CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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APOCALISSE DI SAN GIOVANNI APOSTOLO

Ultimo Aggiornamento: 10/01/2010 17:45
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CAPITOLO SECONDO - RIFLESSIONE

APOCALISSE DI SAN GIOVANNI APOSTOLO

 

CAPITOLO SECONDO


   

LETTERA ALLE CHIESE: DI EFESO


[1]All'angelo della Chiesa di Efeso scrivi: Così parla Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro:

Evangelizzatore della Chiesa di Efeso è stato l’Apostolo Paolo. Gli Atti degli Apostoli contengono diverse notizie su questa Chiesa (Cfr. Atti cc. 19-20). Agli Efesini Paolo scrisse anche una Lettera (Lettera agli Efesini).

Qual è lo stato attuale, o situazione, in cui versa questa comunità? Ma prima di tutto chi è che scrive al suo Angelo?

Non è più Paolo. È lo stesso Cristo Gesù. Non scrive ai fedeli. Scrive a Colui che regge i fedeli.

Chi scrive è “Colui che tiene le sette stelle nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d’oro”.

Scrive all’Angelo della Chiesa di Efeso lo stesso Signore della Chiesa, Colui che regge la Chiesa, Colui che vive in mezzo alla Chiesa.

Scrive all’Angelo della Chiesa di Efeso Colui che ha il governo di tutta la Chiesa e di coloro che reggono in suo nome e con la sua autorità la Chiesa.

Gesù, essendo il Signore della Chiesa, avendo il governo su di essa, può intervenire ogni qualvolta Lui lo ritenga opportuno per rimettere la sua Chiesa nella pienezza della grazia e della verità.

Questa è verità fondamentale: Signore della Chiesa e degli Angeli della Chiesa è solo Cristo Gesù.

Chi crede in questa verità si salva. Chi non crede è già nella falsità, nella menzogna.

Nella Chiesa non c’è autonomia da Cristo Gesù. Nella Chiesa solo Cristo è il Signore. Tutti gli altri sono servi del Signore. Tutti gli altri vivono per ascoltare il Signore. Vivono per servire il Signore.

[2]Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza, per cui non puoi sopportare i cattivi; li hai messi alla prova quelli che si dicono apostoli e non lo sono e li hai trovati bugiardi.

L’Angelo della Chiesa di Efeso è un operaio che lavora bene. Ha il discernimento del bene e del male. Ha saggezza e prudenza. Sa vedere chi è nella verità di Cristo Gesù. Sa smascherare chi non lo è.

Le opere in sé sono buone. Questa verità è visibile e ognuno la può constatare. Ognuno può vedere ciò che appare. Ciò che appare in questo Angelo è conforme al retto operare di un buon amministratore dei misteri di Dio.

Questo Angelo ha una vera avversione contro il male. Non può sopportare i cattivi. Sono cattivi tutti coloro che rifiutano Cristo, lo combattono, lo negano, non lo servono secondo verità.

Questo Angelo non ama i cattivi. Sa metterli alla prova. Sa trovare la loro menzogna.

[3]Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti.

Questo Angelo possiede una grande virtù, anzi due: la costanza e la sopportazione.

È costante nel suo ministero. Per il nome di Cristo Gesù sopporta ogni cosa, senza stancarsi.

Questo Angelo cammina dritto sulla via della verità perseverando in essa, nonostante le persecuzioni che si abbattono su di lui.

Uno che lo vede dall’esterno potrebbe dire che tutto è bene in lui.

Ma l’uomo vede in faccia. Dio vede nel cuore.

Gesù vede il cuore dei suoi Angeli. Questo Angelo nel cuore è carente di qualcosa.

[4]Ho però da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima.

Questo Angelo ha abbandonato l’amore di prima.

È l’amore la verità della nostra missione. Una missione compiuta senza amore, con poco amore, con scarso amore, è una missione che non produce frutti.

È una missione che non dona vera salvezza.

Cosa è infatti la salvezza se non portare ogni uomo nel grande amore di Cristo Gesù, amore sino alla fine, amore di croce, amore che non si risparmia in nulla, amore che in tutto si consuma per la vita dei suoi fratelli?

Abbandonare l’amore è cadere in una esteriorità sterile, senza frutto di vita eterna né per noi, né per gli altri.

La vitalità del nostro apostolato, della nostra missione, è l’amore. Perso l’amore tutto si perde. Chi abbandona l’amore altro non fa che rinunziare alla verità della sua missione.

[5]Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima. Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto.

Urge che quest’Angelo ritorni nel suo amore di un tempo. È necessario che compia le opere di prima.

Le Parole di Cristo Gesù sono perentorie. Esaminate frase per frase, ci rivelano tre grandissime verità.

Ricorda dunque da dove sei caduto: chi vuole riprendere il cammino interrotto, sospeso, lasciato, è giusto che ricordi la bellezza degli inizi, quando in lui vi erano zelo, entusiasmo, buona volontà, certezza, rette intenzioni, desideri puri e santi, decisione risoluta e ferma.

Soprattutto è giusto che pensi all’amore con il quale ha iniziato a seguire Cristo Gesù.

Perché all’ora c’era tutta questa ricchezza spirituale nel cuore, mentre oggi è tutta un’opera esterna, fuori di noi, ma senza di noi?

Cosa ha provocato questo? Quali le cause? Quali i motivi interni ed esterni? Quali le circostanze?

Perché si è iniziato bene, ma poi non si è perseverato sino alla fine? Soprattutto perché non si è cresciuti nell’amore? Anzi si è andati diminuendo?

Ricordare la ricchezza di un tempo deve significare per noi non solo volontà di riprendere il cammino, quanto anche certezza di poterlo portare a compimento.

Ciò che prima era possibile, anche ora lo è. Ad una condizione però: che si tolgano tutte le cause che hanno prodotto il rallentamento, o la totale perdita dell’amore di un tempo.

Ravvediti e compi le opere di prima: il ricordo ci dice che è possibile riprendere il cammino. Ma esso da solo non basta. Occorre che il discepolo di Gesù metta di nuovo tutta la sua buona volontà.

Ravvedersi proprio questo significa: confrontarsi con il passato, con la Parola, con il Vangelo, vedere il proprio presente di non bene, o di bene non perfetto e rimettersi sulla giusta via.

Il passato lo vediamo noi, il presente di non bene ce lo indica la Parola della profezia.

Molti di noi non si possono ravvedere proprio perché manca la luce sul proprio presente di non bene, o di bene non perfetto. Non conoscendo il presente secondo verità, neanche lo possono confrontare con il passato di bene perfetto.

La causa di molta mancata santità nella Chiesa è proprio l’incapacità di leggere secondo verità il proprio presente di non perfetta santità, o bontà di quanto si sta operando.

L’incapacità è data dal peccato personale. Quando il peccato veniale prende posto nel cuore e vi sosta in modo abituale a poco a poco rende gli occhi del nostro spirito pieni di polvere e questi non possono più scorgere che la nostra vita sta rovinosamente scivolando verso l’imperfezione.

Quando poi nel cuore si annida il peccato mortale, gli occhi dello spirito vengono totalmente infangati, oscurati, accecati.

È in questo accecamento che bene e male si confondono. Non si discerne più il bene. Non si distingue più il male. Bene e male divengono una cosa sola.

Per grazia di Dio sulla Chiesa vigila il Signore e per immenso amore Lui interviene, svela le tenebre del nostro peccato, sia veniale che mortale, legge le nostre opere e ci attesta che esse non sono secondo la sua eterna verità, vede il nostro amore e ci comunica che esso non è perfetto, non è santo, non è quello di un tempo.

Questa rivelazione viene accompagnata da un invito perentorio al ravvedimento, a riprendere l’amore, la verità, la gioia, la pace, le altre virtù dalle quali siamo caduti.

Viene chiamata all’opera la nostra volontà, perché si decida a seguire il comando di Cristo Gesù.

Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto: Nella vita del discepolo di Gesù ci sono cose private e cose pubbliche; cose per se stesso e cose per gli altri.

Ognuno della sua vita può fare ciò che vuole, assumendosi però ogni responsabilità dinanzi al Signore.

Ognuno però non può fare ciò che vuole quando la sua vita riguarda i suoi fratelli.

Chi è investito della responsabilità di apostolo del Signore in mezzo al suo gregge, deve al gregge del Signore tutto il suo amore.

Lui è chiamato ad amare alla stessa maniera di Cristo Gesù: sino alla fine, sino alla morte di croce, con un amore sempre nuovo, sempre vivo, senza stanchezza, senza riserve, senza pause.

Questo amore deve ogni giorno crescere sempre di più in lui, fino ad avvolgere tutti gli attimi della sua vita, ogni spazio della sua esistenza.

Questo amore deve essere la sua stessa vita. Lui deve vivere solo per amare il gregge del Signore. Altri amori non possono sussistere in lui. Altri amori sono sempre contro quest’unico amore.

L’apostolo del Signore può anche avere una sua vita privata, particolare. Ma questa le serve solo per rifondarsi nell’amore, per rinnovarsi in esso, per verificarsi, per ritrovare nuovi slanci, nuovi impulsi, nuovo zelo, nuova vita.

Tutto ciò che è privato in lui – ed è giusto che vi siamo di questi momenti privati, lontano dagli occhi del mondo – deve servire per far crescere il suo amore per il gregge del Signore Gesù.

Poiché lui vive solo per amare il gregge, se non ama il gregge, il suo ministero non ha ragion d’esistere.

Se non ha ragion d’esistere è giusto che il Signore gli tolga l’incarico e glielo dia ad un altro.

Ma sempre il Signore interviene per allontanare dal suo ministero coloro che non amano il gregge allo stesso modo in cui lo ha amato Lui, Pastore supremo delle pecore.

Le vie, le modalità, le forme storiche dei suoi interventi le conosce solo il Signore. Chiunque è pastore deve però sapere che lui mai si potrà considerare arbitro assoluto della sua vita e del suo ministero. Sopra di lui vigila il Signore e il Signore sa come intervenire per far sì che le pecore abbiano un pastore che li ami con sapienza, intelligenza, saggezza di Spirito Santo, grande carità, con la stessa carità crocifissa di Cristo Gesù. Lui sa come agire efficacemente nella storia. Questa verità deve conoscere ogni pastore.

Le parole di Gesù non consentono alcun fraintendimento: Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto”.

Ma sempre il Signore è intervenuto nella storia per operare queste rimozioni. Un esempio è sufficiente per confermare questa verità.

Isaia - cap. 22,1-25: “Oracolo sulla valle della Visione. Che hai tu dunque, che sei salita tutta sulle terrazze, città rumorosa e tumultuante, città gaudente? I tuoi caduti non sono caduti di spada né sono morti in battaglia. Tutti i tuoi capi sono fuggiti insieme, fatti prigionieri senza un tiro d'arco; tutti i tuoi prodi sono stati catturati insieme, o fuggirono lontano. Per questo dico: Stornate lo sguardo da me, che io pianga amaramente; non cercate di consolarmi per la desolazione della figlia del mio popolo. Poiché è un giorno di panico, di distruzione e di smarrimento, voluto dal Signore, Dio degli eserciti. Nella valle della Visione un diroccare di mura e un invocare aiuto verso i monti.

Gli Elamiti hanno preso la faretra; gli Aramei montano i cavalli, Kir ha tolto il fodero allo scudo. Le migliori tra le tue valli sono piene di carri; i cavalieri si sono disposti contro la porta. Così egli toglie la protezione di Giuda. Voi guardavate in quel giorno alle armi del palazzo della Foresta; le brecce della città di Davide avete visto quante fossero; avete raccolto le acque della piscina inferiore, avete contato le case di Gerusalemme e demolito le case per fortificare le mura; avete costruito un serbatoio fra i due muri per le acque della piscina vecchia; ma voi non avete guardato a chi ha fatto queste cose, né avete visto chi ha preparato ciò da tempo. Vi invitava il Signore, Dio degli eserciti, in quel giorno al pianto e al lamento, a rasarvi il capo e a vestire il sacco.

Ecco invece si gode e si sta allegri, si sgozzano buoi e si scannano greggi, si mangia carne e si beve vino: Si mangi e si beva, perché domani moriremo! Ma il Signore degli eserciti si è rivelato ai miei orecchi: Certo non sarà espiato questo vostro peccato, finché non sarete morti, dice il Signore, Dio degli eserciti. Così dice il Signore, Dio degli eserciti: Rècati da questo ministro, presso Sebnà, il maggiordomo, che si taglia in alto il sepolcro e si scava nella rupe la tomba: Che cosa possiedi tu qui e chi hai tu qui, che ti stai scavando qui un sepolcro? Ecco, il Signore ti scaglierà giù a precipizio, o uomo, ti afferrerà saldamente, ti rotolerà ben bene a rotoli come palla, verso un esteso paese. Là morirai e là finiranno i tuoi carri superbi, o ignominia del palazzo del tuo padrone! Ti toglierò la carica, ti rovescerò dal tuo posto.

In quel giorno chiamerò il mio servo Eliakìm, figlio di Chelkia; lo rivestirò con la tua tunica, lo cingerò della tua sciarpa e metterò il tuo potere nelle sue mani. Sarà un padre per gli abitanti di Gerusalemme e per il casato di Giuda. Gli porrò sulla spalla la chiave della casa di Davide; se egli apre, nessuno chiuderà; se egli chiude, nessuno potrà aprire. Lo conficcherò come un paletto in luogo solido e sarà un trono di gloria per la casa di suo padre. A lui attaccheranno ogni gloria della casa di suo padre: discendenti e nipoti, ogni vaso anche piccolo, dalle tazze alle anfore. In quel giorno oracolo del Signore degli eserciti cederà il paletto conficcato in luogo solido, si spezzerà, cadrà e andrà in frantumi tutto ciò che vi era appeso, perché il Signore ha parlato”.

Che nessuno pensi l’impensabile: che sia lui il pastore assoluto delle pecore. Pastore è Cristo Gesù. Ogni altro deve pascere il gregge con il suo amore, la sua verità, la sua Parola, il suo Cuore, la sua Intelligenza, la sua Sapienza.

Se questo non avviene, il Signore sa come intervenire perché il suo gregge abbia sempre pastori che lo pascano secondo il Suo cuore e la Sua volontà.

[6]Tuttavia hai questo di buono, che detesti le opere dei Nicolaìti, che anch'io detesto.

Che sia caduto dall’amore, non significa però che l’Angelo della Chiesa di Efeso si sia lasciato andare nel suo ministero, abbia smesso di operare quel santo e giusto discernimento, necessario per guidare le pecore nella verità del Signore.

Lui è perfetto nella verità. È perfetto nelle opere. È solo carente del grande amore, senza del quale prima o poi si cade anche dalla perfezione delle opere e del sano discernimento.

Il Signore gli riconosce il bene che lui sta facendo al suo gregge, proteggendolo e custodendolo dal cadere nell’errore, nella falsità, nell’idolatria.

L’Angelo della Chiesa di Efeso detesta i Nicolaiti e anche il Signore li detesta.

Chi sono questi Nicolaiti e in che cosa consiste il loro errore così grave da essere detestato dallo stesso Cristo Gesù.

Secondo una antica tradizione i Nicolaiti erano i seguaci della dottrina del diacono Nicola, uno dei primi sette diaconi istituiti dallo stesso San Pietro.

Negli Atti degli Apostoli troviamo scritto: “Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia” (At 6,5).

Poi non si sa più nulla di quest’uomo. C’è l’oscurità più grande.

In Apocalisse troviamo ancora scritto a proposito di questa falsa dottrina: “Così pure hai di quelli che seguono la dottrina dei Nicolaìti” (Ap 1,15). “Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabèle, la donna che si spaccia per profetessa e insegna e seduce i miei servi inducendoli a darsi alla fornicazione e a mangiare carni immolate agli idoli” (Ap 1,20).

Da questi due versetti (15 e 20 del c. 1), si deve concludere una sola verità. La dottrina dei Nicolaiti consisteva in errori di verità, di morale, di culto.

L’errore contro la verità consiste nel non adorare il solo Cristo Signore, favorendo una specie di sincretismo tra fede in Cristo e idolatria.

L’errore contro la morale è raffigurabile nel non dominio della concupiscenza, nel dare ad essa ogni sfogo peccaminoso.

L’errore contro il culto si riscontra nella frequentazione dei cristiani ai banchetti degli animali immolati agli idoli.

C’è nella dottrina dei Nicolaiti un assenza totale della verità, della fede, della moralità che nasce dalla Parola di Cristo Gesù.

C’è un sincretismo tra morale ed immorale, verità e falsità, rettitudine e lassismo, perpetrato però in nome della retta fede in Cristo Gesù, o nel nome del Signore.

Da puntualizzare che la fornicazione nel linguaggio biblico è si l’idolatria, ma spesso l’idolatria stessa diveniva vera e propria fornicazione, lussuria sfrenata, culto stesso della fecondità e di ogni mezzo illecito ad essa connesso.

Le orge spesso erano il pane di cui si nutrivano tutti i cultori dell’idolatria.

In tal senso vale proprio la pena leggere quali sono i peccati causati dall’idolatria. Tutti i peccati sono ascrivibili all’idolatria. Ecco come la Parola del Signore è chiara al riguardo:

Sapienza - cap. 14,22-31: “Poi non bastò loro sbagliare circa la conoscenza di Dio; essi, pur vivendo in una grande guerra d'ignoranza, danno a sì grandi mali il nome di pace. Celebrando iniziazioni infanticide o misteri segreti, o banchetti orgiastici di strani riti non conservano più pure né vita né nozze e uno uccide l'altro a tradimento o l'affligge con l'adulterio. Tutto è una grande confusione: sangue e omicidio, furto e inganno, corruzione, slealtà, tumulto, spergiuro; confusione dei buoni, ingratitudine per i favori, corruzione di anime, perversione sessuale, disordini matrimoniali, adulterio e dissolutezza. L'adorazione di idoli senza nome è principio, causa e fine di ogni male. Gli idolatri infatti o delirano nelle orge o sentenziano oracoli falsi o vivono da iniqui o spergiurano con facilità.

