CRISTIANI   Nelle mani del Padre

Noi crediamo unicamente in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio,
unica VIA, VERITA' e VITA e nostro unico SALVATORE.

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I DIECI COMANDAMENTI

Ultimo Aggiornamento: 23/04/2011 18:19
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23/04/2011 18:19
 
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decimo comandamento

NON DESIDERARE LA ROBA D’ALTRI

Il decimo comandamento condanna l’avidità, la volontà disordinata di avere, nonché l’invidia per quel che gli altri hanno. Per invidia non bisogna intendere il desiderio di aver qualcosa di più bello o l’indignazione per il fatto che un altro viene preferito ingiustamente. Questi sono moti naturali, la cui condanna sarebbe dannosa. E’ naturale che un uomo si confronti con il suo ambiente e abbia un occhio più acuto nel cogliere quel che l’altro ha di più piuttosto che quel che ha di meno. Il comandamento vieta solo il desiderio di modificare la situazione in modo tale che d’ora in poi gli altri siano poveri e io sia ricco. Israele era favorevole alla proprietà e, naturalmente guardava con diffidenza ai troppi grandi mutamenti nei rapporti di proprietà. Ma con ciò si connetteva anche l’esigenza di un distacco interiore dal possesso, di un rapporto con esso fondato sul comandamento di Dio, il vero “proprietario” e soprattutto: l’esigenza di difendere il diritto dei poveri. La cosa qui vietata è non solo e non in primo luogo il desiderio “dal basso verso l’alto”, bensì in primo luogo il desiderio deleterio o insaziabile dei proprietari e dei ricchi. Il comandamento non riguarda coloro che hanno troppo poco intende vietare la lotta per la giustizia sociale, ma ha chiaramente per oggetto in primo luogo coloro che non hanno mai abbastanza. Anche il Nuovo Testamento parla un linguaggio assai chiaro circa questo appetito disordinato. In relazione al possesso di beni materiali leggiamo, per esempio, nella prima lettera a Timoteo (6,10): “L’attaccamento al denaro è la radice di tutti i mali”. L’attualizzazione in ordine alla situazione odierna è evidente. Nella misura in cui i singoli, i gruppi e anche, per esempio, le imprese economiche mettono in primo piano la volontà disordinata di avere, ostacolano la libera espansione degli uomini, delle immagini di Dio. E’ importante al riguardo tener presente che non è solo l’azione cattiva, ma già lo sbagliato atteggiamento interiore a minare le relazioni umane, a cominciare dalla stanza dei bambini fino alla comunità dei popoli. Il decimo comandamento non protegge solo l’altro dai miei appetiti disordinati, ma protegge anche me dall’avidità fa melica e dall’invidia che rode e consuma fino a distruggere L’una e l’altra cosa spesso fanno più male a se stessi che agli altri.

COME SI ATTUALIZZA QUESTO COMANDAMENTO

Ma ritorniamo alla vita di tutti i giorni. Dobbiamo noi allora reprimere il desiderio di avere una bella casa al mare? Perché non dobbiamo poter desiderare una bella casa in un bel paesaggio? Un tale desiderio non è contrario al decimo comandamento come il trovare bella una donna bella non contrario al nono. La modestia può essere cosa saggia e buona ma non costituisce il nucleo del decimo comandamento. E Siamo quindi liberi di accumulare il più possibile? Si può anche dirlo, purché ciò non avvenga a spese del diritto degli altri del diritto reale, e non soltanto del diritto dei paragrafi, fonte qualche volta delle più gravi ingiustizie. L’invito di Gesù a vendere tutto e darne il ricavato ai poveri (Mc. 10,21) il che evidentemente presuppone che ci siano sempre dei ricchi disposti a comperare! oggi potrebbe, ad esempio, presentarsi come invito a investire le ricchezze guadagnate, e non soltanto dal punto di vista economico, ma anche da quello sociale e umano, in vista, ad esempio, dell’ “umanizzazione” del mondo del lavoro. Ma che cos’è l’invidia in questo caso? Non il desiderio di stare meglio, non la lotta per la giustizia sociale, non il disappunto per la preferenza data in giustamente ad altri ma soltanto il desiderio di cambiar la situazione in modo che gli altri diventino poveri ed i abbia la loro ricchezza.

