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CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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PAPATO - ERESIE

Ultimo Aggiornamento: 23/02/2010 18:20
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PAPATO - ERESIE



L'ERESIA

Il termine "eresia" viene dal greco hairesis, il cui significato etimologico è "scelta", che in seguito venne inteso come "atteggiamento culturale" senza implicare la nozione di scelta.
Paolo comincia a servirsene per deprecare la formazione di "partiti" in seno alle comunità cristiane.
Gli scritti neotestamentari attestano l'esistenza di dissensi, ma la denominazione dell'errore e delle sue modalità di rappresentazione, permangono assai diversificate e non presuppongono una concezione unificata.
La prima testimonianza di una definizione unificante, destinata in seguito a fungere da strumento politico, è l'opera di Giustino, uno dei principali apologisti greci del II secolo, morto martire verso il 165.
Giustino si serve in senso peggiorativo dell'analogia con le scuole di pensiero greco per designare i gruppi cristiani da lui ritenuti devianti: ricollega queste eresie ai loro fondatori per privarle del riferimento a Cristo e metterne in luce l'origine umana e in fin dei conti, diabolica.
Ripreso da Ireneo di Ludione, perfezionato da Clemente di Alessandria e da Origene, il modello elaborato da Giustino avrebbe avuto conseguenze decisive per la costituzione dell'eresiologia.
Esso implica una concezione dei rapporti tra ortodossia ed eresia legata al modo in cui i Padri della Chiesa raffiguravano la storia della Chiesa primitiva: l'eresia, deformazione della dottrina originale, è per forza di cose seconda rispetto all'ortodossia.
Questa semplicistica tesi implica una purezza originaria, un cristianesimo scevro da ogni influenza; è una tesi apologetica che non rende conto del modo in cui eresia e ortodossia si sono definite l'una rispetto all'altra, né dei sostrati culturali sui quali è andato sviluppandosi il cristianesimo.
Oggi appare indiscutibile che alle origini del cristianesimo non ci fu un'ortodossia alla quale si sarebbero opposte eresie. Nel suo periodo primitivo, il cristianesimo conobbe una diversità di forme e di espressioni, per cui bisogna rinunciare ad una concezione semplicistica e monolitica delle origini cristiane.
Già nel II secolo furono compilati manuali antiemetici, cioè elenchi di espressioni del cristianesimo usati per far fronte alle eresie, ma solo nel IV secolo, quando il cristianesimo diviene religione ufficiale, quegli elenchi servirono al potere civile quale strumento di repressione: l'eresia venne allora considerata un delitto.


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LO GNOSTICISMO

Nel II secolo d.C. lo gnosticismo espresse un indirizzo filosofico e religioso che Nel II secolo, il cristianesimo ortodosso dovette definirsi rispetto alle sette gnostiche e nel dibattito con esse, elaborando così la nozione di eresia.
Il moderno neologismo "gnosticismo", costruito sul termine "gnostici" utilizzato dagli eresiologi per definire i membri di gruppi diversi, designa un insieme di fenomeni religiosi che presentano tratti comuni.
La Gnosi salvatrice, che lo gnostico riceveva per rivelazione, rispondeva ad un dualismo radicale che non di rado portava al disprezzo del mondo: al vero Dio, ignoto e separato dal mondo, viene contrapposta la creazione incompiuta, opera di un Dio inferiore, il demiurgo, a volte identificato con il Dio della Bibbia.
considerava la salvezza spirituale e la beatitudine come dipendenti dalla gnosí; una forma di cono- scenza del divino, della salvezza e delle cose ultime non deducibile dall'esperienza, ma de- rivata da una rivelazione immediata, intuitiva e gratuita. Maestri di gnosi furono Valentino e Marcione. A lungo lo gnosticismo è stato conosciuto solo attraverso testimonianze cristiane che lo confutavano quale deformazione della dottrina cristiana sotto l'influenza della filosofia greca e della religiosità ellenistica.
Posti difronte al pensiero gnostico, i pensatori cristiani reagirono compilando elenchi di libri considerati autorevoli ed elaborando formule di dogmi ufficiali in funzione per l'interpretazione delle scritture.
Nei secoli III e IV le sette gnostiche furono assorbite dalla Chiesa manichea.




IL MANICHEISMO

Manicheismo Dottrina religiosa elaborata dal persiano Mani (secolo III), Movimento religioso la cui origine risale al principe persiano Mani, che lo fondò nel III secolo d.C.
A lungo considerato un'eresia, al punto che l'accusa di manicheismo fu, in epoca medievale, sinonimo di eresia, era in realtà una religione della salvezza di tipo dualistico.
Si basava sull'identificazione di due principi assoluti, il Bene e il Male, in perpetuo e insanabile contrasto tra loro. Questa dottrina ebbe una forte ripercussione sul pensiero cristiano, in particolare su sant'Agostino. Per lungo tempo fu conosciuto unicamente tramite le testimonianze indirette dei suoi avversari, ma la ricerca beneficia attualmente della scoperta di documenti manichei. Nato nel 216, Mani visse fino all'età di ventiquattro anni in una comunità di elcasaiti. L'elcasaismo è descritto da testi patristici come una setta battista giudaico-cristiana; nel IV secolo esso assorbì diverse comunità battiste del Giordano.
Mani si distaccò dalle pratiche di questa comunità, a causa di una rivelazione che gli comunicò il messaggio che doveva trasmettere. Immettendosi nel solco di Paolo, di Marcione e di Bardesane, mirava a ripristinare la Chiesa di Gesù e a realizzare l'opera del Paracleto secondo le parole del Cristo.
Per Mani, il fallimento di Zarathustra, del Buddha e (li Gesù si spiegava con il fatto di non aver redatto essi stessi i testi della loro rivelazione; compilò quindi un corpus di testi canonici contenenti la rivelazione destinata alla Chiesa.
Condannato a morte dal clero mazdeista, Mani morì nel 277.
La Chiesa manichea, incentrata su un mito dualistico radicale, strutturata sul modello della Chiesa cristiana integrando le diverse rivelazioni precedenti, ebbe rapidissima diffusione e assorbì le scuole gnostiche note nel Il secolo. Si ritiene che il manicheismo sia sopravvissuto in alcune sette neodualiste medievali, anche se restano tuttora da dimostrare le filiazioni che uniscono al manicheismo i pauliciani, i bogomili e i catari.