Ponendo fiducia in idoli inanimati non si aspettano un castigo per avere giurato il falso. Ma, per l'uno e per l'altro motivo, li raggiungerà la giustizia, perché concepirono un'idea falsa di Dio, rivolgendosi agli idoli, e perché spergiurarono con frode, disprezzando la santità. Infatti non la potenza di coloro per i quali si giura, ma il castigo dovuto ai peccatori persegue sempre la trasgressione degli ingiusti”.

È questo il motivo per cui la dottrina dei Nicolaiti viene detestata dalla terra e dal Cielo, sulla terra e nel Cielo.

Ultima puntualizzazione è questa: sempre le opere sono sostenute da una dottrina. Chi vuole distruggere le opere, deve prima distruggere la dottrina.

Se non si distrugge la dottrina, si combatterà sempre una battaglia inutile contro le opere.

[7]Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio.

La verità della propria vita è affidata all’ascolto da parte della persona che è uscita dalla verità della sua vita.


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Chi parla, chi dice all’angelo la verità della propria vita, non è un altro uomo, una moltitudine di uomini, un’assemblea, o un convegno di uomini. Questi si potrebbe sbagliare. Potrebbero cadere nell’errore. Ognuno potrebbe dire ai suoi fratelli: io non sono ciò che voi affermate che io sia.

Chi dice la verità è lo Spirito del Signore e lo Spirito è la Verità. Lui non si inganna, non inganna, non si sbaglia, non sbaglia, non mentisce.

Lo Spirito del Signore è verità assoluta, eterna. È Verità per le cose visibili e per quelle invisibili. È Verità per la coscienza e per il cuore. È Verità per l’anima e per il corpo dell’uomo. È Verità per il passato, per il presente e per il futuro.

Allo Spirito del Signore nessuno potrà dire: “io non sono ciò che tu dici che io sia”. Lo Spirito del Signore conosce noi meglio di noi stessi. Noi ci inganniamo su noi stessi ed inganniamo noi stessi, Lui non ci inganna, non si inganna.

Quanto viene ora promesso all’Angelo della Chiesa di Efeso, è promessa che vale per ogni altro Angelo della Chiesa, per ogni cristiano e discepolo del Signore.

La promessa è solenne: “Al vincitore darò da mangiare dell'albero della vita, che sta nel paradiso di Dio”.

Questa promessa è libertà dalla morte sia nel tempo che nell’eternità. Questa promessa è abbondanza di vita sia nel tempo che nell’eternità.

Questa promessa è abolizione del primo decreto di Dio sull’umanità: l’impossibilità dell’uomo ad accedere all’albero della vita e di conseguenza la sua condanna alla morte.

Genesi - cap. 3,22-24: “Il Signore Dio disse allora: Ecco l'uomo è diventato come uno di noi, per la  conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda  anche dell'albero della vita, ne mangi e viva sempre”. Il Signore Dio lo scacciò  dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. Scacciò  l'uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada  folgorante, per custodire la via all'albero della vita”. 

Gesù promette che questa sentenza non sussisterà per tutti coloro che ascoltano ciò che lo Spirito dice alla Chiesa.

Questa condanna non sussisterà per tutti coloro che ogni giorno crescono nell’amore, anzi si superano sempre, in un crescendo che arriva fino all’imitazione perfetta dell’amore che Cristo Gesù ha avuto per noi.

DI SMIRNE

[8]All'angelo della Chiesa di Smirne scrivi: Così parla il Primo e l'Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita:

Gesù si presenta nella sua vera essenza. Chi parla all’Angelo della Chiesa di Smirne è il Signore, il Crocifisso che è Risorto, Colui che ha in mano la storia dell’universo, Colui che è prima della storia, perché è l’Eterno, ma anche che è dopo la storia, perché è l’Immortale.

Su questa presentazione di Cristo Gesù già si è scritto con abbondanza nelle pagine precedenti. Ad esse si rinvia, qualora si sentisse la necessità di altri riscontri sulla verità di Gesù Signore. 

[9]Conosco la tua tribolazione, la tua povertà tuttavia sei ricco e la calunnia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma appartengono alla sinagoga di satana.

L’Angelo della Chiesa di Smirne è nella tribolazione. È perseguitato. Vive un momento di grande prova.

Lui è anche nella povertà. Lui vive il Vangelo accompagnandolo dalla semplicità della vita e dall’assenza delle cose di questo mondo.

Lui vive il Vangelo da uomo evangelico: perseguitato e povero.

Tuttavia è ricco. È ricco di Dio. Ricco della sua grazia. Ricco della sua verità. Ricco del suo amore.

Una di queste tribolazioni viene a Lui da parte dei Giudei. Questi erano accaniti oppositori della fede in Cristo Gesù e non si risparmiavano in nulla, né in falsità, né in calunnie, né in persecuzioni contro i cristiani.

Perché Gesù dice che costoro non sono Giudei?

Perché il vero Giudeo è colui che attende Cristo, riconosce Cristo, accoglie Cristo, lotta per Cristo, diffonde Cristo in tutto il mondo, dona la vita per Cristo Gesù.

Questo è il vero Giudeo. Vero Giudeo è colui che vive secondo la fede di Abramo. Abramo viveva in attesa del compimento della promessa, cioè della benedizione che si sarebbe riversata sull’umanità intera per mezzo del Figlio della promessa, che non era Isacco, ma Colui che sarebbe venuto un giorno.

Costoro, che essendo Giudei, combattono Cristo, il fine delle loro attese, sono definiti della sinagoga di satana, perché sono caduti nella sua tentazione. Vivono una fede falsa.

Quando in un cuore c’è la falsità, in questo cuore c’è satana ed è lui che lo governa.

Questa espressione “sinagoga di satana” è solo di Giovanni e dell’Apocalisse:

“Conosco la tua tribolazione, la tua povertà tuttavia sei ricco e la calunnia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma appartengono alla sinagoga di satana” (Ap 2,9).

“Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di satana di quelli che si dicono Giudei, ma mentiscono perché non lo sono: li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato” (Ap 3,9).

Ecco come San Paolo parla del vero Giudeo, che è solo Colui che ha abbracciato la fede in Cristo Gesù:

Lettera ai Romani - cap. 9,1-33: “Dico la verità in Cristo, non mentisco, e la mia coscienza me ne dá  testimonianza nello Spirito Santo: ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen. Tuttavia la parola di Dio non è venuta meno. Infatti non tutti i discendenti di Israele sono Israele, né per il fatto di essere discendenza di Abramo sono tutti suoi figli. No, ma: in Isacco ti sarà data una discendenza, cioè: non sono considerati figli di Dio i figli della carne, ma come discendenza sono considerati solo i figli della promessa. Queste infatti sono le parole della promessa: Io verrò in questo tempo e Sara avrà un figlio.


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E non è tutto; c'è anche Rebecca che ebbe figli da un solo uomo, Isacco nostro padre: quando essi ancora non eran nati e nulla avevano fatto di bene o di male perché rimanesse fermo il disegno divino fondato sull'elezione non in base alle opere, ma alla volontà di colui che chiama le fu dichiarato: Il maggiore sarà sottomesso al minore, come sta scritto: Ho amato Giacobbe e ho odiato Esaù.

Che diremo dunque? C'è forse ingiustizia da parte di Dio? No certamente! Egli infatti dice a Mosè: Userò misericordia con chi vorrò, e avrò pietà di chi vorrò averla. Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia. Dice infatti la Scrittura al faraone: Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato in tutta la terra. Dio quindi usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole Mi potrai però dire: Ma allora perché ancora rimprovera? Chi può infatti resistere al suo volere? O uomo, tu chi sei per disputare con Dio? Oserà forse dire il vaso plasmato a colui che lo plasmò: Perché mi hai fatto così? Forse il vasaio non è padrone dell'argilla, per fare con la medesima pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? Se pertanto Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, già pronti per la perdizione, e questo per far conoscere la ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui predisposti alla gloria, cioè verso di noi, che egli ha chiamati non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani, che potremmo dire? Esattamente come dice Osea: Chiamerò mio popolo quello che non era mio popolo e mia diletta quella che non era la diletta. E avverrà che nel luogo stesso dove fu detto loro: Voi non siete mio popolo, là saranno chiamati figli del Dio vivente. E quanto a Israele, Isaia esclama: Se anche il numero dei figli d'Israele fosse come la sabbia del mare, sarà salvato solo il resto; perché con pienezza e rapidità il Signore compirà la sua parola sopra la terra. E ancora secondo ciò che predisse Isaia: Se il Signore degli eserciti non ci avesse lasciato una discendenza, saremmo divenuti come Sòdoma e resi simili a Gomorra.

Che diremo dunque? Che i pagani, che non ricercavano la giustizia, hanno raggiunto la giustizia: la giustizia però che deriva dalla fede; mentre Israele, che ricercava una legge che gli desse la giustizia, non è giunto alla pratica della legge. E perché mai? Perché non la ricercava dalla fede, ma come se derivasse dalle opere. Hanno urtato così contro la pietra d'inciampo, come sta scritto: Ecco che io pongo in Sion una pietra di scandalo e un sasso d'inciampo; ma chi crede in lui non sarà deluso”.

Lettera ai Galati - cap. 6, 1- 18: “Fratelli, qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza. E vigila su te stesso, per non cadere anche tu in tentazione. Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo. Se infatti uno pensa di essere qualcosa mentre non è nulla, inganna se stesso. Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora solo in se stesso e non negli altri troverà motivo di vanto: ciascuno infatti porterà il proprio fardello.

Chi viene istruito nella dottrina, faccia parte di quanto possiede a chi lo istruisce. Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede.

Vedete con che grossi caratteri vi scrivo, ora, di mia mano. Quelli che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono a farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di Cristo. Infatti neanche gli stessi circoncisi osservano la legge, ma vogliono la vostra circoncisione per trarre vanto dalla vostra carne.

Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l'essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l'Israele di Dio. D'ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.

Le persecuzioni più gravi Paolo le ha avute proprio dai Giudei:

“Saulo frattanto si rinfrancava sempre più e confondeva i Giudei residenti a Damasco, dimostrando che Gesù è il Cristo. (At 9,22).

“Trascorsero così parecchi giorni e i Giudei fecero un complotto per ucciderlo” (At 9,23). 

Vedendo che questo era gradito ai Giudei, decise di arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Azzimi” (At 12,3).

“Pietro allora, rientrato in sé, disse: Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei Giudei” (At 12,11).

“Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono pieni di gelosia e contraddicevano le affermazioni di Paolo, bestemmiando” (At 13,45).

“Ma i Giudei sobillarono le donne pie di alto rango e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Barnaba e li scacciarono dal loro territorio” (At 13,50).

“Ma i Giudei rimasti increduli eccitarono e inasprirono gli animi dei pagani contro i fratelli” (At 14,2).

“Ma quando ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei con i loro capi per maltrattarli e lapidarli” (At 14,5).

“Ma giunsero da Antiochia e da Icònio alcuni Giudei, i quali trassero dalla loro parte la folla; essi presero Paolo a sassate e quindi lo trascinarono fuori della città, credendolo morto” (At 14,19).

“Ma i Giudei, ingelositi, trassero dalla loro parte alcuni pessimi individui di piazza e, radunata gente, mettevano in subbuglio la città. Presentatisi alla casa di Giasone, cercavano Paolo e Sila per condurli davanti al popolo” (At 17,5).

Ma quando i Giudei di Tessalonica vennero a sapere che anche a Berèa era stata annunziata da Paolo la parola di Dio, andarono anche colà ad agitare e sobillare il popolo” (At 17,13).

“Mentre era proconsole dell'Acaia Gallione, i Giudei insorsero in massa contro Paolo e lo condussero al tribunale dicendo” (At 18,12).

“Trascorsi tre mesi, poiché ci fu un complotto dei Giudei contro di lui, mentre si apprestava a salpare per la Siria, decise di far ritorno attraverso la Macedonia” (At 20,3).

“Ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e tra le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei” (At 29,19).

“Egli venne da noi e, presa la cintura di Paolo, si legò i piedi e le mani e disse: Questo dice lo Spirito Santo: l'uomo a cui appartiene questa cintura sarà legato così dai Giudei a Gerusalemme e verrà quindi consegnato nelle mani dei pagani” (At 21,11).

“Stavano ormai per finire i sette giorni, quando i Giudei della provincia d'Asia, vistolo nel tempio, aizzarono tutta la folla e misero le mani su di lui gridando” (At 21,27).

“Il giorno seguente, volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i sommi sacerdoti e tutto il sinedrio; vi fece condurre Paolo e lo presentò davanti a loro” (At 22,30).

“Fattosi giorno, i Giudei ordirono una congiura e fecero voto con giuramento esecratorio di non toccare né cibo né bevanda, sino a che non avessero ucciso Paolo” (At 23,12).

“Quest'uomo è stato assalito dai Giudei e stava per essere ucciso da loro; ma sono intervenuto con i soldati e l'ho liberato, perché ho saputo che è cittadino romano” (At 23,27).

“Si associarono nell'accusa anche i Giudei, affermando che i fatti stavano così”. (At 24,9).

“Trascorsi due anni, Felice ebbe come successore Porcio Festo; ma Felice, volendo dimostrare benevolenza verso i Giudei, lasciò Paolo in prigione” (At 24,27).

“I sommi sacerdoti e i capi dei Giudei gli si presentarono per accusare Paolo e cercavano di persuaderlo” (At 25,2).

“Appena giunse, lo attorniarono i Giudei discesi da Gerusalemme, imputandogli numerose e gravi colpe, senza però riuscire a provarle” (At 25,7).

“Ma Festo volendo fare un favore ai Giudei, si volse a Paolo e disse: Vuoi andare a Gerusalemme per essere là giudicato di queste cose, davanti a me?” (At 25,9).

“Durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono con accuse i sommi sacerdoti e gli anziani dei Giudei per reclamarne la condanna” (At 25,15).

“Mi considero fortunato, o re Agrippa, di potermi discolpare da tutte le accuse di cui sono incriminato dai Giudei, oggi qui davanti a te” (At 26,2).

“Per queste cose i Giudei mi assalirono nel tempio e tentarono di uccidermi” (At 26,21).

“Cinque volte dai Giudei ho ricevuto i trentanove colpi” (2Cor 11,24).

“Voi infatti,  fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese di Dio in Gesù Cristo, che sono nella Giudea, perché avete sofferto anche voi da parte dei  vostri connazionali come loro da parte dei Giudei” (1Ts 2,14).

Gesù conferma l’Angelo della Chiesa di Smirne sia nella verità del suo cuore, sia anche nella verità della storia.

La vita di questo Angelo è costellata di molta tribolazione. La tribolazione vissuta con amore, per amore di Cristo Gesù fa un uomo ricco, fa questo Angelo ricco dinanzi a Dio e agli uomini.

[10]Non temere ciò che stai per soffrire: ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in carcere, per mettervi alla prova e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita.

Il Signore rivela a questo Angelo che la tribolazione non è finita. Anzi essa sta per accanirsi contro di loro.

La rivelazione della tribolazione che sta per abbattersi ha un duplice scopo: esortare l’Angelo della Chiesa di Smirne a non temere; ma anche dirgli che essa non durerà per sempre. Il suo tempo è limitato, è breve, corto. Essa dura dieci giorni: dura cioè un tempo compiuto, ma finito.

La tribolazione non si protrarrà per lunghi giorni. Loro non devono temere di affrontarla, di superarla, di vincerla.

Loro si devono preparare a questo combattimento contro il male con la forza che viene da Dio, dalla fede, dalla carità, dalla speranza che sono in Cristo Gesù.

La tribolazione è sempre una grande prova di fedeltà. Nella tribolazione gli animi vengono saggiati come oro nel crogiolo e solo quelli che rimangono fedeli nella sofferenza e nel dolore, sono pronti per entrare nel regno dei cieli.

Altra verità che nasce da queste parole di Cristo Gesù è questa: l’Angelo della Chiesa di Smirne sta camminando bene, con saggezza, con prudenza, con amore, con fede.

Il suo percorso però non è ancora terminato. La fine non è ancora venuta.

Poiché lui è sulla buona strada è necessario per perseveri sino alla fine, sopportando ogni altra sofferenza.

Solo se persevererà sino alla fine potrà entrare nella gioia del suo Signore, potrà ricevere la corona della vita.

In questo versetto viene affermato inoltre che il vero nemico dell’uomo è il diavolo. Lui è stato all’origine, è oggi, sarà sempre il nemico dell’uomo.

Lui vuole l’uomo dannato, assieme a lui, nell’inferno eterno e per questo lo tenta con ogni sorta di tentazione. Si serve per tentarlo della falsità delle parole, delle opere, dei sentimenti, del cuore, della mente, dei pensieri. Tutto e tutti possono essere strumenti del diavolo per la rovina dei credenti.

Veramente il diavolo è l’artefice, il padre di ogni tentazione.

L’insegnamento sul diavolo nel Nuovo Testamento è ricco di particolari. Si chiama diavolo, satana, spirito del male, potenza infernale e altri nomi ancora.

Ecco alcune affermazioni sul principe delle tenebre del Nuovo Testamento:

“Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo” (Mt 4,1).

Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio” (Mt 4,5).

Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse” (Mt 4,8).

Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano. (At 4,11).

“E il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli” (Mt 13,39).

“Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli” (At 25,41).

“Dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame” (Lc 4,2).

Allora il diavolo gli disse: Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane” (Lc 4,3).

Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: (Lc 4,5).

“Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato” (Lc 4,13).

“I semi caduti lungo la strada sono coloro che l'hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati” (Lc 8,12).

Voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna” (Gv 8,44).

“Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo” (Gv 13,2).

“cioè come Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui” (At 10.38).

“O uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, quando cesserai di sconvolgere le vie diritte del Signore?” (At 13,10).

“E non date occasione al diavolo” (Ef 4,27).

“Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo” (Ef 6,11).

“Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo” (1Tm 3,6).

“E` necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo” (1Tm 3,7).

“E ritornino in sé sfuggendo al laccio del diavolo, che li ha presi nella rete perché facessero la sua volontà” (2Tm 2,26).

“Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch'egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo” (Eb 2,14).

“Sottomettetevi dunque a Dio; resistete al diavolo, ed egli fuggirà  da voi” (Gc 4,7).

“Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare” (1Pt 5,8).

“Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché il diavolo è peccatore fin dal principio. Ora il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo” (1Gv 3,8).

“Da questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello” (1Gv 3,10).

“L'arcangelo Michele quando, in contesa con il  diavolo, disputava per il corpo di Mosè, non osò accusarlo con parole  offensive, ma disse: Ti condanni il Signore!” (Gd 1,9).

“Non temere ciò che stai per soffrire: ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in carcere, per mettervi alla prova e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita” (Ap 2,10).

“Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli” (Ap 12,9).

“Esultate, dunque, o cieli, e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo”. (Ap 12,12).

“Afferrò il dragone, il serpente antico cioè il diavolo, satana e lo incatenò per mille anni” (Ap 20,2).

E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta: saranno tormentati giorno e notte per i secoli dei secoli” (Ap 20,10).

“Ma Gesù gli rispose: Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto” (Mt 4,10).

“Ora, se satana scaccia satana, egli è discorde con se stesso; come potrà dunque reggersi il suo regno?” (Mt 12,26).

“E vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano” (Mc 1,13).


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“Ma egli, chiamatili, diceva loro in parabole: Come può satana scacciare satana?” (Mc 3,13).

“Alla stessa maniera, se satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può resistere, ma sta per finire” (Mc 3,26).

“Quelli lungo la strada sono coloro nei quali viene seminata la parola; ma quando l'ascoltano, subito viene satana, e porta via la parola seminata in loro” (Mc 4,15).

“Egli disse: Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore” (Lc \10,18).

“Ora, se anche satana è diviso in se stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl” (Lc 11,18).

“E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott'anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?” (Lc 13,16).

Allora satana entrò in Giuda, detto Iscariota, che era nel numero dei Dodici” (Lc 22,3).

“Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano” (Lc 22,31).

“E allora, dopo quel boccone, satana entrò in lui. Gesù quindi gli disse: Quello che devi fare fallo al più presto” (Gv 13,27).

“Ma Pietro gli disse: Anania, perché mai satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo del terreno?” (At 5,3).

“Ad aprir loro gli occhi, perché passino dalle tenebre alla luce e dal potere di satana a Dio e ottengano la remissione dei peccati e l'eredità in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me” (At 26,18).

“Il Dio della pace stritolerà ben presto satana sotto i vostri piedi. La grazia del Signor nostro Gesù Cristo sia con voi” (Rm 16,20). 

“Questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore. (1Cor 5,5).

“Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione” (1Cor 7,5).

Per non cadere in balìa di satana, di cui non ignoriamo le macchinazioni” (2Cor 2,11).

“Ciò non fa meraviglia, perché anche satana si maschera da angelo di luce” (2Cor 11,14).

“Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia” (2Cor 12,7).

“Perciò abbiamo desiderato una volta, anzi due volte, proprio io Paolo, di venire da voi, ma  satana ce lo ha impedito” (1Ts 2,18).

“La  cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di  portenti, di segni e prodigi menzogneri” (2Ts 2,9). 

“Tra essi Imenèo e Alessandro, che ho consegnato a satana perché imparino a non più bestemmiare” (1Tm 1,20).

“Già alcune purtroppo si sono sviate dietro a satana” (1Tm 5,15).

“Conosco la tua tribolazione, la tua povertà tuttavia sei ricco e la calunnia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma appartengono alla sinagoga di satana” (Ap 2,9).

“So che abiti dove satana ha il suo trono; tuttavia tu tieni saldo il mio nome e non hai rinnegato la mia fede neppure al tempo in cui Antìpa, il mio fedele testimone, fu messo a morte nella vostra città, dimora di satana” (Ap 2,13).

“A voi di Tiàtira invece che non seguite questa dottrina, che non avete conosciuto le profondità di satana come le chiamano non imporrò altri pesi” (Ap 2,24).

“Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di satana di quelli che si dicono Giudei, ma mentiscono perché non lo sono : li farò venire perché si prostrino ai tuoi piedi e sappiano che io ti ho amato” (Ap 3,9).

“Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. (Ap 12,9).

“Afferrò il dragone, il serpente antico cioè il diavolo, satana e lo incatenò per mille anni” (Ap 20,2).

“Quando i mille anni saranno compiuti, satana verrà liberato dal suo carcere” (Ap 20,7).

“Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati” (Mt 8,16).

“Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità” (Mt 10,1).

“Allora va, si prende sette altri spiriti peggiori ed entra a prendervi dimora; e la nuova condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima. Così avverrà anche a questa generazione perversa” (Mt 12,45).

“Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!” (Mc 1,27).

Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano ai piedi gridando: Tu sei il Figlio di Dio!” (Mc 3,11).

E gli spiriti lo scongiurarono: Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi” (Mc 5,12).

“Glielo permise. E gli spiriti immondi uscirono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano circa duemila e affogarono uno dopo l'altro nel mare” (Mc 5,13).

“Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi” (Mc 6,7).

“Tutti furono presi da paura e si dicevano l'un l'altro: Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?” (Lc 4,36).

“Che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti” (Lc 6, 18).

“In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi” (Lc 7,21).

“C'erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni” (Lc 8,2).

“Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condizione finale di quell'uomo diventa peggiore della prima” (Lc 11,26).

“Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti” (At 5,16).

Da molti indemoniati uscivano spiriti immondi, emettendo alte grida e molti paralitici e storpi furono risanati” (At 8,7).

“Al punto che si mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano” (At 19,12).

“Alcuni esorcisti ambulanti giudei si provarono a invocare anch'essi il nome del Signore Gesù sopra quanti avevano spiriti cattivi, dicendo: Vi scongiuro per quel Gesù che Paolo predica”. (At 19,13).

“La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti” (Ef 6,12).

“Lo Spirito dichiara apertamente che negli ultimi tempi alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche” (1Tm 4,1).

“Poi dalla bocca del drago e dalla bocca della bestia e dalla bocca del falso profeta vidi uscire tre spiriti immondi, simili a rane” (Ap 16,13).

Sono infatti spiriti di demòni che operano prodigi e vanno a radunare tutti i re di tutta la terra per la guerra del gran giorno di Dio onnipotente” (Ap 16,14).

“Nei quali un tempo viveste alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle potenze dell'aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli” (Ef 2,2).

“Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. Rivestitevi dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete perciò l'armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove. State dunque ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno., prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio” (Ef 6,2-10).

Anche sulla tribolazione il Nuovo Testamento è ricco di affermazioni:

“Ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato” (Mt 13,21).

“Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai avvenne dall'inizio del mondo fino a ora, né mai più ci sarà” (Mt 24,21).

“Subito dopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, gli astri cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte” (Mt 24,29).

“Ma non hanno radice in se stessi, sono incostanti e quindi, al sopraggiungere di qualche tribolazione o persecuzione a causa della parola, subito si abbattono” (Mc 4,17).

“Perché quei giorni saranno una tribolazione, quale non è mai stata dall'inizio della creazione, fatta da Dio, fino al presente, né mai vi sarà” (Mc 13,19).

“In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà e la luna non darà più il suo splendore” (Mc c13,24).

“Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo”  (Gv 16,33).

“Rianimando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede poiché, dicevano, è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio” (At 14,22).

“So soltanto che lo Spirito Santo in ogni città mi attesta che mi attendono catene e tribolazioni” (At 20,23).

“E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni” (Rm 5,3).

“Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?” (Rm 8,35). 

“Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera” (Rm 12,12).

“Il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio” (2Cor 1,4).

Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale si dimostra nel sopportare con forza le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo” (2Cor 1,6).

“Non vogliamo infatti che ignoriate, fratelli, come la tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre misura, al di là delle nostre forze, sì da dubitare anche della vita” (2Cor 1,8).

Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati” (2Cor 4,8).

Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria” (2Cor 4,17).

“Ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce” (2Cor 6,4).

“Sono molto franco con voi e ho molto da vantarmi di voi. Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia in ogni nostra tribolazione” (2Cor 7,4).

“Infatti, da quando siamo giunti in Macedonia, la nostra carne non ha avuto sollievo alcuno, ma da ogni parte siamo tribolati: battaglie all'esterno, timori al di dentro” (2Cor 7,5).

“Nonostante la lunga prova della tribolazione, la loro grande gioia e la loro estrema povertà si sono tramutate nella ricchezza della loro generosità” (2Cor 8,2).

“Vi prego quindi di non perdervi d'animo per le mie tribolazioni per voi; sono gloria vostra” (Ef 3,13).

“Avete fatto bene tuttavia a prendere parte alla mia tribolazione” (Fil 4,14).

“E voi siete diventati imitatori nostri e del Signore, avendo accolto  la parola con la gioia dello Spirito Santo anche in mezzo a grande  tribolazione” (1Ts 1,6).

“Perché nessuno si lasci  turbare in queste tribolazioni. Voi stessi, infatti, sapete che a questo  siamo destinati” (1Ts 3,3).

“Già quando eravamo tra voi, vi preannunziavamo  che avremmo dovuto subire tribolazioni, come in realtà è accaduto e  voi ben sapete” (1Ts 3,4).

“Ci sentiamo consolati, fratelli, a vostro riguardo, di tutta  l'angoscia e tribolazione in cui eravamo per la vostra fede” (1Ts 3,7).

“Così noi possiamo gloriarci di voi nelle  Chiese di Dio, per la vostra fermezza e per la vostra fede in tutte le  persecuzioni e tribolazioni che sopportate” (2Ts 1,4).

“Ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo”. (Eb 10,33).

“Furono lapidati, torturati, segati, furono uccisi di spada, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati” (Eb 11,37).

“Io, Giovanni, vostro fratello e vostro compagno nella tribolazione, nel regno e nella costanza in Gesù, mi trovavo nell'isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza resa a Gesù” (Ap 1,9).

Conosco la tua tribolazione, la tua povertà tuttavia sei ricco e la calunnia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma appartengono alla sinagoga di satana” (Ap 2,9).

“Non temere ciò che stai per soffrire: ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in carcere, per mettervi alla prova e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita” (Ap 2,10).

“Gli risposi: Signore mio, tu lo sai. E lui: Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello” (Ap 7,14).

Sulla corona di gloria, di onore, di giustizia corona della vita, così parla il Nuovo Testamento:

“Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile” (1Cor 9,25).

“Anche nelle gare atletiche, non riceve la corona se non chi ha lottato secondo le regole” (2Tm 2,5).

Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione”. (2Tm 4,8).

“Però quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo ora coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti” (Eb 2,9).

“Beato l'uomo che sopporta la tentazione, perché una volta  superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha  promesso a quelli che lo amano” (Gc 1,12).

“E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce” (1Pt 5,4).

“Non temere ciò che stai per soffrire: ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in carcere, per mettervi alla prova e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita” (Ap 2,10).

“Verrò presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga la corona” (Ap 3,11).

“Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 12,1).

“Io guardai ancora ed ecco una nube bianca e sulla nube uno stava seduto, simile a un Figlio d'uomo; aveva sul capo una corona d'oro e in mano una falce affilata” (Ap 14,14).

Si è abbondato in ogni genere ci citazioni bibliche su “diavolo, satana, spirito del male, tribolazione, corona della vita”, perché è giusto che ognuno da sé possa farsi un’idea certa, vera, anzi verissima, degli ostacoli che attendono il cristiano e perché sappia contro chi deve lottare e cosa lo attende.

La lotta non è mai fine a se stessa. Essa è invece ai fini dell’eternità beata. Chi vuole entrare nella vita eterna, deve vincere il diavolo, sottoporsi ad ogni sua angheria, o vessazione, lo deve combattere in ogni tentazione, lo deve vincere in ogni prova. Solo così entrerà nel regno eterno di Dio.

L’Angelo della Chiesa di Smirne è trovato nella verità, nella giustizia, nella santità della vita.

Quanto è stato fatto fino ad oggi però non lo porta in Paradiso. Lo porta in Paradiso la sua fedeltà sino alla fine. La fine della fedeltà è la morte.

Per questo lui viene esortato a perseverare sino alla fine. Gli è chiesto di non desistere dal suo combattimento contro il male.

La perseveranza è uno dei più grandi ostacoli del cristiano nel suo cammino verso il Paradiso.

Molti sono quelli che iniziano. Pochi in verità quelli che perseverano sino alla fine. Chi non persevera non riceverà alcun premio di vita eterna. Questa è verità.

Oggi questa verità è come sparita dalla nostra mentalità non dico di fede, ma anche dalla nostra mentalità religiosa. È questa sparizione – non si possiede neanche più il concetto di perseveranza fedele sino alla fine – una della più gravi sciagure che si sono abbattute sul cristianesimo attuale. La non perseveranza investe tutti gli ambiti: fede, verità, grazia, sacramenti, comandamenti. La stessa religiosità, come supporto della fede e della grazia, è tarlata dalla non perseveranza, è incenerita dalla istantaneità dei pensieri, delle idee, delle decisioni, degli impegni.

[11]Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte.

Le parole che lo Spirito dice all’Angelo della Chiesa di Smirne – e dicendole a lui le dice ad ogni discepolo del Signore – sono chiare. Solo il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte.

Il vincitore è colui che avrà perseverato sino alla fine. È colui che avrà concluso la sua esistenza terrena rimanendo nella fede, nella carità, nella speranza, crescendo in queste virtù di giorno in giorno, portando ogni frutto spirituale.

Oggi molti figli della Chiesa mancano di questo ascolto. Sono senza orecchi. La colpa in gran parte è dei pastori. Sono loro che sovente insegnano la non perseveranza, la non fedeltà, la non necessità della vittoria per entrare nel Paradiso, o per non incorrere nella seconda morte.

Anche di questo peccato dobbiamo rendere conto a Dio, quando ci presenteremo al suo cospetto.

Solo nell’Apocalisse si parla della seconda morte e viene specificata con queste parole: “Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco. Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolàtri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. E` questa la seconda morte (Ap 21,8).

Ecco i testi nei quali ricorre questa espressione:

“Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte”. (Ap 2,11).

“Beati e santi coloro che prendon parte alla prima risurrezione. Su di loro non ha potere la seconda morte, ma saranno sacerdoti di Dio e del Cristo e regneranno con lui per mille ann”. (Ap 20,6).

“Poi la morte e gli inferi furono gettati nello stagno di fuoco. Questa è la seconda morte, lo stagno di fuoco” (Ap 20.14).

“Ma per i vili e gl'increduli, gli abietti e gli omicidi, gl'immorali, i fattucchieri, gli idolàtri e per tutti i mentitori è riservato lo stagno ardente di fuoco e di zolfo. E` questa la seconda morte” (Ap 21,8).

Anche a noi oggi lo Spirito dice di avere orecchi, di ascoltare la sua parola, di fondare su di essa la nostra fede.

Anche a noi dice che se vogliamo non vedere la seconda morte, dobbiamo essere vincitori, cioè dobbiamo perseverare sino alla morte nella professione della nostra fede in Cristo Gesù.

Beati noi se sapremo ascoltare questo monito solenne dello Spirito di Dio e avremo disposto il nostro cuore ad una fedeltà senza riserve nella fede che dovrà divenire in noi realizzazione di ogni Parola di Cristo Gesù, nella carità che dovrà tradursi in un amore senza risparmiarci in niente, nel dono totale della nostra vita, nella speranza che nulla si attende da questa vita, perché tutto il cristiano dovrà ricevere da Dio, quando il Signore verrà per chiamarlo e portarlo con Sé nel Paradiso.

Abbiamo già due grandi verità che devono segnare la nostra vita di cristiani.

La prima (Chiesa di Efeso) ci dice che dobbiamo rimanere in un amore sempre nuovo, sempre vero, sempre santo, anzi ogni giorno più nuovo, più vero, più santo, in un crescendo che mai finisce.

La seconda (Chiesa di Smirne) ci insegna che la perseveranza deve essere sino alla fine sia nella fede che nella vigilanza contro chi vuole attaccare la fede.

Chi osserva queste due regole di sicuro varcherà la porta del Paradiso e sarà accolto nella gloria eterna del Signore.


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DI PERGAMO

[12]All'angelo della Chiesa di Pèrgamo scrivi: Così parla Colui che ha la spada affilata a due tagli:

All’angelo della Chiesa di Pergamo Gesù si presenta come colui che ha la spada affilata a due tagli.

Gesù è il Giudice di ogni azione degli uomini. Giudice vero, esatto, preciso, perfetto.

Lui è il giudice che pesa ogni azione degli uomini con bilancia esattissima al milionesimo di milligrammo. La pesa e la valuta con giustizia perfettissima, divina, eterna.

Nessuno, nel giudizio, potrà dirgli di aver subìto un qualche torto. Tutti dovranno confessare l’imparzialità e l’esattezza di ogni sua sentenza.

Questo non vale solo per il giudizio dell’ultimo giorno, o di quello subito dopo la morte. Il giudizio di Cristo Gesù è anche oggi. Lui viene per giudicare le azioni e i pensieri degli uomini. Viene per dire loro la falsità e la verità, la giustizia o l’ingiustizia di essi.

Viene per manifestare in che cosa si devono correggere e in quale cosa invece devono migliorarsi, perfezionarsi.

