Purificazione dello spirito |
C'è uno slogan che ha fatto il giro del mondo e che dice: "Mettendo insieme i denari che si spendono per le cure dimagranti o per tentare di guarire gli organi rovinati dal troppo mangiare nei due continenti benestanti dell'Europa e dell'America, si otterrebero largamente i mezzi per dare pane ai popoli miseri e denutriti d'Africa e d'Asia". |
Il che significa che la voracità è una ben chiara qualità dell'uomo, ivi compreso l'uomo spirituale, l'uomo colto, l'uomo raffinato e - troppo sovente - l'uomo religioso. |
Gesù, a questo proposito, ci direbbe: "Non avete saputo fare con le cose piccole; chi vi confiderà le grandi?" (Lc 16, 10). |
Se tale voracità abbiamo messo in atto alla tavola del corpo, immaginiamo come l'avremmo centuplicata alla tavola delle cose spirituali, se... se ci fosse il gusto a sentircene allettati! Avremmo dato addirittura l'assalto al Cielo, come fece Satana. |
È inutile ripeterlo: siamo dei malati, degli squilibrati, dei sensuali, dei cattivi. E intendiamoci: tutti quanti. |
Gesù, dando il giudizio su di noi, giudizio riassuntivo, autentico, scolastico, disse: "Voi che siete tutti cattivi" (Mt 7, 11). |
E sulla croce completò il giudizio: "Padre, perdona loro perché non sanno che cosa fanno" (Lc 23, 34). Cattivi e pazzi! |
Lo siamo nelle piccole cose e lo siamo nelle grandi. Lo siamo facendo indigestione e lasciando morir di fame il vicino e continuiamo ad esserlo nella preghiera e nelle cose spirituali. |
Ma per fermarci, per bloccare il nostro assalto al Cielo, per impedire l'indigestione e l'impinguamento nelle cose dello spirito, Dio ha avuto una trovata radicale: la fede nuda, la speranza senza memoria, la carità senza sdolcinamenti. |
L'uomo che dopo i primi passi nella vita spirituale si lancia nelle battaglie della preghiera e nell'unione con Dio, si stupisce dell'aridità del cammino. |
Più avanza e più si fa buio attorno a lui; più cammina e più il tuttodiventa amaro o insipido. Deve addirittura, per avere un po' di conforto, richiamarsi alle gioie antiche, a quelle dei primi passi, quelle che Dio gli donava per attirarlo a sé. |
A volte è perfino tentato di gridare: "Ma Signore, se tu ci aiutassi un po' di più, avresti più seguaci alla tua ricerca". |
Ma Dio non ascolta tale invocazione; anzi, al posto del gusto, aggiunge noia; e invece della luce mette le tenebre. |
Ed è proprio là, a metà del nostro cammino, che non sappiamo se andare avanti o indietro; meglio... sentiamo di andare indietro. |
Ma solo allora incomincia la vera battaglia e le cose si fanno serie. Sì; si fanno serie, innanzitutto perché si fanno vere. Incominciamo cioè a scoprire ciò che valiamo: nulla o poco più. Credevamo, sotto la spinta del sentimento, di essere generosi; e ci scopriamo egoisti. Pensavamo, sotto la falsa luce dell'estetismo religioso, di saper pregare; e ci accorgiamo che non sappiamo più dire "Padre". Ci eravamo convinti di essere umili, servizievoli, ubbedienti; e constatiamo che l'orgoglio ha invaso tutto il nostro essere, fino alle radici più profonde. Preghiera, rapporti umani, attività, apostolato: tutto è inquinato. |
È l'ora della resa dei conti; e questi sono molto magri. |
Tolta qualche anima privilegiata - che ha capito fin dal principio dove stava il problema e, senza lasciarsi ingannnare né dagli uomini né da Satana, si è subito messa sul cammino aspro e vero dell'umiltà e dell'infanzia spirituale - la maggior parte degli uomini è chiamata a fare una dura e dolorosa esperienza. |
Normalmente ciò capita sui quarant'anni: grande data liturgica della vita, data biblica, data del demonio meridiano, data della seconda giovinezza, data seria dell'uomo: |
Per quarant'anni fui disgustato con questa generazione |
e dissi: - Sempre costoro son traviati di cuore. (Sal 94, 10) |
