CRISTIANI   Nelle mani del Padre

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LA NASCITA DEL PAPATO

Ultimo Aggiornamento: 07/04/2009 19:51
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07/04/2009 19:35
 
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LA NASCITA DEL PAPATO

L'idea del Papato, nasce con Callisto I (217-222), che sostenne il primato del vescovo di Roma, il quale, essendo successore di S. Pietro e vicario di Cristo in terra, esercitava un primato d'onore e di giurisdizione, secondo le parole di Matteo (16,18). Successivamente, il Padre della Chiesa Cipriano difese la priorità del vescovo di Roma, ma anche la parità giuridica di tutti i vescovi.
Il vescovo di Roma esercitava comunque una posizione preminente, che è testimoniata dal fatto che le sue decisioni venivano accolte da tutte le chiese. Intorno al 375, inoltre, Damaso I si batté per sostenere l'autorità dottrinale del vescovo di Roma, e con la nascita del concetto di sede
apostolica, iniziò l'evoluzione da vescovo di Roma a papa. Con Teodosio si ebbe il definitivo riconoscimento del vescovo di Roma quale custode della vera fede e quale massima autorità religiosa, e Siricio (384-399) redasse, ispirandosi alla forma che avevano i decreti imperiali, le costituzioni pontificie in cui venne attestata l'identificazione del papa con S. Pietro.
L'autorità del papa diventò ben presto anche politica. Grazie ad alcuni personaggi di rilievo che esercitarono questa funzione, come
Gregorio I Magno, il papato iniziò a colmare il vuoto politico-amministrativo lasciato dalla dissoluzione dell'Impero d'Occidente, e ad allargare la sua influenza anche sulle chiese d'Oriente, che giunsero allo scisma del sec. XI. Questo papa fondò il potere temporale del papato, che si costituì grazie alle donazioni del re longobardo Liutprando e dei Franchi.
Fino al sec. XI l'elezione del papa avveniva ad opera del clero e del popolo di Roma, con la partecipazione dei vescovi delle sedi vicine, ma con interferenze, in un primo momento, dell'Imperatore bizantino, poi dei re franchi, e delle casate. Finché, nel sec. XI, una riforma dell'elezione papale, concesse questo privilegio solo ai cardinali vescovi. Promovendo la riforma interna, in lotta con imperatori e sovrani, il papato si trasformò in una ierocrazia (Dominio politico della classe sacerdotale).
Sotto Innocenzo III, inoltre, si ebbe l'accentramento nel papato di tutti i poteri, compresi quelli di legislatore e amministratore dei beni ecclesiastici, (Unam sanctam 1302), cosa che trovò una progressiva resistenza nella nobiltà romana e ancora di più nelle nuove forze nazionali. E' questa pressione che portò al trasferimento del papato ad Avignone (1309-77), voluto dal re di Francia, e quindi allo scisma d'Occidente (1378-1417). La reintegrazione del papato fu lungamente contrastata e limitata. A questa contestazione, si aggiunse anche quella, ben più ampia e radicale, della Riforma protestante (1520), alla quale il papa rispose convocando il Concilio di Trento (1545), con il quale volle rafforzare il centralismo del papato e la propria iniziativa politico-religiosa, senza tuttavia riuscire a eliminare le opposizioni.


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07/04/2009 19:42
 
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Breve storia del PAPATO ROMA
Il diritto al governo della Chiesa fu rivendicato dai vescovi di Roma, tra i pericoli e le persecuzioni, in nome dei privilegi personali dell'apostolo Pietro, i cui successori agirono in modo che la loro autorità si perpetuasse, secondo la parola di Gesù Cristo, «fino alla consumazione dei secoli».

Dopo il martirio di San Pietro, vediamo i successori dell'apostolo intervenire innumerevoli volte come arbitri, per pacificare i dissensi fra le diverse Chiese locali. Così San Clemente, nelle divisioni della Chiesa di Corinto, San Vittore nella questione della data della festa di Pasqua, dibattuta fra le Chiese d'Oriente d'Occidente, Santo Stefano nella questione del battesimo degli eretici ecc., ecc.

Stabilita tale supremazia sulla supremazia stessa di Pietro, tre circostanze contribuirono a consolidarla: anzitutto l'importanza politica e morale della città di Roma; poi i meriti de' suoi vescovi, o papi, 28 dei quali, nei primi tre secoli della Chiesa, subirono il martirio e perciò furono santificati, ed infine e soprattutto la bontà fondamentale della loro dottrina.