Questo giudizio perfetto, esatto, giusto lo abbiamo già notato con gli altri due Angeli (Efeso e Smirne).

[13]So che abiti dove satana ha il suo trono; tuttavia tu tieni saldo il mio nome e non hai rinnegato la mia fede neppure al tempo in cui Antìpa, il mio fedele testimone, fu messo a morte nella vostra città, dimora di satana.

Questo Angelo abita in una città nella quale satana ha il suo trono. Il trono indica potere regale. Il potere regale di satana è la sua falsità, la menzogna, l’inganno, l’ambiguità, ogni altro errore circa la conoscenza di Dio, la sua adorazione, il compimento della sua volontà.

Satana è colui che ha pensato di poter spodestare Dio. Ecco la frase che più di ogni altra si dice qual è il suo peccato: la superbia che lo ha accecato, facendolo pensare come Dio, Dio lui stesso, degno di prendere il posto di Dio.

Il passo citato vale sia per gli uomini che per il principe di questo mondo. Direttamente è riferito ad un uomo, ad un re. Indirettamente, ma principalmente, è a satana che si deve applicare.

Isaia - cap. 14,1-32: “Il Signore infatti avrà pietà di Giacobbe e si sceglierà ancora Israele e li ristabilirà nel loro paese. A loro si uniranno gli stranieri, che saranno incorporati nella casa di Giacobbe. I popoli li accoglieranno e li ricondurranno nel loro paese e se ne impossesserà la casa di Israele nel paese del Signore come schiavi e schiave; così faranno prigionieri coloro che li avevano resi schiavi e domineranno i loro avversari.

In quel giorno il Signore ti libererà dalle tue pene e dal tuo affanno e dalla dura schiavitù con la quale eri stato asservito. Allora intonerai questa canzone sul re di Babilonia e dirai: Ah, come è finito l'aguzzino, è finita l'arroganza! Il Signore ha spezzato la verga degli iniqui, il bastone dei dominatori, di colui che percuoteva i popoli nel suo furore, con colpi senza fine, che dominava con furia le genti con una tirannia senza respiro.

Riposa ora tranquilla tutta la terra ed erompe in grida di gioia. Persino i cipressi gioiscono riguardo a te e anche i cedri del Libano: Da quando tu sei prostrato, non salgono più i tagliaboschi contro di noi. Gli inferi di sotto si agitano per te, per venirti incontro al tuo arrivo; per te essi svegliano le ombre, tutti i dominatori della terra, e fanno sorgere dai loro troni tutti i re delle nazioni. Tutti prendono la parola per dirti: Anche tu sei stato abbattuto come noi, sei diventato uguale a noi. Negli inferi è precipitato il tuo fasto, la musica delle tue arpe; sotto di te v'è uno strato di marciume, tua coltre sono i vermi.

Come mai sei caduto dal cielo, Lucifero, figlio dell'aurora? Come mai sei stato steso a terra, signore di popoli? Eppure tu pensavi: Salirò in cielo, sulle stelle di Dio innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell'assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all'Altissimo. E invece sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell'abisso! Quanti ti vedono ti guardano fisso, ti osservano attentamente. E` questo l'individuo che sconvolgeva la terra, che faceva tremare i regni, che riduceva il mondo a un deserto, che ne distruggeva le città, che non apriva ai suoi prigionieri la prigione?

Tutti i re dei popoli, tutti riposano con onore, ognuno nella sua tomba. Tu, invece, sei stato gettato fuori del tuo sepolcro, come un virgulto spregevole; sei circondato da uccisi trafitti da spada, come una carogna calpestata. A coloro che sono scesi in una tomba di pietre tu non sarai unito nella sepoltura, perché hai rovinato il tuo paese, hai assassinato il tuo popolo; non sarà più nominata la discendenza dell'iniquo. Preparate il massacro dei suoi figli a causa dell'iniquità del loro padre e non sorgano più a conquistare la terra e a riempire il mondo di rovine.

Io insorgerò contro di loro parola del Signore degli eserciti, sterminerò il nome di Babilonia e il resto, la prole e la stirpe oracolo del Signore. Io la ridurrò a dominio dei ricci, a palude stagnante; la scoperò con la scopa della distruzione oracolo del Signore degli eserciti. Il Signore degli eserciti ha giurato: In verità come ho pensato, accadrà e succederà come ho deciso. Io spezzerò l'Assiro nella mia terra e sui miei monti lo calpesterò. Allora sparirà da loro il suo giogo, il suo peso dalle loro spalle. Questa è la decisione presa per tutta la terra e questa è la mano stesa su tutte le genti. Poiché il Signore degli eserciti lo ha deciso; chi potrà renderlo vano? La sua mano è stesa, chi gliela farà ritirare?

Nell'anno in cui morì il re Acaz fu comunicato questo oracolo: Non gioire, Filistea tutta, perché si è spezzata la verga di chi ti percuoteva. Poiché dalla radice del serpe uscirà una vipera e il suo frutto sarà un drago alato. I poveri pascoleranno sui miei prati e i miseri vi riposeranno tranquilli; ma farò morire di fame la tua stirpe e ucciderò il tuo resto. Urla, porta; grida, città; trema, Filistea tutta, perché dal settentrione si alza il fumo e nessuno si sbanda dalle sue schiere. Che si risponderà ai messaggeri delle nazioni? Il Signore ha fondato Sion e in essa si rifugiano gli oppressi del suo popolo”.

L’Angelo della Chiesa di Pergamo vive in una città tutta consegnata a satana. Satana è il suo re. Satana la governa.

Ciò significa che in questa città regna ogni genere di idolatria e di immoralità.

Dove satana pone il suo trono, impone la sua legge e qual è la sua legge: la disobbedienza totale alla volontà del Signore.

La legge di satana è il vizio, il peccato, la trasgressione, ogni immoralità, ogni nefandezza, ogni bestialità, ogni altra trasgressione pensata e ancora non pensata, fatta e ancora non fatta.

Dove satana ha il suo trono non regna il Signore e per questo l’uomo è senza freni. Questa è la legge di satana: fare dell’uomo un uomo senza legge, un uomo che si fa legge a se stesso e la legge dell’uomo a se stesso è solo il peccato.

Nonostante questo Angelo viva in una città idolatra e ribelle al Signore, lui riesce a tenere saldo il nome del Signore. Riesce a conservarsi fedele alla sua Parola, al suo Amore.

Gesù lo loda perché nel momento della persecuzione – quando Antìpa il suo fedele testimone fu messo a morte proprio nella città dimora di satana – lui non ha rinnegato la fede. Con coraggio l’ha professata senza alcun timore della morte.

Di questo Antìpa non sappiamo nulla. Non abbiamo altre testimonianze dal testo sacro. Ci basta sapere che Gesù lo chiama “Il testimone fedele”. È stato fedele fino alla fine, fino al martirio. Ha sigillato la sua fedeltà con la morte, con il dono della vita.

Lui è fedele con il martirio. È fedele fino al martirio. Lui è l’esempio perfetto del cristiano.

Ancora una volta Gesù attesta la situazione di estrema gravità in cui questo Angelo è chiamato a vivere la sua fedeltà al Signore: nella città, che è dimora di satana.

Satana dimora in questa città, perché tutti i suoi abitanti si sono consegnati all’idolatria, alla falsità, al male.

[14]Ma ho da rimproverarti alcune cose: hai presso di te seguaci della dottrina di Balaàm, il quale insegnava a Balak a provocare la caduta dei figli d'Israele, spingendoli a mangiare carni immolate agli idoli e ad abbandonarsi alla fornicazione.

C’è qualcosa in questo Angelo che non va. Gesù per questo lo rimprovera.

Cosa non va in questo Angelo? Non va la non separazione tra chi pratica il bene secondo la fede e chi invece pratica il male, rivestendosi anche di fede.

Qual è il male che lui non separa dal bene?

Il male è il culto che non è conservato nella sua santità e purezza, perché non è stato isolato dal culto pagano.

Il male è anche l’idolatria e tutti i guai di immoralità che l’idolatria genera, quando essa si impossessa di un cuore, di una mente, di un’anima.

Da puntualizzare subito che su Balaam ci sono nell’Antico Testamento due tradizioni. Quella dei Numeri che è in tutto similare a quella di tutti i restanti libri e un’altra, ricorrente una sola volta, anch’essa dei Numeri.

La tradizione universale è questa:

Numeri - cap. 22,1-41: “Poi gli Israeliti partirono e si accamparono nelle steppe di Moab, oltre il Giordano verso Gerico. Or Balak, figlio di Zippor, vide quanto Israele aveva fatto agli Amorrei e Moab ebbe grande paura di questo popolo, che era così numeroso; Moab fu preso da spavento di fronte agli Israeliti.

Quindi Moab disse agli anziani di Madian: Ora questa moltitudine divorerà quanto è intorno a noi, come il bue divora l'erba dei campi. Balak, figlio di Zippor, era in quel tempo re di Moab. Egli mandò messaggeri a Balaam, figlio di Beor, a Petor che sta sul fiume, nel paese dei figli di Amau, per chiamarlo e dirgli: Ecco un popolo è uscito dall'Egitto; ricopre la terra e si è stabilito di fronte a me; ora dunque, vieni e maledicimi questo popolo; poiché è troppo potente per me; forse così riusciremo a sconfiggerlo e potrò scacciarlo dal paese; so infatti che chi tu benedici è benedetto e chi tu maledici è maledetto.

Gli anziani di Moab e gli anziani di Madian partirono portando in mano il salario dell'indovino; arrivati da Balaam, gli riferirono le parole di Balak. Balaam disse loro: Alloggiate qui stanotte e vi darò la risposta secondo quanto mi dirà il Signore. I capi di Moab si fermarono da Balaam. Ora Dio venne a Balaam e gli disse: Chi sono questi uomini che stanno da te? Balaam rispose a Dio: Balak, figlio di Zippor, re di Moab, mi ha mandato a dire: Ecco, il popolo che è uscito dall'Egitto, ricopre la terra; ora vieni a maledirmelo; forse riuscirò così a batterlo e potrò scacciarlo.

Dio disse a Balaam: Tu non andrai con loro, non maledirai quel popolo, perché esso è benedetto. Balaam si alzò la mattina e disse ai capi di Balak: Andatevene al vostro paese, perché il Signore si è rifiutato di lasciarmi venire con voi. I capi di Moab si alzarono, tornarono da Balak e dissero: Balaam si è rifiutato di venire con noi. Allora Balak mandò di nuovo i capi, in maggior numero e più influenti di quelli di prima. Vennero da Balaam e gli dissero: Così dice Balak, figlio di Zippor: Nulla ti trattenga dal venire da me; perché io ti colmerò di onori e farò quanto mi dirai; vieni dunque e maledicimi questo popolo. Ma Balaam rispose e disse ai ministri di Balak: Quand'anche Balak mi desse la sua casa piena d'argento e oro, non potrei trasgredire l'ordine del Signore, mio Dio, per fare cosa piccola o grande. Nondimeno, trattenetevi qui anche voi stanotte, perché io sappia ciò che il Signore mi dirà ancora.

Dio venne la notte a Balaam e gli disse: Se quegli uomini sono venuti a chiamarti, alzati e và con loro; ma farai ciò che io ti dirò. Balaam quindi si alzò la mattina, sellò l'asina e se ne andò con i capi di Moab. Ma l'ira di Dio si accese perché egli era andato; l'angelo del Signore si pose sulla strada per ostacolarlo. Egli cavalcava l'asina e aveva con sé due servitori. L'asina, vedendo l'angelo del Signore che stava sulla strada con la spada sguainata in mano, deviò dalla strada e cominciò ad andare per i campi. Balaam percosse l'asina per rimetterla sulla strada. Allora l'angelo del Signore si fermò in un sentiero infossato tra le vigne, che aveva un muro di qua e un muro di là. L'asina vide l'angelo del Signore, si serrò al muro e strinse il piede di Balaam contro il muro e Balaam la percosse di nuovo. L'angelo del Signore passò di nuovo più avanti e si fermò in un luogo stretto, tanto stretto che non vi era modo di ritirarsi né a destra, né a sinistra. L'asina vide l'angelo del Signore e si accovacciò sotto Balaam; l'ira di Balaam si accese ed egli percosse l'asina con il bastone. Allora il Signore aprì la bocca all'asina ed essa disse a Balaam: Che ti ho fatto perché tu mi percuota già per la terza volta?

Balaam rispose all'asina: Perché ti sei beffata di me! Se avessi una spada in mano, ti ammazzerei subito. L'asina disse a Balaam: Non sono io la tua asina sulla quale hai sempre cavalcato fino ad oggi? Sono forse abituata ad agire così? Ed egli rispose: No. Allora il Signore aprì gli occhi a Balaam ed egli vide l'angelo del Signore, che stava sulla strada con la spada sguainata. Balaam si inginocchiò e si prostrò con la faccia a terra. L'angelo del Signore gli disse: Perché hai percosso la tua asina già tre volte? Ecco io sono uscito a ostacolarti il cammino, perché il cammino davanti a me va in precipizio. Tre volte l'asina mi ha visto ed è uscita di strada davanti a me; se non fosse uscita di strada davanti a me, certo io avrei già ucciso te e lasciato in vita lei.

Allora Balaam disse all'angelo del Signore: Io ho peccato, perché non sapevo che tu ti fossi posto contro di me sul cammino; ora se questo ti dispiace, io tornerò indietro. L'angelo del Signore disse a Balaam: Va’ pure con quegli uomini; ma dirai soltanto quello che io ti dirò. Balaam andò con i capi di Balak. Quando Balak udì che Balaam arrivava, gli andò incontro a Ir-Moab che è sul confine dell'Arnon, all'estremità del confine. Balak disse a Balaam: Non ti avevo forse mandato a chiamare con insistenza? Perché non sei venuto da me? Non sono forse in grado di farti onore?

Balaam rispose a Balak: Ecco, sono venuto da te; ma ora posso forse dire qualsiasi cosa? La parola che Dio mi metterà in bocca, quella dirò. Balaam andò con Balak e giunsero a Kiriat-Cusot. Balak immolò bestiame grosso e minuto e mandò parte della carne a Balaam e ai capi che erano con lui. La mattina Balak prese Balaam e lo fece salire a Bamot-Baal, da dove si vedeva un'estremità dell'accampamento del popolo.

Numeri - cap. 23,1-30: “Balaam disse a Balak: Costruiscimi qui sette altari e preparami qui sette giovenchi e sette arieti. Balak fece come Balaam aveva detto; Balak e Balaam offrirono un giovenco e un ariete su ciascun altare. Balaam disse a Balak: Fermati presso il tuo olocausto e io andrò; forse il Signore mi verrà incontro; quel che mi mostrerà io te lo riferirò. Andò su di una altura brulla.

Dio andò incontro a Balaam e Balaam gli disse: Ho preparato i sette altari e ho offerto un giovenco e un ariete su ciascun altare. Allora il Signore mise le parole in bocca a Balaam e gli disse: Torna da Balak e parla così. Balaam tornò da Balak che stava presso il suo olocausto: egli e tutti i capi di Moab. Allora Balaam pronunziò il suo poema e disse: Dall'Aram mi ha fatto venire Balak, il re di Moab dalle montagne di oriente: Vieni, maledici per me Giacobbe; vieni, inveisci contro Israele! Come imprecherò, se Dio non impreca? Come inveirò, se il Signore non inveisce? Anzi, dalla cima delle rupi io lo vedo e dalle alture lo contemplo: ecco un popolo che dimora solo e tra le nazioni non si annovera. Chi può contare la polvere di Giacobbe? Chi può numerare l'accampamento d'Israele? Possa io morire della morte dei giusti e sia la mia fine come la loro.

Allora Balak disse a Balaam: Che mi hai fatto? Io t'ho fatto venire per maledire i miei nemici e tu invece li hai benedetti. Rispose: Non devo forse aver cura di dire solo quello che il Signore mi mette sulla bocca?

Balak gli disse: Vieni con me in altro luogo da dove tu possa vederlo: qui ne vedi solo un'estremità, non lo vedi tutto intero; di là me lo devi maledire. Lo condusse al campo di Zofim, sulla cima del Pisga; costruì sette altari e offrì un giovenco e un ariete su ogni altare. Allora Balaam disse a Balak: Fermati presso il tuo olocausto e io andrò incontro al Signore. Il Signore andò incontro a Balaam, gli mise le parole sulla bocca e gli disse: Torna da Balak e parla così.

Balaam tornò da Balak che stava presso il suo olocausto insieme con i capi di Moab. Balak gli disse: Che cosa ha detto il Signore? Allora Balaam pronunziò il suo poema e disse: Sorgi, Balak, e ascolta; porgimi orecchio, figlio di Zippor! Dio non è un uomo da potersi smentire, non è un figlio dell'uomo da potersi pentire. Forse Egli dice e poi non fa? Promette una cosa che poi non adempie? Ecco, di benedire ho ricevuto il comando e la benedizione io non potrò revocare. Non si scorge iniquità in Giacobbe, non si vede affanno in Israele. Il Signore suo Dio è con lui e in lui risuona l'acclamazione per il re. Dio, che lo ha fatto uscire dall'Egitto, è per lui come le corna del bufalo. Perché non vi è sortilegio contro Giacobbe e non vi è magìa contro Israele: a suo tempo vien detto a Giacobbe e a Israele che cosa opera Dio. Ecco un popolo che si leva come leonessa e si erge come un leone; non si accovaccia, finché non abbia divorato la preda e bevuto il sangue degli uccisi.

Allora Balak disse a Balaam: Se proprio non lo maledici, almeno non benedirlo! Rispose Balaam e disse a Balak: Non ti ho già detto, che quanto il Signore dirà io dovrò eseguirlo?

