascita verginale. La Bibbia non suggerisce nemmeno che vi fosse qualcosa di speciale nella concezione di Maria. Se esaminiamo questo concetto in modo logico, anche la madre di Maria avrebbe dovuto essere concepita in modo immacolato. Come avrebbe potuto, Maria, essere stata concepita senza peccato se sua madre fosse stata peccatrice? Si sarebbe dovuto dire lo stesso della nonna di Maria, della bisnonna e così via. Perciò, in conclusione, l’immacolata concezione non è un insegnamento biblico. La Bibbia insegna la miracolosa nascita verginale di Gesù Cristo, non l’immacolata concezione di Maria.
Pedro

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20/12/2008 22:08
 
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Domanda: "La Bibbia insegna il peccato mortale e veniale?"
Domanda: "La Bibbia insegna il peccato mortale e veniale?"

Risposta:
La Chiesa Cattolica Romana racchiude il peccato in due categorie: il peccato mortale e il peccato veniale. Il problema del peccato, per come lo insegna la Bibbia, è uno degli aspetti più fondamentali per comprendere la vita con Dio e che cosa significa conoscerLo. Nel vivere questa vita, dobbiamo sapere come reagire biblicamente al nostro peccato e alle manifestazioni del peccato dell’umanità che incontriamo attimo per attimo, giorno per giorno. Le conseguenze del fatto di non avere una comprensione biblica del peccato e, pertanto, di non reagire al peccato nel modo appropriato, sono indicibilmente devastanti. Una comprensione errata del peccato può provocare un’eternità di separazione da Dio all’inferno. Però, sia lode al glorioso nome del nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo! Nella Sua santa Parola, Dio ha mostrato chiaramente che cos’è il peccato, come influisce su di noi personalmente e come reagire in modo appropriato. Perciò, nel cercare di comprendere i concetti di peccato mortale e veniale, ricerchiamo la risposta definitiva nella Parola Dio, che è pienamente sufficiente.

Per sapere se la Bibbia insegni i concetti di peccato mortale e veniale, saranno utili alcune descrizioni di base. I concetti di peccato mortale e veniale sono essenzialmente cattolico-romani. I cristiani evangelici e i protestanti potrebbero essere o meno a conoscenza di tale terminologia. Alcune definizioni adeguate di peccato mortale e di peccato veniale potrebbero essere le seguenti: il primo è “un peccato che causa la morte spirituale”, mentre il secondo un “un peccato che può essere perdonato”. Il peccato veniale è utilizzato invariabilmente in contrasto con quello mortale. I peccati mortali sono quei peccati che escludono le persone dal regno; i peccati veniali quelli che non le escludono. Il peccato veniale si differenzia da quello mortale per il castigo che comporta. Il peccato veniale merita la pena temporale espiata dalla confessione o dalle fiamme del purgatorio, mentre il peccato mortale merita la morte eterna.

Nel Catechismo Della Chiesa Cattolica si trova questa descrizione del peccato mortale: “Perché un peccato sia mortale si richiede che concorrano tre condizioni: ‘È peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso’”. Secondo il Catechismo, la “materia grave è precisata dai dieci comandamenti…”. Inoltre, il Catechismo afferma: “Il peccato mortale è una possibilità radicale della libertà umana, come lo stesso amore. Ha come conseguenza la perdita della carità e la privazione della grazia santificante, cioè dello stato di grazia. Se non è riscattato dal pentimento e dal perdono di Dio, provoca l'esclusione dal regno di Cristo e la morte eterna dell'inferno…”.

Riguardo al peccato veniale, il Catechismo sostiene quanto segue: “Si commette un peccato veniale quando, trattandosi di materia leggera, non si osserva la misura prescritta dalla legge morale, oppure quando si disobbedisce alla legge morale in materia grave, ma senza piena consapevolezza o senza totale consenso. Il peccato veniale indebolisce la carità; manifesta un affetto disordinato per dei beni creati; ostacola i progressi dell'anima nell'esercizio delle virtù e nella pratica del bene morale; merita pene temporali. Il peccato veniale deliberato e che sia rimasto senza pentimento, ci dispone poco a poco a commettere il peccato mortale. Tuttavia il peccato veniale non rompe l'alleanza con Dio. È umanamente riparabile con la grazia di Dio. ‘Non priva della grazia santificante, dell'amicizia con Dio, della carità, né quindi della beatitudine eterna’”.

Riassumendo, il peccato mortale è una violazione intenzionale dei Dieci Comandamenti (in pensieri, parole od opere) commessa nella piena consapevolezza della gravità della materia e che determina la perdita della salvezza, la quale può essere riacquistata mediante il ravvedimento e il perdono di Dio. Il peccato potrebbe essere una violazione dei Dieci Comandamenti o un peccato di minore gravità, commesso però involontariamente e/o senza il pieno consenso. Invece di rovinare la propria relazione con Dio, il peccato veniale non provoca la perdita della vita eterna.