In pratica, la supremazia di giurisdizione si affermò come supremazia di dottrina, e tale affermazione fu resa più facile dal concorso degli imperatori. Infatti, nella lotta contro le grandi eresie che seguì il riconoscimento della Chiesa da parte di Costantino, i papi si sforzarono di tenere il primo posto, sia denunciando l'errore, sia provocando, poi confermando e facendo eseguire le decisioni dei Concilii.

Il concilio di Nicea (325) dichiarò il vescovo di Roma dotato di una supremazia perpetua; il concilio di Efeso (431) proclamò il pontefice romano «principe, testa, colonna della fede, fondamento della Chiesa, detentore, per volere di Gesù Cristo, delle chiavi del regno celeste». D'altra parte, nel 455, l'imperatore Valentiniano III, approvando le rivendicazioni precise ed energiche di Innocenzo I e di Leone il Grande, pubblicò un editto che sottolineava assolutamente al vescovo di Roma tutti i vescovi del suo impero. A dire il vero, l'esercizio di questo primato fu più profondo e durevole in Occidente che non in Oriente.
Ragioni molteplici dovute insieme alla lingua aIla politica, ai costumi, allontanano a poco a poco dal papato la Chiesa d'Oriente. Lo scisma scoppierà con Fozio (867). Ma in Occidente l'opera del papato continua, tendendo ad allargare all'esterno il campo d'azione della Chiesa e ad organizzare questa internamente.
I papi sono testimoni del battesimo dei Franchi (496), dei Burgondi (517) e degli Svevi (551). San Gregorio Magno accolse nella Chiesa i Visigoti di Spagna (590) e i Longobardi (591), e mandò missionari agli Anglosassoni (595-597). La conversione della Frisia e della Germania fu opera di Sergio I e di San Gregorio II (690-7l9). 
A metà dell'VIII secoIo, San Bonifacio, in nome del papato, evangelizza la Germania, creandovi un episcopato disciplinato e dipendente da Roma. Poi, l'avvento dell'impero carolingio reca al papato un nuovo concorso. ll papa Zaccaria riconosce come re Pipino il Breve; San Leone III incorona imperatore Carlo Magno. A loro volta, i Carolingi permettono la costituzione di uno Stato pontificio, ed aggiungono ai vasti domini che i papi, che fin dal secolo IV, avevano ricevuto dagli imperatori, la donazione autentica di Roma, di Ravenna e della Pentapoli (741-774), e sopratutto liberano la santa sede dal dominio dei Longobardi. Infine, Carlo Magno e i suoi successori assecondano l'opera d'organizzazione della Chiesa: Carlo il Calvo, nell'877, accetta i canoni del concilio di Ravenna decidendo che l'investitura dei metropolitani debba essere approvata dal papa. Il papa è ormai veramente, di fatto e senza contestazioni , il capo della Chiesa, al quale è riservato il diritto di convocare concilii, di omologare le loro deliberazioni, di giudicare e destituire i vescovi.
Nel 1049, il concilio di Reims, presieduto da Leone IX, dichiara il vescovo di Roma primo apostolico della Chiesa universale. Nel XII secolo, il papato può quindi figurare in Occidente come una potenza religiosa, morale e politica di prim'ordine.
Nicola II l'ha liberata dalla protezione imperiale, che col pretesto di difenderla contro la turbolenza degl'italiani, aveva per un momento, alla fine del IX secolo, manifestata la tendenza ad asservirla. San Gregorio VII, a sua volta, proclama la superiorità del potere spirituale, riforma i costumi del clero, ristabilendo nel suo rigore primitivo il celibato ecclesiastico, e forma il sogno grandioso di un'Europa cattolica federata sotto la croce di San Pietro. Questo sogno vien realizzato, nei limiti del possibile, dal grande sforzo compiuto dalla comunità cristiana con le Crociate. Innocenzo III, Gregorio IX, Innocenzo IV, riprendono con ancor maggiore energia le vedute di Gregorio VII, fino a provocare un conflitto con gl'imperatori di Germania; conflitto pericoloso, dal quale il potere spirituale del papato esce intatto, mentre altrettanto non avviene del suo prestigio politico.
Fonte: TUTTI I PAPI - DA SAN PIETRO A PIO XI CASA EDITRICE SONZOGNO - MILANO, 1925

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07/04/2009 19:46
 
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VENTI SECOLI DI PAPATO 1°
 VENTI SECOLI DI PAPATO

Cosa sappiamo della nostra Chiesa?


Traendo spunto da quanto altri hanno scritto prima di me, generalmente appartenendo ad altre confessioni religiose (p.e. protestanti), mi sono chiesto quale corrispondenza vi fosse tra la catechesi sull'evoluzione della Chiesa e la realtà storica.

