CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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EBRAISMO

Ultimo Aggiornamento: 02/05/2010 16:58
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La storia del Popolo Ebraico


La storia del popolo ebraico inizia con Abramo. Il primo patriarca nacque circa nel 1813 a. e. v. nella citta’ di Ur Kassdim, in Caldea. Conscio che l’idolatria era frutto della mente e della fantasia umana, fin dalla più tenera età si diede alla ricerca di un dio vero. Secondo la tradizione Abramo scopri’ l’esistenza di Dio, cioe’ di una divinita’ ultraterrena unica e inscindibile, all’eta’ di tre anni. Per ordine del Creatore, all’eta’ di settantacinque anni Abramo lascio’ la casa paterna per trasferirsi in una terra lontana, la Terra Promessa.

Questo evento segna una svolta decisiva nella vita del patriarca e nella storia della religione ebraica: mentre prima era solamente una persona che si distingueva dalle altre per la sua visione del mondo e della divinità ora, con questa prima rivelazione, Abramo inizia ad avere un contatto con Dio: non solo perché per lui e’ ovvio e logico, ma perché Dio ha voluto che Abramo diventasse il suo rappresentante in questo mondo per combattere l’idolatria. Si può dire che nel 1738 a.C., quando Dio invita Abramo a seguire il suo comandamento con le parole “lech lecha’”, nasce la prima religione monoteistica, la religione ebraica. Secondo la religione ebraica, il legame con il Creatore non avviene tanto attraverso l’intelletto ma piuttosto tramite lo studio della Tora’ e l'osservanza dei precetti, datici da Dio proprio a tal fine. L’uomo, essendo limitato, non potrà mai unirsi all’illimitato, se non perché Lui glielo permette.

Questo legame viene rinforzato con il “Patto delle Parti”, col quale Dio promette ad Abramo e ai suoi discendenti la Terra d’Israel. All’eta’ di novant’anni, sua moglie Sara mette al mondo un figlio, Isacco. E’il primo ebreo a cui viene effettuata la circoncisione all’età di otto giorni. Abramo si era infatti circonciso a novantanove anni e il fratellastro di Isacco, Ismaele (figlio di Abramo e della sua concubina Agar), a tredici. Isacco e’ dunque il primo, ma non l’ultimo. Verrà infatti imitato da tutti i suoi discendenti, i membri del popolo ebraico. Isacco e’ il padre di Giacobbe, il terzo e ultimo patriarca. Egli e’ il padre di dodici figli, che daranno origine alle Dodici Tribu’ che compongono il popolo ebraico. Giacobbe viene chiamato da Dio anche con il nome di Israele, il principe di Dio. I suoi discendenti, trasferitisi in Egitto a causa di una terribile carestia che aveva colpito la loro terra, diventano presto schiavi del loro ospite, il Faraone. Questi li sottopone a lavori durissimi e a ogni tipo di sevizie. Le grida dei figli d’Israele vengono ascoltate da Dio, il quale affida a Mose’ il compito di far uscire il popolo dall’Egitto. L’Esodo e’ caratterizzato da grandi miracoli. Cinquanta giorni dopo l’uscita dall’Egitto, il popolo riceve la Torah-Bibbia sul monte Sinai. 

Questo importantissimo evento segna l’alleanza fra Dio e il suo popolo come un contratto che li unisce eternamente, alleanza stretta attraverso il dono delle Tavole della Legge che rappresentano tutta la Torah e ne sono il simbolo. Dopo quarant’anni di peregrinazioni il popolo ebraico, guidato da Giosue’, entra nella Terra Promessa. Il suolo viene spartito fra le Dodici Tribu’. Non esiste ancora un vero e proprio Santuario.

Quando le tribù furono a poco a poco unificate, reclamarono un re: il primo re fu Saul, seguito da Davide, il quale combatté contro i filistei (una popolazione che abitava in Palestina) e fondò la "Città di Davide", che successivamente prese il nome di Gerusalemme

Il figlio di Davide, Salomone, diede inizio alla costruzione del primo Tempio di Gerusalemme. Alla morte di Salomone, dieci delle dodici tribù di Israele si separarono, mentre le due tribù che restarono fedeli al figlio di Salomone, Roboamo, formarono il regno di Giuda, o Giudea (da cui viene la parola "giudeo"). Nel 587 a.C. Gerusalemme venne distrutta dal re babilonese Nabucodonosor, il Tempio fu bruciato e gli ebrei furono esiliati in Babilonia. L'esilio in Babilonia diede il via alla diaspora, ovvero alla dispersione del popolo ebraico nel mondo.

Il Secondo Tempio viene ricostruito dopo 70 anni dalla sua distruzione, nel 340 a.C., grazie all’editto di Ciro, sovrano dell’Impero persiano e medio. La sua distruzione, che avviene per mano delle legioni romane di Tito, risale al 70 d.C. e segna l’inizio dell’esilio in cui il popolo ebraico si trova tuttora. Nonostante l’ultimo esilio sia proporzionalmente più lungo degli altri tre, secondo la Cabala’ e la tradizione ebraica l’arrivo del messia e’ imminente, e siamo già entrati nella cosiddetta fase dell’ “era messianica”.

Gli ebrei passarono sotto varie dominazioni fino a quando, nel II secolo a.C., la rivolta dei Maccabei restituì l'indipendenza politica al popolo di Israele, indipendenza che durò fino al 63 d.C., quando i Romani conquistarono la Giudea. Tra il I e il IX secolo e.v. vennero redatti la Mishnah e i due Talmudim (il Talmud di Gerusalemme e il Talmud di Babilonia), testi fondamentali della religione ebraica che racchiudono la giurisprudenza e le credenze dell'Ebraismo. In questo periodo, gli ebrei vivevano in diversi imperi: in quello romano, che lentamente stava diventando cristiano, e in quello babilonese, che stava diventando musulmano.

Intorno all'anno mille, sorsero in Europa due nuovi poli della cultura ebraica: in Spagna si formò la comunità sefardita (fino a quando, nel 1492, gli ebrei furono cacciati dalla Spagna), mentre l'Europa orientale divenne la culla dell'ebraismo askenazita.
Mosé Maimoide, nato a Cordova (in Spagna) nel 1138, fu uno tra i più importanti filosofi e teologi del mondo ebraico medievale: le sue opere, tra cui La guida dei perplessi, divennero di fondamentale importanza per tutti gli ebrei. Egli riformulò la legislazione rabbinica in modo da renderla di facile comprensione ed elaborò un sistema di credenze normative per tutti gli ebrei.
Fino al XIX secolo, gli ebrei hanno vissuto in tanti paesi come gruppo religioso di minoranza, spesso perseguitato. Dalla metà del Cinquecento vennero obbligati a risiedere in quartieri separati - i ghetti - che venivano chiusi di notte e riaperti di mattina. Le persecuzioni si intensificarono tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, quando in Russia gli ebrei subirono numerosi massacri e saccheggi (pogrom). Sotto il nazismo (1933-1945), milioni di ebrei vennero perseguitati, deportati e sterminati (Shoah).

Fu circa nello stesso periodo che si affermò il sionismo, un movimento culturale e politico il cui scopo era di ricondurre gli ebrei nella terra di Israele per costituirvi una comunità nazionale, al riparo dalle persecuzioni.
Attualmente, l'Ebraismo si suddivide in diversi movimenti religiosi. I gruppi più importanti sono: gli ebrei riformati (che lasciano ai singoli credenti la libertà nell'interpretare gli insegnamenti della Bibbia e nell'osservare le leggi rituali), gli ortodossi e ultra-ortodossi (per i quali le leggi rituali e cerimoniali vanno considerate come immutabili), e i conservativi (una ortodossia più attenuata).


Pedro

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EBREI

Introduzione

Con il termine Ebraismo si indica il complesso di credenze religiose, scritte ed orali, e l’insieme di tradizioni culturali, etniche e rituali propri del popolo ebraico.
Il testo sacro dell’Ebraismo è l’Antico Testamento, che è stato redatto, in maniera definitiva, tra il VII ed il VI sec. a.C., e che testimonia dell’elezione del popolo di Israele da parte di Dio e del patto stretto da Questi con gli Ebrei.
Il fulcro della fede israelitica è la confessione monoteistica (Dt. 6,4: “Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno...”), la quale, malgrado i precedenti tentativi compiuti in Egitto dal faraone Amenofi IV(XIV sec. a.C.), solo nell’Ebraismo trova la sua più compiuta affermazione.
A sua volta, la fede monoteistica si incentra nella definizione che Dio medesimo offre di sè in Es. 3,14: “Io sono Colui che sono”. Se ci atteniamo alla lettera del testo biblico, questa affermazione (in ebraico Ehyèh ashèr èhyèh) è di fatto, intraducibile, poiché si dovrebbe disporre di un tempo verbale in grado di rendere, contemporaneamente, il presente, il passato ed il futuro. Infatti, Dio è Colui che, pur non mutando nella Sua essenza, accompagna il popolo ebraico in tutte le vicissitudini storiche. In questo senso, Dio è legato all’uomo nel passato, nel presente e nel futuro.
La principale conseguenza di questa consapevolezza monoteistica è, in primo luogo, l’idea della signoria di Dio sul mondo e sulla storia, anche se ciò non significa che la realtà terrena non goda di una sua autonomia espressa dal libero arbitrio dell’uomo. Visto, però, lo stretto legame fra immanenza e trascendenza, in ambito ebraico non si conosce il dualsimo ontologico, proprio invece del Cristianesimo, che separa il mondo da Dio (Cristo dice: Sono venuto in questo mondo, ma il mio regno non è di questo mondo).
L’Ebraismo presenta una concezione dualistica solo in ambito etico, ambito in cui vengono distinte le “vie del Bene” dalle “vie del Male”.
Proprio a partire da questa dottrina morale, l’Ebraismo sviluppa sia l’idea della creazione quale creatio ex nihilo (fino ad allora sconosciuta) sia l’idea di uno sviluppo lineare e non ciclico della storia. Percepito dagli uomini nella sua limitatezza, il tempo non viene considerato come l’insieme di quelle irripetibili occasioni, offerte all’uomo per manifestare la sua libertà all’interno della creazione (decidersi per il Bene o per il Male, per la vita o per la morte).
Un’altra caratteristica propria dell’Ebraismo è l’idea di un legame con Dio, che non ha nulla di mistico o di ascetico. Questo legame si instaura nella comunione dell’alleanza, in cui il Creatore e la creatura mantengono separate le rispettive identità. E’esattamente la categoria teologica dell’alleanza ad essere costitutiva dell’Ebraismo: essa rappresenta il reciproco impegno, per cui all’elezione e alla benevolenza di Dio deve corrispondere, da parte di Israele, l’osservanza del decalogo e di quei precetti (613 in tutto), che abbracciano ogni aspetto della vita del popolo.
Per questo motivo, gli studiosi parlano spesso di “nomismo dell’alleanza”, essendo la religione di Israele fondata sulla Legge. In effetti, però, il termine Torah (il Pentateuco) non significa nómos (“Legge”), bensì “insegnamento”, ecco perchè, riguardo all’Ebraismo, si parla di ortoprassia anzichè di ortodossia.
Va tenuto presente, però, che, malgrado la signoria della Legge divina su ogni aspetto della vita umana, nell’Ebraismo la teocrazia si combina con una particolare concezione dell’autonomia creaturale, che rappresenta una sorta di premessa teorica della laicità.
Nell’elaborazione teologica dell’Ebraismo, è di notevole importanza il ruolo che viene attribuito a Mosè, il quale è considerato il più grande dei profeti non perchè la sua speculazione su Dio sia superiore a quella di Isaia o di Ezecheile, bensì perché Mosè è stato il fondatore, per così dire, dell’Ebraismo stesso. A Mosè è stata consegnata la Legge e a lui è stato affidato il compito di condurre il popolo ebraico attraverso il deserto, fino alla Terra Promessa.
Naturalmente, una funzione importantissima svolgono anche gli altri profeti, i quali richiamano all’essenzialità e allo scopo ultimo della Legge, così come i “Libri Sapienziali” approfondiscono il significato dei precetti morali contenuti nella Torah.
Il valore attribuito alla Parola divina (il Logos) e all’elemento escatologico esercita una grande influenza sia sul Cristianesimo primitivo (basti pensare al prologo del Vangelo giovanneo) sia sulla prima speculazione dell’età giudeo-ellenistica (Filone d’Alessandria è il primo pensatore a tentare una conciliazione fra le categorie filosofiche greche e la fede ebraica). Anche lo sviluppo dell’apocalittica cristiana risente molto dell’influsso ebraico e, in particolare, del Libro di Daniele.
In epoca rabbinica, il problema fondamentale dell’Ebraismo diviene quello di preservare la propria identità all’interno di un mondo ostile, che, al massimo, concepisce l’Ebraismo come una dottrina propedeutica alla comprensione del Cristianesimo.
Pertanto, i rabbini si preoccupano di preservare e di attualizzare il patrimonio della Torah, preoccupazione che approda nella stesura della Mishna e del Talmud (babilonese e gerosolomitano). In questo periodo, si assiste anche alla compilazione della Halakhah, che interpreta i precetti della Legge, pur considerando misteriosa, in ultima istanza, la volontà di Dio, e della Haggadhah, ossia la tradizione esegetica ed omiletica che si esprime per mezzo di leggende, basate sul testo biblico e aventi il compito di illuminarne i significati più reconditi. Il Midrash o “Commento Biblico” racchiude ed interpreta sia la Halakhah che la Haggadhah.
L’Ebraismo ha prodotto anche una filosofia vera e propria, la quale passa attraverso l’influenza stoica, neoplatonica ed aristotelica, quest’ultima mediata dai pensatori arabi (Avicenna e Averroè in particolare). Per quanto riguarda l’apporto filosofico, si ricordano, nel Medioevo ebraico, le figure di Yehudah ha-Lewi e di Mosè Maimonide. L’Ebraismo sefardita si distingue per i suoi studi di natura filosofico-teologica, mentre l’Ebraismo ashkenazita si caratterizza per una maggiore concentrazione sugli studi talmudici e sulla mistica, la quale sfocerà nel movimento chassidico dell’Europa orientale.
Il misticismo ebraico si radica nell’esperienza profetica e, soprattutto, nelle interpretazioni della Ma’asè Merkava (l’ “opera del carro”) con cui si apre il Libro di Ezechiele. Gli studi mistici danno vita alla Kabalah, che nasce nel XIII sec. in Provenza ad opera di Abraham Abulafia e che viene poi approfondita, nel XVI sec., dalla scuola di Safed, di cui Isaac Luria èl’esponente di spicco.
Il movimento pseudomessianico del sabbatianismo e del chassidismo polacco (seconda metà del XVIII sec.) rappresentano i momenti più significativi nello sviluppo del misticismo ebraico, misticismo che ha molto influenzato anche la dottrina ascetica cristiana. E’ interessante notare la costante tensione, in seno all’Ebraismo, fra misticismo e filosofia, poiché, malgrado la diversa prospettiva, i problemi di fondo sono comuni: il rapporto fra Creatore e creatura, il legame fra finito ed infinito, la realtà del Male.
In età moderna, Moses Mendelssohn è il filosofo che, sempre in seno all’Ebraismo, cerca di conciliare la haskalah o Illuminismo ebraico con la stessa modernità occidentale, mostrando come l’Ebraismo si armonizzi con le esigenze della ragione. Strade simili hanno percorso, più avanti, Hermann Cohen, Franz Rosenzweig e Martin Buber.
In tempi più recenti, si è assistito alla nascita dell'Ebraismo riformato, il quale, sorto in Germania, si è ben presto diffuso negli Stati Uniti. L’Ebraismo riformato cerca di ridurre e relativizzare l’imponente complesso di quei precetti, che separano di fatto il popolo di Israele dal resto della comunità. Naturalmente, grandi modifiche sono subentrate nel pensiero filosofico e religioso ebraico a seguito della fondazione, nel 1948, dello Stato di Israele.

Pedro

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02/05/2010 16:48
 
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Il  DIO  EBRAICO

L'uomo non può percepire la reale essenza della Divinità, come viene detto nell'Esodo 33:20 «Un uomo non può vedermi e vivere»; Dio è conoscibile soltanto dalle Sue opere e dai suoi attributi, le Sue middòt.

I primi tre nomi divini nel Tanach sono Elohìm (Dio), Havayàh (Eterno, espressione utilizzata per evitare di scrivere o pronunciare il Tetragramma) e Adonài (Signore, Padrone).

Il nome divino Elohìm sottolinea il ruolo di Dio come creatore del mondo; semanticamente denota onnipotenza, la fonte eterna di energia creatrice. Tale nome non indica tuttavia un legame diretto di Dio con la creazione, e compare come Sua unica denominazione nel primo capitolo della Genesi.

Il nome Havayàh, costituito dalle quattro lettere yod-heh-vav-heh (il Tetragramma), si collega invece alla stessa essenza divina, l'Essere, e viene pronunciato dal Gran Sacerdote solamente nel giorno i Kippur; è anche definito «il Nome ineffabile», in quanto è proibito pronunciarlo in circostanze estranee alla procedura rituale. Havayàh denota l'Essere eterno, la più pura essenza di Dio costituendo l'abbreviazione dell'espressione hayàh, hovèh veyiheyèh (fu, è e sarà), che afferma come la Sua esistenza comprenda insieme passato remoto, presente e futuro infinito.

Il nome Adonài comprende i significati di signore» e padrone» afferma che Dio è il signore di tutto il creato.

