CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Carlo Carretto - Riflessioni

Ultimo Aggiornamento: 20/01/2009 17:55
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20 marzo: Perché, Signore?

Se sei così buono perché mi fai soffrire?

Se puoi tutto perché mi lasci nelle mie pene?

E terribile questa prova.

Fare esperienza che Dio può tutto e che proprio nel suo disegno ti lascia soffrire!

Perché è vero che Lui può.

Lui può e lascia che i poveri siano travolti e scherniti dai potenti.

Lascia soffrire l'innocente, lascia morire il giusto.

E il venerdì santo: l'ora in cui tutti fuggono.

E l'ora delle tenebre.

In quel giorno, in quell'ora, chi poteva capire la profezia contenuta nella stessa morte di Gesù?

Nessuno si aspettava quella fine.

La notte del Calvario è veramente il punto massimo del­l'oscurità vissuta dall'uomo sulla terra e nella prova.

«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Sai 22, 2).

«Tu sei lontano dalla mia salvezza, sono le parole del mio lamento. Dio mio, invoco di giorno e non rispondi, grido di notte e non trovo riposo» (Sai 22, 2-3).

Perché, Signore?

Perché?

Ecco come lo annuncia il profeta: «Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio... Egli viene a salvarvi» (Is 35, 4).

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21 marzo: Domanda e mistero

Ciò che è, ciò che mi circonda, ciò che vedo, ciò che sento

è come una domanda misteriosa che mi è posta da Dio da tutti i tempi, e che attende da me la risposta.

Forse anche la stessa terribile domanda posta a Giobbe sul suo letamaio è domanda che proviene da Dio.

«Ho un figlio poliomelitico», «mia moglie è insopportabile», «la mia intelligenza è ottusa», «gli amici non mi capiscono»,

sono come domande poste da sempre al mio giorno che è spun­tato oggi e che devo vivere.

Devo rispondere alla domanda postami da Dio in quella realtà dolorosa - vero mistero oscuro - e scoprire in esso, pro­prio in esso, la mia salvezza.

Perché è la mia salvezza contenuta in quella domanda.

La salvezza, tutta la salvezza, è contenuta nell'accettazione del mio mistero e, in esso, del mistero di mia moglie o di mio figlio.

Il primo atteggiamento d'amore verso la creazione è accet­tare la creazione anche se mi appare strana, incompleta, qualche volta nemica.

Il primo atteggiamento d'amore verso i miei fratelli è quello di accettarli così come sono, anche se mi paiono terribilmente irrazionali, antipatici e talvolta nemici.

Prima di tentare di liberarmi dalla sofferenza che si è abbat­tuta su di me, prima di porre il mio intervento fattivo a correzio­ne del male che mi circonda, devo abbassare il capo davanti al mistero, devo mettermi nello stesso atteggiamento del Cristo facendo mie le sue parole: «Signore, non la mia ma la tua volontà si compia» (Lc 22, 42).

In fondo è un atteggiamento di confidenza in Dio, ed è pro­prio su questa confidenza che si basa il mio rapporto con Lui.


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22 marzo: Confidare in Dio

So che Dio è Signore dell'universo e che nelle sue mani «sono gli abissi della terra».

So che Dio può tutto e gli uomini ed i popoli «sono come goccia d'acqua in una secchia e come polvere su una bilancia» (Is 40, 15).

Dio è Dio e non è vinto da nessuno.

E se si lascia vincere è solo per vincere meglio.

E se lascia prevalere il male per un po di tempo è solo per poterlo denunciare con più chiarezza davanti ai nostri occhi miopi.

Confidare in Dio è porre nella sua mano invincibile tutte le cose.

E credere che il cosmo è dominato inesorabilmente dal suo potere creativo.

Se maledico la pioggia che mi bagna o il freddo che mi gela le dita, se mi dispero perché sono diventato vecchio o per una malattia che mi fa soffrire,

non entrerò mai nel mistero di Dio.

Se non so leggere il chiarore delle stelle o se passo frettoloso davanti al mare senza accorgermene, non capisco il mistero di Dio.

Se mi lamento di tutto, se trovo gli uomini noiosi, se mi arrabbio perché la minestra è cattiva, se urlo perché i bambini giocano nel giardino, se faccio il viso duro a chi batte alla porta sono un uomo vecchio che non sa più dire nulla. Confidare in Dio.

Accettare il reale.

Accettarlo come volontà salvifica di Dio su di me. Accettarlo per trasformarlo con l'amore e la pazienza.

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23 marzo: L’amore in silenzio

Ho creduto in me, ho sperato in me, ho ottenuto zero.

Ora voglio solo credere e sperare in Dio. Ma com'è difficile l'applicazione integrale di una così semplice e documentatissima verità.