Biblicamente, i concetti di peccato veniale e mortale presentano parecchi problemi: prima di tutto, questi concetti non offrono un’immagine biblica del modo in cui Dio considera il peccato. La Bibbia afferma che Dio sarà giusto e leale nel punire il peccato e che, nel giorno del giudizio, alcuni meriteranno un castigo superiore d altri (Matteo 11:22, 24; Luca 10:12, 14). Ma il fatto che bisogna tenere a mente è che Dio punirà ogni peccato. La Bibbia insegna che tutti noi pecchiamo (Romani 3:23) e che la giusta ricompensa per il peccato è la morte eterna (Romani 6:23). Contrariamente ai concetti di peccato veniale e mortale, la Bibbia non afferma che alcuni peccati meritino la morte eterna mentre altri no. Tutti i peccati sono mortali per il fatto che anche un solo peccato rende il peccatore meritevole dell’eterna separazione da Dio.

L’apostolo Giacomo esprime questo concetto nella sua lettera: “Chiunque infatti osserva tutta la legge, ma la trasgredisce in un punto solo, si rende colpevole su tutti i punti” (Giacomo 2:10). Notate l’impiego del termine “trasgredire”. Significa commettere un errore o cadere in errore. Giacomo sta facendo il quadro di una persona che sta cercando di fare la cosa giusta, eppure, forse inconsapevolmente, commette un peccato. Qual è la conseguenza? Dio, mediante il Suo servo Giacomo, afferma che quando una persona commette anche involontariamente un peccato si rende colpevole di trasgredire l’intera legge. Un buon esempio di questo fatto si ha disegnando una grande finestra e immaginando che essa sia la legge di Dio. Non importa se qualcuno vi lanci contro un sassolino piccolissimo o parecchi massi di pietra. Il risultato è lo stesso: la finestra si rompe. Allo stesso modo, non importa se una persona commetta un peccatuccio o parecchi peccatacci. Il risultato è lo stesso: la persona si rende colpevole di trasgredire la legge di Dio, e il Signore dichiara che non lascerà “il colpevole impunito” (Naum 1:3).

Secondo, questi concetti non presentano un’immagine biblica su come Dio vuole che il peccato sia scontato. Nel caso tanto del peccato mortale quanto di quello veniale, il perdono di una data trasgressione dipende dal peccatore che fa una riparazione di qualche tipo. Nel Cattolicesimo romano, questa riparazione potrebbe assumere la forma di andare a confessarsi, fare una certa preghiera, ricevere l’Eucaristia o in un altro rito di qualche tipo. Il pensiero fondamentale è che affinché il perdono di Cristo sia applicato al peccatore, questi dovrà compiere qualche opera, e allora il perdono verrà accordato. Scontare una trasgressione e ricevere il perdono dipendono dalle azioni del peccatore.

È questo che insegna la Bibbia su come si sconta il peccato? La Bibbia insegna chiaramente che il fatto di scontare il peccato non dipende né è basato sulle azioni del peccatore. Considera le parole di 1 Pietro 3:18: “Anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati, lui giusto per gli ingiusti, per condurci a Dio. Fu messo a morte quanto alla carne, ma reso vivente quanto allo spirito”. Nota l’espressione: “Anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati…”. Questo passo insegna che per la persona che crede in Gesù Cristo, tutti i suoi peccati sono stati risolti sulla croce… Cristo è morto per tutti i suoi peccati. Questi comprendono i peccati commessi dal credente prima e dopo la salvezza.

Colossesi 2:13-14 conferma questo fatto: “Voi, che eravate morti nei peccati e nella incirconcisione della vostra carne, voi, dico, Dio ha vivificati con lui, perdonandoci tutti i nostri peccati; egli ha cancellato il documento a noi ostile, i cui comandamenti ci condannavano, e l’ha tolto di mezzo, inchiodandolo sulla croce”. Dio ha perdonato “…tutti i nostri peccati…”. Non solo i peccati del passato, ma tutti. Essi sono stati inchiodati alla croce e tolti di mezzo. Quando Gesù, sulla croce, affermò: “È compiuto!” (Giovanni 19:30), stava dichiarando di aver adempiuto tutto il necessario per accordare perdono e vita eterna a tutti coloro che avrebbero creduto in Lui. Ecco perché Gesù dice in Giovanni 3:18 che “chi crede in Lui [Gesù] non è giudicato…”. Paolo afferma questo fatto in Romani 8:1: “Non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù”. Perché i credenti non sono giudicati? Perché non c’è nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù? Perché la morte di Cristo ha soddisfatto la giusta ira di Dio contro il peccato (1 Giovanni 4) e, adesso, quelli che si affidano a Cristo non sopporteranno il castigo di quel peccato.