IL MONATISMO

Movimento cristiano di carattere apocalittico, sorto in Asia Minore nel II secolo. Ne fu inizia- Montanismo tore il frigio Montano, coadiuvato dalle "profetesse" Priscilla e Massimilla, sue discepole. Mon- tano annunciava come imminente la fine del mondo e la venuta dello Spirito Santo, per richia- mare soprattutto la Chiesa a uno stato di rigorosa purezza e di vigile attesa, predicando la neces- sità di una maggiore severità e purezza di costumi. Si sviluppò in Asia Minore, in Siria, e in par- ticolare nell'Africa romana, dove ebbe in Tertulliano il convertito di maggior prestigio. I Mon- tanisti, che si ritenevano ispirati da una speciale effusione dello Spirito Santo, rifiutavano di sottomettersi all'ordinamento gerarchico della Chiesa. Condannato in molti sinodi e, infine, dal Concilio di Costantinopoli (381), il montanismo declinò sul finire del IV secolo. Vi fu, in Asia Minore, tra la fine del II e l'inizio del III secolo, una rinascita dell'entusiasmo apocalittico, con il suo appello a un ascetismo integro e l'attesa del ritorno imminente del Cristo.
Sorto in Asia Minore nel II secolo, eve il nome a Montano, un neoconvertito che, verso il 1562 fu preda di crisi estatiche nel corso delle quali esprimeva ammonimenti profetici.
Due donne, Massimilla e Priscilla, si unirono a lui, anch'esse profetizzando.
Montano annunciava come imminente la fine del mondo e la venuta dello Spirito Santo per richia- mare soprattutto la Chiesa a uno stato di rigorosa purezza e di vigile attesa, predicando la neces- sità di una maggiore severità e purezza di costumi. Si sviluppò in Asia Minore, in Siria, e in par- ticolare nell'Africa romana, dove ebbe in Tertulliano il convertito di maggior prestigio.
I Montanisti, che si ritenevano ispirati da una speciale effusione dello Spirito Santo, rifiutavano di sottomettersi all'ordinamento gerarchico della Chiesa.
L'anatema gettato dalla "grande Chiesa" e le misure, repressive decretate dagli imperatori nel 311 hanno provocato la scomparsa di documenti autenticamente montanisti, al punto che i tratti essenziali del movimento sono ricostruibili solo attraverso gli scritti patristici.
La rottura tra la "grande Chiesa" e il montanismo comportò un indebolimento del ruolo delle donne e la loro esclusione da funzioni didattiche e cultuali. Obbligò inoltre la Chiesa a farsi un concetto più preciso delta profezia, della sua natura e soprattutto del suo posto nell'organizzazione ecclesiale.
Violentemente perseguitato, condannato in molti sinodi e, infine, dal Concilio di Costantinopoli (381) il movimento sopravvisse in Occidente fino al V secolo a Roma e fino al IX secolo in Oriente.




IL NOVAZIANESIMO

Lo scisma dei novaziani trae il proprio nome dal prete romano Novaziano, che nel 251, al momento dell'elezione di papa Cornelio a Roma, venne intronizzato, in contrapposizione a questi, da tre vescovi italiani e fondò una Chiesa.
I Novaziani predicavano un rinnovamento spirituale unito al rigorismo dottrinale e, in opposizione all'atteggiamento di papa Cornelio, sostenevano che non dovessero essere accolti nel seno della Chiesa quei cristiani (i lapsí) che, di fronte alle torture, avevano rinnegato la fede. Lo scisma trasse origine dal desiderio di una Chiesa di puri. Va chiarito che le nozioni di eresia e di scisma, intese come separazione dalla comunione ecclesiale, non erano nettamente distinte nella Chiesa antica. L'eresia implicava a scadenza più o meno breve lo scisma, e lo scisma presupponeva l'eresia.
Papa Innocenzo perseguitò i novaziani e tolse loro le Chiese, e i seguaci del primo antipapa scomparvero rapidamente in Occidente, mentre in Oriente se ne perdono le tracce solo nell'VIII secolo.




IL DONATISMO

Fu uno scisma che in Africa divise la Chiesa per oltre tre secoli, dalla fine della persecuzione di Diocleziano all'invasione araba.
Divergenze gravissime si manifestarono in seno alla Chiesa circa l'atteggiamento da adottare nei confronti di coloro che avessero consentito alla traditio, vale a dire alla consegna dei libri sacri durante la persecuzione Dioclezianea.
Il punto di partenza del movimento fu, nel 312, l'elezione di Ceciliano alla sede episcopale di Cartagine; la validità della consacrazione venne contestata da un gruppo di oppositori, i quali accusavano uno dei vescovi che avevano proceduto alla consacrazione di essere colpevoli di traditio.
A Ceciliano opposero un vescovo, al quale ben presto succedette Donato, l'effettivo organizzatore della Chiesa scismatica. A suo giudizio, la validità dei sacramenti dipendeva dalla santità dei ministri.
Di fronte alla minaccia costituita dallo sviluppo di una Chiesa di puri, sant'Agostino proclamerà che è il Cristo il vero autore dei sacramenti.
I donatisti, nel 313, si appellarono all'imperatore Costantino il quale però non riconobbe le loro pretese e nel 317 promulgò una legge contro gli scismatici, imponendo loro la consegna delle chiese. La resistenza fu tale che nel 321 l'imperatore si rassegnò a concedere la tolleranza. Il donatismo assunse le forme di un movimento di protesta sociale animato dai "circoncellioni", un proletariato agricolo che fece ricorso alla violenza. Nel 411 la conferenza di Cartagine mise fuori legge i donatisti, ma le loro tracce si perdono solo dopo l'invasione araba che cancellò il cristianesimo dall'Africa settentrionale.


