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CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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IL SENSO DELLA CROCIATA

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2009 16:17
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24/01/2009 16:08
 
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Non erano soltanto misure di polizia: dietro le "leghe di pace" non v’erano soltanto guerrieri "pentiti" e bravi contadini stufi del clima d’insicurezza. Il secolo XI è stato un tempo di riforma della Chiesa: riforma istituzionale, certo, ma anche morale. A promuovere entrambe erano alcuni grandi centri monastici: soprattutto l’Abbazia di Cluny, grande motore dinamico di tutto il periodo, che patrocinò instancabilmente disboscamenti e costruzioni di nuove chiese, culti di santi e di reliquie e di pellegrinaggi. Risale in gran parte ad essa l’iniziativa del pellegrinaggio a Santiago de Compostela, strettamente connesso alla Reconquista cristiana della Spagna condotta certo dalle milizie cristiane locali, ma anche da cavalieri-pellegrini provenienti dall’altra parte dei Pirenei. Non a caso, la saga di Rolando è legata a un passo pirenaico e alla lotta contro gli ispano-musulmani.

Non erano soltanto i contadini bisognosi di nuove terre, quindi, a muoversi. Sulla strada s’incontravano anche i rampolli di un’aristocrazia feudale impoverita dal rialzo dei prezzi, dal sorgere dell’economia monetaria, dal polverizzarsi dei patrimoni familiari; e i milites, i cavalieri che non possedevano sovente altro che le proprie armi e uno o al massimo due cavalli e che battevano le strade d’Europa in compagnia d’uno o d’un paio d’inservienti, ma accompagnati soprattutto dai loro sogni e dalla loro pelle dura. Il "cavaliere errante", figura romantica dell’esistenza effettiva del quale molti hanno dubitato, era una realtà: ma assai meno "bella" (per quanto, dal punto di vista storico, non meno affascinante) di quanto non vorrebbero farci credere i romanzi cavallereschi scritti fra il XII e il XVI secolo. Nella pratica, doveva trattarsi di poveracci che, brigantaggio a parte, non avevano altra risorsa che l’ingaggio mercenario presso qualche potente. Per questo ceto di guerrieri, la Spagna costituiva una risorsa tradizionale, e non necessariamente dalla parte dei cristiani: non era raro il caso di guerrieri cristiani al servizio degli emiri arabo-ispanici o magrebini. La diaspora cavalleresca era comunque un caratteristico segno dei tempi. Caso limite ne furono i Normanni, le cui aristocrazie guerriere si sparsero un po’ dappertutto alla ricerca di terre e di danaro. Li troviamo mercenari nell’Italia meridionale, in Asia Minore al soldo degli imprenditori bizantini, nell’Inghilterra sassone. In molti casi, ebbero fortuna: come gli Altavilla, che nel giro di pochi decenni si insignorirono di Italia meridionale e Sicilia; o la stesso duca di Normandia, Guglielmo, che strappò la corona d’Inghilterra; o Boemondo di Taranto, che con la prima crociata sarebbe divenuto nientemeno che principe di Antiochia. La Chiesa del tempo - e in special modo la grande congregazione cluniacense nonché l’ambiente di prelati e intellettuali che avrebbe avuto la sua massima e politicamente più lucida espressione in Ildebrando di Soana, poi papa Gregorio VII - ebbe la geniale trovata di conferire un senso ecclesiale a queste guerre e a queste conquiste, quindi nell’inculcare in questi guerrieri degli ideali di servizio alla causa cristiana e alla cattedra di Pietro. Dalla Spagna all’Inghilterra alla Sicilia, i conquistatori incedevano recando nella destra il vexillum Petri, lo stendardo pontificio concesso loro dal papa che al tempo stesso giustificava e legittimava - almeno dinanzi alla Cristianità occidentale - le loro conquiste -, e prefigurava una sorta di rapporto feudale tra loro e il capo della Chiesa, dal momento che la concessione dello stendardo era un tipico gesto del signore feudale all’atto dell’investitura d’un vassallo. Nasceva così a poco a poco, su presupposti in apparenza contingenti, un nuovo modo di esser miles Christi, "guerriero di Cristo": fino ad allora, tale espressione era stata usata per i martiri e poi per gli asceti; ora la si impiegava a indicare quei cavalieri che accettavano di porre le loro forze al servizio della Chiesa. La nuova etica cavalleresca di lotta per la giustizia e di difesa dei deboli nacque come etica penitenziale proposta a un ceto di combattenti professionisti per i quali la lotta e il rischio della vita divenivano, ora, mezzo di salvezza spirituale: e in questo è già in nuce l’essenza dello spirito di crociata.


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