Mentre i concetti di peccato mortale e veniale mettono nelle mani del peccatore la responsabilità di guadagnarsi il perdono di Dio per una data trasgressione, la Bibbia insegna che tutti i peccati del credente sono perdonati alla croce di Cristo. La Bibbia insegna, invece, con la parola (Galati 6:7-8) e con l’esempio (2 Samuele 11-20), che quando è coinvolto nel peccato, un cristiano potrebbe raccogliere delle conseguenze temporali, fisiche, emotive, mentali e/o spirituali. Però non deve mai riacquistare il perdono di Dio a causa del peccato personale perché la Parola di Dio dichiara che l’ira di Dio verso il peccato del peccatore fu soddisfatto completamente alla croce.

Terzo, questi concetti non presentano un’immagine biblica del modo in cui Dio tratta i Suoi figli. Chiaramente, secondo il Cattolicesimo romano, una delle conseguenze del fatto di commettere un peccato mortale è che ciò rimuove la vita eterna da chi l’ha commesso. Inoltre, secondo questa concezione, Dio accorderà di nuovo la vita eterna mediante il ravvedimento e le buone opere.

La Bibbia insegna, forse, che una persona davvero salvata da Dio possa perdere la propria salvezza e riacquistarla? Non insegna chiaramente questo. Una volta che una persona ha esercitato fede in Cristo per il perdono dei peccati e la vita eterna, la Bibbia insegna che costei è eternamente al sicuro… che non può essere perduta. Considera le parole di Gesù in Giovanni 10:27-28: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano”. Considera anche le parole di Paolo in Romani 8:38-39: “Infatti sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore”.

Riflettendo di nuovo sul fatto della totale soddisfazione dell’ira di Dio verso il nostro peccato nella morte di Cristo, possiamo affermare che i nostri peccati non possono separarci dall’amore di Dio. Per amore, Di ha scelto di prendere la morte di Cristo come il pagamento dei peccati del credente senza imputarglieli. Perciò, quando un credente commette un peccato, il perdono di Dio in Cristo è già presente e, anche se il credente potrebbe sperimentare le conseguenze implicite del peccato, il ritiro dell’amore e del perdono di Dio non è mai contemplato. In Romani 7:14-25, Paolo afferma chiaramente che il credente combatterà con il peccato per tutta la sua esistenza terrena, ma che Cristo ci salverà da questo corpo di morte. Quindi, “non c’è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù” (Romani 8:1). Mentre secondo il concetto di peccato mortale una persona può perdere la propria salvezza a causa del peccato personale, la Bibbia insegna che l’amore e il favore di Dio non saranno mai ritirati dai Suoi figli.

La grazia di Dio non redime il credente soltanto da ogni opera contraria alla legge, ma lo guida anche nella vita santa rendendolo zelante per le opere buone. Questo non significa che il credente non pecchi mai, ma che la sua passione sarà di onorare Dio a motivo della Sua grazia che opera nella vita del credente. Il perdono e la santità sono le due facce della stessa medaglia della grazia di Dio: vanno insieme. Sebbene un credente possa, a volte, inciampare e cadere nel peccato, forse anche in modo grave, la strada e la direzione principali della sua vita saranno la santità e la passione per Dio e per la Sua gloria. Se si seguono i concetti di peccato mortale e veniale, si potrebbe essere ingannati nel prendere il peccato alla leggera, pensando di poter peccare a proprio piacimento, chiedendo semplicemente il perdono di Dio quando lo si desidera. La Bibbia c’insegna che il vero credente non prenderà mai il peccato alla leggera e che si sforzerà, nella forza della grazia di Dio, di vivere una vita santa.

In base alla verità biblica suesposta, i concetti di peccato mortale e veniale non sono biblici e dovrebbero essere respinti in quanto non rappresentano la visione di Dio sul peccato e la Sua soluzione. Nella morte, sepoltura e risurrezione di Cristo, il problema del nostro peccato è stato completamente affrontato e abbiamo bisogno di guardare solo a quella meravigliosa dimostrazione dell’amore di Dio per noi. Il nostro perdono e la nostra giusta posizione con Dio non dipendono da noi, dalle nostre mancanze o dalla nostra fedeltà. Il vero credente deve fissare lo sguardo su Gesù e vivere alla luce di tutto ciò che Egli ha compiuto in nostro favore. L’amore e la grazia di Dio sono davvero stupendi! Viviamo nella luce della vita che abbiamo in Cristo! Mediante la Potenza dello Spirito Santo, possiamo essere vittoriosi su tutto il peccato, sia esso “mortale”, “veniale”, intenzionale o involontario.
Pedro

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20/12/2008 22:09
 
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Domanda: "Che cosa sono le indulgenze e le indulgenze plenarie? Questa concezione è biblica?"