Indagando in questo specifico contesto ho scoperto di sapere troppo poco della religione nella quale sono stato educato e quel poco di saperlo male.

Sull'aspetto storico della Chiesa Gerosolimitana, sulla possibile realtà storica del Cristo e sulle originarie divergenze interpretative (primi due secoli) ero abbastanza ferrato, pur con tutti i dubbi possibili, ma dei residui diciotto secoli, per quanto riguarda specificatamente la storia della Chiesa, mi sono reso conto di non saperne abbastanza.

Così ho deciso di buttare in rete il materiale che ho potuto consultare e verificare, cosa che farò a puntate (almeno fino a quando mi sarà permesso).

Ecco, più o meno, quello che ho scoperto: La prima cosa che ho rilevato è quella che, sfruttanto il titolo di un bel romanzo di R.Vacca, può essere veramente definita la "suprema pokazuka", cioé la più curiosa e visibile operazione di "camuffaggio" che abbia avuto luogo dal II secolo d.C. sino ad oggi. E, sostanzialmente, è costituita soltanto da un brandello di stoffa. Sulla croce è inchiodato un Cristo, rappresentato così, a parte qualche eccezione (nella quale appariva completamente vestito o, addirittura, a fianco della croce o in disparte), solo dal VI° secolo d.C., e con uno straccio intorno alla vita, a coprire le pudenda.

Perchè?

Vista l'aria che tirava direi soltanto per nascondere la circoncisione che Gesù, ebreo osservante e probabilmente patriota nel senso più religioso del termine (v.: Gesù il Cristo - la figura storica ), sicuramente esibiva.

E la necessità di nascondere questa particolarità anatomica derivava dall'incongruenza tra la persecuzione degli ebrei deicidi, richiesta a tutti i buoni cattolici dalla Chiesa su preciso, ma falsificato, incarico dello stesso Gesù, un ebreo, e l'essere il Cristo un giudeo nel senso più proprio del termine.

Occorre ricordare che la persecuzione degli ebrei, che durante i primi tre secoli dopo Cristo erano cittadini dell'impero con piena capacità giuridica (fatto salvo il periodo delle guerre ebraiche), comincia esplicitamente dopo Costantino.

Essi vengono esclusi dalle cariche civili ed amministrative. Viene loro proibito di impiegare gentili e dare o ricevere da cristiani assistenza medica, mentre i matrimoni tra cristiani e giudei vengono considerati alla stregua di adulteri.
(sempre tanto per rompere inserisco un link ad alcune pagine tratte da Summa Omnium Conciliorum et Pontificum del 1691, sempre sul trattamento dei giudei)

Innocenzo III diede loro un ulteriore stoccata
(da ricordare, a conferma, che nel Concilio IV di Laterano, tenutosi nel 1215 sotto di lui, oltre al resto, nel canone 68 si precisa: Statuimus ut Iudæi utriusque sexus in omni Christianorum provincia et in omni tempore qualitate habitus publice ab aliis populis distinguantur" ed al canone 69: Nec Iudæi...officiis publicis præficiantur", etc.etc. Ma già nel II di Nicea, 787, era proibito agli ebrei di avere servi cristiani e di partecipare alla vita della comunità)
e, forse, la botta finale, per così dire, arriva da Paolo IV, con la sua Bolla "Cum nimis absurdum" del 1555, nella quale vengono formalmente istituiti i "ghetti".

Gli ebrei vengono obbligati a cedere tutti i loro beni, viene loro vietato di esercitare attività commerciali e trattare granaglie, mentre possono vendere cibo in genere e abiti "di seconda mano" (alias stracci. Erano diventati stracciaroli). Viene loro permessa una sinagoga per città (dentro al ghetto). Tutti i loro libri vengono bruciati e vengono costretti ad indossare , in pubblico, un cappello giallo (non poi così diverso dalla stella nazista, anch'essa gialla). Possono parlare solo in latino o in italiano e non devono mai essere chiamati "signore".

Nel giro di pochi mesi ci furono ghetti dappertutto. Quello di Bologna era soprannominato "Inferno". Ed era obbligo di ogni buon cristiano, ove possibile, di portare via i figli agli ebrei per battezzarli e condurli sulla via del Signore.

La faccenda è andata avanti per un pezzo, se si pensa che nel 1823 Leone XII richiude di nuovo gli ebrei nei ghetti e nella 2A Guerra Mondiale il silenzio del Papato è stato più eloquente di una enciclica.


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07/04/2009 19:51
 
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Il successore di Pietro?
 VENTI SECOLI DI PAPATO

Il successore di Pietro?