Ciò che è necessario a noi per avanzare è di tacere davanti a Dio. La lingua che Dio intende meglio è l'amore in silenzio.

Fissate uno sguardo amoroso su Dio senza alcun desiderio di provare o intendere qualcosa di distinto da parte sua.

Conservate la calma spirituale nello sguardo d'amore su Dio.

E forse necessario parlare? Fatelo nella stessa calma e pace (san Giovanni della Croce).

Impara a tenere su Dio uno sguardo amoroso, in tranquil­lità di spirito. Così a poco a poco, e ben presto, la pace e il riposo divino ti saranno infusi nell'anima con le ammirabili e sublimi conoscenze di Dio avvolte nell'amore divino.

Cercato per la lettura, tu troverai grazia nella meditazione; chiamato alla preghiera, ti si aprirà la contemplazione.

Al termine tu subirai l'esame sull'amore; impara dunque ad amare Dio come vuole essere amato e lascia stare il resto.

Un lavoro, per piccolo che sia, fatto in segreto, senza il desi­derio che sia conosciuto dagli uomini, dà a Dio più gioia che mille cose fatte per piacere agli uomini.

L’anima che cammina per amore non prova né provoca fati­ca.

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24 marzo: Lasciarsi fare

La contemplazione comincia quando tu non mediti più, non interroghi più ma... ti lasci fare.

Elia si lascia finalmente fare, e giungendo all'Oreb, dopo la purificazione del deserto, è pronto alla rivelazione di Dio.

«"Esci e sta' sul monte, innanzi a JHWH". Ecco JHWH passò. Ci fu un vento grande e gagliardo da scuotere i monti e spaccare le pietre innanzi a JHWH. Ma JHWH non era nel vento...

Dopo il terremoto un fuoco, ma JHWH non era nel fuoco.

E dopo il fuoco, il sussurro di un vento leggero.

Appena ebbe sentito questo, Elia si copri il volto con il mantello, usci e si fermò all'ingresso della spelonca.

Ed ecco una voce che gli diceva: "Che cosa fai qui, Elia?"» (1 Re, 19,11-13).

Preferisco fare come Elia: attendere la sua venuta nella grot­ta dell'Oreb.

La contemplazione, che è passiva, è la venuta di Dio in noi come conoscenza. Dio si fa conoscere «com'è», non come ci può apparire dall'esterno.

E nella contemplazione che realizzo la pienezza della mia vita terrena e mi nutro di autentica vita eterna, perché sono destinato alla vita eterna.

Tutto il resto verrà, perché è poca cosa in confronto della vita eterna. «Cercate il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in soprappiù» (Mt 6, 33).

No, non è nel fuoco, non è nel terremoto, non è nel vento che Elia realizzerà se stesso, ma nel silenzio. Quel silenzio onora­to dalla Presenza di Dio, dove tu hai sentito la tua anima ridotta ad un debole e fragile stelo. Ma uno stelo capace di riempirsi della rugiada di Dio e divenire spiga per il granaio di Dio.

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25 marzo: Se tu ami

Tu intuisci Dio, all'inizio del cammino, nel segno della crea­zione.

Poi la ragione ti aiuta a ragionarci su e a scoprire una certa logica, sforzandoti di dare un significato a tutto il Reale che ti circonda.

Poi metti da parte la ragione, perché ti imbroglia, con la sua limitatezza e orgogliosa voglia di saperla lunga.

Subentra allora l'amore, il grande Amore, e proprio quando non sai più meditare, ti trovi addormentato nelle braccia del­l'amore.

E la contemplazione, che è autentica rivelazione di Dio. Rivelazione personale, sapida, oscura, passiva, sovente dolorosa di Lui, come dice Maritain.

Quando ami, veramente ami, tutto diventa più facile e senti di aver trovato.

Sì, ho trovato perché ho amato.

E ho trovato perché mi sono abbandonato nel buio.

Ma il buio è luce per Lui e mi può toccare quando vuole, e non c'è più velo fra la mia e la sua nudità amante.

E una cosa fantastica l'Amore!

E mi chiede una cosa sola: dargli di più, dargli tutto.

Ma cosa c'è in me di più prezioso da donare a Lui?

Qual è il dono che più ama?

È la fiducia.

Di qualunque dono che puoi dare a una persona, il dono più grande è la fiducia.

Mi fido di te.

Mi sento con te.

E con te sono in pace.

Tu sai, Tu puoi, Tu provvedi!

È la fede pura, è la fede nuda, è la fede di chi sa amare.

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26 marzo: Tutto è possibile

Il silenzio di Nazareth!

In trent'anni nessuno seppe chi era Gesù! Questo si chiama mantenere il segreto. «Deus absconditus» (Is 45, 15). Come sulla croce, come nell'Eucaristia.