Domanda: "Che cosa sono le indulgenze e le indulgenze plenarie? Questa concezione è biblica?"

Risposta:
Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, un’indulgenza è “la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi. L'indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati”.

Anche le seguenti definizioni sono importantissime per comprendere l’argomento: Pena eterna: “La pena per il peccato mortale impenitente, che separa il peccatore dalla comunione con Dio per tutta l’eternità; la condanna all’inferno del peccatore impenitente”. Pena temporale: “Purificazione dall’attaccamento malsano alle creature, la quale è una conseguenza del peccato che perdura anche dopo la morte. Dobbiamo essere purificati o durante la nostra vita terrena attraverso la preghiera e una conversione che derivi da fervida carità, oppure dopo la morte in purgatorio”. Purgatorio: “Una condizione di purificazione finale dopo la morte e prima dell’ingresso in cielo per coloro che sono morti nell’amicizia con Dio, ma che sono stati purificati in modo imperfetto; una purificazione finale dall’imperfezione umana prima di poter entrare nella beatitudine celeste”.

La Chiesa Cattolica Romana insegna che il peccato ha una duplice conseguenza. Per un membro della Chiesa Cattolica, commettere un peccato [mortale] provoca la “pena eterna” — che comporta la separazione eterna da Dio e la sofferenza all’inferno. (La Chiesa Cattolica insegna anche che, in circostanze normali, coloro che non sono stati battezzati — dalla Chiesa Cattolica Romana o da un’altra chiesa che insegni la rigenerazione battesimale — sono anche condannati all’inferno, perché la macchia del peccato originale resta sulla loro anima). Il peccato veniale [minore], al contrario, non provoca la “pena eterna”, ma la “pena temporale”. Gli insegnamenti cattolico-romani fanno talvolta riferimento a queste “pene temporali” date da Dio come mezzi di purificazione dei Suoi figli (o in questa vita o in purgatorio). Però la Chiesa Cattolica Romana crede anche che i peccati veniali creino un debito con la giustizia di Dio che dev’essere espiato in modo diverso dall’espiazione di Cristo, valida per la pena eterna. La Chiesa Cattolica Romana insegna che a causa dell’unità del Corpo di Cristo (la “Comunione dei santi” che comprende i credenti viventi, i credenti in cielo, i santi cattolici in cielo, Cristo, Maria e i credenti imperfetti in purgatorio), è impossibile che il merito generato dalle buone opere, dalle preghiere, dalle elemosine, dalle sofferenze, ecc., di uno o più di questi membri del Corpo siano applicati al debito temporale di un altro. La Chiesa Cattolica Romana insegna che il merito combinato di Cristo, dei santi e dei credenti pii è immagazzinato in un posto denominato “tesoro dei meriti” (chiamato talvolta anche “tesoro delle soddisfazioni”, “tesoro della Chiesa” o thesaurus Ecclesiae). Inoltre, mediante la successione apostolica a partire da Pietro, è solo la Chiesa Cattolica Romana ad avere l’autorità di prelevare dei meriti da questo tesoro e di dispensarlo ai credenti in questa vita o in purgatorio per espiare alcuni o tutti i loro peccati veniali. Questo viene fatto accordando le indulgenze.

Inoltre, le indulgenze pertengono solo alla pena temporale, non a quella eterna, e possono essere distribuite soltanto attraverso un’autorità della Chiesa Cattolica Romana a qualcuno che è o in purgatorio o ancora in vita e la cui anima sia nella condizione della grazia santificante (ossia che andrebbe in purgatorio, non all’inferno, se morisse in quel momento). Un’indulgenza può essere ottenuta compiendo un’opera buona, offrendo una messa in favore di qualcuno, con la preghiera, l’astinenza, facendo elemosine ai poveri o mediante qualche altro atto meritorio compiuto in armonia con i requisiti stabiliti da un papa o da un vescovo che abbia la giurisdizione su quell’individuo. L’offerta di una messa per qualcuno è considerato uno dei mezzi più efficaci per ridurre la pena temporale di quella persona in purgatorio. Un’indulgenza parziale ridurrà la pena temporale che ha una persona. Un’indulgenza plenaria rimuoverà tutta la pena temporale.

Il concetto delle indulgenze è biblico?