Pedro

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02/05/2010 16:49
 
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OGGETTI LITURGICI

Tra gli oggetti liturgici e cultuali più importanti nella religione ebraica vi sono:

  • Menoràh, candelabro a sette braccia, simbolo ebraico, presente in tutte le residenze degli Ebrei e in tutte le sinagoghe;
  • Mezzuzzà, piccolo contenitore dello Shemà (preghiera fondamentale dell’ebraismo, da recitare ogni giorno al mattino e alla sera), affisso agli stipiti della propria casa;
  • Teffilìm, conosciuti come filattèri, sono le cinghie di cuoio indossate sulle mani e intorno alla fronte, legate a piccole scatole nere contenenti preghiere;
  • Kippà, o Yarmùlke, il copricapo indossato obbligatoriamente in sinagoga dagli Ebrei maschi;
  • Tallìt, scialle da preghiera in tessuto bianco con fasce blu;
  • Maghèn Davìd, "scudo di Davide", è la stella a sei punte presente nella bandiera dello Stato di Israele insieme alle fasce blu del tallìt, simbolo del Sionismo dopo l’uso che ne venne fatto dai Nazisti;
  • Hannukkià, candelabro a nove braccia utilizzato per accendere le candele durante la celbrazione della festa di Hannukkàh.
Pedro

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02/05/2010 16:50
 
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TORAH

La consistenza del Nuovo Testamento  risulta pertanto molto inferiore, quantitativamente, a quella dell’Antico Testamento (AT), almeno nell’estensione del canone cattolico, nel quale l’AT è costituito da 46 libri, raggruppati in alcune serie:

il Pentateuco, ossia i cinque libri (pente in greco significa cinque, teuchos significa libro) che costituiscono per gli ebrei la Torah (Legge): Genesi (Gen), Esodo (Es), Levitico (Lv), Numeri (Nm), Deuteronomio (Dt);

i Libri storici: Giosuè (Gs), Giudici (Gdc), Rut (Rt), I e II Libro di Samuele (1 e 2 Sam), I e II Libro dei Re (1 e 2 Re), I e II Libro delle Cronache o Paralipomeni (1 e 2 Cr), Esdra (Esd), Neemia (Ne), Tobia (Tb), Giuditta (Gdt), Ester (Est), I e II Libro dei Maccabei (1 e 2 Mac);

i Libri poetici e sapienziali: Giobbe (Gb), Salmi (Sal), Proverbi (Pr), Qoelet o Ecclesiaste (Qo o Eccle), Cantico dei Cantici (Ct), Sapienza (Sap), Siracide o Ecclesiastico (Sir o Eccli);

i Libri profetici: Isaia (Is), Geremia (Ger), Lamentazioni (Lam), Baruc (Bar), Ezechiele (Ez), Daniele (Dn), i 12 profeti minori: Osea (Os), Gioele (Gl), Amos (Am), Abdia (Abd), Giona (Gn), Michea (Mi), Naum (Na), Abacuc (Ab), Sofonia (Sof), Aggeo (Ag), Zaccaria (Zc), Malachia (Ml).

LA BIBBIA EBRAICA

La legge scritta, o Torah shebiktav, è ciò che noi comunemente chiamiamo Bibbia. La Bibbia è una raccolta di opere il cui contenuto varia a seconda delle tradizioni che vi si richiamano. Possiamo infatti parlare di Bibbia Ebraica, Cattolica o Protestante.

Il canone della Bibbia Ebraica, che è la più breve, fu fissata intorno al II° secolo della nostra era dopo accesi dibattiti.

SUDDIVISIONE

La Bibbia Ebraica è suddivisa in tre parti:

1) I cinque libri di Mosè, la Torah o Pentateuco (in ebraico Chumash)
2) I Profeti o Neviim, articolati in anteriori (= Libri storici) e posteriori (= Libri         profetici),
3) Gli agiografi, o Scritti, Ketuvim (Libri sapienziali).

E' interessante notare che la parola Bibbia non ha un equivalente in ebraico: si usa il termine Tanakh, composto dalle iniziali delle parole: Torah, Neviim, Ketuvim (TaNaKh)

La TANAKH è composta da:

TORA

NEVIIM

KETUVIM

Genesi: Bereshit (In Principio)

Giosuè: Yehoshua

Salmi: Tehillim
Esodo: Shemot (Nomi)Giudici: ShoftimProverbi: Mishlei
Levitico: Waiqra (E chiamò)Samuele: Smuel (due libri)Giobbe: Yov
Numeri: Bamidbar (Nel deserto)I Re: Melakim (due libri)Cantico dei Cantici: Shir Ha Shirim
Deuteronomio: Devarim (Parole)Isaia: YeshayauRut: Rut
 Geremia: YirmiauLamentazioni: Ekah
 Ezechiele: YehzekielEcclesiaste: Qohelet
 Osea: HosheaEster: Ester
 Gioele: YoelDaniele: Daniel
 Amos: AmosEsdra: Ezra
 Abdia: OvadyahNeemia: Nechemyah
 Giona: YonahCronache (due libri): Divre Ha Yamim
 Michea: Mikah 
 Naum: Nachum 
 Abacuc. Chabaquq 
 Sofonia: Tzefaniah 
 Aggeo: Chaggai 
 Zaccaria: Zekarya 
 Malachia: Malaki 
 
Il numero totale dei libri è 36, tuttavia la tradizione ne conta solo 24 in quanto 12 libri profetici sono considerati come uno solo perchè considerati profeti  minori  (Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Nahum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria e Malachia) 

Come anticipato nell'introduzione, la Torà è la prima parte della Bibbia Ebraica e corrisponde ai 5 libri di Mosè e proprio perchè sono stati rivelati quali sono direttamente da Dio a Mosè sono considerati sacri.

Oggi vi è la consuetudine di completare la lettura della Torà in un anno e per questo scopo essa è stata suddivisa in 54 parashioth, (pl. di parashà/porzione) quanti sono i sabati in un anno. Le parashioth prendono il nome dalla prima o da una delle prime parole con cui hanno inizio. 

Pedro

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02/05/2010 16:51
 
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TALMUD, MISHNAH, MIDRASH





TALMUD

Talmud Bavlì

Talmud Yerushalmi

HALACHA'

MISHNAH

MIDRASH

RABBINI




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TALMUD



Introduzione

Accanto alla Bibbia, il Talmud (che significa "insegnamento") è il grande libro sacro dell'Ebraismo: diversamente dalla Bibbia ebraica, il Talmud è infatti riconosciuto solo dall'Ebraismo, che lo considera come la "Torah orale", rivelata sul Sinai a Mosè e trasmessa a voce, di generazione in generazione, fino alla conquista romana. Il Talmud fu fissato per iscritto solo quando, con la distruzione del Secondo Tempio, gli ebrei temettero che le basi religiose di Israele sparissero.



Torah scritta e Torah orale

Il Talmud consiste in una raccolta di discussioni avvenute tra i sapienti (hakhamim) e i maestri (rabbi) circa i significati e le applicazioni dei passi della Torah, e si articola in due livelli:

la Mishnah (o "ripetizione") raccoglie le discussioni dei maestri più antichi (giungendo fino al II secolo d.C.);

mentre la Ghemarah (o "completamento"), stilata tra il II e il V secolo, fornisce un commento analitico della Mishnah.

La Torah comprende due parti:

- i primi cinque libri della Bibbia, cioè il Pentateuco, che costituiscono la Torah scritta;

- la Torah orale che ha dato origine al Talmud.

Secondo la tradizione ebraica la Torah scritta non può essere applicata senza la Torah orale.



La trasmissione della Torah orale

Nel 587 a.C., il tempio di Salomone viene distrutto e il popolo ebraico deportato in Babilonia. Allora fu necessario precisare in che modo mantenere una vita ebraica in terra d'esilio e in mancanza del santuario di Gerusalemme. Questa è stata l'opera degli scribi (Sopherim), fondatori della sinagoga, interpreti della Torah scritta e maestri della Torah orale.

Dopo il ritorno da Babilonia, i tre ultimi profeti (Ageo, Zaccaria e Malachia), lo scriba Esdra, poi "gli uomini della Grande Sinagoga" assicurarono la trasmissione della tradizione orale, che passa successivamente attraverso i farisei e le loro grandi scuole ("Jeshivoth").

I maestri del Talmud sono i farisei.





La formazione del Talmud

Presto, di fronte a situazioni nuove e a divergenze di scuola, fu necessario ricavare dalla Torah, scritta e orale, le decisioni pratiche. Questa fu opera dei rabbini e specialmente dei 71 membri del Sinedrio.

Più tardi le persecuzioni e la necessità di tener conto della distruzione del secondo Tempio (70 d.C.) e della diaspora ebraica, indussero rabbi Aqivah e poi rabbi Meir a raccogliere e a classificare gli appunti dei loro allievi. All'inizio del III secolo, rabbi Jehudah, soprannominato il Santo, li ordinò in 63 trattati, raggruppati in sei ordini, il cui insieme costituisce la "Mishnah" ("Insegnamento da ripetere"), compendio della Torah orale e destinato a essere imparato a memoria. La "Mishnah" è scritta in ebraico, benché l'aramaico già a quell'epoca fosse la lingua corrente anche in Palestina.

Col passare degli anni divenne evidente che il testo della Mishnah era troppo conciso.

Il Talmud ci è giunto in due versioni diverse: il Talmud di Gerusalemme (Talmud Jerushalmì)(redatto tra il IV e il VI secolo nella Terra d'Israele) e il Talmud di Babilonia (Talmud Bavlì)(redatto tra il V e il VII secolo in Babilonia). Il Talmud Babilonese, la cui Ghemarà è scritta in aramaico e che fu compilato inizialmente da rav Ashì e terminato da Rabina, ambedue capi della famosa jeshivah di Sura, è molto più lungo di quello di Gerusalemme.





I Maestri del Talmud e il loro insegnamento

Maestri della Mishnah sono chiamati "Tannaim" ("Insegnanti"). Quelli della Ghemarà accettarono soltanto il titolo di "Amoraim" ("Interpreti"). Quanto a coloro che redassero il testo definitivo, essi si considerarono modestamente come "Saboraim" ("Opinanti"). Molti di questi illustri rabbini esercitavano il mestiere di artigiano.

Il messaggio del Talmud si presenta in due forme:

quella della "Halakhah" ("Via da seguire") che riguarda le prescrizioni legali, e quella della "Aggadah" ("Racconto"), consistente in racconti immaginosi e in parabole che spesso ricordano i Vangeli. L'insieme costituisce una vera enciclopedia delle conoscenze dell'epoca (matematica, medicina, astronomia ecc.).

