Gregorio Magno
e la Chiesa universale
Papa Gregorio Magno, vescovo di Roma dal 590 al 604, visse in un periodo particolarmente tormentato. Senza lasciarsi intimorire dai pericoli che allora potevano venirgli dai "nefandissimi" longobardi, provvide alle necessità spirituali e materiali del suo popolo, in una Roma che era divenuta l'ombra di sè stessa. Il suo interesse e la sua cura si spinsero anche oltre i confini del Patriarcato romano. Ebbe scambi epistolari con uomini politici ed ecclesiastici d'ogni dove. Tra gli altri, spiccano anche i Patriarchi che, rivestiti della sua stessa dignità, governavano la Chiesa nelle regioni che cadevano sotto la loro responsabilità.
Riportiamo due lettere attraverso le quali si può osservare l'interesse del papa verso l'ecumene ecclesiastico. Attraverso queste lettere si riscontra il "primato nell'amore della Chiesa di Roma". Tale primato, infatti, non era una prerogativa personale del papa ma veniva attribuito alla Chiesa di Roma in quanto tale. Il papa, a sua volta, non rispondeva a titolo personale ma era la voce della Chiesa che presiedeva. Da queste righe si può osservare il profondo senso ecclesiale di San Gregorio: solo la Chiesa è universale. Il titolo di universale che, al tempo di Gregorio, qualcuno comincia ad attribuire a se stesso non nasce, dunque, dal Vangelo ma dall'orgoglio. Se un vescovo (qualsiasi vescovo, non solo quello di Costantinopoli al quale allude Gregorio) si dice universale, significa che tutti gli altri non sono più i pastori e i capi del gregge loro affidato. San Gregorio inorridisce all'idea d'un vescovo "universale", fosse pure il papa di Roma. La sua reazione si spiega se si pensa che il modo di vivere la Chiesa nel primo millennio cristiano, era molto diverso da quanto poi s'impose in Occidente a causa di contingenti ragioni storiche. "Si allontanino da noi le parole che gonfiano la vanità, che feriscono la carità", esorta San Gregorio.
Auguriamo di vero cuore che tali esortazioni tornino ad essere recepite e vissute. Solo così l'Occidente potrà pensare di realizzare una vera unione nella Cristianità. Per far ciò è naturalmente necessaria una coraggiosa iniziativa: sconfessare la concezione di Chiesa-piramide che, nonostante qualche piccolo correttivo, continua ad essere vissuta. Ci vuole molto coraggio perché si tratta di ammettere che il concetto ecclesiastico piramidale non è d'origine divina ma di provenienza unicamente umana.
Per la retta dottrina esposta da Gregorio in queste lettere, per il restante suo ortodosso insegnamento e la sua santa vita, l'Ortodossia lo considera un grande santo del Cristianesimo indiviso e ne celebra la memoria liturgica.