Varie dottrine della Chiesa Cattolica Romana sono desunte dalla tradizione anziché dalla Scrittura, e poiché i cattolici considerano la propria tradizione compatibile con la Scrittura e uguale a essa nell’autorità, questo non è un problema per loro. Però, per la maggior parte degli altri gruppi cristiani, solo la Bibbia è la fonte di autorità ed è più che sufficiente per fornire ai cristiani tutte le risorse di cui hanno bisogno per conoscere e servire Cristo come Dio ha stabilito (2 Timoteo 3:15-17; Atti 20:32). Ma poiché la Chiesa Cattolica Romana sostiene che le sue dottrine non sono in contraddizione con la Scrittura e accetta quest’ultima come parte della sua autorità, è appropriato per entrambi i gruppi domandarsi: “Le indulgenze sono bibliche?”.

Un esame dei passi usati dalla Chiesa Cattolica Romana a sostegno di dottrine quali la pena temporale, l’espiazione vicaria ad opera di altri credenti e di santi, nonché il purgatorio, mostra come la fiducia cattolica nella tradizione sia superiore alla Scrittura e vada al di là di essa. Altre dottrine come il tesoro dei meriti, il “merito originario e insondabile di Maria” e il “merito sovrabbondante dei santi”, nonché l’esistenza delle indulgenze, sono completamente estranee alla Scrittura! La dottrina delle indulgenze è scritturale? Un’interpretazione coerente e contestuale della Scrittura non avallerà né l’insegnamento delle indulgenze né le dottrine su cui essa è costruita.

Le indulgenze e il purgatorio

La chiesa Cattolica Romana cita pochi passi per sostenere biblicamente il purgatorio. Oltre a un passo dall’apocrifo 2 Maccabei, sono forniti anche 1 Corinzi 3:10-15, Matteo 5:26 e Matteo 12:32. Matteo 5:26 fa parte di una parabola sull’argomento del perdono. Matteo 12:32 affronta il problema della bestemmia contro lo Spirito Santo. Nessuno di questi passi si concentra su cosa accade dopo la morte, né dà un chiaro insegnamento su che cosa accade dopo la morte. Secondo un principio dell’ermeneutica (lo studio relativo alla corretta interpretazione della Scrittura,) bisognerebbe interpretare i passi “oscuri” che sfiorano appena un argomento mediante i passi che si concentrano o sono chiari su quell’argomento. Interpretare questi versetti come se insegnassero che esiste un luogo di un’ulteriore espiazione e purificazione nel purgatorio dopo la morte contraddice apertamente molte affermazioni chiare nella Bibbia, secondo cui ci sono solo due luoghi dove si finirà dopo la morte: si starà o con il Signore in cielo (2 Corizni 5:8; Filippesi 1:21-23; 1 Tessalonicesi 4:13-18) o fra i tormenti dell’inferno (Luca 16:23-24;Apocalisse 20:10-15). La Bibbia non dice che dopo la morte avvenga "ulteriore purificazione", ma che "...è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio" (Ebrei 9:27). Per un maggior approfondimento dell’argomento, si veda l’articolo di GotQuestions.org dal titolo Che cosa dice la Bibbia sul purgatorio?.

Indulgenze e penitenza

I cattolici parlano di “fare penitenza” per i loro peccati. Alla fine della confessione a un sacerdote, al penitente vengono date certe cose da fare (come certe preghiere) che fanno parte del “fare penitenza”. Parte dello scopo di questa penitenza è di provocare la conversione delle proprie disposizioni, facendole andare dal peccato a Dio. Ma un altro scopo menzionato ripetutamente nella letteratura cattolico-romana è quello di scontare o espiare i propri peccati. Questo non coincide col fare riparazione per le ferite del peccato di qualcuno, quanto piuttosto comprende il fare ammenda rispetto alla pena temporale per soddisfare la giustizia di Dio. Quest’ultimo scopo è strettamente legato al concetto delle indulgenze e non è menzionato nella Scrittura. La Bibbia parla, invece, di ravvedimento in riferimento a un “cambiamento di mente riguardo al proprio peccato che sfocia in un cambiamento di comportamento”. Il ministero e l’insegnamento di Giovanni il battista è riassunto in Luca 3:3-18. Egli diceva a quanti erano battezzati da lui (essendo il loro battesimo un segno del loro ravvedimento) di mostrare con le opere che il loro ravvedimento era reale. Ma non c’è mai il messaggio di “dover scontare o espiare i propri peccati facendo qualche buona opera o mediante l’astinenza” o con qualcos’altro. Mediante questo appello alle buone opere, essenzialmente Giovanni stava dicendo: “Mostrami che il tuo ravvedimento è genuino con le tue opere” (cfr. Giacomo 2:18). Però, ancora una volta, il concetto di “fare penitenza” come un’espiazione per i nostri peccati o un pagamento di un debito temporale alla giustizia di Dio non è mai menzionato nella Scrittura!