Balak disse a Balaam: Vieni, ti condurrò in altro luogo: forse piacerà a Dio che tu me li maledica di là. Così Balak condusse Balaam in cima al Peor, che è di fronte al deserto. Balaam disse a Balak: Costruiscimi qui sette altari e preparami sette giovenchi e sette arieti. Balak fece come Balaam aveva detto e offrì un giovenco e un ariete su ogni altare.

Numeri - cap. 24,1-25: “Balaam vide che al Signore piaceva di benedire Israele e non volle rivolgersi come le altre volte alla magìa, ma voltò la faccia verso il deserto. Balaam alzò gli occhi e vide Israele accampato, tribù per tribù. Allora lo spirito di Dio fu sopra di lui. Egli pronunziò il suo poema e disse: Oracolo di Balaam, figlio di Beor, e oracolo dell'uomo dall'occhio penetrante; oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell'Altissimo, di chi vede la visione dell'Onnipotente, e cade ed è tolto il velo dai suoi occhi. Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele! Sono come torrenti che si diramano, come giardini lungo un fiume, come àloe, che il Signore ha piantati, come cedri lungo le acque. Fluirà l'acqua dalle sue secchie e il suo seme come acqua copiosa. Il suo re sarà più grande di Agag e il suo regno sarà celebrato. Dio, che lo ha fatto uscire dall'Egitto, è per lui come le corna del bùfalo. Egli divora le genti che lo avversano, addenta le loro ossa e spezza le saette scagliate contro di lui. Si è rannicchiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa, chi oserà farlo alzare? Chi ti benedice sia benedetto e chi ti maledice sia maledetto!

Allora l'ira di Balak si accese contro Balaam; Balak battè le mani e disse a Balaam: Ti ho chiamato per maledire i miei nemici e tu invece per tre volte li hai benedetti! Ora vattene al tuo paese! Avevo detto che ti avrei colmato di onori, ma ecco, il Signore ti ha impedito di averli. Balaam disse a Balak: Non avevo forse detto ai messaggeri che mi avevi mandato: Quando anche Balak mi desse la sua casa piena d'argento e d'oro, non potrei trasgredire l'ordine del Signore per fare cosa buona o cattiva di mia iniziativa: ciò che il Signore dirà, quello soltanto dirò?

Ora sto per tornare al mio popolo; ebbene vieni: ti predirò ciò che questo popolo farà al tuo popolo negli ultimi giorni.

Egli pronunciò il suo poema e disse: Oracolo di Balaam, figlio di Beor, oracolo dell'uomo dall'occhio penetrante, oracolo di chi ode le parole di Dio e conosce la scienza dell'Altissimo, di chi vede la visione dell'Onnipotente, e cade ed è tolto il velo dai suoi occhi. Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele, spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli di Set, Edom diverrà sua conquista e diverrà sua conquista Seir, suo nemico, mentre Israele compirà prodezze. Uno di Giacobbe dominerà i suoi nemici e farà perire gli scampati da Ar.

Poi vide Amalek, pronunziò il suo poema e disse: Amalek è la prima delle nazioni, ma il suo avvenire sarà eterna rovina. Poi vide i Keniti, pronunziò il suo poema e disse: Sicura è la tua dimora, o Caino, e il tuo nido è aggrappato alla roccia. Eppure sarà dato alla distruzione, finché Assur ti deporterà in prigionia. Pronunziò ancora il suo poema e disse: Ahimè! chi potrà sopravvivere, dopo che il Signore avrà compiuto tal cosa? Verranno navi dalla parte di Cipro e opprimeranno Assur e opprimeranno Eber, ma anch'egli andrà in perdizione. Poi Balaam si alzò e tornò al suo paese, mentre Balak se ne andò per la sua strada.


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La stessa versione troviamo in:

“Uccisero anche, oltre i loro caduti, i re di Madian Evi, Rekem, Sur, Ur e Reba cioè cinque re di Madian; uccisero anche di spada Balaam figlio di Beor” (Num 31,8).

“Non vi entreranno mai perché non vi vennero incontro con il pane e con l'acqua nel vostro cammino quando uscivate dall'Egitto e perché hanno prezzolato contro di te Balaam, figlio di Beor, da Petor nel paese dei due fiumi, perché ti maledicesse” (Dt 23,5).

“Ma il Signore tuo Dio non volle ascoltare Balaam e il Signore tuo Dio mutò per te la maledizione in benedizione, perché il Signore tuo Dio ti ama” (Dt 23,6).

“Quanto a Balaam, figlio di Beor, l'indovino, gli Israeliti lo uccisero di spada insieme a quelli che avevano trafitto” (Gs 13,22).

“Poi sorse Balak, figlio di Zippor, re di Moab, per muover guerra a Israele; mandò a chiamare Balaam, figlio di Beor, perché vi maledicesse” (Gs 24,9).

“Ma io non volli ascoltare Balaam; egli dovette benedirvi e vi liberai dalle mani di Balak” (Gs 24,10).

“Perché non erano venuti incontro agli Israeliti con il pane e l'acqua e perché avevano prezzolato contro di loro Balaam per maledirli, sebbene il nostro Dio avesse mutato la maledizione in benedizione” (Nee 13,2).

L’altra tradizione, invece, sempre del Libro dei Numeri, è riferita una sola volta. Ecco il testo, al quale si rifà la citazione dell’Apocalisse:

“Proprio loro, per suggerimento di Balaam, hanno insegnato agli Israeliti l'infedeltà verso il Signore, nella faccenda di Peor, per cui venne il flagello nella comunità del Signore” (Num 31,16).

Nel Nuovo Testamento oltre che nell’Apocalisse, in questo solo passo, una sola volta ne parlano rispettivamente San Pietro e Giuda.

“Abbandonata la retta via, si sono smarriti seguendo la via di Balaàm di Bosòr, che amò un salario di iniquità” (2Pt 2,15).

“Guai a loro! Perché si sono incamminati per la strada di Caino e, per sete di lucro, si sono impegolati nei traviamenti di Balaàm e sono  periti nella ribellione di Kore. (Gd 1,11).

Gesù insegna all’Angelo della Chiesa di Pergamo che nessuna commistione è possibile tra la verità e la falsità, tra la sana moralità e l’immoralità, tra la retta adorazione di Dio e l’idolatria.

Questo non discernimento, non separazione, non distinzione, questa comunione di vita tra male e bene, vero e falso, fede e incredulità, adorazione e idolatria può portare gravi danni in seno alla comunità.

Tutti i buoni potrebbero lasciarsi ammaliare dal fascino del male, reputandolo cosa buona, dal momento che colui che deve prendere posizione, lascia correre ogni cosa, permette che questa commistione regni in seno alla Chiesa che Lui è chiamato a governare, vigilando a che nessuna radice velenosa entri in essa.

Santità del culto, verità della fede devono essere sempre tenute separate dalla falsità del culto e della dottrina.

L’Angelo è preposto per vigilare a che questo non accada. Se accade, la sua responsabilità è grande.

Tutta la verità del culto e della fede ben presto potrebbe risultare contagiata e trasformarsi in falsità, in errore e per di più giustificato, legalizzato, permesso da chi è preposto a far sì che questo mai avvenga.

Chi è posto in alto nella Chiesa di Dio deve sapere che ogni sua decisione influisce su tutta la comunità sia in bene che in male.

Siffatte persone non solo vivevano di idolatria, di immoralità, insegnavano agli altri, cioè ai buoni, a praticarla, spacciandola per cosa buona.

Questa è la gravità della non vigilanza, o dell’accoglienza di questo Angelo.

“Hai presso di te”, cioè: vivono con te, nella tua comunità, vivono indisturbati, operano il male senza che tu intervenga, prenda posizione netta.

Tu sei responsabile di tutto il male che essi operano. Potresti impedirlo e non lo fai. Potresti salvare i buoni e lasci che anche loro cadano nella perversione.

La forza di un Angelo è nel suo discernimento. La sua parola deve essere come quella di Cristo Gesù: una spada affilata a doppio taglio.

Bene e male devono essere da lui separati con precisione divina. Questa la sua missione, questo il suo ministero, questo il suo ufficio.

[15]Così pure hai di quelli che seguono la dottrina dei Nicolaìti.

Altra commistione è con i Nicolaiti. Anche questi vivevano indisturbati nella comunità.

Sui Nicolaiti si è già detto ogni cosa, quando si è parlato della Chiesa di Efeso.

[16]Ravvediti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca.

Gesù non può permettere che la sua comunità sia trascinata tutta nell’errore a causa di una mancata vigilanza, per omissione di ministero da parte di chi è preposto al discernimento.

Questo Angelo è chiamato al ravvedimento, che consisterà per lui nell’intervenire efficacemente al fine di dichiarare bene il bene e male il male, vero il vero e falso il falso.

Se lui non si ravvederà, se lui continuerà nella sua omissione, lo stesso Cristo verrà presto e combatterà contro di loro con la sua Parola, con il suo Giudizio, con ogni genere di discernimento.

È consolante questa verità. Gesù non abbandona il suo gregge. Gesù non è nei pastori solamente. È in essi, ma anche fuori di essi. È con loro, ma anche senza di loro. È per loro, ma anche contro di loro.

Lui è il Giudice vero, imparziale, perfetto, santo, universale. Lui è il Giudice dei pastori e delle pecore, di chi governa e di chi è governato.

Gesù è sopra tutti, prima di tutti, dopo tutti. Lui è. Gli altri possono essere solo in Lui, con Lui, per Lui.

Nessuno potrà mai pensare di essere Cristo, sopra Cristo, senza Cristo, contro Cristo.

Il governo della Chiesa è solo di Cristo Gesù. Tutti gli altri lo devono esercitare in Lui, con Lui, per Lui, in ascolto sempre della sua voce.

Ciò che Cristo dice, ha anche il potere di realizzarlo.

Lui viene, è venuto, verrà sempre per combattere contro la falsità e l’errore che di tempo in tempo si insinua nella sua Chiesa.

Questa è verità assoluta.

[17]Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese: Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve.

Qual è il premio per questo Angelo se avrà ascoltato la voce del suo Signore? Se avrà operato quel sano e giusto, santo e necessario discernimento in seno alla comunità tra il bene e il male?

Chi avrà agito così, chi avrà sempre protetto e custodito la comunità dall’errore e anche la sua vita, chi avrà fatto crescere la comunità sempre nella verità e anche la sua vita, riceverà da Cristo Gesù “la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all’infuori di chi la riceve”.

La manna è il cibo dei redenti, dei salvati, dei rigenerati, degli eletti. La manna è il cibo dei beati. Dio dona se stesso, questa è la manna, a tutti coloro che hanno operato con Lui e per Lui la verità.

Dio si dona a costoro come vita eterna per tutta l’eternità nel Cielo. Costoro avranno come ricompensa eterna il Paradiso.

Il Paradiso,  Dio, l’eternità beata è la manna degli eletti.

Sul nome nuovo ecco quanto afferma il Profeta Isaia:

Isaia - cap. 62,1-12: “Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi darò pace, finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Allora i popoli vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; ti si chiamerà con un nome nuovo che la bocca del Signore indicherà. Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio.

Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma tu sarai chiamata Mio compiacimento e la tua terra, Sposata, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo architetto; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te. Sulle tue mura, Gerusalemme, ho posto sentinelle; per tutto il giorno e tutta la notte non taceranno mai. Voi, che rammentate le promesse al Signore, non prendetevi mai riposo e neppure a lui date riposo, finché non abbia ristabilito Gerusalemme e finché non l'abbia resa il vanto della terra.

Il Signore ha giurato con la sua destra e con il suo braccio potente: Mai più darò il tuo grano in cibo ai tuoi nemici, mai più gli stranieri berranno il vino per il quale tu hai faticato. No! Coloro che avranno raccolto il grano lo mangeranno e canteranno inni al Signore, coloro che avranno vendemmiato berranno il vino nei cortili del mio santuario. Passate, passate per le porte, sgombrate la via al popolo, spianate, spianate la strada, liberatela dalle pietre, innalzate un vessillo per i popoli. Ecco ciò che il Signore fa sentire all'estremità della terra: Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo salvatore; ecco, ha con sé la sua mercede, la sua ricompensa è davanti a lui. Li chiameranno popolo santo, redenti del Signore. E tu sarai chiamata Ricercata, Città non abbandonata”.

La pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo è il proprio nome scritto nel cielo, di cui la scrittura sulla piccola pietra, che chi la riceve potrà sempre portare in mano, serve come segno di riconoscimento. Lui potrà dire a tutti di essere scritto nel libro della vita. Di avere il proprio nome scritto nei Cieli.

Lo potrà dire e attestare, testimoniare e confermare. Lo potrà mostrare. Quanto lui dice è purissima verità. Lui ha la testimonianza di Dio. Questo significa che avrà il suo nome scritto su una pietruzza bianca.

Di questa scrittura nei cieli ne parla il Vangelo. Sul nome scritto ecco quanto attesta il Nuovo Testamento.

“Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli”  (Lc 10,20).

“E prego te pure, mio fedele collaboratore, di aiutarle, poiché hanno combattuto per il vangelo insieme con me, con Clemente e con gli altri miei collaboratori, i cui nomi sono nel libro della vita” (Fil 4,3).

“La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele” (Ap 21,12).

“Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello” (Ap 21,14).

“Il vincitore sarà dunque vestito di bianche vesti, non cancellerò il suo nome dal libro della vita, ma lo riconoscerò davanti al Padre mio e davanti ai suoi angeli. (Ap 3,5).

“Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo” (Ap 3,12).

“L'adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto fin dalla fondazione del mondo nel libro della vita dell'Agnello immolato” (Ap 3,8).

“Poi guardai ed ecco l'Agnello ritto sul monte Sion e insieme centoquarantaquattromila persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del Padre suo” (Ap 14,1).

“Il fumo del loro tormento salirà per i secoli dei secoli, e non avranno riposo né giorno né notte quanti adorano la bestia e la sua statua e chiunque riceve il marchio del suo nome” (Ap 14,11).

“Vidi pure come un mare di cristallo misto a fuoco e coloro che avevano vinto la bestia e la sua immagine e il numero del suo nome, stavano ritti sul mare di cristallo. Accompagnando il canto con le arpe divine” (Ap 15,2).

“La bestia che hai visto era ma non è più, salirà dall'Abisso, ma per andare in perdizione. E gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo, stupiranno al vedere che la bestia era e non è più, ma riapparirà” (Ap 17,8).

“I suoi occhi sono come una fiamma di fuoco, ha sul suo capo molti diademi; porta scritto un nome che nessuno conosce all'infuori di lui” (Ap 19,12).

“Vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte” (Ap 22,4).

Il nome nuovo è il nome della sua santità, della sua verità, del suo amore, della sua fedeltà, della sua appartenenza a Cristo.

Il nome nuovo è il nome della grazia dello Spirito che si incide nell’anima e la consacra eternamente per il Signore e Dio.

Il nome nuovo è lo stesso nome di Dio che viene scritto sulla fronte dei credenti che perseverano sino alla fine.

Questo nome nessuno lo conosce, perché nessuno potrà mai sapere il grado della fedeltà di un altro nei riguardi del Signore.

Questo nome nuovo è la fedeltà della propria coscienza al Padre celeste. La coscienza la conosce Dio e la persona nella quale essa vive.

Anche questo è mistero: Dio scrive se stesso nell’anima dei suoi servi fedeli, si incide per tutta l’eternità. Li sigilla perché siano sua proprietà per sempre.

Di questo sigillo ne è testimonianza la pietruzza che viene data a colui il cui nome è scritto nel cuore di Dio; a colui nel cui cuore Dio scrive il suo nome.

Beato è chi fa di questo mistero la sua stessa vita.

TIATIRA

[18]All'angelo della Chiesa di Tiàtira scrivi: Così parla il Figlio di Dio, Colui che ha gli occhi fiammeggianti come fuoco e i piedi simili a bronzo splendente.

Giovanni ad ogni Angelo sta ricordando chi è Cristo Gesù. Lo ricorda secondo la visione posta all’inizio del suo scritto:

Eccola:

Apocalisse - cap. 1,12-17: “Ora, come mi voltai per vedere chi fosse colui che mi parlava, vidi sette candelabri d'oro e in mezzo ai candelabri c'era uno simile a figlio di uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d'oro. I capelli della testa erano candidi, simili a lana candida, come neve. Aveva gli occhi fiammeggianti come fuoco, i piedi avevano l'aspetto del bronzo splendente purificato nel crogiuolo. La voce era simile al fragore di grandi acque. Nella destra teneva sette stelle, dalla bocca gli usciva una spada affilata a doppio taglio e il suo volto somigliava al sole quando splende in tutta la sua forza. Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la destra, mi disse: Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi”.

Poiché di questa visione si è parlato con ogni abbondanza di particolari, ad essa si rimanda.

Una annotazione metodologica è giusto che venga brevemente premessa: Tutto è da Cristo, dalla sua Verità. Chi non possiede la verità su Cristo, non possiede neanche la verità sull’uomo, sul suo ministero, sulla sua missione, sulla relazione con le persone.

Tutto è da Cristo. Chi conosce Cristo si conosce e conosce il mondo. Noi conosciamo secondo la conoscenza di Cristo Gesù che è in noi.

Questa verità ognuno di noi deve farla divenire il principio operativo della sua vita.

Dare la verità di Cristo Gesù è dare ad ogni uomo la propria verità, la verità di ogni altro uomo, la verità del mondo intero.

Cristo Gesù è l’Onnisciente, l’Immutabile, l’Eterna Verità di ogni uomo. Cristo Gesù è Colui che conosce ogni cosa, perché è in ogni cosa, sopra ogni cosa.

[19]Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le tue ultime opere sono migliori delle prime.

Quanto Cristo vede nell’Angelo della Chiesa di Tiatira è cosa buona, santa, giusta.


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10/01/2010 17:45
 
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Questo Angelo compie opere secondo la Parola, vive la carità secondo la Parola, possiede una fede in perfetta conformità con la Parola. Il suo servizio è anch’esso secondo la Parola.