È la data in cui Dio ha deciso di mettere con le spalle al muro l'uomo che gli è sfuggitofino ad ora dietro la cortina fumogena del "mezzo sì e mezzo no". |
Coi rovesci, la noia, il buio; e più sovente ancora, e più profondamente ancora, la visione o l'esperienza del peccato. L'uomo scopre ciò che è: una povera cosa, un essere fragile, debole, un insieme di orgoglio e di meschinità, un incostante, un pigro, un illogico. |
Non c'è limite a questa miseria nell'uomo; e Dio gliela lascia ingoiare tutta fino alla feccia. |
E anche per coloro che in questa situazione non peccano perché aiutati dalla Grazia si apre tremenda davati agli occhi, la visione delle cose vere: Dio, l'uomo, il peccato. |
L'anima avverte di camminare su un filo; e sotto il filo vede l'inferno meritato le cento volte e le cento volte richiuso dalla misericordia di Dio. |
Non c'è peccato che non abbia commesso o che non senta intimemente di essere capace di commettere. |
Ma non basta. |
Nel profondo è riposta la colpa più decisiva, più vasta anche se nascosta, appena o forse mai erompente in singole opere concrete, in cui si spinge verso la superficie del mondo, ma che dal profondo, dagli strati interni del nostro essere - come dice Welte - imbeve con linfa venefica e danneggia strati molto estesi della nostra vita: colpa che consiste più in atteggiamenti generali che in singole azioni, ma che per lo più determina la vera qualità del cuore umano, meglio delle azioni; colpa che è nascosta, anzi camuffata, perché noi a mala pena e spesso solo dopo lungo tempo possiamo coglierla con lo sguardo, ma tuttavia abbastanza viva nella coscienza da poterci contaminare e che pesa assai più di tutte le cose che noi abitualmente confessiamo. |
Io intendo gli atteggiamenti che avvolgono la nostra vita intera come un'atmosfera, e che sono presenti, per così dire, in ogni nostra azione e omissione; peccati di cui non possiamo sbarazzarci, cose nascoste e generali: pigrizia e viltà, falsità e vanità, delle quali neppure la nostra preghiera può essere interamente libera; che gravano profondamente su tutta la nostra esistenza e la danneggiano. |
È finito il tempo dei giochetti, della commedia, dell'eloquenza, del "come se...". Si è arrivati infine a conoscere la propria ignoranza sull'orlo dell'abisso che separa la creatura dal Creatore. |
Là, non si vive se non di elemosina, della grazia sconosciuta, inafferrabile. |
Tutti i mezzi si son dimostrati impotenti, tutte le vie troppo corte. La notte divina, impenetrabile, ci avvolge; la solitudine spaventosa, se pur necessaria e inevitabile, ci accompagna. |
Ogni parola di consolazione ci appare menzogna: si ha l'impresione che Dio ci ha abbandonati. |
In questo stato davvero doloroso, la preghiera diventa vera e forte, anche se arida come la sabbia. |
L'anima parla al suo Dio con la sua povertà, col suo dolore; più ancora, con la sua impotenza e abiezione. |
Le parole si fanno sempre più scarse, più nude. Si giunge al silenzio, che è un passo innanzi nella preghiera; perché è senza limiti, mentre ogni parola ha un limite. |
E la golosità spirituale? |
Oh, essa c'è sempre! Cova sotto la cenere; ma è meno violenta, più prudente, più dominata. |
Dio ora interviene di nuovo con le consolazioni, dacché sarebbe impossibile vivere in quello stato di abbandono. È Lui che torna a sollecitare l'anima col tocco della sua dolcezza. E l'animaaccetta con gratitudine; ma è talmente resa paurosa dai colpi ricevuti, che non osa chiedere altro. |
In fondo ha capito che deve lasciar fare, che deve abbandonarsi al suo Redentore, che da sola non può nulla, che Dio può tutto... |
E se sarà ferma e immobile, come fasciata dalla fedeltà di Dio... oh! s'accorgerà presto che le cose son cambiate, e che la marcia, pur sì pesante ancora, è nella buona direzione. |
È la direzione dell'amore; ed esso verrà come la luce viene dopo le tenebre, il meriggio dopo l'aurora. |
Ciò che conta è lasciar fare a Dio. |