Le indulgenze e il tesoro dei meriti

La dottrina del “tesoro della Chiesa” fu espressa per la prima volta ufficialmente nel 1343 dal papa Clemente VI. Egli descrive questo tesoro dicendo che non consiste solo dei meriti dell’espiazione di Cristo, ma anche nei “meriti (=espiazioni) di Maria, la Madre di Dio, e di tutti gli eletti”, come dice anche il Catechismo della Chiesa Cattolica (sezione 1477): “Appartiene inoltre a questo tesoro il valore veramente immenso, incommensurabile e sempre nuovo che presso Dio hanno le preghiere e le buone opere della beata Vergine Maria e di tutti i santi, i quali, seguendo le orme di Cristo Signore per grazia sua, hanno santificato la loro vita e condotto a compimento la missione affidata loro dal Padre; in tal modo, realizzando la loro salvezza, hanno anche cooperato alla salvezza dei propri fratelli nell'unità del corpo mistico”.

La Bibbia non fa mai nemmeno una volta riferimento a qualcosa come il “tesoro dei meriti”, e non vi è mai il pensiero che l’espiazione possa essere compiuta da un credente per espiare il peccato di un altro. In Romani 9 e 10, Paolo dice che, se fosse possibile, egli sarebbe sinceramente disposto ad essere maledetto, se questo significasse la redenzione dei suoi connazionali israeliti. Ma ciò non è possibile, perché Paolo e gli altri autori della Scrittura affermano che, per un credente, il giusto Giudice fu soddisfatto quando Gesù Cristo divenne l’espiazione (la propiziazione) per i nostri peccati e che, a prescindere da Lui, non c’è altra espiazione (Isaia 53:6; Romani 5:10-11; 2 Corinzi 5:21; 1 Giovanni 2:2; Ebrei 10:1-18). Non c’è mai alcun accenno al concetto dell’espiazione vicaria da parte dei credenti, sia vivi che morti, per il bene dei loro fratelli. La Chiesa Cattolica Romana potrebbe fare una distinzione fra l’espiazione per la pena eterna delle persone e quella per la loro pena temporale, però non si trova mai nella Scrittura il concetto di qualcun altro oltre a Cristo che espii per i peccati di qualcuno e per la pena corrispondente. Non c’è mai alcun insegnamento riguardo al “valore veramente immenso, incommensurabile e sempre nuovo che presso Dio hanno le preghiere e le buone opere della beata Vergine Maria e di tutti i santi”. Nella Scrittura, esiste solo il valore immenso e incommensurabile dell’espiazione di Cristo. Punto.

Le indulgenze e la pena temporale

Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che la pena temporale è un processo di purificazione. Ma altrove, in tutti gli insegnamenti cattolico-romani ufficiali, se ne parla come di un debito spirituale che dev’essere espiato o dall’individuo che ha peccato o da qualcun altro in modo vicario. Ancora una volta, la Chiesa Cattolica Romana distingue fra la pena eterna per i peccati “maggiori” e la pena temporale per quelli “minori”.

La Chiesa Cattolica Romana insegna chiaramente la natura forense o “legale” della pena temporale, vale a dire che questo comporta il bisogno di soddisfare la giustizia di un giusto Giudice e il fatto che, se quella giustizia non è soddisfatta dall’espiazione in questa vita, dev’essere espiata nell’altra in purgatorio. È quell’aspetto forense del “pagamento per soddisfare la giustizia” ad essere antiscritturale. La Scrittura insegna davvero che i propri peccati possono essere perdonati nel senso eterno (senza che il peccatore sia mai più condannato all’inferno) o persino in un senso terreno (ossia di non scontare il castigo inflitto dalla Legge mosaica al peccatore [2 Samuele 12:13]). Il peccato cambia le cose in questa vita e nel modo in cui Dio interagisce con noi. Deve farlo per numerosi motivi forniti nella Scrittura:

1) Questo è un mondo reale dove le azioni reali hanno delle conseguenze reali. Se seminiamo dell’orzo in primavera, non mieteremo del grano in autunno. Se seminiamo il peccato, alla fine raccoglieremo disordine, sofferenza, distruzione e morte (Galati 6:7; Romani 3:16; Giacomo 1:15).

