CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Un bilancio (personale) del pontificato di papa Wojtila da un punto di vista psicanalitico

Ultimo Aggiornamento: 05/04/2009 22:17
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27/12/2008 00:50
 
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L’orizzonte fantasmatico

I titoli e le funzioni di cui il papa si appropria evidenziano la fantasia sottostante di sentirsi come un soggetto unico, eccezionale, perfetto, santo, incensurabile, senza limiti nell’esercizio del potere.

Solo a partire da una simile percezione e convinzione inconscia è possibile ritenere di essere in grado ed avere diritto ad esercitare il compito di giudicare-legiferare-governare un miliardo di

cattolici, senza subire né limiti né censure.Se si considera che nella relazione con i fedeli il papa esige non solo l’obbedienza, ma la “comunione”o l’assoluta fedeltà (gravata da un giuramento per gli ecclesiastici), allora il quadro psicodinamico assume una tonalità emozionale particolare, che fa pensare al bisogno di essere il “prediletto della Chiesa”, il soggetto più amato dalla collettività, senza alcun dovere di reciprocità. Il fatto stesso di prescindere persino dalle opinioni del collegio episcopale, per non parlare dei semplici fedeli, evidenzia l’unilateralità della relazione affettiva e l’incapacità di condividere oneri ed onori con i propri fratelli, di “amarli come egli ama se stesso”, dal momento che quel che preme è l’esaudimento di bisogni primari individuali.

Alla luce dei documenti ufficiali statuiti dallo stesso pontefice è evidente la pulsione a conquistare la posizione di chi è amato senza condizioni, del beniamino che scalza ogni pretendente dal cuore della Chiesa. Ma se quest’ultima è teologicamente omologata alla Madre che da la vita (Madre Chiesa), e se il papa è il “Santo Padre”, allora egli ne è la sposa e ne gode l’amore privilegiato. Non è un caso che quando nel linguaggio comune si dice: la Chiesa ha dichiarato... la Chiesa ha scomunicato... la Chiesa ha canonizzato... si intenda il papa, il suo legittimo e unico referente. Nell’immaginario collettivo l’accoppiamento Chiesa-papa è immediato, appunto perché solo il papa “possiede” la Chiesa in senso operativo e ne riceve un amore incondizionato. L’orizzonte giuridico in cui il papa si colloca è psicologicamente omologo a quello del figlio “prediletto”, che desidera ardentemente unirsi e possedere la madre, scalzando il padre per goderne le funzioni. Questa vicenda nella letteratura psicoanalitica è stata connotata come “edipica”, il cui perno è l’incesto. Va chiarito che tale vicenda antropologica attraversa ogni persona a qualsiasi latitudine e potrebbe coincidere con quello che in teologia è stato designato come “peccato originale”, evento che affresca la trasgressione originaria della Legge, rappresentata dal Padre (Eterno) nel mito di Adamo ed Eva.

La caratteristica più importante dell’Edipo, inteso come scenario mitico, non è tanto la natura fisica del congiungimento con il genitore del sesso opposto, reso quasi impraticabile dal tabù in tutte le civiltà, quanto l’illimitatezza di un desiderio, che tende ad esondare dagli argini della Legge, la quale costantemente pone limiti alle pretese stravaganti e capricciose delle pulsioni, a partire dagli inizi della vita. Solo una paziente ed amorosa cura dei genitori riesce ad addomesticare l’Io del bambino fino a renderlo capace di accettare la realtà, rinunciando alla nostalgia di un amore assoluto da parte della madre. Quando il papa si autodescrive ed agisce come colui che ha la possibilità mentale e reale di esercitare un ventaglio eccezionale di funzioni legislative-giudiziarie-politiche-cultuali-dottrinali, con la pretesa di essere il facente funzione di Dio (Vicario di Cristo), mostra di non accettare i propri limiti creaturali, ed esibisce il suo sogno-bisogno di essere amato al sopra di tutti i fratelli e venerato come un soggetto divino.

Annotazioni su alcune conseguenze

1 La struttura anti-comunitaria

Una volta che un segmento della vita psichica infantile diventa ipertrofico e decreta che è titolare di tutto, ne consegue che gli altri sono nulla. È fuor di dubbio che i cattolici possono fare molte cose nella Chiesa: ma per il papa sono oggettivamente nulla, sono nessuno, sono privi di dignità e di autorità in qualsiasi ambito ecclesiale.

Secondo il Cdc il Collegio episcopale è nessuno senza il papa, ma il papa può decidere tutto senza di esso. Il Sommo Pontefice, a suo piacimento, può permettere un metodo anticoncezionale (Ogino) e bocciarne un altro (pillola); può emettere un proprio “Catechismo” e invalidare quello di una Conferenza episcopale (ad esempio olandese); può delegittimare una corrente teologica (liberazionista) e legittimarne un’altra (opusdeista); può riconoscere alcuni diritti umani nella Chiesa e disconoscerne altri (pochi sanno che fino al 1995 su 103 accordi internazionali sui diritti umani la Santa Sede ne aveva sottoscritti solo 10).

Il papa può cassare le proposte provenienti da un Sinodo di una Chiesa (austriaca), chiamare a rapporto i vescovi che hanno osato ascoltare le opinioni dei propri fedeli su temi ritenuti indiscutibili, e distillare alcune sentenze, di cui quella centrale è che “la Chiesa non è una democrazia”. In questo slogan c’è la quintessenza del Cdc, è cioè che la Chiesa non è un “popolo sacerdotale, profetico e regale”, come aveva delineato il Concilio Vaticano II, ma una massa

che non ha titolo per alcuna autodeterminazione, alcun controllo sull’operato dei capi, alcuna partecipazione nelle decisioni e nelle elezione degli incaricati. Il messaggio profondo di tali pronunciamenti è che Dio non ama tutti i suoi figli, ma solo il figlio prediletto, suo Vicario in terra.

Questo non significa che il pensiero adulto del papa non stimi la democrazia: ripetuti sono gli apprezzamenti di tale modulo politico e costanti gli inviti perché i cattolici la sviluppino nelle rispettive società. Ma è proprio il nucleo infantile-edipico-grandioso che non gli consente di concedere valore a coloro che gli sono fratelli nella fede e di orientare la Chiesa in senso comunitario. Nel suo lungo pontificato non si ha notizia di una sola enciclica e di un programma pastorale tesi a fare della Chiesa una comunità che si regga sulle dinamiche dell’uguaglianza, della condivisione fraterna e della libertà.

Salvo eccezioni, si può ragionevolmente ritenere che la quasi totalità dei cattolici non ha mai fatto nella propria parrocchia o diocesi una esperienza di discernimento evangelico collettivo, di partecipazione ai problemi ecclesiali e di condecisione relativamente alla scelta dei propri diaconi o ministri. Reso analfabeta in campo biblico, privato di dignità e persino del diritto di evangelizzare, il cattolico praticante non è in grado di essere significativo (lievito) per il mondo, anche perché egli è portatore inconsapevole di una sostanziale sfiducia su di sé e sui propri simili. Dopo decenni di pastorale inneggiante il primato assoluto del papa, è naturale che prediliga capi piuttosto che gruppi di riflessione, che accetti come naturali (se non soprannaturali) le diseguaglianze, siano esse sociali,

economiche o di genere. E così diventa naturale che il cattolico osservante, in alta percentuale, tenda a supportare politiche autoritarie e favorevoli ai potenti, prediligendo partiti di “destra”, come dimostrano impietosamente le statistiche.


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