Il Talmud ha autorità per tutte le generazioni. Anzi oggi vi è un vero risveglio di studi talmudici.

In ogni epoca i quesiti posti al Talmud hanno permesso di applicano tenendo conto dei nuovi dati scientifici, economici, sociali. Così viene garantita la continuità della tradizione vivente, da Mosè ai giorni nostri.





Il Talmud ricchezza sconosciuta

Nel Medioevo le comunità ebraiche sono esposte a vessazioni, persecuzioni e sfruttamento economico.

Mal conosciuto negli ambienti cristiani, il Talmud è diventato ben presto il bersaglio preferito. A Parigi, nel 1240, è istruita una parodia di processo, cui segue il rogo solenne di 24 carri di copie del Talmud, sequestrate agli ebrei. Da quel momento, e per secoli, il Talmud è vietato in molti luoghi.

Nell'opinione pubblica, questa condanna ha come effetto la diffidenza: si è convinti che il Talmud contiene "cose malvagie, contro ogni ragione e diritto", cose che gli ebrei utilizzano per trarne "malefici". Gli autori antisemiti sfrutteranno questo tema fino ai nostri giorni. Anche i filosofi del XVI Il secolo, che pure reclamavano l'emancipazione degli ebrei, consideravano il Talmud una raccolta di "leggi ridicole". Ignoranza e diffidenza che non sono ancora scomparse.

I cristiani sono responsabili in gran parte, della sopravvivenza di tale mentalità. Per cambiarla, bisogna conoscere i libri fondamentali del giudaismo e trasformare in sincero interesse l'ignoranza e la diffidenza.

I cristiani impegnati in tale compito si renderanno conto che la fedeltà alla Rivelazione costituisce la trama stessa del Talmud.

[Modificato da pedrodiaz 02/05/2010 16:52]
Pedro

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02/05/2010 16:52
 
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HALACHA'

L’halacha’ e’ il complesso delle norme codificate della legge ebraica. Deriva dalla codificazione delle regole del Talmud espresse in tutte le opere che seguono. Ovvero l’aspetto giuridico a cui tutti gli ebrei sono tenuti a osservare. Quelli che seguono sono i primi codici che abbiamo avuto dopo il periodo del Talmud:

Teshuvot vesifre’ rabanan savurai’

savoraim, cioe’ degli allievi degli amoraim (i rabbini del periodo a cavallo dell distruzione del Santuario).

Teshuvot vesifre’ rabana’n hagaonim

A nome dei maestri babilonesi del periodo del gaonato (1110 circa). Successivi ai Savoraim.




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Talmud Bavlì - Talmud Babilonese

Le leggi della Torà sono formulate in modo conciso. Anticamente tali leggi venivano spiegate e tramandate oralmente di generazione in generazione. Dopo la caduta del Tempio e la dispersione del popolo ebraico, consapevole del pericolo che gli insegnamenti orali potessero venire dimenticati, Rabbì Jehudà Ha-Nassì all'inizio del III secolo raccolse gli insegnamenti orali e compilò la Mishnà.

La Mishnà è costituita da Sei ordini ed è un riassunto delle leggi definite dai Maestri secondo argomenti specifici. Nei tre secoli che seguirono la morte di Rabbì Jehudà Ha-Nassì, la Mishnà fu studiata e approfondita dai Maestri in Palestina e in Babilonia, dove esisteva una florida comunità. Le discussioni e gli insegnamenti dei Maestri sui singoli trattati della Mishnà vennero raccolte e formarono il Talmud Jerushalmì (Talmud di Gerusalemme, IV sec) e il Talmud di Babilonia (VI sec).
La parte più ampia del Talmud è dedicata alla discussione delle leggi; una parte cospicua è dedicata alla narrazione di midrashim (parabole che hanno un profondo significato morale e da cui spesso si desume la normativa) e a insegnamenti in varie materie (medicina, scienza, storia, matematica etc.).
Il talmud è molto importante nell'ebraismo e nella formazione ebraica perché tutta la complessa normativa che regola la vita ebraica è codificata partendo dal Talmud.




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Talmud Yerushalmi

Il secondo Talmud viene impropriamente chiamato Talmud Yerushalmi (Talmud di Gerusalemme), poiche’ in realta’ non fu redatto nella citta’ del Santuario bensi’ a Tiberiade. Il Talmud Yerushalmi differisce dal primo per il linguaggio, lo stile e la terminologia.

Oggi, di quest’ultimo possediamo solo quattro dei sei ordini: Zeraim, Moed, Nashim e Nezikin (in cui mancano pero’ ‘Eduyot e Avot), oltre alle prime tre sezioni di Nidda.

Secondo il Rambam fu Rabbi Yochanan, aiutato dai suoi discepoli, a redigere il Talmud Yerushalmi durante l’ultimo quarto del terzo secolo e.v.



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MISHNAH

Dall'ebraico sh n nah, ripetere (da cui studiare, insegnare), mishnah (M.) suggerisce ciò che è imparato a memoria, per ripetizione e designa l'insieme della Legge orale e il suo studio (per opposizione a Miqra' che si riferisce alla Scrittura e al suo studio). Può anche designare l'insieme della halakhah (parte legislativa) o ancora una forma d'insegnamento di quella, non più partendo dal testo biblico, ma a partire dalle sentenze dei maestri della tradizione riguardo a problemi concreti.

Mishnah è soprattutto il nome dato alla compilazione delle decisioni dei Tannaim (dottori anteriori al III s.), arrangiati e revisionati, verso il 200 d.C. da Giuda il Principe in Galilea. La tradizione menziona delle raccolte precedenti, come quella di Rabbi Aqiba (+135) o del suo allievo Rabbi Meir. La scelta che fece Rabbi Juda decise circa le opinioni da adottare, fissando così la halakhah (decisione pratica concernente questioni legali, rituali o religiose); tanto che l'opera è non solamente una collezione della Legge orale, ma fu presto considerata come il codice ufficiale e canonico della vita giudaica. Redatta in ebraico tardo, è disposta secondo gli argomenti, in sei ordini (sedarim) e 63 trattati. Le tradizioni tannaitiche non incorporate nella Mishnah sono chiamate baraitoth («esteriori»); una parte di esse fu raccolta, verso il 250, nella collezione chiamata Tosefta (supplemento, aggiunta) e nel Talmud che seguono la stessa disposizione della Mishnah.

La tradizione orale, messa per scritto, continuò a essere materia di discussione e approfondimento in Palestina e a Babilonia: la Ghemara (complemento) è il commentario prodotto dagli Amoraim (dottori III-V s.). Mishnah e Ghemara = Talmud (insegnamento; abbreviazione di Talmud Torah). Ne esistono due redazioni diverse per contenuto, metodo e lingua: il Talmud Palestinese (o «di Gerusalemme), terminato verso la fine del s.IV, e il Talmud Babilonese (TB), di un secolo più tardi. Ambedue commentano la metà circa dei trattati della M., quello di Babilonia in modo assai più esteso. Le circostanze storiche spiegano come il TB abbia presto eclissato il suo corrispondente palestinese e sia stato considerato come il solo canonico e normativo. Il testo della M. ha numerose varianti nei due T, al punto che si è persino pensato a due recensioni.

Il TB contiene il doppio di haggadah (insieme delle tradizioni non giuridiche) rispetto al T di Palestina, ove aveva posto tra i midrashim. Il T si presenta come il verbale conciso e appena ritoccato delle dispute accademiche (coi nomi dei protagonisti): e ciò spiega la ricchezza esuberante del suo contenuto, come pure la difficoltà della sua interpretazione.
Opera di virtuosi consumati nell'esegesi e nel diritto, che attingono alle risorse della dialettica per cavare tutti i significati possibili da un testo e motivare i propri punti di vista, la Ghemara affronta, spesso senza ordine e continuità, ogni specie di argomenti (casistica, filosofia, morale geografia, zoologia, botanica, superstizioni e credenze popolari), esprime le opinioni più diverse e contraddittorie, ma senza imporle; per questo J. Neusner mette in risalto giustamente questa «undogmatic quality of Talmudic discourse» (Invitation to the Talmud 241).


Durante il s.VIII nacque il movimento dei Qaraiti, che respingono l'autorità del Talmud e accettano la Scrittura (Aiqra') come unica norma.
Le edizioni del TB riproducono l'editio princeps di Venezia (1520-1524). Molte contengono anche i 12 «Piccoli Trattati» considerati non canonici.

Pedro

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MIDRASH

Sostantivo derivante da darash che, nell'Antico Testamento (AT) e a Qumrân, significa soprattutto ricercare, scrutare, esaminare, studiare.
Nella tradizione rabbinica, m. designa anzitutto una attività e un metodo di interpretazione della Scrittura che, andando al di là del senso letterale (chiamato peshat, semplice, ovvio), scruta il testo in profondità (secondo regole e tecniche proprie) e sotto tutti gli aspetti, per attualizzarlo e adattarlo ai bisogni e alle concezioni delle comunità, e trarne applicazioni pratiche e significati nuovi che sono lontani dall' apparire a prima vista. Indica altresì il risultato di questa ricerca: applicata alle parti legislative per dedurne conseguenze giuridiche, questa elaborazione dà il midrash halakhah (da h lak, camminare; da cui interpretazione normativa, regola di condotta); applicata alle sezioni narrative, dà il midrash haggadah (da higgîd, annunciare, raccontare) che comprende racconti storici o leggendari, sviluppi d'ordine morale o edificante.