2) Il nostro peccato e la conseguente reazione di Dio influiscono sul modo in cui noi e altre persone consideriamo il nostro Dio. Se, pur peccando, non vi fossero effetti palesi, considereremmo il peccato come qualcosa che non sia “niente di speciale” per Dio, e così il Suo carattere santo sarebbe bestemmiato. Questo è uno dei motivi per cui Dio condannò a morte il figlio di Davide concepito in adulterio con Bat-Sceba (2 Samuele 12:13-14), ovvero che se non vi fossero state delle conseguenze terrene all’omicidio di Uria da parte di Davide e al suo adulterio, allora Dio sarebbe stato considerato come Qualcuno che acconsentiva a simili atti peccaminosi.

3) Altri che “stanno a guardare” sarebbero incoraggiati a peccare. 1 Corinzi 10:1-12 afferma che tutti i castighi inflitti da Dio agli Israeliti per la loro incredulità, idolatria, concupiscenza, ecc., furono scritti per nostra ammonizione, affinché noi imparassimo dai loro errori. Proverbi dice che, quando il castigo per il peccato viene ritardato, altri sono incoraggiati a peccare (ovvero che se vediamo qualcun altro “farla franca”, anche noi siamo incoraggiati a ripetere il suo peccato). Così, un castigo terreno o è inflitto da Dio o Egli permette che le conseguenze naturali del peccato giungano a maturazione affinché anche altri possano imparare a non peccare.

4) Dio ci disciplina per il nostro bene affinché possiamo godere del frutto della giustizia che Egli ha stabilito per noi. Quando una persona mette fede in Cristo, Dio smette di essere il suo Giudice e diventa suo Padre (Giovanni 1:12). Noi ci presenteremo davanti a Lui come Giudice delle nostre opere compiute dopo la salvezza (2 Corinzi 5:10-11; 1 Corinzi 3:10-15), ma adesso abbiamo pace con Dio (Romani 5:1-10) e non c’è più alcuna condanna (Romani 8:1). Ma come un padre amorevole disciplina i suoi figli per il loro bene, così Dio disciplina noi per il nostro (Ebrei 12:3-11). Però, quando si consideri la descrizione di questa disciplina celeste fatta in Ebrei 12, non si troverà alcun pensiero di castigo nel senso che sia necessario scontare o espiare il proprio crimine!

Perciò, scopriamo che Dio o infligge le conseguenze terrene o le permette come risultato del peccato, ma in nessun passo si dice che queste conseguenze siano inflitte affinché sia soddisfatta la Sua giustizia temporale!

In conclusione, avendo discusso sulla mancanza di sostegno scritturale ad alcune dottrine fondamentali necessarie per l’esistenza delle indulgenze, va anche detto che non esiste nemmeno un singolo testo biblico e nemmeno un insegnamento di un apostolo o di un conduttore ecclesiale che distribuisca “indulgenze” ad altri credenti. Nemmeno uno! Dalle fondamenta alla sommità, l’intera struttura della dottrina delle indulgenze è biblicamente infondata.

La nostra preghiera è che come l’apostolo Paolo vide molti convertirsi a Cristo perché avevano confrontato i suoi insegnamenti con la Scrittura (Atti 17:10-12), così quanti leggono questo riassunto leggano per conto loro la Parola inerrante e infallibile e si chiedano semplicemente: “Gli insegnamenti della Chiesa Cattolica Romana si trovano in quanto ho letto? Si ‘accordano’ sia con il contesto immediato di un qualunque passo specifico sia con il contesto del Nuovo Testamento nel suo insieme? Il ‘sistema’ della Chiesa Cattolica Romana si trova nel Nuovo Testamento?”. La nostra preghiera è che tutti coloro che invocano il nome di Cristo ritornino alla semplicità del confidare soltanto in Cristo e del desiderio di vivere per Lui motivati dalla gratitudine per tutto ciò che Egli ha fatto per loro (Romani capp. 3-12).

Pedro

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20/12/2008 22:10
 
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Domanda: "Il papa è il vicario di Cristo?"
Domanda: "Il papa è il vicario di Cristo?"

Risposta:
La parola "vicario" deriva dal termine latino vicarius, che significa "in vece di". Nella Chiesa Cattolica, il vicario è il rappresentante di un funzionario di grado superiore con tutta la stessa autorità e il medesimo potere che ha il funzionario. Definire il papa "vicario di Cristo" implica che egli ha lo stesso potere e la stessa autorità che ha Cristo sulla Chiesa. Il titolo deriva dalle parole di Gesù a Pietro in Giovanni 21:16-17: "Pastura le mie pecore. […] Pasci le mie pecore". Questo, secondo il ragionamento cattolico, definisce Pietro come Principe degli apostoli, primo papa, e adempie le parole di Gesù in Matteo 16:18-19 (in cui Pietro è definito la roccia su cui Gesù edificherà la Sua chiesa).

