CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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Dal servizio al potere

Ultimo Aggiornamento: 25/01/2009 08:52
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L’umiliazione di Enrico IV

«Un altro passo avanti nell'ambito delle pretesi papali fu compiuto nell'undicesimo secolo. Papa Gregorio VII proclamò la perfezione della chiesa romana e affermò, tra l'altro, che secondo le Scritture essa non aveva mai sbagliato, né mai avrebbe potuto sbagliare. Le Scritture, però, non convalidavano questa sua dichiarazione. L'orgoglioso pontefice, inoltre, pretendeva di avere l'autorità di deporre gli imperatori, e affermò che nulla di quanto egli andava asserendo poteva essere revocato, in quanto egli solo aveva il potere di annullare qualsiasi altrui decisione.

«Un'impressionante illustrazione del carattere tirannico di questo sostenitore dell'infallibilità è fornita dal trattamento che egli riservò all'imperatore di Germania Enrico IV il quale, poiché ardì negare l'autorità papale, venne scomunicato e detronizzato. Terrificato per l'abbandono da parte dei suoi principi e per le loro minacce, in quanto essi si sentivano incoraggiati alla ribellione dal decreto papale, Enrico IV volle riappacificarsi con Roma. Accompagnato dalla moglie e da un fido servitore, egli attraversò le Alpi in pieno inverno per andare a umiliarsi dinanzi al pontefice. Giunto al castello (di Canossa) dove Gregorio si era ritirato, fu introdotto, privo della guardia, in un cortile interno dove, in quel gelido inverno, a capo scoperto, a piedi nudi e vestito di sacco, attese che il papa lo ammettesse alla sua presenza. Fu solo dopo tre giorni di digiuno, seguito dalla confessione, che Enrico ottenne il perdono papale. Fu perdonato, ma a condizione che aspettasse il beneplacito del papa prima di potere ricevere nuovamente le insegne del suo potere, ossia esercitare l'autorità regale. Gregorio, lieto del proprio trionfo, si vantò che era suo dovere fiaccare l'orgoglio dei re.

«Quale stridente contrasto fra lo smisurato orgoglio di questo altezzoso pontefice e l'umiltà, la mansuetudine di Cristo, il quale raffigura se stesso nell'atto di bussare alla porta del cuore per esservi ammesso e recarvi il perdono e la pace! Quale contrasto con Colui che insegnò ai discepoli: "Chiunque fra voi vorrà essere primo, sarà vostro servitore"» Ellen G. White, Il gran conflitto, p. 43, Edizioni A.d.V, Firenze 1977.

La teoria del sole e della luna di Innocenzo III

La supremazia dell'autorità papale troverà un grande sostenitore in papa Innocenzo III (1198-1216). Suo è il brano seguente.

«Come Dio, Creatore dell'universo, ha creato due grandi luci nel firmamento del cielo, la più grande per presiedere al giorno e la più piccola per presiedere alla notte, così Egli ha stabilito nel firmamento della chiesa universale, espressa dal nome di cielo, due grandi dignità: la maggiore a presiedere - per così dire - ai giorni cioè alle anime, e la minore a presiedere alle notti cioè ai corpi. Esse sono l'autorità pontificia e il potere regio. Così, come la luna riceve la sua luce dal sole e per tale ragione è inferiore a lui per quantità e qualità, dimensione ed effetti, similmente il potere regio deriva dall'autorità papale lo splendore della propria dignità e quanto più è con essa a contatto, di tanto maggior luce si adorna, e quanto più ne è distante tanto meno acquista in splendore. Ambedue questi poteri hanno avuto collocata la sede del loro primato in Italia».

NOTE:

1 - Cit. in Pina D'Amia (cur.), San Francesco, p. 31, Arnoldo Mondadori Ed., Milano 1973.
2 - In senso contrario sembrerebbe di andare a Tito 1: 5: «Per queste ragioni t'ho lasciato in Creta: perché ... costituisca degli anziani per ogni città». Ci troviamo in presenza di una nomina dall'alto? Il verbo «costituire» è lo stesso di Atti 6: 3 a proposito dei diaconi scelti dalla comunità e ai quali gli apostoli imposero le mani «incaricandoli» così del loro ministero. E' probabile quindi che anche qui Tito, se non ci sono fatti particolari che ignoriamo, abbia proceduto all'imposizione delle mani sui candidati scelti dalle comunità locali.
3 - Clemente Romano, Lettera ai Corinti, p. 111, a cura di Igino Giordani, Istituto Missionario Pia Società S. Paolo, Roma 1944.
4 - Omodeo, Saggi sul Cristianesimo antico, pp. 469,470, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1958.
5 - Omodeo, Op. cit., p. 470.
6 - Omodeo, Op. cit., pp. 490,491.
7 - Cit. in E. Meynier, Il Cristianesimo attraverso i secoli, p. 115, Ti¬pografia Istituto Gould, Roma 1906. Che l'elezione di Ambrogio da parte di tutta la comunità non fosse un fatto straordinario nella chiesa dei primi secoli, lo si può vedere da altri episodi. Così si legge nell'Ordinamento ecclesiastico di Ippolito (215 circa): «Venga costituito vescovo colui che viene scelto da tutto il popolo. Quando è stato eletto e da tutti approvato, il popolo si raccolga la domenica insieme con i presbiteri e i vescovi presenti. Tra l'approvazione di tutti, i vescovi gli impongano le mani e i presbiteri stiano in piedi, lì vicino. Tutti in silenzio, tra sé e sé, supplichino la discesa dello Spirito. Poi uno dei vescovi presenti, pregato da tutti, imponga le mani su colui che viene ordinato vescovo». Citato in La Teologia dei Padri, vol. 4, p. 92, Città Nuova Ed., Roma 1975. Solo un vescovo impone le mani, ma lo fa su richiesta della comunità intera, quindi in sua rappresentanza, e solo dopo che la comunità ha scelto e ha pregato per il candidato.
8 - Tradotto in Storia della Chiesa dalle origini ai nostri giorni, in XXIV voll.; vol. VIII, Augustin Fliche, La riforma gregoriana e la riconquista cristiana (1057-1123), pp. 112,113, S.A.I.E., Torino 1972.
9 - Cit. in Hans Küng, Vita eterna?, p. 193, Arnoldo Mondadori, Ed., Milano 1983.
10 - Hans Küng, Op. cit., pp. 172,173.
11 - Giorgio Tourn, I Valdesi, la singolare vicenda di un popolo-chiesa (1170-1976), pp.10,11, Claudiana Ed., Torino 1977.
12 - Idem, p. 12.
13 - Pina D'Amia, Op. cit., pp. 69,70.

Pedro

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