Una terza cosa da rilevare è quello che spesso i cattolici non comprendono, cioè che il
pluralismo delle espressioni della fede cristiana, è un valore altrettanto importante dell’unità.
L’unità rimane un valore, un ideale, da realizzare [non da imporre] e a cui si tende
attraverso organismi di dialogo e di cooperazione a diversi livelli [locale, regionale, nazionale
e internazionale]. Il dialogo e la cooperazione fra molte chiese evangeliche è una
realtà incontestabile. Esso avviene conservando ciascuna la propria identità particolare e
rispettando quella altrui. Può anche avvenire, come talvolta succede, che chiese d’origine
e sfumatura diversa decidano di fondersi in un’unica realtà organizzativa, e questo altrettanto
liberamente.
Certamente, a tutt’oggi, avvengono anche separazioni fra comunità o chiese. Possiamo
dispiacercene, ma ogni caso va giudicato singolarmente. La cosa può essere paragonata
al matrimonio. L’ideale è la perfetta unità e comunione “vita natural durante”, e a
questo si vuole tendere, ma in alcuni casi può essere giustificata e persino consigliata la
separazione. Non si può imporre a nessuno di “stare insieme per forza” in base ad un
principio che si ritiene assoluto ed inviolabile. Contesto, circostanze e situazione, sono da
considerare tanto quanto i principi. Come per il matrimonio, anche per le chiese, realtà
condizionate dal peccato e dalla debolezza della condizione umana [superati solo “nel
nuovo cielo e nella nuova terra”] la separazione può essere inevitabile. Gesù dice: