CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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I DIECI COMANDAMENTI

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2011 18:19
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23/04/2011 18:10
 
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Primo comandamento

NON AVRAI ALTRO DIO DI FRONTE A ME

Come viene formulato Il primo comandamento

La prima, decisiva risposta dell’uomo a Dio è la fede ed è raccolta nel primo “comandamento”. Di esso la Bibbia offre tre formulazioni che sono come sfaccettature diverse d’un a stessa pietra preziosa (Es.20,3-5).

La formulazione teologica: “Non avrai altri dèi di fronte a me”. E’ la solenne dichiarazione del monoteismo. “Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo!” recita ancora l’ebreo credente.

La formulazione pastorale: “Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra”. Israele è un popolo senza arti pittoriche o plastiche. Se vuoi cercare l’immagine più splendida e più somigliante a Dio sulla terra dice la Bibbia non devi ricorrere a una statua fredda o a un vitello d’oro, simbolo della forza e della fecondità (Es. 32), devi invece guardare il volto di un uomo, del tuo fratello, perché “Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò” (Genesi 1,27).

La formulazione liturgica: “Non ti prostrerai davanti agli. idoli, né li servirai”. “Prostrarsi” è l’atto orientale dell’adorazione. Come nel giorno glorioso dell’ingresso nella Palestina, la terra della libertà, Israele deve sempre ripetere la sua professione di fede: “Noi vogliamo servire il Signore, perché Egli è il nostro Dio!” (Gs. 24,18). Ora Israele sta identificando la fisionomia del volto di Dio. La Bibbia la disegna con due tratti espressi col pittoresco linguaggio orientale (E. 20,5-6).

Il nostro è un Dio “geloso?

Il Deuteronomio 4,24 dice: “Il Signore tuo Dio è un fuoco divoratore, un Dio geloso”. Dio è geloso che la sua creatura si perda dietro ad altre cose senza valore (gli idoli), ma in questa gelosia c’è anche una sfumatura di tenerezza: Osea, un profeta dal matrimonio in crisi, la intuirà e la annunzierà. Israele è una sposa che ha abbandonato suo marito. Ma il Signore tradito continua ad attenderla presso il focolare abbandonato. Il suo dolore non offusca la speranza del ritorno: “Ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò ancora al suo cuore” (Os. 2,16). Ora possiamo comprendere il vero senso del primo comandamento. Esso ci dice: Abbandonati a me e non a qualcosa d’altro che non meriti la tua fiducia! Io, infatti, che sono il tuo Dio, possiedo “emozioni umane”, io soltanto posso ascoltarti, comprenderti, sostenerti, guidarti, amarti. O in altre parole: devi credere in me, ma: lo puoi. E ciò vuol dire molte cose. Il vivere e il morire dell’uomo E sono in buone mani. Là dove non agisce in alcun modo, ma piuttosto subisce l’azione di altri: quando viene al mondo e quando muore, l’uomo sa di non essere debitore di un caso strano e neppure di una malignità diabolica, ma dell’amore di Dio stesso. La sua vita è dono di Dio, del Dio che è egli stesso la vita. Poiché conosciamo questo Dio, noi non dobbiamo più temere. Poiché Dio esiste, nulla è inutile nella nostra vita. “Non avrai altro Dio all’infuori di me” significa: Lascia che Dio sia e faccia tutto ciò che Dio è e fa: fonte e fondamento di ogni vita.

Ma ci sono ancora gli idoli?

Un idolo è, nel mondo, tutto ciò da cui ci si attende la vita, ma che la vita non può dare. Certo i nostri idoli non sono più delle statue d’argento e d’oro. Ma da quante altre cose noi ci attendiamo la vita e la pienezza della vita! L’uno l’attende dalla carriera professionale, l’altro dall'accresciuto conto in banca, un terzo dai figli, che devono raggiungere quello che i genitori non hanno potuto realizzare.

Il primo comandamento è un atto di accusa contro la moderna idolatria i cui feticci si chiamano potere, denaro, lavoro disumano, sesso, sfruttamento. Dio ci ricorda che questi “refeticci” che adoriamo sono vuoto, nulla, cose che durano come la scia d’una nave nel mare o come nuvola che si dissolve al calore del sole (Sap. 5,10-14).

Il primo comandamento è un atto d’accusa contro l’indifferenza in cui vive la società del benessere: Dio non è combattuto o cancellato, ma semplicemente dimenticato e ignorato. E’ il trionfo d’un ateismo comodo che rifiuta i grandi orizzonti, che fa abbandonare l’ansia della ricerca, l’inquietudine della coscienza per curvarsi solo su interessi limitati, per affidarsi solo a piccole e pallide lampade anziché lasciarsi guidare dallo sfolgorare del sole, come diceva S. Agostino.

Ma, o Dio, chi sei?

Fin da bambini ci siamo fatti delle immagini di Dio e il più delle volte immagini anche teologicamente errate, come quella di un Dio vecchio, con la barba bianca e lunga. Ora è certamente vero che anche la Bibbia si è espressa una volta in questo modo per affermare la sapienza e superiorità infinita di Dio (Dn. 7,9), ma non possiamo poi dimenticare che il resto della Bibbia ci presenta un Dio eternamente vivente, quindi eternamente giovane (Salmo 90,2-4; Ebrei 1,12).

  • Il primo comandamento è un atto d’accusa contro le immagini errate di Dio che noi ci costruiamo. Ridotto ad un oggetto che possiamo manipolare secondo i nostri interessi, Dio è diventato un “tappabuchi” o una Medusa che cambia secondo la nostra volontà. Ed invece, “io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, non il Dio dei morti, ma dei vivi!” (Mt. 22,32).

  • Il primo comandamento è un invito a non allontanarsi da Dio. Noi ci allontaniamo da Dio quando, con tutte le possibili apparenti giustificazioni, evitiamo con cura di interessarci a Lui, di ricercano.

  • Il primo comandamento è un invito alla conoscenza di Dio. Il “conoscere” nella Bibbia è il verbo dell’amore sponsale: una conoscenza, quindi, fatta di intelligenza, di volontà, di passione, di sentimento e di azione. Non basta conoscere Dio, bisogna riconoscerlo, cioè amarlo Magari anche attraverso un lungo itinerario di ricerca: anche per Israele Dio è una luce che si svela lentamente fino alla pienezza del Cristo, “stella del mattino” (Ap. 2,28).

Ma ci sono anche forme molto indirette di allontanamento da Dio, nelle quali pure dobbiamo preoccuparci di osservare il primo comandamento. Spesso, pur proclamandoci cristiani, viviamo come dei veri pagani che non conoscono Dio e, comunque, non contano su di Lui. Ad esempio, quando ci comportiamo come se l’intera vita fosse priva di un senso più profondo. Quando viviamo alla giornata e facciamo anche le cose più semplici con una segreta disperazione: mangiare, bere, dormire, litigare con i vicini per delle cose da nulla, impartire ordini ai figli, senza realmente interessarsi ai loro problemi, mettere noi stessi in buona luce e non ammettere di aver torto, ritenere il meschino spettacolo televisivo della serata il vertice quotidiano della nostra vita. Possiamo poi parlare realmente di felicità se ci sorprende l’interrogativo: E’ ancora vita questa? Oppure se un a duro colpo del destino, come la morte di una persona cara o un incidente dalle gravi conseguenze, ci pone brutalmente di fronte alle domande: Vale la pena, in fondo, vivere questa vita che può terminare soltanto con la morte? Esiste una realtà che apporti luce, senso e felicità anche nel grigio tran—tran quotidiano e persino nei rovesci del destino? Osservare il primo comandamento significa: vivere sapendo che la nostra vita è, nonostante tutto, qualcosa di molto buono anche se qualche volta non ci si presenta affatto come tale. Che Dio ci accende una luce anche nella morte e nelle sventure, o meglio: egli stesso è questa luce — là dove tutte le altre luci si spengono. Una sottospecie di questo tipo di allontanamento da Dio si ha quando ci dimostriamo ingrati. Possiamo noi osservare il primo comandamento se un pessimismo irritato e una nera tristezza costituiscono il sentimento fondamentale? Se in tutte le cose scopriamo sempre soltanto il lato oscuro e, in tutti gli uomini, vediamo soltanto gli aspetti peggiori e le manchevolezze? Se neppure quanto vi è di più bello e di meglio riesce a confortarci, ma piuttosto, nel migliore dei casi, ci si presenta soltanto come eccezione che conferma la triste regola? Osservare il primo comandamento significa: vedere fondamentalmente il lato buono delle persone e delle cose perché dietro la nostra vita c’è Dio e, quindi, è ben fondata la fiducia, fino a quando manifesti abusi umani non esigano prevenzione e diffidenza. Osservare il primo comandamento significa: lasciare che la tristezza sia se stessa, cioè una stato d’animo depressivo, che a volte ci tormenta come una malattia, ma che noi non possiamo prendere sul serio come la gioia, cui ci abilita la fede in Dio. Osservare il primo comandamento significa: avere occhi per gli innumerevoli doni, che ogni giorno tiene in serbo per noi, ma che noi assai spesso trascuriamo, perché con i paraocchi della pusillanimità inciampiamo, sia nei giorni di lavoro che in quelli di festa. Osservare il primo comandamento significa: essere riconoscenti.

  • Il primo comandamento è anche un invito alla coerenza gioiosa nella vita. Perciò il culto e la fedeltà che si danno a Dio non devono essere simili alla tassa versata con amarezza al fisco di Cesare (Mt. 22,21).

  • Il primo comandamento è un invito a scoprire dietro l’aspetto fragile e persino odioso del prossimo il profilo di Dio. Dobbiamo amare l’uomo, “immagine di Dio” e luogo dell’incontro vivo con Dio. Infatti, il Signore stesso ha così confessato al suo popolo:“Quando Israele era giovinetto io l’ho amato, io gli insegnavo a camminare tenendolo per mano, avevo cura di lui, ero per lui come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare” (Os. 11,1.3-4).

Un po’ di domande:

Come mai, se Dio proibisce le immagini, i cristiani le hanno?
Se l’immagine diventa idolo essa è da buttare, se diventa richiamo alla preghiera, segno seppur umile può aiutare a incontrare Dio.

Voler leggere il futuro dalle stelle e dalle carte è idolatria?

Forse più che idolatria è superstizione, cioè attribuire a cose create qualità misteriose che Dio non ha dato loro.

Come mai i cristiani venerano i santi? Avere le loro immagini, le loro reliquie non è una forma di idolatria?

Nell’anno 156 i cristiani di Smirne riferiscono in una lettera enciclica sul martirio del loro vescovo S. Policarpo. Scrivono: “Adoriamo Cristo perché egli è il Figlio di Dio. Ma amiamo i Martiri come discepoli e seguaci del Signore per la loro insuperabile dedizione al loro Re e Maestro. Potessimo anche noi diventare loro compagni e condiscepoli!” Dei resti mortali del loro vescovo martire scrivono: “Essi ci sono più cari delle pietre preziose e preferibili all’oro. Noi li abbiamo posti in un luogo adatto. Là ci riuniremo in lieto giubilo e festeggeremo l’anniversario del suo martirio”. I santi sono in modo particolare amici di Dio. Sono capolavori della Sua grazia. Essi hanno amato Dio sopra ogni cosa e lo hanno servito eroicamente. Dio li glorifica in cielo e li ha onorati spesso con i miracoli. Per questo noi amiamo e veneriamo i santi. Naturalmente bisogna fare molta attenzione e non attribuire poteri a oggetti che hanno solo la funzione di richiamarci agli esempi di Maria e dei santi e di invitarci alla santità.

L’adorazione di Dio diventa preghiera

E’ veramente giusto renderti grazie, è bello cantare la tua gloria, Padre santo, unico Dio vivo e vero: prima del tempo e in eterno tu sei, Tu solo sei buono e fonte della vita, nel tuo regno di luce infinita. e hai dato origine all’universo,per effondere il tuo amore su tutte le creature e allietarle con gli splendori della tua luce Noi ti lodiamo, Padre santo, per la tua grandezza: tu hai fatto ogni cosa con sapienza A tua immagine hai formato l’uomo alle sue mani operose hai affidato l’universo perché nell’obbedienza a te, suo creatore, esercitasse il dominio su tutto il creato. E quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua amicizia, tu non l’hai abbandonato in potere della morte, ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro, perché coloro che ti cercano ti possano trovare. Schiere innumerevoli di angeli stanno davanti a te per servirti, contemplano la gloria dei tuo volto, e giorno e notte cantano la tua lode. Insieme con loro anche noi, fatti voce di ogni creatura, esultanti cantiamo: Santo, Santo, Santo il Signore, Dio dell’universo...


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