La primizia di ogni creatura è il Verbo Incarnato. Gesù, il Figlio di Dio, è salito al Cielo portando con sé la sua divinità e la sua umanità.

E un fatto completamente nuovo nella storia di Dio.

Il Figlio dell'Uomo è glorificato. Anche in noi c'è questa fondamentale richiesta: la gloria. E Lui ce la concederà se saremo fedeli al Figlio suo. Dopo di Lui, dopo Maria anche noi saremo glorificati, pacificati, ricreati risuscitati.

Qual dono immenso! Quale risposta all'esigenza della nostra natura umana creata da Dio già con questo immenso destino!

Nazareth. Qual è la lezione che ci dà Dio nel mistero di Nazareth? Vediamo il fatto in sé. ~ Verbo Incarnato per trent'anni anni vive la vita più comune che dir si possa. Nulla da Lui è fatto per variare gli eventi o cambiare una situazione.

Che significa ciò?

Significa che ogni atto della vita umana contiene in sé la possibilità di una perfezione totale. Se Dio fatto uomo ha potuto esprimere attraverso la sua vita comune la perfezione assoluta della Sua interiorità, ciò significa che ogni atto umano, il più significante, il più abitudinario contiene in sé la disponibilità per una totale offerta a Dio. La cosa è molto importante per noi abi­tuati a pensare che solo i fatti eccezionali valgono, a noi orgoglio­si e tesi sempre verso lo straordinario nella vita.

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27 marzo: Ciò che deve ancora nascere

La scelta che Gesù ha fatto è l'uomo, è l'uomo da amare.

Era la stessa scelta di Dio da sempre: stare dalla parte dell'uomo.

Dio ha preso perfino le parti di Caino, quando dopo il suo orrendo delitto corse pericolo di essere ucciso dagli uomini per vendetta.

«Chiunque ucciderà Caino subirà una vendetta sette volte maggiore.

E JHWH pose su Caino un segno, così che chiunque lo incontrasse non l'uccidesse» (Cn 4,15).

Dio è dalla parte del peccatore, perché è dalla parte del­l'uomo che è peccatore.

Lui sa che tornerà, che si convertirà, che capirà. La fiducia di Dio nell'uomo è incrollabile.

Sa attenderlo fino alla fine.

La storia del figliuol prodigo Gesù l'ha raccontata pensan­do a ciascuno di noi perché sapeva che l'avremmo vissuta in edi­zione e versione tutta personale.

E ci ama così come siamo in qualunque tappa del nostro cammino.

Ama la possibilità che è in noi.

Possibilità che è conversione, ritorno, amore, luce.

Ama la Maddalena ancora peccatrice perché vede già tutto il suo movimento verso la luce come cosa meravigliosa che meri­ta di essere contemplata sulla terra.

Ama Zaccheo peccatore, ladro, sfruttatore e trova bello che un uomo come lui sarà capace di rovesciare la sua esistenza e divenire amico dei poveri.

Sì, Dio ama nell'uomo ciò che non c'è ancora, ciò che deve ancora nascere.

Noi in un uomo amiamo ciò che c'è: la virtù, la bellezza, il valore ed è per questo che il nostro amore è così interessato e fragile.

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28 marzo: Ciò che manca

È impressionante ai nostri tempi il numero di matrimoni messi in crisi a pochi anni o mesi di distanza dalle nozze.

E non parlo di unioni affrettate, di errori di impostazione, di superficialità, di paganesimo.

No, parlo di unioni ben fatte, nate nella fede, unioni di cri­stiani autentici, amori luminosi, comunioni nello spirito, atteg­giamenti generosi, ecc.

Tutto è andato per un po di tempo e poi senti dire: «Ora... non so... non ci comprendiamo più. Ci rendiamo insopportabili l'un l'altro. Direi che ho sposato un'altra... conoscevo un'altra... quella di ora non la conoscevo... forse è meglio che ci separia­mo».

Parole grosse, senza dubbio, ma che nascondono un feno­meno molto semplice, specie ora in cui le realtà psicologiche hanno una parte così predominante nella vita di relazione.

«Ho sposato un altra...».

Ecco ciò che ti dico: hai cercato solo il positivo in lei. Ora che hai visto il negativo, tutto crolla.

Hai sbagliato strada...

Meglio, devi ricominciare da capo... se vuoi salvarti. Devi amare in lei gli aspetti negativi, ciò che manca.

Devi aiutarla a costruirsi, a farsi. Devi generarla nel vero amore.

Allora amerai la vera tua sposa e l'amerai dello stesso amore di Dio e il tuo amore sarà incrollabile perché autentico.

È giunta l'ora di riscoprire lei o lui partendo proprio dai suoi lati negativi, dalla sua povertà, dalla sua miseria.