In ciò che crede, che vive, che opera, che compie egli possiede costanza, perseveranza. Il suo è un costante progredire di bene in bene, anzi di bene in meglio.

Di lui Gesù attesta che le sue ultime opere sono migliori delle prime.

Personalmente si può dire che questo Angelo è ben messo spiritualmente.

Lui crede, lui ama, lui opera, lui serve con costanza, perseveranza, in una continua crescita.

Ma questo Angelo ha un ministero pubblico. Lui svolge un servizio di vigilanza, di discernimento non solo per sé ma anche per tutta la comunità.

Nel suo ministero a servizio degli altri, del gregge di Cristo, è così ben messo come per se stesso?

[20]Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabèle, la donna che si spaccia per profetessa e insegna e seduce i miei servi inducendoli a darsi alla fornicazione e a mangiare carni immolate agli idoli.

C’è però nella sua comunità una donna di nome Iezabèle. Costei, spacciandosi per profetessa, insegna e seduce i discepoli di Gesù a darsi all’idolatria, a vivere un culto non puro, non santo.

Questa donna, solo in apparenza cristiana, praticamente insegna a rinnegare Cristo Gesù, poiché insegna e seduce all’idolatria e al culto pagano.

Attribuendo a questa donna il nome di  Iezabèle, Gesù rivela a questo Angelo la cattiveria, la malvagità, la disonestà di questa donna.

Questa donna fu la rovina di Acab, Re di Israele. Ecco un saggio della sua malvagità:

Primo libro dei Re - cap. 16,28-33: “ Omri si addormentò con i suoi padri e fu sepolto in Samaria. Al suo posto divenne re suo figlio Acab. Acab figlio di Omri divenne re su Israele nell'anno trentottesimo di Asa re di Giuda. Acab figlio di Omri regnò su Israele in Samaria ventidue anni. Acab figlio di Omri fece ciò che è male agli occhi del Signore, peggio di tutti i suoi predecessori.

Non gli bastò imitare il peccato di Geroboamo figlio di Nebàt; ma prese anche in moglie Gezabele figlia di Et-Bàal, re di quelli di Sidone, e si mise a servire Baal e a prostrarsi davanti a lui.

Eresse un altare a Baal nel tempio di Baal, che egli aveva costruito in Samaria. Acab eresse anche un palo sacro e compì ancora altre cose irritando il Signore Dio di Israele, più di tutti i re di Israele suoi predecessori.

Primo libro dei Re - cap. 21,1-29: “In seguito avvenne il seguente episodio. Nabot di Izreèl possedeva una vigna vicino al palazzo di Acab re di Samaria. Acab disse a Nabot: Cedimi la tua vigna; siccome è vicina alla mia casa, ne farei un orto. In cambio ti darò una vigna migliore oppure, se preferisci, te la pagherò in denaro al prezzo che vale.

Nabot rispose ad Acab: Mi guardi il Signore dal cederti l'eredità dei miei padri.

Acab se ne andò a casa amareggiato e sdegnato per le parole dettegli da Nabot di Izreèl, che aveva affermato: Non ti cederò l'eredità dei miei padri. Si coricò sul letto, si girò verso la parete e non volle mangiare. Entrò da lui la moglie Gezabele e gli domandò: Perché mai il tuo spirito è tanto amareggiato e perché non vuoi mangiare? Le rispose: Perché ho detto a Nabot di Izreèl: Cedimi la tua vigna per denaro o, se preferisci, te la cambierò con un'altra vigna ed egli mi ha risposto: Non cederò la mia vigna!

Allora sua moglie Gezabele gli disse: Tu ora eserciti il regno su Israele? Alzati, mangia e il tuo cuore gioisca. Te la darò io la vigna di Nabot di Izreèl! Essa scrisse lettere con il nome di Acab, le sigillò con il suo sigillo, quindi le spedì agli anziani e ai capi, che abitavano nella città di Nabot. Nelle lettere scrisse: Bandite un digiuno e fate sedere Nabot in prima fila tra il popolo. Di fronte a lui fate sedere due uomini iniqui, i quali l'accusino: Hai maledetto Dio e il re! Quindi conducetelo fuori e lapidatelo ed egli muoia.

Gli uomini della città di Nabot, gli anziani e i capi che abitavano nella sua città, fecero come aveva ordinato loro Gezabele, ossia come era scritto nelle lettere che aveva loro spedite. Bandirono il digiuno e fecero sedere Nabot in prima fila tra il popolo. Vennero due uomini iniqui, che si sedettero di fronte a lui. Costoro accusarono Nabot davanti al popolo affermando: Nabot ha maledetto Dio e il re. Lo condussero fuori della città e lo uccisero lapidandolo. Quindi mandarono a dire a Gezabele: Nabot è stato lapidato ed è morto.

Appena sentì che Nabot era stato lapidato e che era morto, disse ad Acab: Su, impadronisciti della vigna di Nabot di Izreèl, il quale ha rifiutato di vendertela, perché Nabot non vive più, è morto. Quando sentì che Nabot era morto, Acab si mosse per scendere nella vigna di Nabot di Izreèl a prenderla in possesso. Allora il Signore disse a Elia il Tisbita: Su, recati da Acab, re di Israele, che abita in Samaria; ecco è nella vigna di Nabot, ove è sceso a prenderla in possesso. Gli riferirai: Così dice il Signore: Hai assassinato e ora usurpi! Per questo dice il Signore: Nel punto ove lambirono il sangue di Nabot, i cani lambiranno anche il tuo sangue.

Acab disse a Elia: Mi hai dunque colto in fallo, o mio nemico! Quegli soggiunse: Sì, perché ti sei venduto per fare ciò che è male agli occhi del Signore. Ecco ti farò piombare addosso una sciagura; ti spazzerò via. Sterminerò, nella casa di Acab, ogni maschio, schiavo o libero in Israele. Renderò la tua casa come la casa di Geroboamo, figlio di Nebàt, e come la casa di Baasa, figlio di Achia, perché tu mi hai irritato e hai fatto peccare Israele. Riguardo poi a Gezabele il Signore dice: I cani divoreranno Gezabele nel campo di Izreèl. Quanti della famiglia di Acab moriranno in città li divoreranno i cani; quanti moriranno in campagna li divoreranno gli uccelli dell'aria.

In realtà nessuno si è mai venduto a fare il male agli occhi del Signore come Acab, istigato dalla propria moglie Gezabele. Commise molti abomini, seguendo gli idoli, come avevano fatto gli Amorrei, che il Signore aveva distrutto davanti ai figli d'Israele. Quando sentì tali parole, Acab si strappò le vesti, indossò un sacco sulla carne e digiunò; si coricava con il sacco e camminava a testa bassa. Il Signore disse a Elia, il Tisbita: Hai visto come Acab si è umiliato davanti a me? Poiché si è umiliato davanti a me, non farò piombare la sciagura durante la sua vita, ma la farò scendere sulla sua casa durante la vita del figlio”.

Secondo libro dei Re - cap. 9,1-37: “Il profeta Eliseo chiamò uno dei figli dei profeti e gli disse: Cingiti i fianchi, prendi in mano questo vasetto d'olio e và in Ramot di Gàlaad. Appena giunto, cerca Ieu figlio di Giòsafat, figlio di Nimsi. Entrato in casa, lo farai alzare dal gruppo dei suoi compagni e lo condurrai in una camera interna. Prenderai il vasetto dell'olio e lo verserai sulla sua testa, dicendo: Dice il Signore: Ti ungo re su Israele. Poi aprirai la porta e fuggirai senza indugio. Il giovane andò a Ramot di Gàlaad.

Appena giunto, trovò i capi dell'esercito seduti insieme. Egli disse: Ho un messaggio per te, o capo. Ieu disse: Per chi fra tutti noi? Ed egli rispose: Per te, o capo. Ieu si alzò ed entrò in una camera; quegli gli versò l'olio sulla testa dicendogli: Dice il Signore, Dio di Israele: Ti ungo re sul popolo del Signore, su Israele. Tu demolirai la casa di Acab tuo signore; io vendicherò il sangue dei miei servi i profeti e il sangue di tutti i servi del Signore sparso da Gezabele. Tutta la casa di Acab perirà; io eliminerò nella famiglia di Acab ogni maschio, schiavo o libero in Israele. Renderò la casa di Acab come la casa di Geroboamo figlio di Nebàt, e come la casa di Baasa figlio di Achia. La stessa Gezabele sarà divorata dai cani nella campagna di Izreèl; nessuno la seppellirà. Quindi aprì la porta e fuggì.

Quando Ieu si presentò agli ufficiali del suo padrone, costoro gli domandarono: Va tutto bene? Perché questo pazzo è venuto da te? Egli disse loro: Voi conoscete l'uomo e le sue chiacchiere. Gli dissero: Baie! Su, raccontacelo! Egli disse: Mi ha parlato così e così, affermando: Dice il Signore: Ti ungo re su Israele. Tutti presero in fretta i propri vestiti e li stesero sotto di lui sugli stessi gradini, suonarono la tromba e gridarono: Ieu è re. Ieu figlio di Giòsafat, figlio di Nimsi, congiurò contro Ioram. (Ioram aveva difeso con tutto Israele Ramot di Gàlaad di fronte a Cazaèl, re di Aram, poi Ioram era tornato a curarsi in Izreèl le ferite ricevute dagli Aramei nella guerra contro Cazaèl, re di Aram). Ieu disse: Se tale è il vostro sentimento, nessuno esca o fugga dalla città per andare ad annunziarlo in Izreèl.

Ieu salì su un carro e partì per Izreèl, perché là giaceva malato Ioram e Acazia re di Giuda era sceso per visitarlo. La sentinella che stava sulla torre di Izreèl vide la truppa di Ieu che avanzava e disse: Vedo una truppa. Ioram disse: Prendi un cavaliere e mandalo loro incontro per domandare: Tutto bene? Uno a cavallo andò loro incontro e disse: Il re domanda: Tutto bene? Ieu disse: Che importa a te come vada? Passa dietro a me e seguimi. La sentinella riferì: Il messaggero è arrivato da quelli, ma non torna indietro. Il re mandò un altro cavaliere che, giunto da quelli, disse: Il re domanda: Tutto bene? Ma Ieu disse: Che importa a te come vada? Passa dietro a me e seguimi.

La sentinella riferì: E` arrivato da quelli, ma non torna indietro. Il modo di guidare è quello di Ieu figlio di Nimsi; difatti guida all'impazzata. Ioram disse: Attacca i cavalli. Appena fu pronto il suo carro, Ioram re di Israele, e Acazia re di Giuda, partirono, ognuno sul proprio carro. Andarono incontro a Ieu, che raggiunsero nel campo di Nabòt di Izreèl. Quando Ioram vide Ieu, gli domandò: Tutto bene, Ieu? Rispose: Sì, tutto bene, finché durano le prostituzioni di Gezabele tua madre e le sue numerose magie. Allora Ioram si volse indietro e fuggì, dicendo ad Acazia: Siamo traditi, Acazia! Ieu, impugnato l'arco, colpì Ioram nel mezzo delle spalle. La freccia gli attraversò il cuore ed egli si accasciò sul carro. Ieu disse a Bidkar suo scudiero: Sollevalo, gettalo nel campo che appartenne a Nabòt di Izreèl; mi ricordo che una volta, mentre io e te eravamo sullo stesso carro al seguito di suo padre Acab, il Signore proferì su di lui questo oracolo: Non ho forse visto ieri il sangue di Nabòt e il sangue dei suoi figli? Oracolo del Signore. Ti ripagherò in questo stesso campo. Oracolo del Signore. Sollevalo e gettalo nel campo secondo la parola del Signore.

Visto ciò, Acazia re di Giuda fuggì per la strada di Bet-Gan; Ieu l'inseguì e ordinò: Colpite anche costui. Lo colpirono sul carro nella salita di Gur, nelle vicinanze di Ibleam. Egli fuggì a Meghìddo, ove morì. I suoi ufficiali lo portarono a Gerusalemme su un carro e lo seppellirono nel suo sepolcro, vicino ai suoi padri, nella città di Davide. Acazia era divenuto re di Giuda nell'anno undecimo di Ioram, figlio di Acab.

Ieu arrivò in Izreèl. Appena lo seppe, Gezabele si truccò gli occhi con stibio, si acconciò la capigliatura e si mise alla finestra. Mentre Ieu entrava per la porta, gli domando: Tutto bene, o Zimri, assassino del suo padrone? Ieu alzò lo sguardo alla finestra e disse: Chi è con me? Chi? Due o tre eunuchi si affacciarono a guardarlo. Egli disse: Gettatela giù. La gettarono giù. Il suo sangue schizzò sul muro e sui cavalli. Ieu passò sul suo corpo, poi entrò, mangiò e bevve; alla fine ordinò: Andate a vedere quella maledetta e seppellitela, perché era figlia di re. Andati per seppellirla, non trovarono altro che il cranio, i piedi e le palme delle mani. Tornati, riferirono il fatto a Ieu, che disse: Si è avverata così la parola che il Signore aveva detta per mezzo del suo servo Elia il Tisbita: Nel campo di Izreèl i cani divoreranno la carne di Gezabele. E il cadavere di Gezabele nella campagna sarà come letame, perché non si possa dire: Questa è Gezabele”.

Come si può constatare è una storia triste quella di Gezabele. È storia di idolatria che si consuma nella falsità, nell’omicidio, nell’usurpazione. È una storia che coinvolge il re nella sua perdizione.

Questa donna dall’Angelo della Chiesa di Tiatira è lasciata libera nella sua arte di seduzione, di insegnamento, di invito all’idolatria e al culto pagano.

Chi è Angelo della Chiesa di Dio si deve comportare allo stesso modo che il profeta Elia. Eli deve pubblicamente denunciare ogni violazione dei diritti di Dio.

Se non interviene pubblicamente a difesa del bene contro il male, della verità contro l’errore, della falsità contro la menzogna, dell’adorazione di Dio contro l’idolatria, del vero culto contro il falso, il male a poco a poco conquista i buoni e li trascina fuori strada, allo stesso modo che il re Acab prima fu condotto dalla moglie nell’idolatria e poi anche nell’omicidio e nell’usurpazione.

Chi è Angelo della Chiesa di Dio deve vigilare, discernere, difendere sempre la verità contro tutto e tutti. La sua permissività equivale conferire diritto di legalità ad ogni male.

Chi è Angelo della Chiesa di Dio sappia che è posto come baluardo inespugnabile contro ogni potenza del male sulla nostra terra.

Deve opporsi al male, fermandolo anche con il suo corpo, se questo è richiesto; arginandolo, con il suo sangue, se questo è necessario.

Lasciare le porte aperte al male in una comunità è grave peccato di omissione. Tutte le opere buone che la persona singolarmente fa alla fine si riveleranno inutili. Anche queste alla fine saranno divorate dal male, cui lui ha lasciato libero corso in seno alla comunità dei figli di Dio.

La protezione e la difesa contro il male è il primo ministero di chi è preposto ad Angelo nella Chiesa di Dio.

L’Angelo è prima di tutto un servo della verità, contro ogni falsità, contro ogni uomo o donna che fanno della falsità la loro regola di vita.

[21]Io le ho dato tempo per ravvedersi, ma essa non si vuol ravvedere dalla sua dissolutezza.

Ognuno di noi, dinanzi al male, potrebbe sempre pensare che in fondo c’è sempre una possibilità di ravvedimento, di conversione, di liberazione, di avversione, di resipiscenza.

Gesù vede la realtà del cuore dell’uomo. Vede le sue intenzioni. Vede la volontà. Vede i sentimenti reconditi, mai manifestati, non manifestabili.

Gesù vede questa donna ferma, risoluta nella sua dissolutezza. La vede radicata nel suo male.

Su questa donna non si può sperare. Essa è ormai votata al male.

Sapendo questo l’Angelo della Chiesa di Tiatira è messo in una visione che lui non potrà non accogliere, non fare sua.

Accogliendola e facendola sua, lui deve comprendere sia la gravità del male, sia la non volontà di retrocedere da  esso.

Lui non potrà più sperare nella buona volontà di questa donna. Lui dovrà prendersi le sue responsabilità e mettersi con tutto se stesso a difesa, a baluardo perché il male di questa donna venga arginato.

Prima di questa parola di Gesù, l’Angelo della Chiesa di Tiatira era in qualche modo giustificato nella sua speranza, nella sua metodologia di irenismo esagerato, nella sua attesa di una possibile conversione, o addirittura nella sua fede della superiorità del bene sul male. 

Dico: “in qualche modo giustificato”, perché dinanzi al male non ci sono mai giustificazioni per le nostre omissioni. Spesso però il nostro buon cuore, non sufficientemente aiutato dalla scienza, dalla fortezza, dalla sapienza dello Spirito Santo, può anche condurci in scelte ed operazioni sbagliate.

Se in queste scelte, c’è la rettitudine di coscienza, la speranza di un cambiamento, il convincimento che vi possa essere una qualche conversione, l’errore morale è solo di valutazione.

Dopo che il Signore ha parlato e il profeta ha proferito il suo responso da parte di Dio, allora le nostre convinzioni, la nostra coscienza, la nostra scienza, il nostro buon cuore, le nostre buone intenzioni, le nostre metodologie pastorali devono cedere il posto alla Parola di Dio.

Se non cedono il posto e noi continuiamo nella nostra “faciloneria pastorale”,  da questo istante noi siamo responsabili di tutto il male morale, spirituale, fisico, sociale, civile, economico che il peccato dell’altro crea in seno alla comunità dei figli di Dio.

Dopo che il Signore ha parlato, non c’è più spazio per alcuna personale valutazione, o per un nostro giudizio, o per una nostra specifica pastorale.

Dopo che il Signore ha parlato, c’è solo posto per la sua Parola. Altre parole non devono avere più posto nel nostro cuore.