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L'ARIANESIMO

Verso il 320 Ario, prete di Alessandria, diffuse una dottrina sulla Trinità che scatenò la polemica.
Un concilio di vescovi egiziani lo condannò, segnando l'inizio della crisi ariana, grande evento storico e religioso del IV secolo. Quando Ario scese in campo, il pensiero cristiano aveva già elaborato varie tendenze tra le quali l'ortodossia avrebbe tentato di definire un indirizzo intermedio.
Gli studiosi moderni designano con il nome di adoaionismo la tendenza che faceva del Cristo un semplice essere umano adottato come proprio figlio da Dio e i rilettori degli eresiologi l'hanno interpretata quale ideologia giudaizzante collegata all'ebionismo. Solo nel II secolo questa tendenza venne condannata come eretica dal vescovo Vittore a Roma; tuttavia non scomparve e a quanto sembra venne ulteriormente elaborata da Paolo di Samosata. Al contrario, il monarchianismo (da monos e archè: un solo principio) poneva l'accento innanzitutto sull'unità di Dio, concezione che dai moderni fu chiamata modalismo perché stando a essa il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono che "modalità" dell'azione di Dio e non costituiscono realtà indipendenti. Respinta dall'ortodossia con il nome di patripassianismo, la tendenza fu diffusa inizialmente da Noeto di Smirne, da Praxeas e poi da Sabellio, donde il nome di sabelliani dato ai suoi discepoli e di sabellianismo alla dottrina. Una terza, complessa tendenza tentò di articolare le tre persone in Dio; ma ammettere una rigorosa eguaglianza tra il Padre e il Figlio equivaleva a porre il problema dell'unità di Dio. Da questa diatriba nacquero le tendenze o le accuse di diteismo (due dei) e di triteismo (tre dei). Si poteva però anche optare per la semplice soluzione dell'ineguaglianza tra il Padre e il Figlio; il subordinatismo ammetteva che il Verbo è Dio, ma meno di Dio Padre, che è il solo Principio. Tendenza, questa, che fece la propria comparsa nel II secolo quale teologia sapienziale, ma ancora incerta, con Ippolito di Roma, Origene e le speculazioni elaborate ad Alessandria.
Prendendo le mosse dalla dottrina trinitaria origeniana tradizionale, Ario radicalizzò la propria tendenza subordinatista: solo il Padre è agen(n)etos (increato e ingenerato); il Padre non può avere né uguale né consustanziale, il Verbo è il primogenito di tutte le creature, la potenza del Padre l'ha creato dal nulla per affidargli l'opera della Creazione. Ario voleva salvaguardare un rigido monoteismo, ma più di tipo filosofico che di tipo biblico.
Unico signore dell'impero, Costantino decise di convocare un concilio per risolvere la questione ariana che divideva i cristiani d'Oriente. Fu il primo concilio ecumenico di Nicea, che si riunì dal maggio al luglio 325.
Il "simbolo niceno" condannò le proposizioni ariane e definì il Figlio "vero Dio nato dal vero Dio", "generato e non creato, homoousios, consustanziale al Padre". Ma la pressione imperiale impose un'unanimità artificiale e, se occidentali e alessandrini accettarono senza difficoltà I'homoousios, che collocava al disopra di tutto l'unità del Padre e del Figlio, gli orientali videro nell'utilizzazione del termine ousia il risorgere della tentazione sabelliana.
La crisi ariana riprese vigore, trasformandosi in una vera e propria guerra di religione nella quale si mescolavano istanze religiose e politiche, legate alle decisioni imperiali e al ruolo delle grandi sedi apostoliche. Ezio e poi Eunomio sistematizzarono la tesi dell'arianesimo radicale, donde il nome di anomeisti e anomeismo perché consideravano il Figlio completamente diverso (anomoios) dal Padre. L'estrema reazione a questa tendenza fu rappresentata dagli omoiousiani, per i quali il Figlio era assolutamente simile al Padre secondo la sostanza (homoiousios).
L'imperatore Costanzo si fece sostenitore, cercando di imporla, di una nuova formula capace di sintetizzare le diverse tendenze: il termine ousia venne proscritto e il Figlio definito come simile (homoios) al Padre in tutte le cose e secondo le Scritture. I partigiani di questa formula sono detti omeisti. L'opera di Basilio di Cesarea, che tentò di superare le vicendevoli incomprensioni alla ricerca di una formula suscettibile di conciliare I'homoouslos niceno e la dottrina trinitaria delle tre ipostasi, finì per dar frutto. Con l'editto di Tessalonica del 380, l'imperatore Teodosio impose a tutti i sudditi l'ortodossia nicena e il secondo concilio ecumenico di Costantinopoli del 381, riprendendo il "simbolo niceno", mise fine al dibattito. Prese così formala dottrina tradizionale della Trinità.
Ma le dispute cristologiche, già in germe nelle controversie, ben presto infransero questa unità dogmatica. L'arianesimo sopravvisse in Oriente sino alla fine del V secolo; in Occidente, il goto Ulfila trasmise ai barbari la fede cristiana nella forma dell'arianesimo radicale, che si perpetuò fino alla fine del VI secolo.

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L'APOLLINARISMO

Apollinare di Laodicea e i suoi discepoli possono essere considerati monofisiti.
Opponendosi a certe polemiche antiariane che attribuivano eccessiva importanza alla distinzione tra natura divina e natura umana, essi affermarono l'unità del Cristo, precisando che il Cristo aveva una sola natura, nel senso di natura concreta. Apollinare respingeva l'idea dell'esistenza nel Cristo di un'anima umana, perché questa funzione era svolta direttamente dal Verbo.
La dottrina venne condannata a Roma nel 377, ad Alessandria nel 378, ad Antiochia nel 379 e dal grande concilio di Costantinopoli nel 381; la condanna fu confermata da decreti imperiali. II movimento sopravvisse clandestinamente in Oriente sino alla ime del v secolo.




IL NESTORLANESIMO

Nestorio, monaco di Alessandria, chiamato dall'imperatore Teodosio II al patriarcato di Costantinopoli, si rifiutò di definire Maria madre di Dio (theotokos) perché vedeva in essa null'altro chela madre di Cristo.
Cirillo di Alessandria, rendendosi conto che la dottrina metteva in forse l'unità della persona del Cristo, reagì riprendendo la formula della dottrina di Apollinare, "una sola natura nel Verbo incarnato", credendo che fosse di Atanasio; in tal modo aprì le vie che avrebbero connesso il monofisismo alle intuizioni di Apollinare.
La dottrina di Nestorio venne condannata, in una situazione assai confusa, dal concilio di Efeso nel 431.
Esiliato nella grande oasi d'Egitto, il Fayyum, Nestorio morì nel 451.
La sua dottrina gli sopravvisse grazie al fatto che cinquant'anni più tardi fu accolta dalla Chiesa persiana, che per questo venne chiamata nestoriana.



