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CRISTIANI   Nelle mani del Padre

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IL SENSO DELLA CROCIATA

Ultimo Aggiornamento: 24/01/2009 16:17
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24/01/2009 16:15
 
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È l’Europa del malessere, l’Europa della congiuntura e delle profezie, l’Europa delle speranze e delle paure che affiora a ricorrenti intervalli e che assume i simboli e il linguaggio crociato, quello forse più immediatamente a disposizione per esprimere un’antica sete di giustizia. Comunque, si trattasse di vincere gli infedeli o di por fine al falso cristianesimo dei potenti e degli ipocriti, il fine della crociata - il fine concettuale, intendiamo - non apparteneva mai del tutto ed esclusivamente alla storia. Esso, per sua natura, sconfina nella metastoria e nella metapolitica.

La crociata come guerra escatologica, come "ultima delle guerre", come "guerra pacifica" finisce quindi con lo sconfinare nell’utopia. Giovanna d’Arco e Cristoforo Colombo, Herman Cortes e Tommaso Campanella, Miguel Cervantes e Torquato Tasso culleranno, ciascuno a suo modo, un ideale religioso e guerriero come parte d’un più ampio sogno di rinnovamento e di rigenerazione. Alle soglie dei nostri tempi, sarà significativamente nell’ambiente di un Saint-Simon che ancora una volta - l’ultima, forse - si parlerà a livello non pretestuoso di crociata, una crociata "laicizzata" eppure a modo suo ancora santa, una crociata di pace e di progresso, di libertà e di amore. Senonché, il pratico esito di tanto fulgidi ideali sarà un capolavoro d’ingegneria al servizio dell’economia capitalistica e delle flotte delle potenze imperialiste: il canale di Suez.


Le strutture profonde della crociata Ma, esaurito il nostro forzatamente breve excursus storico torniamo un istante ai tempi del rigoglio delle spedizioni crociate o del permanere delle illusioni ad esse relative, diciamo al Due-Trecento, e domandiamoci: come - e perché nella pratica, si diventa crociati?

La risposta a una domanda del genere richiede una precisazione. Nel medioevale l’Oriente è lontano, favoloso, misterioso: la Terrasanta, però, è vicina. I pellegrinaggi sono frequenti: a volerli fare con un qualche comfort possono essere cari, ma si possono anche fare con poco, da mendicanti o quasi. La gente conosce bene gli episodi fondamentali delle Scritture e soprattutto della vita di Gesù, per quanto non legga la Bibbia: c’è l’insegnamento orale della Chiesa e poi vi sono le sculture, i mosaici, gli affreschi, le vetrate, le pale d’altare: e poi ci sono le leggende dei santi e i volgarizzamenti e le epitomi della letteratura sacra. I pellegrini riportano dalla Terrasanta delle reliquie, e, soprattutto, dei racconti: qualcuno tiene addirittura un diario della sua esperienza, spesso la più bella, la più avventurosa, la più commovente della sua esistenza. Talvolta, nelle chiese d’Occidente, vi sono altari o edicole riproducenti la forma e le dimensioni del Santo Sepolcro, consuetudine questa che i francescani - verso la metà del Trecento incaricati, col benestare del sultano, della "custodia" dei luoghi santi - incoraggeranno. A Roma, un vero tesoro di reliquie nel grande complesso laterano - prime fra tutte la "Veronica" e la "Scala Santa" - ricorda Gerusalemme e accende nel cuore dei pellegrini il desiderio di recarvisi. E v’è, soprattutto, la propaganda dei predicatori, specie quelli francescani e domenicani: dei "divi della penitenza", come sono stati definiti. Essi sanno come esercitare la passione delle folle: le loro prediche per la crociata sono uno spettacolo, una sacra rappresentazione. E d’altra parte è ancora una volta la parola di altri predicatori, magari non sempre del tutto in regola con la disciplina ecclesiale, a scatenare le crociate popolari. Ma non pensiamo a queste ultime. Volgiamoci alle crociate "ufficiali", quelle bandite dai pontefici e provviste del consueto bagaglio di privilegi per i partenti. Alla fine della predica si formulano i voti, si distribuiscono solennemente le croci, distintivo del pellegrinaggio. Le premesse di partenza vengono registrate con precisione: "giurò di recarsi a visitare il Santo Sepolcro del Signore a Gerusalemme e (…) con giuramento devotamente promise di compiere nella dovuta maniera tale voto oltremarino, quando dalla Sacrosanta Chiesa Romana sarà stato ordinato il prossimo passaggio generale in Terrasanta". A questo punto i generosi, gli emotivi, le teste calde, gli sbruffoni sono incastrati: se vorranno uscire dalla pania del voto senza infrangere la loro pace con la Chiesa ma anche senza rischiare la pelle, non potranno che versare una somma di danaro. In pratica l’assunzione del voto diventa col tempo una sorta di promessa di contributo: per le spedizioni non c’è bisogno di pellegrini imbelli ed entusiasti, ma di professionisti (nel Trecento e nel Quattrocento si penserà perfino di assoldare delle Compagnie di Ventura per la crociata). Chi, per devozione o per farsi bello, o semplicemente per ritardare o per sospendere un procedimento giuridico ai suoi danni (per debiti, ad esempio), vuol ottenere un’indulgenza, prende la croce e poi la riscatta con una somma di danaro.

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