Per una migliore comprensione del fatto se sia biblico o meno considerare un semplice uomo il rappresentante di Cristo, andiamo alle pagine della Scrittura per scoprire che cosa essa dice riguardo al ruolo di Gesù nelle nostre vite, sia considerando quando Egli camminò sulla terra sia rispetto a cosa continua a fare in questo stesso momento. La lettera agli Ebrei fa un paragone tra Gesù e il sommo sacerdote Melchisedec (Genesi 14), e contrappone questo al vecchio sacerdozio levitico. La domanda che viene posta è la seguente: se la perfezione avesse potuto essere ottenuta seguendo la Legge, perché sarebbe dovuto venire un altro sacerdote (Ebrei 7:11)?

L’autore dice: “È noto infatti che il nostro Signore è nato dalla tribù di Giuda, per la quale Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio. E la cosa è ancor più evidente quando sorge, a somiglianza di Melchisedec, un altro sacerdote che diventa tale non per disposizione di una legge dalle prescrizioni carnali, ma in virtù della potenza di una vita indistruttibile; perché gli è resa questa testimonianza: ‘Tu sei sacerdote in eterno secondo l’ordine di Melchisedec’. Così, qui vi è l’abrogazione del comandamento precedente a motivo della sua debolezza e inutilità (la legge non ha portato nulla alla perfezione); ma vi è altresì l’introduzione di una migliore speranza, mediante la quale ci accostiamo a Dio” (Ebrei 7:14-19).

Questo rende Gesù superiore ai sacerdoti e, più importante ancora, ai sommi sacerdoti. Ecco il testo chiave: “Inoltre, quelli sono stati fatti sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare; egli invece, poiché rimane in eterno, ha un sacerdozio che non si trasmette. Perciò egli può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si avvicinano a Dio, dal momento che vive sempre per intercedere per loro” (Ebrei 7:23-25).

Questo significa che Gesù è il nostro sommo sacerdote per sempre. Poiché Egli è "santo, innocente, immacolato, separato dai peccatori ed elevato al di sopra dei cieli" (Ebrei 7:26), è diverso dagli altri sacerdoti per il fatto che "non ha ogni giorno bisogno di offrire sacrifici, come gli altri sommi sacerdoti, prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo; poiché egli ha fatto questo una volta per sempre quando ha offerto sé stesso" (Ebrei 7:27). Gli uomini sono costituiti dalla Legge, e sono deboli. Però il Figlio fu costituito dal Nuovo Patto, ed Egli è stato reso perfetto in eterno (Ebrei 7:28). Il ministero di Gesù è superiore a quello antico ed è fondato su migliori promesse (Ebrei 8:6).

La Bibbia dice di Gesù che non c’è altro nome mediante cui gli uomini possono essere salvati (Atti 4:12). Esiste solo un mediatore fra Dio e gli uomini, e questi è Gesù Cristo (1 Timoteo 2:5). Adesso riusciamo a capire che non esiste alcun fondamento biblico per rivendicare di essere un rappresentante di Cristo sulla terra. Nessun uomo potrebbe fare quanto ha fatto Cristo o ciò che Cristo sta facendo adesso in favore dell’umanità. Ma il titolo di vicario reca con sé anche un’altra implicazione: chi lo porta ha lo stesso potere giurisdizionale del funzionario che rappresenta. In Matteo 16:18, Gesù Cristo è Colui che dice che edificherà la Sua chiesa, ed Egli non delega mai il Suo potere. Rivendicando il titolo di vicario di Cristo, il papa regnante sta, di fatto, promettendo di fare quanto ha promesso Cristo.

In realtà, Gesù ha predetto un “vicario” nel senso di un “sostituto” della Sua presenza fisica qui sulla terra. Tuttavia, questo “vicario di Cristo” non è un sacerdote, un sommo sacerdote, un vescovo o un papa. L’unico “vicario di Cristo” biblico è lo Spirito Santo. Giovanni 14:26 dichiara: “Ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto”. Giovanni 14:16-18 proclama: “E io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro consolatore, perché stia con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché dimora con voi, e sarà in voi. Non vi lascerò orfani; tornerò da voi”. Lo Spirito Santo è il “sostituto” di Cristo sulla terra. Lo Spirito Santo è il Consolatore, l’Insegnante (Giovanni 14:26) e la Guida in tutta la verità (Giovanni 16:13).

Affermando che il papa è il “vicario di Cristo”, la Chiesa Cattolica rifiuta la sufficienza e la supremazia del sacerdozio di Cristo e accorda al papa i ruoli che Cristo stesso dichiarò che sarebbero appartenuti allo Spirito Santo. È pertanto blasfemo attribuire al papa il titolo di “vicario di Cristo”.
Pedro

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