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IL MONOFISISMO

Dal greco monos (uno solo) e physis (natura), termine generico designante, nel quadro delle discussioni relative alla divinità e all'umanità del Cristo, una corrente dottrinale complessa che rifiutava la definizione imposta dal concilio ecumenico di Calcedonia nel 451.
Verso il 445, a Costantinopoli il monaco Eutiche insegnò una dottrina che prendeva le mosse dalla formula apollinarista e cirilliana, "una sola natura nel Cristo", la quale portava a respingere l'idea che Gesù, consustanziale a Dio, potesse essere consustanziale agli uomini secondo la natura umana.
La condanna di Eutiche da parte di un sinodo a Costantinopoli nel 448 suscitò violente reazioni. Dopo il "brigantaggio di Efeso" nel 449, solo al concilio di Calcedonia nel 451l'ortodossia fece definitivamente proprio il vocabolario delle due nature, riprendendendo nell'essenziale i termini del Tomo indirizzato due anni prima al vescovo Flaviano da papa Leone Magno. L'ortodossia proclamò che il Verbo, figlio unico di Dio, nato dalla Vergine Maria, è Dio e uomo in due nature che permangono senza confusione, cambiamento, divisione o separazione.
Lungi dal risolvere la contesa, il concilio di Calcedonia avviò una lunga crisi e una reazione assai complessa dei monofisiti. L'imperatore Giustiniano, desideroso di unità religiosa, per recuperare i monofisiti pronunciò la condanna dei Tre Capitoli (cioè gli scritti dei tre teologi Teodoro di Mopsuestia, Teodoreto di Ciro e Iba di Edessa) al concilio di Costantinopoli del 553.
Sfavorevolmente accolte in Occidente, queste decisioni non fecero che esasperare i risentimenti della Chiesa romana contro Bisanzio, senza d'altra parte causare il riavvicinamento dei monofisiti. Per Chiese monofisite, o non calcedoniane, ancora oggi si intendono le Chiese più o meno direttamente derivate dal rifiuto delle formulazioni del concilio di Calcedonia, che definiva l'unità della persona e la dualità delle nature nel Cristo.




IL PRISCILLIANISMO

Verso il 370-375, Priscilliano predicò una dottrina ascetica che ebbe grande successo in Spagna e nel sud della Gallia.
Le sue tematiche fondamentali avevano le caratteristiche di un encratismo rigoroso alimentato da una concezione negativa del mondo materiale. L'utilizzazione di scritti apocrifi di intenzione encratica fece sì che il movimento fosse sospettato di dualismo eretico.
Divenuto vescovo di Avita (380-381), Priscilliano fu condannato dall'imperatore Graziano ed esiliato. Un concilio di vescovi a Bordeaux lo condannò nuovamente; sottoposto a tortura, Priscilliano confessò crimini di stregoneria e magia e venne messo a morte nel 385 0 386. Nonostante la condanna del concilio di Toledo nel 400, il movimento conferì l'aureola del martirio al suo promotore e conservò piena vitalità. Solo nel VII secolo il ricordo di Priscilliano si eclissò.




IL PELAGIANESIMO

Monaco originario della Gran Bretagna, Pelagio si fece iniziatore a Roma, nel 390, di un movimento ascetico. Moralista mirante al progresso spirituale, Pelagio insisteva sull'azione dell'uomo, accentuando la forza del libero arbitrio a scapito della grazia divina.
Fu Rufmo a introdurre, nella cerchia pelagiana, tesi propriamente teologiche. Celestino, uno dei suoi discepoli, provocò reazioni a Cartagine e venne condannato nel 411 dal concilio di quella città.
Chiamato a spiegarsi davanti al sinodo di Diospoli nel 415, Pelagio venne dichiarato in comunione con la Chiesa universale; ma il concilio di Cartagine del 418, e quindi i decreti imperiali, condannarono i pelagiani.
Giuliano, vescovo d'Eclane, assunse la difesa dell'eresia condannata, in polemica con Agostino; il concilio di Efeso del 431 condannò ufficialmente il pelagianesimo i cui seguaci si diedero alla clandestinità.




IL SEMIPELAGIANESIMO

L'uso di questo termine si generalizzò nel XVII secolo per designare un movimento teologico sviluppatosi nel V secolo in Gallia attorno a maestri provenzali e marsigliesi; si differenziava dal pensiero di sant'Agostino sul problema della grazia e della salvezza. Fu condannato solennemente al secondo concilio d'Orange nel 529.

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DALL'VIII AL XIII SECOLO  -  1

Fino aIl'VIII secolo, come nel periodo precedente, il papato si trovò alle prese, allo stesso modo degli altri patriarcati, rispetto ai quali godeva a volte di una preminenza onorifica in quanto il pontefice era il successore di Pietro, con eresie di sostanza evidentemente teologica e di origine principalmente orientale. Nell'Impero carolingio, i sovrani franchi pretesero perlopiù di derimere essi stessi, da nuovi Costantini, e non senza risultati infelici, le dispute teologiche occidentali (Clemente, Godescalco, Giovanni Scoto Erigene).
Il papato intervenne più direttamente con la Riforma gregoriana, affermando il proprio primato assoluto (il par. 26 dei Dictatus Papae afferma: Quod catholicus non habeatur qui non concordar Romanae ecclesiae). Vi si legge l'affermazione dell'indipendenza della Santa Sede, che considerava eresie la simonia e il nicolaismo, ma rispondeva allo stesso modo a movimenti diversissimi che non erano più unicamente teologici ma anche morali e che si rifacevano, in parte almeno, alle stesse aspirazioni di "ritorno alla vita apostolica" dei riformatori; se il problema del carattere "popolare" o "intellettuale" dei movimenti eretici dell'inizio dell'XI secolo fu materia di dibattiti, movimenti di recriminazione contro il clero, prima della Riforma spesso si tradussero in contestazioni sociali, come nel caso della "Pataria" milanese, movimenti che vennero più o meno canalizzati dalla Riforma ("patarini" che coesistettero con eresie teologiche, movimenti di contestazione contro la Chiesa ufficiale del XII secolo, e che non si dedicarono soltanto alla critica antiecclesiastica, ma anche alla contestazione antisacramentale).
Il catarismo, frutto non tanto di una deviazione dottrinale, quanto di una religione vera e propria (e che quindi meritò appieno di essere definita "eresia"), una volta messe radici in Italia e nella Francia meridionale, assunse una forte connotazione antiecclesiastica che condivise e continua a condividere, su base teologica assai diversa, con il valdeismo.
I papi della riforma gregoriana, e più tardi Innocenzo III e alcuni suoi successori, tentarono di canalizzare queste aspirazioni a base morale per scinderle dal loro terreno dottrinale; in tal senso, è lecito interpretare il recupero di una parte dei valdesi e degli umiliati quale frutto dell'azione dei domenicani.
In pari tempo, il papato andava dotandosi di nuovi concetti giuridici: il concilio del Laterano III prese le proprie decisioni non più focalizzandosi su un'eresia, bensì pronunciando condanne a vasto raggio (marzo 1179), confermate e specificate da Lucio III (bolla Ad abolendam del 4 novembre 1184) che organizzò l'Inquisizione episcopale. L'evoluzione giuridica poté dirsi conclusa allorché Innocenzo III (il cui maestro Uguccione già definiva l'eresia crimen publicum) la collegò al ritrovato diritto romano e assimilò l'eresia ad un delitto di lesa maestà divina (bolla Vergentis in senium del 25 marzo 1199). La legislazione antieretica formulata da Gregorio IX nel febbraio del 1321 fu, non tanto una "deviazione" politica quanto un'estrema affermazione della teocrazia pontificia che portò lo stesso papa a definire eretico l'imperatore Federico II perché la sua azione dava adito alla supposizione che non rispettarse il potere delle chiavi.