Il m. parte sempre, in modo più o meno esplicito, dalla Scrittura, e può essere immesso in forme diverse secondo i generi letterari che lo trasmettono. Come tipo di attività esegetica e prodotto di questa attività, il m. è già presente nella Bibbia (di cui chiarisce spesso il processo di formazione), nella letteratura intertestamentaria (Apocrifi e Qumrân), così come nel Nuovo Testamento (NT). I risultati di secoli di «ricerca biblica» nelle scuole (beth ha-midrash: cf Sir 51, 23) e nelle sinagoghe, dopo un lunghissimo periodo di trasmissione orale, furono progressivamente messi per scritto per formare le raccolte multiple chiamate midrashim.


Queste si presentano sia come un commento continuo della Scrittura (m. esegetici), sia come un'antologia di sermoni sulle letture fatte in occasione del sabato e delle feste (m. omiletici). I più importanti sono: i midrashim tannaitici, che riferiscono tradizioni del I-II s., soprattutto halakhici (Mekhilta sull'Esodo, Sifra sul Levitico, Sitré su Numeri/Deuteronomio), il Midrash Rabbah (commento del Pentateuco e dei cinque «rotoli» letti nelle feste: Cantico, Ester, Rut, Lamentazioni e Qohelet), il Midrash Tanhuma, la Pesiqta di Rab Kahana, la Pesiqta Rabbati. Alcune compilazioni tardive (come i Pirqé di R. Eliezer, il Midrash ha-Gadol, il Midrash Tehillim, ecc.) possono tuttavia avere conservato tradizioni molto antiche.




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RABBINI



Ben Azai

Era un tannà. Visse a Tiberia all'inizio del II secolo E.V., e fu quindi coevo di Rabbì Akivà, di cui era discepolo-collega. Probabilmente fu allievo di Joshua bar Hananià ed era considerato uno tra i grandi Maestri della sua epoca. Morì giovane, senza ancora essere diventato rabbino. Non si sposò mai - e questa era considerata una grave colpa - per non distrarsi dallo studio della Toràh. In Berachot 57b è scritto che a chi compare Ben Azai in sogno, può sperare di raggiungere la santità.



Ben Zomà

Era un tannà del II secolo (i tannaim sono i Maestri che ordinarono e compilarono per iscritto la Legge orale, cioè tutte le norme che derivano dalle leggi della Bibbia) e anche lui non arrivò a diventare rabbino, ma nonostante questo di lui è scritto in Berachot 57b che chiunque lo veda in sogno, può sperare di divenire saggio. Molti dei suoi detti divennero proverbi, come ad esempio "chi può sperare di divenire saggio? quello che imlpara da chiunque. Chi è onorato? chi onora il suo prossimo". (Avot 4:1) Fu allievo di Joshua bar Hananià e sappiamo che si dedicò agli studi mistici. Secondo il midrash dopo aver gettato uno sguardo ai misteri esoterici impazzì e dopo pochi giorni morì



Rabbi Akiva (c. 50-135 d.C.)

Viene considerato uno dei maggiori Maestri del Talmud del suo tempo e ha avuto un rilevante ruolo anche nello sviluppo della halachà, la legge ebraica.
Rabbi Akiva inizialmente era un pastore semi-analfabeta. A quaranta anni però dedicò se stesso completamente allo studio della Toràh e dopo molti anni di studio divenne un grande Maestro del suo tempo. I principali maestri di Rabbì Akivà furono Rabbi Eliezer, Rabbi Yehoshua, e Nachum Ish Gamzu.
Come allievo Rabbi Akiva fu famoso per il suo brillante intuito nel far derivare i principi della legge ebraica dal testo biblico. Il metodo che seguiva rabbi Akivà era che essendo la Toràh una emanazione di origine divina, non contiene niente di inutile o ridondante, ma che ogni singola parola contenuta nel testo, compreso il particolare modo di scrivere una parolanel testo, ha un suo preciso e definito proposito e significato. Nel Talmud in effetti è scritto che Rabbì Akiva interpretava perfino il significato dei "taghim", i segni che adornano alcune lettere nei rotoli della Toràh. Rabbi Akiva viene riconosciuto come un maestro della Halacha (la legge ebraica), della Aggadah (l'interpretazione omiletica), ed anche della mistica.
Rabbì Akivà fu imprigionato, e quindi venne martirizzato ed ucciso dai Romani perché coinvolto nella rivolta di Bar Kochbà del 132 d.C..



Elishà Ben Avuyà

Conosciuto anche come Acher (l'altro). Era uno dei grandi dotti del suo tempo, ma poi rinunciò all'ebraismo. Tutto il capitolo 24 del Pirké de rabbi Nathan contiene detti attribuiti a lui. Ci sono varie interpretazioni sulle motivazioni dell'apostasia di Elishà Ben Avuyà. Oltre al pericolo insito nello studio della mistica, secondo alcuni si allontanò dall'ebraismo a causa della non osservanza delle mizwot, secondo altri invece a causa della cultura ellenistica e secondo altri ancora a causa del fatto che credeva in due esseri supremi e non in un Dio unico. Secondo altri ancora fu negativamente colpito vedendo il martirio degli ebrei durante la rivolta di Bar Kochbà. Il suo discepolo Rabbì Meir che secondo molti era rimasto legato all'ebraismo più volte cercò di fargli fare teshuvà. In punto di morte Elishà alle sollecitazioni di Rabbì Meir scoppiò in lagrime e per questo Rabbì Meir credette che si fosse pentito. La sua personalità controversa (forse a causa di crisi simili a quelle che attraversò e forse anche per la ricerca di nuovi sentieri a cui si dedicò) fu studiata nel periodo della Haskalà, l'illuminismo ebraico, ed ispirò molti racconti storici, romanzi e poemi di quel periodo.




Pedro

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02/05/2010 16:54
 
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ZOHAR

In italiano Libro dello Splendore.  L'autore e' Rabbi Shimon Bar Yochai, grandissima figura rabbinica dell'epoca successiva alla distruzione del Bet Hamikdash (il Santuario di Gerusalemme). Una parte dei testi e' stata scritta da anonimi.

L'altro libro sacro degli ebrei è lo Zohar, scritto all'inizio del XIV sec., in Spagna, da un mistico erudito, Mosé de Léon. In esso si parla della natura divina e del mistero dei suoi nomi, dell'insegnamento della Torah sul messia e in genere si commenta in chiave allegorica il Pentateuco. E' il libro spirituale dei mistici ebrei. Pico della Mirandola, traducendolo in latino, ne permise la diffusione al di fuori degli ambienti ebraici. Può anche essere considerato il testo-base della Kabbala quel complesso di dottrine occulte, teosofiche e mistiche, di origine gnostica e neoplatonica, sorte in seno al giudaismo medievale, a partire dal X-XI sec., come reazione al diffondersi del razionalismo aristotelico ad opera della cultura araba.

Pedro

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SHULCHAN ARUNCH



ARBAA' TURIM






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SHULCHAN ARUNCH



E’ il nome del codice redatto da Rabbi Yossef Caro, simile per struttura all’Arbaa’ Turim di rav Yaakov ben Asher. E’ pero’ piu’ conciso, e non cita le fonti da cui trae le sue conclusioni. Il libro consiste infatti in un compendio halachico del commento di Rabbi Yossef ai Turim, chiamato appunto il Bet Yossef.

Lo Shulchan Aruch e’ suddiviso in quattro principali sezioni, le stesse dell’Arbaa’ Turim:

- Orach Chayim: sulle regole relative alla vita quotidiana, allo Shabbat e alle festivita’;

- Yore’ Dea’: su svariate leggi, tra cui quelle concernenti le regole alimentari, purita’ e lutti;

- Even Haezer: su matrimoni, divorzi e altri argomenti relativi;

- Choshen Mishpat: su leggi civili e leggi relative a vari crimini.

Rabbi Yossef si basa essenzialmente sui pareri del Rambam, del Rif e del Rosh. Lo Shulchan ‘Aruch fu stampato per la prima volta a Venezia nel 1565 ed e’ oggi considerato il codice di leggi ebraiche per eccellenza.

Rama’

E’ il commento allo Shulchan ‘Aruch di Rabbi Moshe’ Isserles (da cui l’acronimo Rama’). Rabbi Yossef Caro, compilando la sua opera, trascurò completamente le decisioni halachiche e le usanze degli ebrei ashkenaziti. La sua conoscenza in materia si limitava infatti all’epoca del Rosh, ignorando le evoluzioni successive. Notando questa mancanza il Rama’, senza mai criticare o attaccare l’opera di Rabbi Yossef verso cui esprime sempre il suo profondo rispetto e la sua ammirazione, aggiorna lo Shulchan ‘Aruch, lo commenta e aggiunge le leggi relative agli ebrei ashkenaziti.



Rif

Rabbi Yitzchak ben Yaakov Alfasi (1013-1103). Nacque nei pressi di Costantina, in Algeria. La sua opera principale e’ senza dubbio il Sefer Hahalachot, chiamato anche l’Halachot Rabati, nella quale si prefigge molteplici scopi: trarre le halachot direttamente dalla fonte, ovvero dal Talmud, e farne un compendio di facile consultazione facilitando lo studio del Talmud stesso; il tutto, analizzando esclusivamente le regoli attuali e applicabili nella vita quotidiana.