Il Sommo Pontefice, Giovanni Paolo II°, è chiamato il 263° pontefice, almeno nelle liste Vaticane, ma il numero non sembra così certo.

Ci sono state molte occasioni nelle quali nessuno sapeva con certezza chi, dei diversi pretendenti al titolo, fosse il vero papa.

Soltanto nel 1073 Gregorio VI° proibì espressamente ai cattolici di chiamare "papa" una persona diversa dal vescovo di Roma. In precedenza molti vescovi erano affettuosamente chiamati ed invocati con il titolo di Papa o "pope".

Si sostiene che Pietro fosse il vescovo di Roma, ma non pare nemmeno certo che a Roma egli si sia fermato per un certo tempo (i più accreditati studiosi gli attribuiscono al massimo tre anni di permanenza nella città). E' invece sicuro che nella lettera di Paolo del 58 d.C., indirizzata ai Romani, egli menziona personalmente 29 individui, ma non saluta affatto Pietro. Omissione sconcertante se Pietro fosse stato formalmente il vescovo di Roma.

D'altra parte non c'era alcuna ragione per la quale Pietro dovesse essere vescovo a Roma. Non era nemmeno stato vescovo a Gerusalemme, dove , dopo la morte di Gesù, capo della Chiesa era diventato Giacomo, il fratello del Signore.

C'è poi anche il fatto stranissimo che il nome di Pietro non appare nei primi successivi (all'epoca di Pietro) elenchi dei vescovi di Roma. Ireneo, vescovo di Lione dal 178 al 200 d.C., che può citare con assoluta precisione la propria personale sequenza di "tradizione" vescovile sino a risalire direttamente all'apostolo Giovanni, elenca tutti i vescovi di Roma fino al dodicesimo, Eleuterio, ma, come primo vescovo, parte da tale "Lino".

Altrettanto si ritrova nella "Costituzione Apostolica" dell'anno 270, nella quale si precisa che Lino ottenne la sua nomina direttamente da Paolo.

Proprio nel tentativo di risolvere l'incongruenza in molti elenchi di pontefici seicenteschi i pontefici numero uno e due delle antiche liste, Lino e Cleto, vengono addirittura ridotti alla qualità vescovile, saltando a pié pari da Pietro a Clemente (e ricordiamo che, in realtà, la medesima idea "cattolica" di "papa" era in quel tempo senza significato alcuno).

Secondo alcuni la cosa si spiega soltanto con l'ipotesi che nella mente degli antichi commentatori gli apostoli costituissero una classe a parte, da non confondere con le normali gerarchie, e che essi, gli apostoli, non appartenessero a nessun luogo specifico ma a tutta la Chiesa in senso lato.

La Chiesa ha stabilito come essenziale elemento di "fede" (e di potere come vedremo) che i papi sono successori di S.Pietro come vescovo di Roma, ma egli non ha mai portato quel titolo, che gli fu attribuito solo molti secoli dopo.

Su questa esile ed inconsistente base il Papa è diventato l'ultimo sovrano assoluto sul pianeta, con poteri che hanno del fantastico.

Naturalmente, come tutti i regnanti di questo genere, la sua corte burocratica, la Curia, che alla fin fine ha sempre vinto tutte le sue battaglie, risulta in grado di condizionarne pesantemente le scelte sia direttamente sia indirettamente, filtrando opportunamente le informazioni destinate al Pontefice

Ancora più strano è che questo potere assoluto, costruito appunto sulla inesistente correlazione con Pietro con la straordinaria frase "Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam, et portae inferi non praevalebunt adversus eam" (giustificata dagli studiosi con il fatto che in Aramaico "Pietro" e "rocca/pietra" sono entrambi "Cepha"), non abbia trovato fondamento teologico alcuno fino al XV° secolo.

A Cipriano, Origene, Cirillo, Ilario, Gerolamo, Ambrogio, Agostino, per citarne alcuni, non verrebbe mai in mente di applicarla al Papa, anzi proprio fino al XV° secolo era prassi costante riferirsi solo al Signore come unica "pietra portante" della Chiesa.

Inoltre Pietro non era nemmeno un grandissimo esempio in ordine alla "infallibilità" autoattribuitasi dai pontefici. Pietro fece terribili errori sia prima sia dopo la morte di Gesù (i vari tradimenti, il tentativo di impedirgli di andare a Gerusalemme,etc.) tanto che uno dei più grandi studiosi di diritto canonico, Graziano, nel 1150, dice:" Petrus cogebat Gentes Judaizare et a veritate evangeli recedere" , cioè "Pietro spingeva i Gentili a vivere come Ebrei allontanandosi dalla verità del Vangelo".


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