CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

💝

 

 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

Dal servizio al potere

Ultimo Aggiornamento: 25/01/2009 08:52
Autore
Vota | Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 5.293
Sesso: Maschile
25/01/2009 08:50
 
Quota

La controversia pasquale

Le chiese d'Asia celebravano la Pasqua il 14 di Nisan, secondo il calendario ebraico, che poteva cadere in un giorno qualsiasi della settimana. La chiesa di Roma aveva invece deciso di spostare sempre tale celebrazione alla domenica immediatamente successiva. Per cercare di ritrovare una maggiore unità, il vecchissimo vescovo di Smirne, Policarpo, si recò a Roma nel 154 per discutere la questione con Aniceto. I due non giunsero a un accordo ma conservarono un atteggiamento fraterno, tanto che Aniceto cedette a Policarpo la direzione della Cena. Successivamente la controversia si inasprì: «Il vescovo romano Vittore (in Roma si era intanto consolidata la prassi della celebrazione domenicale della Pasqua), ardì compiere un gesto d'autorità fino ad allora mai osato: ruppe la comunione con le chiese d'Asia e le altre che seguivano il rito del 14 di Nisan». (6)

Il sorgere del potere papale

Vittore fu così il primo vescovo di Roma ad atteggiarsi a papa. Lo fece suscitando però la resistenza di Policrate, vescovo di Efeso, e la protesta di Ireneo di Lione. Ormai, però, il cammino era stato intrapreso e sarebbe sfociato, a poco a poco, in un potere papale assoluto e indiscutibile.

Elezione a vescovo di Ambrogio nel 374

Nonostante tutti i cambiamenti avvenuti, l'intervento della comunità nella scelta dei vescovi si manterrà per diversi secoli ancora, segno della permanenza dell'originario concetto evangelico di chiesa. Un caso significativo è quello di Ambrogio, eletto vescovo dagli abitanti di Milano nel 374. Il modo in cui avvenne la sua elezione, certamente insolito e che non sapremmo raccomandare, testimonia dell'importanza che la comunità continuava ad avere in un periodo in cui la gerarchia stava già pesantemente strutturandosi: «Essendo venuto a morire il vescovo ariano della città, si produsse una grande agitazione, per la nomina del successore, tra ariani e ortodossi. Ambrogio, come governatore della città, prese tutte le misure necessarie per la tutela dell'ordine pubblico. Mentre esortava la folla alla calma, un ragazzo gridò: “Ambrogio vescovo!". Il grido incontrò l'unanime approvazione, sia degli ariani che degli ortodossi. Ambrogio, meravigliato, dapprima rifiutò; non era neppure ancora battezzato. Ma finì per cedere; e alcuni giorni dopo ricevette il battesimo e l'ordinazione sacerdotale; e uno dei suoi primi atti come vescovo fu di donare ai poveri e alla chiesa tutto quello che possedeva» (7).

L'APICE DEL POTERE PAPALE

Gregorio VII (1073-1085)

Uno dei massimi esempi del potere assunto all'interno della chiesa è dato dal pontefice Gregorio VII (1073-1085). Costui si trovò a dovere esercitare la propria funzione in un periodo particolarmente difficile per la chiesa. La collusione tra autorità religiosa e potere temporale aveva creato il problema dei cosiddetti «vescovi-conti»; molti vescovi erano infatti diventati anche feudatari dell'imperatore. Di conseguenza, l'imperatore voleva nominare lui i vescovi ai quali affidare i propri feudi. Questo comportava però un illegittimo inserimento dell'autorità politica nella vita della chiesa. Il papa, invece, voleva difendere non solo l'autonomia ma la supremazia della chiesa. Solo che per lui, come per molti altri, la supremazia della chiesa si identificava con quella del pontefice.

Va fatto notare che non si metteva in discussione l'unione tra spirituale e temporale: come avrebbe potuto farlo un pontefice se era lui stesso un vero e proprio re?! Si trattava semplicemente di stabilire quale fosse l'autorità suprema, il perno attorno al quale tutto doveva girare per trovare legittimità nell'ambito di una visione unitaria del mondo, caratteristica della cultura medievale.

Il Dictatus Papae

Il pensiero di Gregorio VII è espresso con estrema chiarezza nel suo Dictatus Papae (Dettato del papa), una serie di affermazioni sul valore dell'autorità papale all'interno della chiesa e del resto della società:

«1. La chiesa romana è stata fondata soltanto dal Signore.