MONOTELISMO
Seguito del monofisismo che vedeva nel Cristo un'unica natura, il monotelismo riteneva che nel Cristo fosse all'opera una sola volontà volitiva, quella del Verbo Divino.
I seguaci del monotelismo riconoscevano in genere la dottrina delle due nature del Cristo formulate nel concilio di Calcedonia (451) ma affermavano un'unica volontà per escludere nel Cristo l'opposizione tra due diverse volontà. Si cercava in tal modo sopprattutto di assicurarsi il sostegno delle popolazioni monofisite, per rinsaldare l'unità politica dell'Impero contro le minacce persiana e araba. Sostenuto dall'imperatore di Bisanzio, il monotelismo fu condannato da Onorio I e da Martino I e definitivamente nel 608, al concilio di Costantinopoli, che fissò la dottrina delle due volontà.




ICONOCLASTIA

Definita eresia, ma in realtà più che altro scisma, l'iconoclastia fu particolarmente virulenta nel VII secolo nell'ambito della Chiesa orientale; movimento religioso contrario al culto delle immagini, confondeva iconodulia e iconolatria e prescriveva la distruzione violenta delle immagini sante per evitarne il culto idolatrico. Sul culto delle immagini erano comunque presenti nel cristianesimo una tendenza rigorista che, fedele ai divieti dell'Antico Testamento e desiderosa di prendere le distanze dai costumi pagani, non lo accettava, e una tendenza liberale che ammetteva le immagini per il loro valore catechetico e didattico.
Combattuta da Gregorio II, che la definì eresia, l'iconoclastia venne condannata come contraria alla tradizione al concilio di Nícea n (787) convocato insieme dall'imperatrice Irene e dal papa Adriano I.
I canoni del concilio, maltradotti, non furono accolti dalla Chiesa carolingia che li respinse al sinodo di Francoforte (947). In Italia Claudio da Torino per breve tempo riprese, con la prescrizione di spezzare le croci, un'eresia sradicata in Occidente alla fine del IX secolo.




ADOZIANISMO

All'origine dottrina che tendeva a confutare la concezione di Migezio e che divenne eretica quando pretese che il Cristo avesse due nature, come secondo il nestorianesimo, una delle due venendogli dalla sua adozione da parte del padre.
Fu promulgata da Eliprando vescovo di Toledo e da Felice vescovo di Urgel. Fu condannato dai teologici franchi e quindi dal sinodo di Roma del 799.
Numerosi focolai eretici in Francia, nella prima metà dell'XI secolo, ben poco noti, prepararono a volte l'affermazione del catarismo (rifiuto della carne, astinenza estrema); si tratta senza dubbio di quelli contro ì quali fu pronunciata la condanna di Leone IX al concilio di Reims (1049), in cui li si definiva "nuovi eretici".




BERENGARIO DI TOURS

Riprese la controversia eucaristica del IX secolo, condannata dal clero provinciale, e testimoniò dei primi sforzi dei riformatori gregoriani (Umberto da Silva Candida, legato Ildebrando, futuro Gregorio vII) per far sì che l'eresia venisse giudicata a Roma. Berengario pronunciò la sua abiura a Roma tra le mani di Nicola II; tornato ai suoi errori venne nuovamente condannato da Gregorio VII nel 1079.


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ERESIE EVANGELICHE della prima metà del XII secolo

Le aspirazioni morali e spirituali ebbero notevole parte con la predicazione dei chierici erranti, spesso marginali (eremiti, preti parrocchiali), a volte illuminati, che si rifacevano a un filone antigerarchico, non di rado decisamente antisacramentale.
Rientrano nella categoria: Clemente che predicò a Soissons nel 1114; Tanchelmo nei Paesi Bassi, ucciso nel 1115 (si affermava figlio di Dio e sposo della Vergine); Piene de Bruys in Provenza, bruciato sul rogo nel 1132 (i suoi discepoli furono detti petrobrusiani quando vennero condannati nel 1390 al Laterano II); il suo discepolo Enrico di Losanna che predicò anche a Le Mans e a Tolosa prima di essere condannato al silenzio verso il 1142 (suoi discepoli, detti herniciani, furono condannati da Eugenio III al concilio di Reims del 1148); Eudes (poi "Eon") de Étoile in Bretagna verso il 1145.
Ad essi si opposero grandi figure della Chiesa, come san Norberto di Xanten, san Bernardo di Chiaravalle, Piero il Venerabile che d'altro canto si opposero a un papato che non aveva ancora l'iniziativa in questo campo.
A volte sorsero comunità organizzate, come quella del Mont-Guimer nella diocesi di Chàlons (Lucio II ne fu informato da una lunga lettera del clero di Liegi, preoccupato della diffusione delle loro idee) e in Italia attorno a Ugo Speroni (gli speronisti sono condannati nel 1179).




ABELARDO

Quattordici proposizioni del teologo fondatore della dialettica, relative soprattutto alla Trinità e alla conoscenza della fede, vennero estratte dalla sua opera da Guillaume de Saint-Thierry, rifiutate da san Bernardo di Chiaravalle e condannate al concilio di Soissons (1121) presieduto da un legato pontificio.
Abelardo si appellò al papa e poté riprendere l'insegnamento. La sua seconda condanna, pronunciata dal concilio di Sens (1141) fu confermata da papa Innocenzo 11.




ARNALDO DA BRESCIA

Promotore di una violenta critica antiecclesiale e antisacramentale, Arnaldo venne condannato al Concilio del Laterano II (1139), quindi abiurò tra le mani di Eugenio III nel 1145; venne nuovamente scomunicato nel 1148 quando, nella stessa Roma, partecipò all'insurrezione della città contro il papa. Morì nel 1155 ma i suoi seguaci (arnaldisti) furono ancora oggetto di condanna pontificia nel 1184.