Ora l’Angelo della Chiesa di Tiatira sa che nel cuore di Iezabele non c’è spazio, né posto per la conversione, per il ravvedimento. Dovrà agire di conseguenza. Dovrà prendere posizione. Dovrà intervenire pubblicamente contro di lei.

[22]Ebbene, io getterò lei in un letto di dolore e coloro che commettono adulterio con lei in una grande tribolazione, se non si ravvederanno dalle opere che ha loro insegnato.

Il Signore in questo versetto si rivela come l’unico Signore della storia. Lui ha il potere di intervenire per proteggere la vita della sua Chiesa.

Cosa il Signore farà a Iezabele non ci è dato di poterlo individuare. Non sappiamo in che cosa consista esattamente “il letto di dolore”, o “la grande tribolazione” per lei e per tutti coloro che la seguono nel suo peccato di idolatria.

Una cosa però deve essere certa per tutti noi: quanto si abbatterà su questa donna e su quanti essa ha traviato, conducendoli nella sua prostituzione, li costringerà a non poter più agire, a non poter più praticare le loro opere immorali, le loro idolatrie.

Tuttavia il Signore non fa questo subito. Attende il loro ravvedimento, la loro conversione. Aspetta che essi desistano dalla loro empietà e per questo concede il tempo necessario per la loro conversione.

Volendo unire il versetto precedente a questo è giusto dire un’altra verità: la donna potrà ravvedersi se l’Angelo della Chiesa, che ormai conosce la reale situazione di lei, si adopera con ogni mezzo per annunziare a lei e ai suoi seguaci la verità di nostro Signore Gesù Cristo.

Mai ci potrà essere conversione senza annunzio. Ma anche: mai ci potrà essere annunzio senza la conoscenza della verità dell’altro.

Se uno di noi si inganna sull’altro, come potrà fargli giungere intatta, pura, santa la Parola del Signore?

Ora però l’Angelo della Chiesa conosce la verità dell’altro e degli altri, conoscendola non potrà più lasciarli operare indisturbati, facendo appello alla sua coscienza.

Ora è il tempo di intervenire energicamente perché la verità sia posta sul candelabro per farla brillare in tutto il suo splendore.

Quando si conosce la verità, si è obbligati a parlare all’altro secondo la pienezza della verità conosciuta.

Il silenzio in questo caso è grave peccato di omissione. Il fatto che all’Angelo di questa Chiesa non venga chiesto nulla alla fine, è segno per noi che lui fin da subito si è impegnato perché la verità di Cristo e solo essa risplendesse con rinnovato splendore tra i suoi fedeli, nel gregge del Signore.

[23]Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le proprie opere.

La minaccia di Gesù è forte. È vera minaccia di morte.

Gesù ancora una volta viene presentato, o si presenta come l’unico Giudice del mondo.

Lui può giudicare secondo verità il mondo intero, perché Lui di ogni uomo scruta affetti e pensieri.

Questa è la verità di Cristo Gesù. I suoi occhi penetrano nell’intimo di un cuore, lo scrutano, lo pesano, lo valutano secondo pienezza di verità.

Nessuno potrà mai nascondersi, o impedire in qualche modo che questo non avvenga.

L’uomo, nessun uomo, ha questa potestà, quella cioè di nascondere il suo cuore agli occhi di Cristo Gesù.

Cristo Gesù scruta ogni uomo oggi, in questo tempo, in questa storia, in questo momento. Lo scruta per conoscere la profondità della sua bontà o della sua malvagità. Lo scruta per conoscere fin dove si spingerà la sua malignità, o la sua bontà d’animo.

Lo saggia perché così potrà sempre intervenire in tempo per porre un ostacolo – anche definitivo, ove fosse necessario – alla pazzia del malvagio.

L’ostacolo definitivo è la morte.

Vedendo l’agire di Dio, vedendo che il male non sempre può trionfare secondo il volere degli uomini, perché su di esso vigila il Signore, i giusti potranno rafforzare la loro fede e continuare nella fedeltà il servizio alla verità, al Vangelo, alla carità.

Il giudizio di Cristo Gesù vale sia per i buoni che per i cattivi. La ricompensa è ben diversa: ai cattivi va lo stagno di fuoco e di zolfo alla fine dei tempi; va la tribolazione, il dolore, la stessa morte, se questo si rivela necessario per la difesa del Regno di Dio, oggi, in questo tempo, in questa storia.

Ai giusti va il regno dei cieli, il Paradiso, alla sera della loro vita, se hanno perseverato sino alla fine nella verità, nella carità, nella speranza. Va anche ogni benedizione di Dio in questo tempo, perché possano continuare ancora a servire il Signore, testimoniandolo come l’unico Signore e Dio della loro vita.

Gesù è Giudice imparziale, incorruttibile, santo, giusto. Egli dona il bene ai buoni, il male ai cattivi, quando questi non vogliono redimersi, per entrare nella sua verità.

Un esempio di intervento di Cristo Gesù nella storia, lo  troviamo negli atti degli Apostoli. Siamo al tempo dell’incarcerazione di Pietro. Il fatto accadde subito dopo.

Atti degli Apostoli - cap. 12,1-25: “In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che questo era gradito ai Giudei, decise di arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Azzimi. Fattolo catturare, lo gettò in prigione, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua.

Pietro dunque era tenuto in prigione, mentre una preghiera saliva incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui. E in quella notte, quando poi Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro piantonato da due soldati e legato con due catene stava dormendo, mentre davanti alla porta le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: Alzati, in fretta! E le catene gli caddero dalle mani. E l'angelo a lui: Mettiti la cintura e legati i sandali. E così fece. L'angelo disse: Avvolgiti il mantello, e seguimi!

Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si era ancora accorto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva infatti di avere una visione. Essi oltrepassarono la prima guardia e la seconda e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città: la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l'angelo si dileguò da lui. Pietro allora, rientrato in sé, disse: Ora sono veramente certo che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che si attendeva il popolo dei Giudei.

Dopo aver riflettuto, si recò alla casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, dove si trovava un buon numero di persone raccolte in preghiera. Appena ebbe bussato alla porta esterna, una fanciulla di nome Rode si avvicinò per sentire chi era. Riconosciuta la voce di Pietro, per la gioia non aprì la porta, ma corse ad annunziare che fuori c'era Pietro. Tu vaneggi! -  le dissero. Ma essa insisteva che la cosa stava così. E quelli dicevano: E` l'angelo di Pietro.

Questi intanto continuava a bussare e quando aprirono la porta e lo videro, rimasero stupefatti. Egli allora, fatto segno con la mano di tacere, narrò come il Signore lo aveva tratto fuori del carcere, e aggiunse: Riferite questo a Giacomo e ai fratelli. Poi uscì e s'incamminò verso un altro luogo.

Fattosi giorno, c'era non poco scompiglio tra i soldati: che cosa mai era accaduto di Pietro? Erode lo fece cercare accuratamente, ma non essendo riuscito a trovarlo, fece processare i soldati e ordinò che fossero messi a morte; poi scese dalla Giudea e soggiornò a Cesarèa. Egli era infuriato contro i cittadini di Tiro e Sidone. Questi però si presentarono a lui di comune accordo e, dopo aver tratto alla loro causa Blasto, ciambellano del re, chiedevano pace, perché il loro paese riceveva i viveri dal paese del re.

Nel giorno fissato Erode, vestito del manto regale e seduto sul podio, tenne loro un discorso. Il popolo acclamava: Parola di un dio e non di un uomo! Ma improvvisamente un angelo del Signore lo colpì, perché non aveva dato gloria a Dio; e roso, dai vermi, spirò. Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva. Barnaba e Saulo poi, compiuta la loro missione, tornarono da Gerusalemme prendendo con loro Giovanni, detto anche Marco”.

Come annotazione conclusiva è giusto osservare che nessuno mai saprà come e quando il Signore interverrà.

Sappiamo però che Lui interverrà. Finché Lui non interviene, per noi è il tempo di vivere con coraggio la fede e con fermezza di testimoniarla dinanzi ad ogni uomo.

[24]A voi di Tiàtira invece che non seguite questa dottrina, che non avete conosciuto le profondità di satana come le chiamano non imporrò altri pesi;


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10/01/2010 17:45
 
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La dottrina è l’idolatria di Iezabele.

Le profondità di satana sono le insidie nascoste, subdole di satana che con maestria infernale sa abbinare il male al bene, la falsità alla verità, l’ingiustizia alla giustizia, la vera adorazione all’idolatria, la sana moralità all’immoralità, in modo che a poco a poco il male, la falsità, l’ingiustizia, l’idolatria, l’immoralità e ogni altro genere di vizi e di malvagità divorino la verità, il bene, la giusta adorazione, la sana moralità.

Le profondità di satana oggi sono tutti quei pensieri che dichiarano nulla la volontà dell’uomo in ordine alla salvezza della propria anima. Sono tutte quelle dottrine che insegnano che la salvezza è stata operata da Cristo per tutti gli uomini e che tutti gli uomini sono salvi senza che loro facciano nulla per entrare nella salvezza. Sono ancora tutti quei pensieri che con sofisticata accortezza l’uomo attribuisce a Dio, mentre in verità altro non sono che la totale negazione della sua volontà.

Molti in Tiatira sono rimasti fedeli alla verità, al Vangelo, alla Parola di Cristo Gesù.

A tutti costoro Gesù non chiede altro se non di continuare a vivere il Vangelo sino alla fine.

Per loro Gesù non ha altri pesi da imporre, non ha cioè altre disposizioni da donare loro, per la loro santificazione e salvezza finale.

È veramente divino questo pensiero: il Vangelo da solo basta per la salvezza di ogni uomo.

Perché noi imponiamo una quantità infinita di altri pesi alla gente? Perché li torturiamo con una caterva di prescrizioni vane, che altro non fanno se non scoraggiare, allontanare dallo stesso Vangelo coloro che lo vorrebbero vivere e praticare?

Anche queste sono profondità di satana. Lui sa che insinuandosi nella mente e aiutandola a concepire pesi inutili per se e per gli altri, alla fine ci si stanca, si abbandona la verità del Vangelo, ci si consegna all’apatia prima, alla stessa negazione della verità poi.

Satana sa che ci sono due modi per portare nell’errore i credenti in Cristo Gesù: insegnando loro la falsità in nome di un bene più grande; oppure scoraggiando l’osservanza della verità, rivestendola di una colluvie di pesi e di prescrizioni che sono frutto di mente creata.

È compito dell’Angelo di ogni Chiesa rivestirsi della stessa saggezza di Cristo Gesù in modo che nessun altro peso all’infuori del peso del Vangelo venga imposto sul collo dell’anima cristiana.

Chi sa fare questo, farà di sicuro amare la bellezza del Vangelo ad un gran numero di persone.

È giusto che ogni Angelo sappia che le profondità di satana sono veramente profonde e che solo con la saggezza di Cristo Gesù sarà possibile smascherarle, metterle in luce, combatterle, distruggerle.

[25]ma quello che possedete tenetelo saldo fino al mio ritorno.

È questa la regola della salvezza eterna: entrare nella verità, camminare di verità in verità, fino alla fine dei nostri giorni.

Il ritorno di Cristo Gesù per la Chiesa intera è la fine del mondo. Lui verrà in quel giorno per giudicare i vivi e i morti. Verrà per fare Cieli nuovi e terra nuova.

Fino alla fine del mondo la Chiesa deve conservarsi nel Vangelo, nella Parola, nella Verità di Cristo Gesù.

Nella Verità, nella Parola, nel Vangelo deve tenersi salda, ben salda. Da questa fonte eterna di vita mai si deve distaccare.

Per la singola anima invece il ritorno di Gesù è l’ora della sua morte, l’ora del giudizio particolare. Anche la singola anima deve tenere saldo ciò che ha ricevuto, ciò che ha accolto, ciò che possiede.

Altre regole di salvezza non esistono. Possono esistere, ma solo come esplicitazione, concretizzazione di quest’unica regola divina.

Questa regola ci suggerisce una sola verità pastorale: quando la Chiesa si accorge che essa stessa, o uno, o molti dei suoi figli, sono usciti dalla Verità, dalla Parola, dal Vangelo, quando essa vede che la Parola, il Vangelo, la Verità non sono più la Legge della sua vita, né delle anime di tutti i suoi figli, è giusto che Essa faccia di tutto, ma veramente di tutto, al fine di riportare Se stessa e le anime, il mondo intero nella Parola, nella Verità, nel Vangelo.

Questa Legge di salvezza è unica, sola, eterna.

[26]Al vincitore che persevera sino alla fine nelle mie opere, darò autorità sopra le nazioni; [27]le pascolerà con bastone di ferro e le frantumerà come vasi di terracotta, [28]con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio e darò a lui la stella del mattino.

Questi tre versetti sono una sola promessa e un solo dono. Esaminiamo frase per frase il loro significato e il loro contenuto di dono e di promessa:

Al vincitore che persevera sino alla fine nelle mie opere: la prima verità è questa: non c’è fede senza le opere e non ci sono opere senza la fede.

Sono opere di Cristo Gesù tutte quelle che sono l’incarnazione della Parola nella nostra vita.

Quanto non è incarnazione della Parola, realizzazione puntuale, precisa, esatta di essa, non si può chiamare opera di Cristo Gesù.

Gesù non dona ricompensa per le nostre opere, per le opere cioè che sono frutto di una nostra volontà, di un nostro desiderio, di una nostra decisione, della nostra libertà, di una nostra autonomia da Lui.

Cristo ci ricompensa se abbiamo lavorato nella sua vigna, non nella nostra.

In queste opere bisogna perseverare sino alla fine. La fine per la Chiesa è la fine del mondo. Per la singola anima l’ora della sua morte.

Fino alla morte il cristiano è chiamato a perseverare nelle opere di Cristo Gesù.

Fino alla fine del mondo la Chiesa è chiamata a perseverare nella realizzazione di tutta la Parola di Gesù Signore.

Darò autorità sopra le nazioni: a tutti costoro che avranno perseverato nelle sue opere, Gesù darà autorità sopra le nazioni. Li farà cioè partecipare del suo potere regale di giudizio, di salvezza, di redenzione, di santità.

I Santi, quanti cioè hanno compiuto le sue opere, hanno un grande potere, una grande autorità nel mondo: essi sono realmente pieni di questa autorità. La esercitano come mediatori, strumenti di carità, di soccorso, di sollievo, di aiuto, di protezione, di difesa a beneficio di ogni uomo.

Questa verità è Gesù stesso che l’annunzia ai suoi discepoli durante la sua vita vissuta insieme a loro. Esattamente lo ha detto loro nella circostanza del giovane ricco in Matteo, e in Luca sulla lezione di umiltà che Gesù dona ai suoi discepoli nel Cenacolo.

Vangelo secondo Matteo - cap. 19,16-30: “Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna? Egli rispose: Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti. Ed egli chiese: Quali? Gesù rispose: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso.

Il giovane gli disse: Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora? Gli disse Gesù: Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi. Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze.

Gesù allora disse ai suoi discepoli: In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli.

A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: Chi si potrà dunque salvare? E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile.

Allora Pietro prendendo la parola disse: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?

E Gesù disse loro: In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi”.

Vangelo secondo Luca - cap. 22.24-30: “Sorse anche una discussione, chi di loro poteva esser considerato il più grande. Egli disse: I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi è più grande, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve.

Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove; e io preparo per voi un regno, come il Padre l'ha preparato per me, perché possiate mangiare e bere alla mia mensa nel mio regno e siederete in trono a giudicare le dodici tribù di Israele”.

La stessa potestà regale di Cristo sarà donata a tutti coloro che avranno perseverato con Lui nelle sue prove.

La prova di Cristo è una sola: la sua obbedienza al Padre fino alla morte e alla morte di croce.

Anche per il cristiano la prova è una sola: compiere le opere di Cristo Gesù sino alla fine.

Il regno di Cristo Gesù è regno di giustizia, di verità, di pace, di carità, di santità, di misericordia, di perdono, ma anche di giudizio eterno.

Questo stesso regno sarà donato a tutti coloro che avranno compiuto le opere di Cristo Gesù sino alla fine.

È in questo versetto la verità sull’intercessione dei santi. È anche in questo versetto che si può attestare la santità di una persona dopo la sua morte: se essa esercita sulla terra il suo potere regale e lo esercita governando il corpo, l’anima, lo spirito degli uomini che si trovano nel mondo.

È in questo versetto il fondamento dell’attestazione della loro santità per mezzo del compimento di miracoli e dell’elargizione di grazie.

Sono Santi perché partecipano del potere regale di Cristo. Hanno il governo del mondo e degli elementi del mondo.

Hanno il potere regale di Cristo perché hanno compiuto sino alla fine le sue opere, hanno vissuto di perfetta e totale obbedienza alla sua Parola.

Le pascolerà con bastone di ferro e le frantumerà come vasi di terracotta: sono queste parole mutuate dal Salmo 2.

Salmo 2,1-12: “Perché le genti congiurano perché invano cospirano i popoli? Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia: Spezziamo le loro catene, gettiamo via i loro legami.

Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall'alto il Signore. Egli parla loro con ira, li spaventa nel suo sdegno: Io l'ho costituito mio sovrano sul Sion mio santo monte. Annunzierò il decreto del Signore. Egli mi ha detto: Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra. Le spezzerai con scettro di ferro, come vasi di argilla le frantumerai.

E ora, sovrani, siate saggi istruitevi, giudici della terra; servite Dio con timore e con tremore esultate; che non si sdegni e voi perdiate la via. Improvvisa divampa la sua ira. Beato chi in lui si rifugia”.

Queste parole significano una cosa sola: nessuno potrà mai opporsi efficacemente al potere regale di Cristo Gesù.

Nessuno potrà opporsi efficacemente al potere regale che Gesù conferirà ai suoi eletti, a quanti hanno cioè perseverato con Lui nelle sue prove, o hanno compiuto sino alla fine le sue opere.