Rambam

Acronimo di Rabbi Moshe’ ben Maimon, conosciuto anche come Maimonide (1135-1204); una delle figure piu’ illustri dell’era postalmudica, probabilmente il piu’ grande codificatore di tutti i tempi. Oltre a essere medico validissimo fu filosofo, astrologo e compilatore. Il suo lavoro maggiore e’ senza dubbio il Mishne’ Tora’, a cui dedico’ dieci lunghi anni; e’ una codificazione sistematica, scritta in ebraico, di tutta la halacha’.

Rosh

Rabbi Asher ben Yechyiel (c.1250-1327). Nacque e crebbe in Francia. In seguito si trasferì in Germania dove studiò alla famosa accademia di Worms di Rabbi Meir di Rottenburg, di cui fu uno dei più illustri allievi. Tra le sue numerose e importantissime opere citiamo il commento alla Mishna’ e, più particolarmente, a Zeraim, Tahorot, Sota’, Middot- Tamid e Kinnm. Famose anche le sue Tosafot alla quasi totalita’ dei trattati del Talmud.




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ARBAA' TURIM



Il Tur, chiamato anche Arba’ Turim per i suoi quattro volumi (arba’ in ebraico significa quattro), e’ il frutto del lungo lavoro di Yaakov ben Asher, il figlio del Rosh. Per questa sua opera, l’autore e’ conosciuto con lo pseudonimo di Baal Haturim. Rendendosi conto che decidere in materia di halacha’ diventava un lavoro sempre piu’ arduo e complicato a causa delle divergenze di opinioni e delle molteplici controversie, Rabbi Yaakov decise di redigere un’opera che trattasse tutte le halachot e le usanze riguardanti il singolo e la collettivita’. L’opera, che fu pubblicata per la prima volta a Pieve di Sacco nel 1475, e’ composta dai seguenti volumi:

Orach Chayim

Con 697 capitoli, tratta di benedizioni, preghiere, Shabbat, festivita’ e digiuni.

Yore Dea’

I suoi 403 capitoli sono una dissertazione sulle leggi rituali (Issur Vehetter) che riguardano: macellazione, cibi vietati, usura, idolatria e lutti.

Even Haezer

Di 178 capitoli, affronta argomenti in relazione a donne, matrimoni, divorzi, contratti di matrimonio e leggi sulla desistenza dal levirato.

Choshen Mishpat

In 427 capitoli, tratta di leggi civili e relazioni interpersonali.
[Modificato da pedrodiaz 02/05/2010 16:56]
Pedro

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La CABALA

 

La Cabalà è l'insieme di quei codici e sistemi che, applicati alle Sacre Scritture, ci permettono di percepirne il significato segreto. Infatti, la Sacra Scrittura contiene in sè quattro livelli:

4) esoterico o segreto

3) filosofico e morale

2) simbolico

1) semplice o letterale

La Cabalà è l'entrata nel quarto e più alto livello. Con questo, la Cabalà non è una filosofia astratta e complicata, ma essa ci spiega il senso della vita umana, quale sia il suo traguardo e come raggiungerlo.

I versetti della Bibbia ebraica, le parole, le stesse lettere dell'Alfabeto, contengono molte informazioni simultanee, che operano a vari livelli. Quando vengono interpretati correttamente, gli insegnamenti della Bibbia non solo diventano compatibili con la mentalità moderna, ma correggono il razionalismo della nostra società scientifica e tecnologica.

La Cabalà possiede delle chiavi capaci di unificare i diversi modi coi quali scienza e religione interpretano la creazione e la vita. Alla scienza  la Cabalà insegna l’umiltà, il rispetto del mistero; insegna l'importanza della crescita di tutto l'essere umano e non soltanto della ragione logica, o dell’appagamento dei bisogni fisici. Le cognizioni umane sono i frutti dell'albero della conoscenza del bene e del male. Ogni loro vantaggio è sempre accompagnato da pericolose contropartite negative. La Cabalà invece vuole ricondurci all'Albero della Vita, tramite l'unione di tutte le facoltà umane. Queste facoltà possono venire riassunte, dal basso all'alto, in cinque gruppi principali:

a) la capacità di operare con efficacia nel piano socio-economico;

b) la sensibilità emotiva dell'uomo, i moti del cuore e i suoi sentimenti;

c) l'intelligenza razionale, logica, riflessiva, e discorsiva;

d) la consapevolezza superiore, libera dai legami causa-effetto; la comprensione del simbolo, del paradosso, l'intuizione, la sapienza;

e) la spinta alla trascendenza, il senso del mistero, la fede nella bontà intrinseca del Creatore e della creazione.

L'insieme armonico di queste facoltà è l'Albero della Vita. Uno dei soggetti più importanti della Cabalà è come trovarle in ciascuno di noi, come attivarle e svilupparle.

A parte la scienza, la Cabalà può insegnare molto anche alla religione tradizionale, specie nel conquistare l'apertura e l'elasticità mentale, indispensabili nel mondo d'oggi. La Cabalà è in grado di rivelare le affascinanti profondità degli insegnamenti spirituali, risvegliando interesse anche in coloro che vivono soprattutto nel piano materiale. Infine, la Cabalà spiega il perchè delle regole morali basilari, fa capire il loro senso universale e la loro utilità per l'essere umano. Tali regole cessano così di sembrare esercizi di volontà, o usanze ormai sorpassate.

Fino a qualche decennio fa, la conoscenza della Cabalà era posseduta da pochi maestri illuminati. Recentemente essi hanno dato il permesso di diffondere questi insegnamenti nel mondo, che ne ha sempre più bisogno.

Pur basandosi sulla Bibbia ebraica, la Cabalà è utile e importante anche per coloro che appartengono ad altre dottrine religiose e cammini spirituali. Infatti, la cultura occidentale è stata profondamente influenzata dall'esperienza ebraica. Gli archetipi biblici sono presenti nel profondo di ogni popolo moderno. Tali radici però non hanno ancora potuto offrire il loro contributo maggiore: la scoperta di come l'essere umano, grazie alla sua immagine e somiglianza con Dio, possa portare la storia verso la pace mondiale, verso l'era messianica. Lo studio della Cabalà aiuta l'attivazione di tali archetipi biblici, la scoperta che i racconti della Scrittura sono modelli di vita validi e attuali.

Cosè la Cabalà

- È un sistema metafisico che spiega le varie fasi della creazione del mondo, lo scopo della vita umana e il rapporto con il Creatore.

- È una scala di valori che definisce l'autentica differenza tra bene e male, insieme al ruolo e al significato dell'uno e dell'altro, nella propria vita e nel mondo.

- È un sistema di insegnamenti sul come rendere più profonda, sincera ed efficace la nostra vita spirituale, la preghiera e la meditazione.

- E una guida capace di condurci all’unione tra il lato maschile e quello femminile, sia all'interno di ciascuno di noi che nei rapporti tra uomo e donna.

Cosa non è la Cabalà

- non è magia, ovvero la pretesa che il volere umano possa tutto, se impara come manipolare le forze segrete della creazione;

- non è un occultismo fatto d'incantesimi e rituali, come purtroppo molti supponevano;

- non è una filosofia arida e astratta, volta solo ad insegnarci qualche complicato concetto, peraltro inutilizzabile nella vita pratica.

Gli insegnamenti della Cabalà sono alla portata di tutti, esperti e no. La Cabalà ha un carattere particolare, grazie al quale ogni sua parte contiene informazioni riguardanti il tutto. Essa si rivolge a persone di livelli e preparazione diversa. Non presuppone la conoscenza dell'ebraico, ma solo un sincero desiderio di conoscere la Verità e di sviluppare la consapevolezza spirituale. Queste pagine sono dedicate a tutti i ricertatori di Dio e della verità. Seguiteci in questa entusiasmante avventura.


Pedro

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02/05/2010 16:57
 
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Le dieci SEFIROT

IL CONCETTO DI SEFIRÀ

Cercheremo di capire meglio di cosa si parli quando si nomina la parola Sefirà. Si tratta di uno dei concetti più importanti della Cabalà, tra i più popolari e noti a quanti s’interessano a tale disciplina così complessa e misteriosa. Contrariamente a ciò che potrebbe far pensare la somiglianza fonetica, "Sefirà" non significa "sfera". Un esame della radice ebraica ci aiuterà a far luce sul significato di tale parola. Sefirà proviene dalla radice Safar, che ha tre significati principali:

"Numero" (mispar). Si pensi all’italiano "cifra". Le Sefirot possono venire capite come le qualità possedute dai primi dieci numeri interi. Lo studio della Cabalà comporta quindi la chiarificazione dei concetti della numerologia, o anche la loro ridefinizione. Ad esempio, la comprensione del valore spirituale del numero Uno permette di derivare informazioni applicabili alla Sefirà Keter (Corona), la prima dall'alto. La comprensione del numero Due ci permette di fare l'analoga cosa con la Sefirà di Chokhmà, ecc. Il processo vale anche in senso inverso, e il valore numerologico delle unità da uno a dieci può venire derivato dalle qualità delle Sefirot corrispondenti.