CATARI

Detti anche albigesi in Francia, in Italia albanensi, concorensi, patarini, tessitori e ovunque manichei e bougres, vale a dire omosessuali, corruzione di bulgari).
II termine pubicani, derivato da pauliciani e ricavato da Paolo di Samosata, vescovo di Antiochia nel III secolo, designa dei dualisti con i quali senza dubbio i catari furono confusi.
Eredi del manicheismo orientale, che interpretarono la storia come una contrapposizione del principio del bene e del principio del male, i catari praticavano una forma di penitenza, il consolamentum, per cui si abbandonava il mondo terreno rifiutandosi di mangiare e di bere; adattarono la propria credenza alle strutture ecclesiastiche occidentali: erano "perfetti" (tale il significato di catari).
Ad integrazione delle Scritture, da essi rilette, prosperarono su un terreno preparato dalle eresie "evangeliche" e dall'opposizione alla gerarchia cattolica. Il successo della loro predicazione itinerante e il fallimento dei primi tentativi di Callisto II (che nel 1119 condannò senza dubbio una forma di catarismo) e poi dei suoi legati, indussero la Chiesa, dopo la condanna ufficiale del 1179, a procedere in maniera sistematica alleandosi con il re di Francia; la lotta anticatara culminò, con la crociata lanciata da Innocenzo III e seguita dalla persecuzione inquisitoriale: in pratica, i catari furono sterminati.




GIOSEFINI

Setta ignota, condannata nel 1184; probabilmente era vicina ai catari, con i quali venne accomunata nella condanna.




PASSAGINI

Setta condannata nel 1184, nota soltanto per la sua presenza nel Nord Italia e le sue pratiche giudaizzanti.




VALDESI

Ovvero "poveri di Lione". Movimento trasformatosi poi in Chiesa evangelica di tipo calvinista, fondato sulla povertà e la predicazione.
Prendevano nome da un mercante lionese, Pierre Valdo che verso il 1174 decise di donare tutti i suoi beni ai poveri e di mettersi a predicare il vangelo al popolo, trovando eco immediata tra le masse popolari della Francia meridionale.
A differenza dei catari non pretendevano però nessuna originalità teologica e richiamavano solo la Chiesa al suo mandato missionario. Trovarono vasta eco nell'Italia settentrionale dove i valdesi aggiunsero le loro concezioni a quelle proprie dei patarini e di Arnaldo da Brescia (ostilità verso il potere papale).
In Lombardia il movimento valdese si radicalizzò divenendo una vera e propria "Chiesa di opposizione" e i "poveri lombardi" irradiarono la predicazione valdese in tutta Europa. Una parte dei valdesi si era già integrata nella Chiesa sotto Innocenzo III, mentre gli altri decisero di rimanere autonomi.




UMILIATI

Comunità essenzialmente urbane, di ispirazione vicina a quella dei valdesi, con i quali furono confusi nella condanna del 1184. Diffusi nel nord Italia, vennero integrati da Innocenzo III.




AMALRICO DI BENE

Morto a Parigi nel 1205, fu un filosofo e teologo francese accusato di eresia.
I suoi libri vennero bruciati in seguito alle condanne del sinodo parigino del 1210.
Secondo le sue dottrine, Dio era l'essenza di tutte le creature, le quali non erano che le sue "manifestazioni" (teofanie). I suoi seguaci (amalricani) credevano che l'epoca dello spirito santo avesse avuto inizio secondo una visione ottimistica della storia, che rendeva la presenza del Dio nel cosmo, assicurava la vittoria del bene sul male e rendeva inutile il ricorso a qualsiasi prescrizione morale o sacramentale. I suoi discepoli, tra cui Enrico di Dinant (dinantisti) furono accusati di deviazioni panteistiche e, dopo essere stati condannati dal concilio di Parigi del 1210, vennero nuovamente condannati dal legato pontificio Robert de CourGon nel 1215.




SATANISTI O LUCIFERINI

Denominazione sempre più spesso applicata a un'intera tipologia di eretici, ma designante in particolare una setta della regione renana combattuta dall'inquisitore Corrado di Marburgoche che il 13 giugno 1233 ottenne da Gregorio IX una bolla in cui si avvertono già, in base alle accuse di un preteso culto di Lucifero, alcuni dei temi tipici della caccia alle streghe.




AVERROISTI

Teologi universitari parigini che, sulla scia di Sigieri di Brabante, si rifacevano al filosofo arabo Averroé e al suo commento di Aristotele.
Sigieri, filosofo fiammingo nato nel 1235 circa, iniziatore dell'averroismo latino, negava l'esistenza di un'anima intellettiva individualizzata e di conseguenza l'immortalità personale dell'uomo.
Nel 1270 le tesi dell'aristotelismo radicale di Sigieri vennero condannate dal vescovo di Parigi Étienne Tempier e ancora nel 1211 ad opera dello stesso vescovo di Parigi; Sigieri si appellò al papa, ma a Orvieto, sede della Curia papale presso la quale Sigieri attendeva una sentenza definitiva (l'inchiesta era stata promossa da Giovanni XXI), fu pugnalato dal chierico che gli fungeva da segretario.




APOSTOLICI

Setta nata a Parma per impulso di Gerardo Segarelli (condannato e messo a morte dall'Inquisizione nel 1300) e successivamente sviluppata dal suo discepolo Dolcino di Novara (messo a morte a sua volta nel 1307) diffusa soprattutto nel nord Italia e che prescriveva, sulla base di una violenta critica antiecclesiale, povertà e mendicità.
La prima condanna pontificia fu pronunciata da Onorio IV nel 1286.




FRATICELLI

Francescani in rottura con l'ordine che proclamavano la necessità della povertà assoluta, richiamandosi ai privilegi accordati ai mendicanti da Niccolò III e da Celestino V; furono condannati da Bonifacio VIII nel 1296 e da Giovanni XXII nel 1322.

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23/02/2010 18:20
 
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DOPO IL SECOLO XIV

Nel periodo moderno e contemporaneo si è assistito a un'ampia utilizzazione dell'arsenale canonico messo a punto nel XIII secolo per combattere l'eresia. Questa venne definita nel 1252 da Innocenzo IV (1243-1254), che ne autorizzò l'uso a patto che la formula venisse applicata da giudici secolari e non mettesse in pericolo l'integrità fisica della persona interessata.
Nel 1262, tuttavia, Urbano IV (1261-1264) autorizzò gli inquisitori a far ricorso essi stessi a tale procedimento, spalancando così la porta agli abusi. Stato di cose, questo, che non fece che esacerbare i conflitti e le opposizioni manifestatisi contro l'atteggiamento della Chiesa cattolica, non più soltanto perché questa rivendicava ad alta voce il monopolio del deposito della fede rivelata - nonché quello della sua interpretazione che è l'oggetto dell'ermeneutica - ma anche perché si arrogava il diritto di fare essa stessa giustizia sulla base del mandato divino che le conferiva il potere di legare e slegare tutto quanto esistesse sulla terra.
Questa, perlomeno, fu l'argomentazione teologica e dogmatica più frequentemente utilizzata. Quanto al trattamento propriamente detto dei movimenti eretici, esso ebbe vari aspetti a seconda della rigidità maggiore o minore attribuita all'ambito d'azione della devianza rispetto alle espressioni dell'ortodossia.