Sia Cristo che i Santi del Cielo esercitano un potere di grazia, di benignità, di misericordia, di verità, di salvezza, ma anche di giudizio, e di un giudizio eterno.

È Cristo Gesù il Signore del cielo e della terra. Sono i Santi del cielo i veri signori dell’universo.

Sono Cristo e i Santi coloro che esercitano la vera potestà, la vera autorità sulla terra.

Quanti sono oggi potenti, sono potenti per finta. Sono potenti di un solo giorno, di una sola ora, di un attimo. Sono potenti la cui potenza sarà schiacciata con scettro di ferro e stritolata come vaso di terracotta.

A che serve questa potenza che non è capace di essere vera potenza contro il principe di questo mondo e il suo impero di male? A che serve questa potenza che rende schiavo di essa chi la possiede? A che serve questa potenza che non è capace di liberare dalla morte eterna colui che la esercita?

Con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio: queste parole di Gesù sono chiare: nessuna differenza tra Lui e quanti hanno fatto le sue opere. Una stessa autorità, un solo potere, senza differenze, senza distinzioni, senza superiorità, o inferiorità dell’uno sugli altri.

L’autorità che Cristo ha ricevuto dal Padre, questa stessa autorità dona ai suoi servi fedeli.

Questa è verità di fede. Su questa fede dobbiamo impostare tutta la nostra vita.  

E darò a lui la stella del mattino: la stella del mattino è il potere regale di Gesù Risorto.

Quanto nella Scrittura è detto del potere regale di Cristo Gesù si deve affermare di ogni suo discepolo che compie le sue opere con una perseveranza a prova di martirio.

È giusto che ora ci chiediamo quale sia il significato per l’ora attuale di questa solenne promessa di Cristo Gesù.

Chi è Cristo Gesù? È Colui che ha assunto il suo potere regale, dinanzi al quale ogni ginocchio dovrà piegarsi in cielo, sulla terra e negli inferi, solo dopo essere passato attraverso la grande tribolazione della croce.

La croce per Cristo Gesù è stata la porta del suo regno. Lui è entrato nel suo regno eterno passando attraverso la porta della croce.

La croce è stata come la scala per salire fino al Cielo e lì prendere possesso del suo regno eterno.

Se il discepolo di Gesù vuole anche lui divenire re nel regno di Dio, anche lui come il suo Maestro e Signore, deve passare attraverso la grande tribolazione, attraverso il martirio, la persecuzione, la croce.

Se lui saprà perseverare sino alla fine nelle opere di Cristo, cioè nella confessione della sua fede, anche lui sarà rivestito della stessa gloria eterna e dello stesso potere di Cristo Gesù.

Lui che è attualmente uno sconfitto dal potere del mondo diventerà uno che sconfiggerà ogni potere di questo mondo.

Attraverso il supplizio si conquistano regno e gloria eterna, potere su tutte le nazioni e mediazione di grazia e di misericordia per ogni uomo che vive sulla terra.

Anche oggi, quanti partecipano delle sofferenze di Cristo, partecipano anche del suo potere regale. Sono costoro che vincono il mondo, lo liberano dal male, lo riconquistano per il Signore. Sono costoro i soli che possono edificare il regno di Dio sulla nostra terra.

Ricompensa più grande di questa nessuno potrebbe neanche immaginarla. Ciò che è Cristo siamo noi. Dove è Lui siamo anche noi. Ciò che fa Lui lo facciamo anche noi, se noi però facciamo ora ciò che ha fatto Lui: ci sottoporremo al potere delle tenebre e della morte per attestare che solo la sua Parola, il suo Vangelo, la sua Verità sono Parola, Verità, Vangelo di vita eterna.

[29]Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese.

Anche questa promessa di regno e di gloria eterna è sottoposta all’accoglienza di ogni singola anima.

Niente potrà mai operare Cristo in noi, né in questo secolo, né in quello futuro senza la nostra volontà.

La volontà dell’uomo è fondamento insostituibile nell’opera della nostra salvezza e della salvezza del mondo intero.

Si ascolta in un solo modo: consegnando la nostra vita a queste parole.

Queste parole sono vere perché non le dice un uomo. Chi le dice è lo Spirito di Dio e lo Spirito è la Verità eterna.

Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine.

Signore della Chiesa è Cristo Gesù (Le sette stelle nella sua mano destra. In mezzo a sette candelabri d’oro). Lo si è già detto. La Chiesa è nelle mani di Cristo Gesù. È Lui che vigila sopra di essa. Nessun altro ha potere sopra la sua Chiesa. Come Gesù custodisca, conduca, guidi la sua Chiesa è mistero. Ognuno però deve constatare che neanche la storia della Chiesa è in suo potere. Su di essa vigila il Signore, aleggia perennemente lo Spirito Santo, l’occhio del Padre è rivolto costantemente sopra di essa. Padre, Figlio e Spirito Santo la custodiscono nella verità, la nutrono di grazia, la fortificano perché non vacilli, la sostengono perché prosegua sempre il suo cammino di salvezza in mezzo agli uomini. Di Dio ognuno di noi è chiamato però a divenire collaboratore. Può collaborare solo nella santità, nell’assenza di vizi, nella lontananza dal peccato. È questa la via santa per la crescita della Chiesa in grazia e in santità, ma anche in un gran numero di nuovi figli. La Chiesa la costruiscono i santi, la distruggono i peccatori. I santi la fanno prosperare, i peccatori la rendono non credibile. Anche questo è mistero della Chiesa.

Il discernimento. Il discernimento è vera via di salvezza. Esso consente di separare verità e falsità, bene e male, giusto ed ingiusto, sacro e profano, volontà di Dio e volontà dell’uomo, pensiero di Dio e pensiero dell’uomo. Un cristiano senza discernimento è un cristiano che vive senza verità e senza grazia, è un cristiano che non è progredito nella sapienza, nella saggezza, nel consiglio dello Spirito Santo. Il cristiano è adulto quando è capace di sano, giusto, vero discernimento. Chi non discerne bene attesta di non essere santo. È proprio dei santi la sapienza nel discernimento e nella separazione non solo del bene dal male, ma anche del bene e del meglio, dell’utile e dell’inopportuno, di ciò che serve e di ciò che è inutile, vano. Il sano discernimento è quanto serve ad un discepolo del Signore per crescere in una santità sempre più grande.

Hai abbandonato l’amore di prima. Il pericolo più grave della vita spirituale è questo: iniziare con un grande amore e finire poi con una grande apatia, indifferenza, distrazione, noncuranza, tiepidezza. Quando si cade dall’amore il rischio è uno solo: si apre la porta prima al peccato veniale e poi se si persevera nella carenza di amore, si può giungere anche a cadere nel peccato mortale. Con il peccato mortale è la fine dell’amore. Quando si cade dall’amore le opere si possono pure fare, ma sono opere prive dalla forza della conversione e della salvezza, della redenzione e della giustificazione. Sono prive di una tale forza, perché la forza delle opere che facciamo è l’amore. È l’amore che salva non le cose che facciamo. Non è la croce di Cristo che ci salva. Ci salva tutto l’amore con il quale Lui ha accolto la croce e l’ha portata fin sul calvario, salendovi anche sopra. Quando si cade dall’amore, ogni cosa si fa come per “mestiere”. Anche il sacerdozio rischia di divenire un mestiere. È la fine della salvezza. Salva l’amore, non il mestiere. Ecco perché è giusto, anzi santo che si rimanga, anzi si cresca sempre di più nell’amore iniziale. Ecco anche perché non c’è cosa più necessaria per un cristiano di quella di ritornare nell’amore di un tempo. Ritornare nell’amore è ritornare a svolgere opere che danno salvezza al mondo intero.

Dalla dottrina le opere. Intervenire sulla dottrina, se si vogliono cambiare le opere. L’assenza di dottrina diviene assenza di opere. È questo uno degli errori più gravi nella pastorale. Si vedono opere che non vanno e si agisce per cambiarle, lasciando però il cuore, la mente nella verità o nella dottrina che quelle opere hanno generato, prodotto, fatto operare per tanti anni. Chi vuole cambiare le opere necessariamente deve intervenire sulla dottrina. Cambiando la dottrina subito si cambiano le opere. L’assenza di dottrina manifesta o diviene assenza di vere opere evangeliche. È sufficiente a volte dare un principio nuovo ad un uomo perché tutto il suo universo culturale cambi e con esso tutte le opere da lui compiute fino a quell’ora, o a quell’istante. È evidente che tutto questo può avvenire se iniziamo un vero lavoro di formazione nella verità di Cristo Gesù per mezzo di catechesi solide. Senza catechesi la mente non cambia e finché non sarà cambiata la mente le opere resteranno sempre le stesse, anzi diventeranno sempre più necessarie, perché si vedrà in esse l’essenza stessa della nostra fede. Mentre tutti sappiamo che non è così. Gesù ha cambiato i pensieri dell’uomo e con essi ha cambiato tutte le antiche opere.

Fedele fino alla morte. La fedeltà che Gesù chiede ad ogni suo discepolo è fino alla morte. Non ci può essere vera fedeltà che duri qualche ora, qualche giorno, qualche mese, qualche anno. O la fedeltà è fino alla morte, o essa non è fedeltà. Salva solo la fedeltà che dura sino alla morte. Ogni altra fedeltà non salva, proprio perché non è fedeltà, bensì infedeltà. Iniziare non basta, Continuare per qualche tempo neanche. Bisogna iniziare bene, continuare bene, finire bene e la fine è la nostra morte.

Il vincitore non sarà calpestato dalla seconda morte. La seconda morte è la perdizione eterna, lontano dal Signore, nelle tenebre dell’inferno. Ma chi è il vincitore che non sarà calpestato dalla seconda morte? È vincitore colui che sarà rimasto fedele fino alla morte. Solo costui è il vero vincitore. Tutti gli altri non sono vincitori, sono dei perdenti. Per loro non ci sarà posto nel regno eterno di Dio. Tutti costoro saranno calpestati dalla seconda morte. Finiranno nelle tenebre dell’inferno per tutta l’eternità.

Nessuna comunione tra falsità, verità, bene, male. La comunione è nella verità, nel bene, nel Vangelo, nella fede, nella santità, nella giustizia, nella carità. Chi pensa che vi sia possibilità di comunione tra falsità e verità, non sa né cosa sia la verità, né cosa sia la falsità. Per lui falsità e verità sono la stessa cosa e così dicasi del bene e del male. Fare comunione nella falsità, nel male verrebbe a significare che noi scegliamo la falsità, il male come principio per la costruzione della nostra vita e questa scelta è in evidente contrasto e contraddizione con la verità che professiamo.

La forza di un Angelo è nel suo discernimento. La Chiesa ha come suo stabile fondamento l’Angelo del Signore, l’Apostolo, il Vescovo. La forza dell’Angelo della Chiesa è il suo discernimento tra bene e male, tra vero e falso, tra giusto ed ingiusto, tra sacro e profano, tra verità di Dio e pensiero della terra. Se un Angelo non ha la perfezione nel discernimento, la sua azione pastorale sarà sempre debole, fragile, esposta ad ogni tentazione. Non si può costruire la Chiesa sulla falsità, sulle ingiustizie, sul peccato, sul vizio, sulla concupiscenza dei suoi figli. Quando l’Angelo del Signore è forte nel discernimento di verità e di grazia, tutta la Chiesa ne riceve un grande beneficio. Quella Chiesa che è fondata su un solido discernimento è una Chiesa che può edificare se stessa nella verità e può tanto crescere in grazia e in santità.

Gesù giudice dei pastori e del gregge. Facendo l’esame di coscienza agli Angeli delle Chiese, Gesù attesta pubblicamente al suo servo Giovanni che Lui è Giudice sia dei pastori che dei fedeli. Lui è il Giudice dei pastori e del gregge, di chi guida e di chi è guidato. Questa verità dovremmo tutti metterla nel cuore e fare di essa l’unico programma spirituale della nostra vita. Gesù può giudicare la mia opera in ogni istante. Ogni istante è buono perché Lui operi il giudizio su di me e mi privi della mia carica, del mio ministero, della mia missione e di ogni altra opera che svolgo a favore della sua Chiesa.

Angeli non per sé, ma per gli altri. Ogni Angelo della Chiesa deve sapere che il ministero che gli è stato affidato non è per sé, è per gli altri. È a beneficio di tutto il popolo di Dio, del gregge di Cristo Gesù. Se è per gli altri, deve essere vissuto nella grande verità, santità, grazia, giustizia. Deve essere svolto in tutto secondo la volontà di Cristo e di Dio, nello Spirito Santo. È grande la responsabilità di chi è stato investito di un ministero. Per lui si edifica la Chiesa, ma anche si distrugge, se il ministero non viene vissuto nella più pura obbedienza a Dio.

Convinzioni personali e Parola di Dio. Chi esercita un ministero una cosa non deve mai fare: gestirlo a gusto, secondo pensieri, o convinzioni personali. Il ministero ricevuto non si esercita a gusto, a pensieri e volontà umani. Si esercita invece conformemente alla Parola di Dio consegnataci nella sua interezza di verità e di dottrina da Cristo Gesù. Per questo è giusto che ognuno si spogli totalmente dei suoi pensieri e agisca, operi, decida, voglia sempre e solo secondo la Parola di Cristo Gesù.

Il Vangelo da solo basta per la santificazione di ogni uomo. Il Vangelo, poiché è la rivelazione della Volontà di Dio nella sua pienezza ed interezza di verità e di grazia, da solo è sufficiente per la santificazione di ogni uomo. Al Vangelo niente si deve aggiungere e nulla si deve togliere. Il Vangelo è tutto per un uomo e tutto è nel Vangelo. Il Vangelo è tutto se è dato nella sua pienezza di grazia e di verità, nella sua interezza di Parola. Se questo non viene fatto, si può anche ricorrere al altro, ma ogni altra cosa, fuori della Parola di Dio, mai potrà condurre un uomo alla santificazione. La santificazione è l’osservanza tutta intera del Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo.

Altri pesi sono inutili. Sono pesi inutili che gravano sulle spalle del cristiano tutti quelli che non sono incarnazione della Parola di Cristo Gesù, o se sono incarnazione della Parola, si tratta di una incarnazione non più attuale, perché vecchia, stantia, logora. Chi è preposto alla cura del gregge di Cristo Gesù deve porre ogni attenzione a che nessun peso, neanche il più lieve, venga caricato sulle spalle dei discepoli del Signore, che non sia l’incarnazione attualizzata all’oggi di ogni Parola che è uscita dalla bocca di Cristo Gesù.

Ciò che si possiede bisogna tenerlo saldo fino al ritorno di Cristo Gesù. Ciò che il cristiano possiede e che bisogna tenere saldo fino al ritorno di Gesù è: la Parola, la Fede, la Verità, la comprensione santa e retta della fede e della Parola secondo la pienezza di verità verso la quale ci conduce lo Spirito Santo. Tenendo salde queste cose santissime fino al ritorno di Cristo Gesù è segno che noi abbiamo perseverato sino alla fine e Dio ci aprirà le porte del suo regno.

Il Vangelo unica regola di salvezza. Il Vangelo è l’unica e sola regola di salvezza perché Esso è la pienezza della Volontà di Dio rivelata a noi da Cristo Gesù. La salvezza, la santificazione è osservanza della Volontà di Dio. Oltre il Vangelo non abbiamo altra Volontà di Dio. La stessa Tradizione e lo stesso Magistero altro non fanno che condurci, sotto la luce dello Spirito Santo, verso la verità tutta intera che è contenuta nella Parola di Cristo Gesù.

Fede ed opere una cosa sola. La fede ci rivela qual è la volontà di Dio. Le opere altro non sono che ogni Parola del Vangelo messa in pratica, vissuta nell’amore, nella verità, nella grazia di Gesù Signore. Fede ed opere sono una cosa sola perché l’una e l’altra nascono dall’unica Parola. La fede ci dice cosa Dio vuole da noi. Le opere sono il compimento della volontà che il Signore ci ha manifestato, rivelato, per la nostra salvezza eterna. Quando l’opera è separata dalla fede, perché non è incarnazione storica della Parola creduta, questa opera non salva, perché Dio non la riconosce come sua.

Saremo ciò che è Cristo Gesù oggi, se noi siamo oggi ciò che Lui fu: il Crocifisso per amore. Anche Gesù e ogni suo discepolo sono una cosa sola, perché sono un solo corpo, una sola vita, una sola missione, una sola testimonianza. Gesù e ogni suo discepolo sono anche una sola eternità, non due. Questa unità è nel cielo se è anche sulla terra. Se sulla terra il cristiano rompe l’unità con Cristo, mai potrà sperare di ricomporla nel cielo. Prima bisogna ricomporla sulla terra con la conversione e la fede al Vangelo, ricomposta sulla terra è immediatamente ricomposta anche nel Cielo. Oggi invece si vuole l’unità con Cristo nel Cielo, mentre si vive da separati sulla terra, anzi più che separati: da nemici della croce di Cristo Gesù. Sarà una cosa sola con Cristo nel Cielo il cristiano che sulla terra è divenuto una cosa sola con Cristo, il Crocifisso per amore.

Si ascolta consegnandosi alla Parola.  Tutto nasce dall’ascolto della Parola. Ma come si ascolta secondo verità, anzi secondo pienezza di verità la Parola? La regola c’è ed è semplicissima: si ascolta consegnandosi interamente alla Parola perché divenga il principio ispiratore di ogni nostro atto, gesto, opera, pensiero, volontà, sentimento, desiderio. Tutto il cristiano deve essere dall’interno della Parola. Mai più niente dovrà essere in lui dall’esterno della Parola. Ascolta il Vangelo chi entra nel Vangelo e diviene un solo pensiero con il Vangelo. La vita nuova sulla terra è da questa consegna e da questo ascolto.


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