"Libro" o "Racconto" (sefer o sippur). Le Sefirot sono come dei libri, che contengono racconti, descrizioni, simboli, miti, personaggi, avvenimenti storici, tradizioni. Tutto il contenuto della Bibbia può venire letto secondo il paradigma delle Sefirot: ad esempio, i primi sei giorni della Genesi sono le sei Sefirot da Chesed a Yesod; i Patriarchi sono personificazioni dell'energia contenuta nelle Sefirot (Abramo è Chesed, Isacco è Ghevurà, Giacobbe è Tiferet), ecc.

"Luce" o "Pietra preziosa" (zaffiro, sapir). Qui le Sefirot sono dei centri d’irradiamento di un'energia superiore, puro riflesso della coscienza Divina. Esse sono dei fari-guida lungo il cammino di crescita morale e spirituale, sono delle pietre preziose che arricchiscono  enormemente la natura di colui che le scopre, e sa assorbire e mettere in pratica i loro insegnamenti.

Questi tre significati equivalgono anche a tre livelli di qualità nei quali le Sefirot operano. Il più basso è A), in cui esse agiscono come numeri. Qui le Sefirot sono le unità fondamentali delle leggi fisiche e matematiche, su cui poggia la creazione. Si tratta dell'energia contenuta nei numeri, la loro identità segreta, la loro vibrazione. Sotto tale veste, le Sefirot si rispecchiano nelle costanti cosmologiche, quei numeri particolari che caratterizzano il comportamento dei più importanti fenomeni naturali (come la velocità della luce, o la costante di Plank, o la costante di struttura fine, quella della gravitazione, ecc.) Tuttavia qui esse sono astratte e impersonali, spesso non distinguibili dalle forme che le rivestono.

Il livello B (Sefirà come "libro" o "racconto") è già più ricco di concretizzazioni, d’esempi pratici, morali e psicologici, molto più attivi sul piano umano. Qui si situa anche l'interpretazione tradizionale delle Sefirot, come fasi dell'emanazione divina, come pure quella offerta dal Chasidismo, che le spiega quali potenze dell'anima (la capacità di conoscere, d’amare, di aver fiducia, di temere, di operare, ecc).

Infine, al piano C (Luci) le Sefirot si dispongono in modo organico, formando i Partzufim o "Personificazioni". Qui le Sefirot sono armoniosamente connesse le une con le altre, ed operano sempre in formazioni composte da almeno trenta unità. Ciò significa che ogni Partzuf è un'entità composta da tre "Alberi della Vita" completi, rappresentanti il capo, il tronco e gli arti inferiori del Partzuf. Negli altri piani succedeva invece che le Sefirot operassero in modo separato l'una dall'altra, con la possibilità che si creassero problemi di comunicazione o di collaborazione. A questo terzo livello le Sefirot sono centri di luce dai quali irradia costantemente il flusso benefico che guida la creazione intera verso il suo compimento finale, verso la pace e la beatitudine cosmica.

BREVE DESCRIZIONE DELLE DIECI SEFIROT


Keter = Corona.

Simile ad una corona, che è posta al di sopra del capo e lo circonda, Keter si trova al di sopra di tutte le altre Sefirot. Così come la corona non fa parte del capo ma è cosa distinta, Keter è fondamentalmente diversa dalle altre Sefirot. Essa è il trascendente, l'ineffabile, l'origine di tutte le luci che riempiono le altre Sefirot. Nel corpo umano essa non ha una corrispondenza specifica, in quanto lo avvolge tutto, ma a volte la si associa con la scatola cranica. Secondo la Cabalà, Keter contiene una struttura tripartita, che nell'anima corrisponde alle tre esperienze di Fede, Beatitudine, Volere. Quello della struttura tripartita di Keter è uno dei segreti più importanti di tutta la Cabalà. Keter è la radice dell’Albero, che quindi è capovolto, dato che possiede le radici in alto e i rami in basso.

Chokhmà = Sapienza

È il lampo dell'intuizione che illumina l'intelletto, è il punto in cui il super-conscio tocca il cosciente. È il seme dell'idea, il pensiero interiore, i cui dettagli non sono ancora differenziati. È la capacità di sopportare il paradosso, di pensare non in modo lineare ma simultaneo. Si tratta di uno stato raggiungibile solo a tratti, e comunque richiede una grande maturità ed esperienza. È lo stato del "non giudizio", in quanto con la sapienza si percepisce come la verità abbia sempre aspetti. Nel corpo umano corrisponde all'emisfero cerebrale destro. Nel servizio dell'anima corrisponde allo stato di Bitul = Nullificazione del sé. In altri termini, è possibile raggiungere la sapienza solo tramite l’annullamento dell’ego separato e separatore.

Binà = Intelligenza.

È il prendere forma dell'idea o del concetto concepito da Chokhmà. Si tratta della sede del pensiero logico, razionale, matematico, sia nella sua forma astratta e speculativa che in quella concreta e applicata. È quella forma di pensiero che si appoggia alle parole, è può venire scambiato e condiviso tramite il linguaggio. Binà è la capacità di integrare nella propria personalità concetti e idee diverse, assimilandole e ponendole in comunicazione. Se Binà funziona a dovere, il pensiero diventa in grado di influenzare positivamente le proprie emozioni, in virtù delle verità comprese e integrate nella propria personalità. Nel corpo umano Binà corrisponde all'emisfero cerebrale sinistro. Ai suoi livelli più evoluti, Binà convoglia l'esperienza della Felicità, il trasformarsi delle giuste conoscenze intellettuali nella gioia di chi sente di avere trovato le risposte.

Da'at = Conoscenza unificante.

Poiché Keter è troppo elevata e sublime per venire conosciuta e contata, il suo posto viene preso da un'undicesima Sefirà, posta più in basso, tra il livello di Chokhmà - Binà e quello di Tiferet. Essa permette l'unificazione dei due modi di pensare tipici degli emisferi cerebrali destro e sinistro: intuizione e logica. Da'at è l'origine della capacità di unificare ogni coppia di opposti. Spiritualmente parlando, essa è la produttrice del seme umano che viene trasmesso durante il rapporto sessuale. Nel corpo umano corrisponde alla parte centrale del cervello e al cervelletto. Nel Chasidismo essa diventa la facoltà dello Yichud, Unione.

Chesed = Amore.

Si esprime tramite benevolenza e generosità, assolute e senza limiti. È l'amore che tutto perdona e giustifica. La creazione è motivata dal Chesed di Dio, che ne costituisce la base sulla quale poggia, come dice il verso: "Olam chesed ibanè" = "Il mondo viene costruito sull'amore". Si tratta della capacità di attrarre a sé, di perdonare, di nutrire i meritevoli come i non meritevoli. È attaccamento e devozione, è la mano destra, che vuole chiamare a sé, avvicinare gli altri.

Ghevurà = Forza.

Il fulgore di Chesed è troppo intenso per le creature finite e limitate, e se esse lo ricevessero in pieno ne sarebbero soffocate. Ghevurà si incarica di restringere, diminuire, controllare e indirizzare tale discesa di luce e abbondanza. È la mano sinistra, estesa per respingere, è ogni tipo di forza atta a porre limite e termine all'esistenza. Pur avendo delle connotazioni negative, senza Ghevurà l'amore non potrebbe realizzarsi, in quanto non troverebbe un recipiente atto a contenerlo. Inoltre, è quel calore eccitato e entusiasta che accompagna l'amore. Senza Ghevurà, l’Amore non sarebbe altro che un sentimento pio e meritevole, ma privo di dinamismo e forza attiva. Nell'anima illuminata Ghevurà si trasforma nella virtù del Timor di Dio.

Tiferet = Bellezza.

È la Sefirà che si incarica di armonizzare i due opposti modi operativi di Chesed e Ghevurà. Tiferet è costituita da tanti colori riuniti insieme, cioè dal coesistere di tante tonalità e caratteri diversi, integrati in un'unica personalità. Si rivela nelle complesse emozioni provate contemplando il bello e l’armonia estetica. Corrisponde all'esperienza della Compassione, che è amore misurato, capace di premiare e di lodare, ma anche di rimproverare e di punire pacatamente, se necessario, affinché il bene si imponga sul male con forza sempre maggiore. Nel corpo umano si trova al centro del cuore.

Netzach = Eternità o Vittoria.

È la capacità di estendere e realizzare l'amore di Chesed nel mondo, dandogli durata e stabilità, e vincendo gli ostacoli che si frappongono alle buone intenzioni. È costanza e decisione, è il saper vincere, cioè il non inebriarsi eccessivamente della vittoria. È il senso di Sicurezza che pervade chi sa di appoggiarsi sul luogo giusto. Nel corpo corrisponde alla gamba destra.

Hod = Splendore.

Si incarica di rendere concrete le emozioni provenienti da Ghevurà. È la capacità dinamica dell'individuo, applicata al mutare delle circostanze esterne. È la velocità di cambiamento, l'adattarsi a nuove esigenze. È il saper perdere, cioè il non abbattersi per le sconfitte, ma l'imparare da esse ciò che va cambiato. È il senso degli affari e del vivere in società. Corrisponde alla qualità della Semplicità, che nella Cabalà viene spiegata come la capacità di non preoccuparsi troppo del futuro. Nel corpo essa occupa la gamba sinistra.

Yesod = Fondamento.

È il luogo ove si concentrano tutte le emozioni, è la base segreta della propria personalità, le aspirazioni nascoste, gli ideali, le attrazioni emotive. Governa anche il riuscire a fondere insieme tutto ciò che si ha da dare, e l'indirizzarlo verso la persona giusta nel momento giusto. La sua locazione nel corpo fisico è nella zona degli organi sessuali; Yesod controlla dunque la vita sessuale, la cui giusta espressione è il fondamento su cui basare la personalità. È la qualità della Verità, intesa come tratto indispensabile per realizzare felicemente le relazioni umane.