BEGARDI E BEGHINE

Raccolti dalla fine del XII secolo in comunità (i beghinaggi), sotto forma di associazioni semireligiose e semilaiche, begardi e beghine accolsero in particolare i flussi di mendicanti provenienti dalle campagne (a Liegi dal 1185).
Sottoposti sotto l'unica autorità del vescovo, la loro istituzione si collocava "a mezza strada tra vita monastica e vita profana" (A. Jundt); pronunciavano voto di castità e di obbedienza ma senza rinunciare alla società e alle attività temporali. I begardi che verso il 1200 contavano oltre mille adepti a Parigi e a Cambray (a Colonia erano duemila), facevano concorrenza ai curati delle parrocchie per quanto riguardava inumazioni e donazioni.
La libertà interiore rivendicata da codeste comunità - che si traduceva soprattutto in esaltazione del godimento fisico - preoccupò dapprima papa Clemente V (1305-1314), poi il concilio di Vienna (1311-1312) i cui decreti, noti con i nomi di Clementine, stigmatizzarono la confusione di "coloro che chiamano libertà dello spirito la libertà di fare tutto ciò che a loro aggrada".
La persecuzione inquisitoriale si scatenò in varie zone del Sacro Impero verso il 1330-1350.
Rifugiatisi in Francia approfittando delle rivolte contadine e della guerra, i turlupins (letteralmente, buffoni) chiamati anche lollards in Inghilterra, ebbero come principale rappresentante una certa Jeanne Dabenton, bruciata viva a Parigi nel 1372 dall'inquisitore dell'Île-de-France Jacques De More.
Gregorio XI (1370-1378) attenuò in parte lo zelo persecutorio, tenendo conto del fatto che alcuni degli eretici erano rimasti nell'ambito dell'ortodossia, ma nel 1394 Bonifacio IX (1389-1404) annullò tutte le riserve e concessioni accordate dai suoi predecessori per mettere definitivamente termine all'eresia, la quale tuttavia scomparve in Germania solo verso il 1460.




DOLCINO DA NOVARA

La sensibilità escatologica del basso Medioevo trovò un'espressione di grande rilievo nel movimento millenarista che proclamava l'imminente fine dei tempi dedotta dalla situazione catastrofica della Chiesa e dalla corruzione delle istituzioni.
Fra Dolcino di Novara ne fu un eminente rappresentante all'inizio del XIV secolo. Dolcino puntava politicamente sull'imperatore Federico II, ostile al papato, e prevedeva la riapparizione del Cristo nel1303.
Dopo la morte, avvenuta in quello stesso anno, di Bonifacio VIII e quella di Benedetto XI, l'anno successivo, Dolcino, forte di un seguito di circa quattromila partigiani, diede inizio a una "campagna di guerriglia" , conquistando Bergamo e poi Milano e per tre volte riuscendo a sfuggire all'Inquisizione.
Rinserratosi nel 1305 in un recinto fortificato su una cima alpina, la Parete Calvo, Dolcino godette della simpatia di Dante ma nel 1307 finì per arrendersi, e venne torturato e bruciato vivo.
I suoi seguaci subirono la stessa sorte a Tolosa nel 1322, ad Avignone durante il pontificato di Giovanni XXII (1316-1324) e ancora all'inizio del XV secolo in Germania.




I FLAGELLANTI

Le carestie del 1250, la pestilenza del 1259, nonché le cruenti lotte tra guelfi e ghibellini, formarono il contesto in cui nacque il movimento dei flagellanti, così denominato per l'uso della flagellazione, strumento di contrizione e autopunizione, in un primo tempo incoraggiato da una Chiesa sensibile ai benefici spirituali che essa riteneva derivassero da un pentimento doloroso, quindi perseguita quando, negli anni 1260-1290, la pratica, divenuta collettiva e legata all'isteria, assunse dimensioni pericolose.
Il movimento dei flagellanti, nutrito dalle calamità della peste nera del 1348-1349, legato a una sensibilità millenaristica, si diffuse a Bruges, Gand e Tournai, e quindi in Germania. Incoraggiato e poi condannato da Clemente VI (1342-1352) nel 1349, assunse connotazioni apertamente anticlericali, con il rifiuto del pagamento della decima e la denuncia del traffico delle indulgenze, il rifiuto del culto dei santi, e partecipò pertanto alla formazione del sustrato nel quale misero radici Lutero e lo scisma protestante.




HUSSITI E TABORITI

Le dottrine riformatrici di John Wyclif in Inghilterra ebbero, a partire dal 1380, considerevole risonanza nei paesi dell'Europa orientale.
Il rettore dell'università di Praga, Jan Hus, denunciò il cinismo, soprattutto in campo finanziario, del papato in ambito temporale. Scomunicato quindi convocato davanti al concilio di Costanza (1414, dove si recò con un salvacondotto del re Sigismondo) chiarì le proprie idee e gli fu imposto di ritrattare; dichiarò che lo avrebbe fatto solo se fosse stato convinto di essere in contrasto con la Sacra Scrittura, e fu condannato come eretico al rogo (1415), non senza essere riuscito prima a far deporre papa Giovanni XXIII (1410-1415) per simonia, assassinio e perversioni sessuali.
La resistenza opposta alle dottrine hussite da numerosi prelati, attenti soprattutto alle fonti dei loro redditi, provocò il passaggio sotto controllo secolare della Chiesa di Boemia, che si distaccò pertanto dalla sottomissione al potere romano. Un incidente provocato da re Venceslao nel luglio 1418 a proposito del governo della comunità di Praga, scatenò una sollevazione popolare, guidata dall'ala radicale del movimento hussita, che, insediatosi su una collina ribattezzata monte Tabor (1420), riprese i temi della povertà volontaria, del millenarismo egalitario e della libera interpretazione delle Scritture.
Dopo numerosi scontri armati, nei quali si ebbero vittorie alternate a sconfitte, nel 1452 monte Tabor fu preso, ciò che causò la caduta dei taboriti. La comunità, che subì l'influsso del protestantesimo e divenne una Chiesa evangelica indipendente dopo che gli hussiti moderati ebbero prevalso sui taboriti, esiste tuttora, anche se l'imperatore Ferdinando III nel 1629 ricattolicizzò la Boemia.
Collegati ad altre correnti dissidenti, come quella dei pikarti di Boemia, certi hussiti si unirono alla comunità dei fratelli moravi, caratterizzata da pacifismo.