Vedrai che il «ciò che è», è nulla rispetto a «ciò che sarà», al ciò che non è ancora.

Provati...

Dio ti aiuterà, perché la sorgente è Lui.

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29 marzo: L'impossibile

Perché la storiella del lupo di Gubbio vi interessa? Vedete nella storiella la soluzione del vostro problema, che

vi turba, ma nello stesso tempo catalogate tra le utopie la possibi­lità di vedere un lupo ammansito con una carezza.

Eppure ve l'ho detto.

Il miracolo fu la conversione degli abitanti di Gubbio che, almeno per un istante, credettero possibile la lotta col lupo armati solo di cibo da donare invece di armi da insanguinare.

Qui sta il segreto di tutto.

Questo è addirittura il segreto nascosto in tutto il piano di Dio sull'uomo.

Credere possibile l'impossibile.

Sperare nelle cose contro ogni speranza.

Amare ciò che non sembra amabile.

La proposta di Dio all'uomo è sempre avvolta nel velo di questo mistero, e sunto di questa domanda:

Puoi credere?

Puoi sperare?

Puoi amare?

Se mi dici di sì ti regalo l'impossibile.

Puoi credere che esiste Dio?

Se mi dici di sì, Dio esiste e nella fede ne avverti l'esistenza.

Puoi sperare nella salvezza universale?

Puoi sperare di essere destinato ad un regno di verità, di pace e di amore?

Se mi dici di si ti faccio sorridere di gioia e creo per te un paradiso dove attenderti.

Puoi amare l'uomo come l'ho amato io, mettendoti al suo servizio fino a morire per esso?

Se mi dici di sì ti faccio conoscere sperimentalmente Dio, perché l'amore ti condurrà a Lui che è l'amore.

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30 marzo: Voi, che sapete?

E tu che sai della libellula?

Di cosa capita quand'essa muore?

Sì, cosa capita quando la gazzella spira nel deserto dopo una lunga corsa per sfuggire allo sciacallo?

Cosa capita quando un fiore appassisce?

Quando l'agnello agonizza sotto il coltello che lo uccide?

Che sapete voi?

E se ci fosse una grande festa in quell'istante?

E se il dolore si trasformasse in gaudio?

E se la morte diventasse vita, più vita, tutta vita?

È l'unico mistero che vi ho lasciato nella creazione; perché lo accogliete così male?

E certo che è stata una brutta cosa che gli uomini abbiano crocifisso Gesù e voi potreste rimproverare il silenzio di Dio su quella tragedia del Calvario però... avete voi sperimentato la risurrezione?

Avete transitato dal visibile all'invisibile per vedere ciò che capita?

Certo: se tutto finisce nella morte sia per la libellula sia per l'erba del campo sia per mio figlio Gesù, potreste aver ragione, ma...

Non e così.

La vita continua...

Non solo continua, ma si sviluppa, cresce, matura.

La vita è eterna e voi non avete visto il meglio che è il Regno!

Il discorso della terra e del cielo è solo l'inizio dei discorsi.

Ce ne sono altri che io vi ho preparato e che voi ascolterete al di là della morte fisica.

Ed è allora che direte con gaudio: «Ora so; Dio è veramente Dio».

Se foste un po’ umili lo potreste dire già ora e sarebbe la forza della vostra vita e sarebbe la gioia della vostra contempla­zione ma... ci vuole pazienza!

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31 marzo: Il discorso dei segni

Non posso negare il visibile che mi sta di fronte. Non posso negare il creato.

Non posso non aver avvertito la meraviglia dei fiori,la potenza dei mari, la logica di un cervello elettronico, le sterminate profondità del cosmo.

Non posso dire: è un caso.

Il discorso dei segni mi interroga: non sono posti a caso, sono delle realtà.

Fin da piccolo mi sono abituato a questa teologia dei segni che giungono a me da ogni parte, con estetica, armonia, forza, chiarezza indiscussa.

U mare è lì e lo vedo, il cielo è lì e lo ammiro, il caldo è li e lo sento, il cibo è li e lo gusto.

Non posso restare indifferente: i segni, la natura, il cosmo sono pagine aperte di un libro che, mi piaccia o no, devo saper leggere.

E mentre leggo penso, e il mio pensiero va sempre verso un centro sconosciuto, invisibile, ovunque presente, straordinariamente interessante: «l'altro» da me, risposta silenziosa alla mia domanda. E l'Assoluto.

Dio poneva segni per parlarci, per spiegare le cose. Anche noi dovevamo fare altrettanto, sia per non perdere tempo, sia per controllarci nel nostro cammino e correggerci nelle nostre debo­lezze.

Si, porre dei segni che fossero come la spiegazione concreta del nostro pensiero, la testimonianza di ciò che volevamo essere, la catechesi del Vangelo vissuto.

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