Malkhut = Regno o Sovranità.

Pur essendo l'ultima Sefirà, essa ha un ruolo importantissimo. È la somma dei propri desideri, la percezione di ciò che ci manca. È la componente che motiva e indirizza l'operato di tutte le altre facoltà. In chi accumula abbastanza meriti, è il luogo ove la luce cambia direzione, passando dalla discesa alla salita. In chi non ha meriti, è il luogo ove si fa esperienza della caduta, della povertà e della morte. Al meglio, Malkhut è il femminile per eccellenza, la sposa desiderata, la Shekhinà, o la parte femminile di Dio. Nell'anima individuale è la qualità dell'Abbassamento, senza la quale ogni atto di governo e ogni espressione di potere sono fasulli, destinati prima o poi a crollare miseramente. Infatti, a livello fisico essa è la pianta dei piedi, o la terra stessa. Malkhut è l'origine di ogni recipiente, è il mondo fisico, il più vicino alle forze del male e quindi il più bisognoso di protezione, che le viene accordata grazie all'osservanza dei precetti e alla pratica delle buone azioni. 

Pedro

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02/05/2010 16:58
 
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L'Albero della Vita 

L'Albero della Vita costituisce la sintesi dei più noti e importanti insegnamenti della Cabalà. È un diagramma, astratto e simbolico, costituito da dieci entità, chiamate SEFIROT, disposte lungo tre pilastri verticali paralleli: tre a sinistra, tre a destra e quattro nel centro. 

Il pilastro centrale si estende al di sopra e al di sotto degli altri due. Le Sefirot corrispondono ad importanti concetti metafisici, a veri e propri livelli all’Interno della Divinità. Inoltre, esse sono anche associate alle situazioni pratiche ed emotive attraversate da ognuno di noi, nella vita quotidiana. Le Sefirot sono dieci principi basilari, riconoscibili nella molteplicità disordinata e complessa della vita umana, capaci di unificarla e darle senso e pienezza. Osservando la figura, noterete che le dieci Sefirot sono collegate da ventidue canali, tre orizzontali, sette verticali e dodici diagonali. Ogni canale corrisponde ad una delle ventidue lettere dell’Alef Beit ebraico.

L'Albero della Vita è il programma secondo il quale si è svolta la creazione dei mondi; è il cammino di discesa lungo la quale le anime e le creature hanno raggiunto la loro forma attuale. Esso è anche il sentiero di risalita, attraverso cui l'intero creato può ritornare al traguardo cui tutto anela: l'unità del "grembo del Creatore", secondo una famosa espressione cabalistica. L"'Albero della Vita" è la "scala di Giacobbe" (vedi Genesi 28), la cui base è appoggiata sulla terra, e la cui cima tocca il cielo. Lungo di essa gli angeli, cioè le molteplici forme di consapevolezza che animano la creazione, salgono e scendono in continuazione. Lungo di essa sale e scende anche la consapevolezza degli esseri umani.

Tramite l’Albero della Vita ci arriva il nutrimento energetico presente nei campi di Luce divina che circondano la creazione. Tale nutrimento scorre e discende lungo la serie dei canali e delle Sefirot, assottigliandosi e suddividendosi, fino a raggiungere le creature, che ne hanno bisogno per sostenersi in vita. Lungo l'Albero della Vita salgono infine le preghiere e i pensieri di coloro che cercano Dio, e che desiderano esplorare reami sempre più vasti e perfetti dell'Essere.

I tre pilastri dell'Albero della Vita corrispondono alle tre vie che ogni essere umano ha davanti: 

l’Amore (destra), la Forza (sinistra)  e la Compassione (centro). 

Solo la via mediana, chiamata anche "via regale", ha in sé la capacità di unificare gli opposti. Senza il pilastro centrale, l’Albero della Vita diventa quello della conoscenza del bene e del male. I pilastri a destra e a sinistra rappresentano inoltre le due polarità basilari di tutta la realtà: il maschile a destra e il femminile a sinistra, dai quali sgorgano tutte le altre coppie d’opposti presenti nella creazione.

L'insegnamento principale contenuto nella dottrina cabalistica dell'Albero della Vita è quello dell'integrazione delle componenti maschile e femminile, da effettuarsi sia all'interno della consapevolezza umana che nelle relazioni di coppia. Spiegano i cabalisti che il motivo principale per cui Adamo ed Eva si lasciarono ingannare dal serpente fu il fatto che il loro rapporto non era ancora perfetto. Il peccato d’Adamo consisté nell'aver voluto conoscere in profondità la dualità senza aver prima fatto esperienza sufficiente dello stato d’unità Divina, e senza aver portato tale unità all'interno della sua relazione con Eva. Il serpente s’insinuò nella frattura tra i due primi compagni della storia umana, e vi pose il suo veleno mortale.

Dopo il peccato, l'Albero della Vita fu nascosto, per impedire che Adamo, con il male che aveva ormai assorbito, avesse accesso al segreto della vita eterna e, così facendo, rendesse assoluto il principio del male. Adamo ha dovuto far esperienza della morte e della distruzione, poiché lui stesso aveva così scelto. Tramite tali esperienze negative, il suo essere malato si sarebbe potuto liberare dal veleno del serpente, per ridiventare la creatura eterna che Dio aveva concepito. Analogamente, tutte le esperienze tragiche e dolorose, che purtroppo possono succedere durante la vita umana (Dio ci preservi da ciò), sono tuttavia occasioni preziose per rendersi conto della distanza frappostasi tra lo stato ideale, del quale conserviamo una memoria nel super-conscio, e lo stato attuale. Esiste però una via più facile, più piacevole, la quale, pur non eliminando completamente l'amaro della medicina, ci permette già da adesso di assaggiare la gioia e perfezione contenuta nell'Albero della Vita, in misura variabile secondo le capacità di ognuno. Essa consiste nello studio della sapienza esoterica: la Cabalà.

Dopo aver perso lo stato paradisiaco del Giardino dell'Eden, l'umanità non ha più accesso diretto all'Albero della Vita, che rimane l'unica vera risposta ai bisogni d’infinità, di gioia e d’eternità che ci portiamo dentro. Come dice la Bibbia, la via che conduce all'Albero è guardata da una coppia di Cherubini, due Angeli armati di una spada fiammeggiante. Ciò però non significa che la via sia del tutto inaccessibile. Secondo la tradizione orale, i due Cherubini possiedono l'uno un volto maschile e l'altro un volto femminile. Essi rappresentano le due polarità fondamentali dell'esistenza, così come si esprimono sui piani più elevati della consapevolezza. Con il graduale ravvicinamento e riunificazione di tali principi, questi angeli cessano di essere i "Guardiani della soglia", il cui compito consiste nell'allontanare tutti coloro che non hanno il diritto di entrare, e diventano invece i pilastri che sostengono la porta che ci riconduce al Giardino dell'Eden. La loro stessa presenza serve da indicazione e da punto di riferimento per quanti stanno cercando di ritornare a Casa.

Non si tratta però di un lavoro facile. I due Cherubini hanno in mano una spada fiammeggiante a doppio taglio. Tra le molte altre cose, essa simboleggia a distruzione dei due Tempi di Gerusalemme. L'esilio del popolo ebraico è la continuazione dell'esilio d’Adamo. Ognuno di noi, nella vita, deve confrontarsi con questa doppia distruzione, con una doppia caduta (fisica e spirituale, morale e umana), con un doppio nascondersi di Dio. Dice un verso del Deuteronomio (31,18): "poiché in quel giorno nasconderò doppiamente il Mio volto".

Si tratta di una doppia crisi, sia a livello di vita pratica che di fede interiore, un'iniziazione, attraverso cui dobbiamo passare se vogliamo il merito di ritrovare la strada. Se, dopo l’esperienza ripetuta della sofferenza e dell'esilio, la nostra fede rimane intatta, e il nostro desiderio di Dio e della verità rimane incrollabile, allora ci viene mostrato l'Albero della Vita. Analogamente, subito dopo la distruzione del secondo Tempio, lo Zohar (Libro dello Splendore) fu rivelato al mondo, e con esso venne data la descrizione dell'Albero della Vita. La strada era ritrovata, la via si era riaperta per tutti i ricercatori di Dio nella verità.

Le spade dei Cherubini si trasformano in due coppie di ali incrociate in alto, e insieme definiscono l'arco posto al di sopra del portale d'entrata al giardino dell'Eden: la Cinquantesima Porta della Conoscenza, "la Porta del Signore, attraverso la quale vengono i giusti". Essi diventano così i Cherubini che sovrastavano l'Arca dell'Alleanza, l'uno con un volto maschile, l'altro col volto femminile.

Come detto, l’Albero della Vita è il progetto seguito da Dio per creare il mondo. Le Sefirot sono l'origine d’interi settori dell'esistenza, sia nel mondo fisico sia in quello psicologico, come pure in quello spirituale.

Nel piano più spirituale le dieci Sefirot diventano le "Dieci Potenze dell'Anima", dieci luci o sorgenti d’energia, che aiutano costantemente la crescita di coloro che sanno connettersi con esse, nel loro cammino di ritorno all'Albero della Vita.

Pedro

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