ANABATTISTI

Il clima di gravi disordini religiosi, provocati dai vari movimenti mistici, girovaghi e millenaristici in vaste regioni dell'Europa nordorientale, perdurò durante il tormentato XVI secolo, nel quale la molteplicità delle sensibilità e delle Chiese, formatesi in data più o meno recente, contribuì a fare di ogni presa di posizione un atto di violenza e di ogni idea un'affermazione eretica che ne comportava la condanna.
L'anabattismo fu l'esempio perfetto, in quanto subì l'ostilità contemporanea dei cattolici, dei potentati e delle autorità profane.
Il movimento, che procedeva al battesimo dei soli adulti per immersione totale, come segno di elezione e di riconoscimento, aveva a fondamento "profeti" o "apostoli", individui di forte personalità che dispensavano gli adepti (nella stragrande maggioranza, contadini e artigiani) da ogni sudditanza all'autorità quale essa fosse. Le sistematiche rivendicazioni di uguaglianza e giustizia, soprattutto di carattere materiale, condussero a sollevazioni armate nella zona di Spira nel 1502, quindi in Alsazia e in Svevia.
Thomas Miintzer (dapprima pastore luterano), si dedicò a violente predicazioni in Boemia e in parecchie zone della Germania dal 1521 al 1525. Quindi, nell'aprile di quest'ultimo anno, fondò una Chiesa che venne immediatamente repressa.
Il 27 maggio del 1525 venne decapitato con il suo discepolo Heynrich Pfeiffer, ciò che ebbe per effetto di far rifluire il movimento verso le città dell'Austria e della Moravia che contavano ancora settantamila fedeli alla metà del XVI secolo; la guerra dei Trent'anni comportò la loro totale dispersione e scomparsa.




GIANSENISMO

La diatriba giansenista, che si manifestò nella cornice dell'assolutismo monarchico e pontificio sicuro di sé grazie alla forza che gli derivava dalla Controriforma, ebbe a fondamento l'antica formula della disputano teologica incentrata sulla questione dello spirituale e del temporale.
Cornelio Giansenio, nome italianizzato di Cornelis Jansen, ecclesiastico e teologo olandese, imbevuto delle concezioni di sant'Agostino da lui a lungo studiato a Utrecht, e poi a Lovanio, in un primo tempo non osò rendere pubbliche le sue conclusioni circa la predestinazione e la grazia.
Morì a Ypres nel 1638, vittima della peste, dopo aver indirizzato a papa Urbano VIII (1623-1644) una lettera nella quale si diceva pronto a ritrattare "secondo quello che mi sarà prescritto da quella voce di tuono che esce dalla nube della Sede apostolica".
La sua opera postuma e principale, l'Augustinus (pubblicata nel 1640), proclamando il potere assoluto della scelta attribuita all'uomo grazie alla sua volontà, negava al clero e al dogma ogni utilità pratica; l'Augustinus fu messo all'indice nel 1642.
Jean Duvergier de Hauranne, abate di Saint-Cyran, si prefisse il compito dipropagare la dottrina professata da Giansenio e nusci ad attirarsi le simpatie della famiglia Arnauld protettrice del monastero di Port-Royal.
Consigliere di Caterina de' Medici, giurista eminente che a Bourges era stato allievo di Cujas, Antoine Arnauld si consacrò alla lotta contro i gesuiti ai quali rimproverava soprattutto la loro obbedienza cieca, secondo la massima perinde ac cadaver di Ignazio de Loyola da lui definito "generale spagnolo".
Il suo ultimogenito, il Grand Arnauld, nato nel 1612, ebbe come precettore l'abate di Saint-Cyran, che all'epoca presiedeva ai destini di Port-Royal. Ordinato sacerdote nel 1641, egli pubblicò due anni dopo un trattato sulla Frequente Comunione che gli valse l'odio dei gesuiti, i quali lo fecero chiudere nella Bastiglia.
Continuando la polemica contro la Società di Gesù, fornì a Pascal l'argomento delle sue Lettere a un provinciale (1656-1657), messe all'indice il 6 settembre 1657.
Il giansenismo godette di un certo appoggio di ceti popolari, grazie alla sfida lanciata contro Roma, ma che si spense rapidamente sotto la minaccia di repressione decretata da Luigi XIV. I seguaci di Port-Royal, diffusisi in Olanda da dove proseguirono la loro lotta, vi fondarono una Chiesa giansenista che sopravvisse fino al XIX secolo. Asquier Quesnel tentò di salvaguardare la corrente in Francia, ma nel 1713 le sue opinioni furono condannate dalla celebre bolla Unigenitus.
La tendenza giansenista, ormai priva di riflessione teologica e ridotta ai soli rigori corporali, ormai non suscitava che manifestazioni isteriche e convulsioniste del tipo diquelle che si verificarono al cimitero di Saint-Médard durante l'inumazione del diacono Paris, donde la celebre iscrizione apposta nel cimitero stesso: De par le roi, défense, défaire miracle en se ce lieu (per ordine del re divieto di fare miracoli in questo luogo).




PIETISTI

Il pietismo si collocò nella linea dell'idea eretica - ricorrente al pari di molte altre vietate, condannate e poi riapparse in successive correnti - che proclamava l'inutilità sostanziale, e anzi la nocività, della mediazione dei sacramenti e dei ministri del culto incaricati di dispensarli; il pietismo mise l'accento sulla preminenza, in ogni circostanza della convinzione intima e della legge della coscienza personale.
Iniziato dal pastore luterano Philip Jacob Spener (1635-1705) il movimento, che si contrapponeva alla burocratizzazione delle Chiese territoriali e all'irrigidimento della teologia scolastica protestante, rivendicava un cristianesimo attivo, basato sul fervore (pietas) e su un pratica morale rigorosa: una "religione di cuore" di contro alla "religione della mente"; non era contraria alla manifestazione di un certo sensualismo, e fu inoltre caratterizzato dall'attesa del secondo Avvento promesso dal Cristo al momento della Parusia.
Il movimento, plasmato dal pensiero e dall'azione di forti personalità come il tedesco Johan Georg Gichtel (1638-1718), un erudito che aveva fatto voto di perpetua verginità, fu dapprima una manifestazione di intellettuali isolati, dediti a un dialogo mistico con la Sophia, entità spirituale a volte identificata con la Vergine; si diffuse in un secondo tempo nelle società religiose a loro volta sensibili all'influenza della Aufk(drung, la versione tedesca dell'Illuminismo, che conferirono al pietismo una fisionomia meno esoterica e più legata alla concretezza. L'influsso pietista si fece sentire, al di fuori della spiritualità vera e propria, sulla musica religiosa protestante (Haendel, Bach) sulla letteratura tedesca preromantica e romantica (Schiller, Goethe, Novalis) e sul pensiero di Rousseau e Kierkegaard.


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