«2. Solo il pontefice romano ha diritto di essere chiamato universale.

«3. Egli soltanto può deporre o assolvere i vescovi.

«4. Nei concili il suo legato presiede a tutti i vescovi, anche se è di grado inferiore ed egli soltanto può pronunciare contro di loro sentenza di deposizione.

«5. Il papa può deporre gli assenti.

«6. Non è permesso tra l'altro accompagnarsi con coloro che sono stati scomunicati da lui, né coabitare con essi.

«7. Solo il papa può stabilire, secondo le circostanze, nuove leggi, fondare nuove diocesi, trasformare una collegiata in una abbazia, dividere un vescovato ricco e unire quelli che sono poveri.

«8. Solo il papa può usare le insegne imperiali.

«9. Il papa è l'unica persona a cui tutti i principi baciano i piedi.

«10. Egli è il solo il cui nome dev'essere pronunciato in tutte le chiese.

«11. Il suo nome è unico nel mondo.

«12. Gli è consentito di deporre gli imperatori.

«13. Per ragione di necessità, gli è consentito di trasferire un vescovo da una sede all'altra.

«14. Può, se crede, ordinare un ecclesiastico di qualsiasi chiesa.

«15. Chi è stato ordinato da lui può governare un'altra chiesa, ma non servire né ricevere da un altro vescovo un ordine superiore.

«16. Nessun Sinodo può essere chiamato generale senza suo ordine.

«17. Nessuna scrittura, nessun testo possono essere ritenuti canonici senza la sua autorità.

«18. La sua sentenza non può essere riformata da nessuno ed egli solo può riformare quella di tutti.

«19. Egli non può essere giudicato da nessuno.

«20. Nessuno può condannare una decisione della Sede apostolica.

«21. Le cause maggiori di ogni chiesa devono essere demandate a lui.

«22. La chiesa romana non ha mai errato e, come attesta la Scrittura, non potrà mai errare.

«23. Il pontefice romano, se è stato ordinato canonicamente, diventa indubbiamente santo per i meriti di Pietro, secondo la testimonianza di Sant'Ennodio, vescovo di Pavia, d'accordo in ciò con numerosi Padri, come si può vedere nel decreto del beato papa Simmaco.

«24. Per ordine suo e con la sua autorizzazione, è consentito ai sudditi di accusare i loro superiori.

«25. Egli può deporre e assolvere i vescovi anche senza concilio.

«26. Chi non concorda con la chiesa romana non è considerato cattolico.

«27. Il papa può sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà fatto agli indegni»(8).

L'umiliazione di Enrico IV

La lotta tra potere papale e imperiale non si è svolta a un livello puramente dialettico. Essa è costellata da movimenti politici e da non poche guerre. Per rimanere nell'ambito di Gregorio VII, di fronte al suo Dictatus, l'imperatore Enrico IV, che non era migliore del suo avversario, reagì, cercando di difendere i diritti acquisiti da una tradizione ormai consolidata. Agli ammonimenti del papa, egli rispose convocando i principi e i vescovi di Germania e facendo loro dichiarare che Gregorio era «un falso monaco e non papa». Tentò la stessa cosa con i prelati di Roma ma qui non ebbe successo. Scomunicato dal papa, Enrico IV si ritrovò in uno stato di debolezza per la perdita del sostegno da parte di parecchi suoi feudatari, che la scomunica scioglieva dal giuramento di fedeltà, e per la rivolta di parte dei suoi sudditi. Per riconquistare il potere, Enrico dovette umiliarsi di fronte al papa aspettando, in pieno inverno, tre giorni e tre notti, a piedi scalzi nella neve, nel cortile del castello della contessa Matilde, dove Gregorio era ospite. Riottenuto il potere, Enrico IV non perse però tempo a procurarsi una pesante vendetta facendo eleggere un antipapa, conquistando Roma e assediando Gregorio VII dentro Castel Sant'Angelo.

Gli avventisti che hanno letto Il gran conflitto di Ellen G. White, conoscono bene questa vicenda. La sua descrizione è evidentemente di parte, scritta in una prospettiva antipapale che vede nel modo in cui Gregorio VII umiliò Enrico IV il segno di un'arroganza spirituale che va oltre la semplice questione dei suoi rapporti con l'impero. Vale tuttavia la pena di rileggere questo brano che riportiamo tra i Documenti.

Pedro

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 19:50. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com