SOCIETA’ CONSUMISMO PUBBLICITA’

La nostra industria consumistica punta decisamente sugli appetiti naturali dell’uomo e li stimola intenzionalmente con la pubblicità, per trovare uno sbocco di mercato ai beni prodotti. A questo scopo sollecita tutti i desideri possibili facendo non di rado in forte misura appello alla concupiscenza sessuale. Basta scorrere le pagine delle riviste illustrate e guardare la televisione per convincersene! Degno di particolare attenzione sotto il profilo pedagogico morale è qui il cinismo della nostra società, che si manifesta nella pubblicità: gli stessi strumenti della comunicazione sociale, che stimolano sistematicamente con i loro proclami gli appetiti degli uomini, si rivolgono anche a individui che non sono in grado di canalizzare i loro desideri nel modo prescritto dalla società. Che può fare un nullatenente, con scarsa capacità di autocontrollo, quando lo si pone continuamente di fronte a una vasta gamma di beni di consumo e lo si martella: “Non sarai felice, se non hai questo!”? Molti delinquenti, per non dire la maggior parte, non sono vittime di quella campagna di seduzione sistematicamente condotta, che noi chiamiamo pubblicità? Il cerchio si chiude quando poi si girano film e si pubblicano libri, che descrivono con voluttà o con ostentata indi­gnazione morale queste tragedie umane e le rimettono così sul mercato. Qui tocchiamo con mano alcuni tratti profondamente inumani della nostra società, che stigmatizza poi in maniera sorprendente solo le vittime della seduzione e non i seduttori. Si metta questo comportamento a confronto con le parole di Gesù: “Guai al mondo per gli scandali!... Guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo”. “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da un asino e fosse gettato negli abissi del mare” (Mt. 18,7.6). Oltre ai delinquenti, vittime della nostra società, dobbiamo constatare che quasi tutti siamo diventati vittime di una mentalità del bisogno sistematicamente alimentata.

PER VINCERE L’INVIDIA E I DESIDERI CATTIVI

Già per i bambini è cosa importante imparare che non tutti i loro desideri possono venir soddisfatti. Bisogna insegnar loro a rinunciare a qualcosa, altrimenti sì “educano” individui smaniosi di soddisfare seduta stante tutti i loro capricci, e questo atteggiamento distrugge a lungo andare la loro e l’altrui vita. Viceversa “se un bambino impara a condividere le proprie cose con gli altri, anche più tardi sopporterà più facilmente le frustrazioni della vita”. Nello stesso tempo bisogna educare le sue “brame”. Esse non devono avvizzire e trasformarsi in una falsa modestia, ma diventare una forte aspirazione a una vita piena e intensa (cf. Gv. 10,10: “lo sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”). Il miglior rimedio contro l’invidia e altre pulsioni disordinate è ancor sempre la generosità. Tuttavia non bisognerebbe contentarsi della rinuncia imposta e coatta. La rinuncia liberamente scelta, la concessione senza invidia rive stono un particolare valore per lo sviluppo della libertà umana interiore. Chi ha superato l’angoscia di non farcela è diventato un uomo interiormente libero. Nell’educazione alla generosità non bisogna d’altra parte esagerare. Non è bene educare i bambini solo a dare; bisogna anche avviarli a saper disporre dei loro beni nel proprio interesse. Ma l’importanza del decimo comandamento è ancora un a volta più profonda. Esso si riallaccia in modo particolare al primo. il desiderio di possedere può infatti diventare così violento da trasformarsi in idolo, da occupare il primo posto nel cuore e da contendere tale posizione a Dio. La libertà e la vita esistono in ultima analisi solo presso Dio, che è più grande di tutto quello che possiamo raggiungere sulla via dell’avere. Gli ultimi comandamenti, in fondo, ci dicono quindi che non dobbiamo lasciarci avvincere in maniera assoluta da alcuna realtà mondana. Dio soltanto può avanzare pretese assolute.

UNA PICCOLA CONCLUSIONE

Vivere insieme nella libertà di Dio! Chi si pone da questo punto di vista, gratificato da Dio e deciso a cooperare al suo dono, comprende sempre meglio perché il popolo d’Israele parla senza stancarsi della preziosità dei comandamenti. divini, sia quando prega sia quando professa la sua fede loda iì Signore. Alcune espressioni del Salmo 119 lo testimoniano con chiarezza: “Aprimi gli occhi perché io veda le meraviglie della tua legge” (v. 18). “Corro per la via dei tuoi comandamenti, perché hai dilatato il mio cuore” (v. 32). “Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti, sono essi la gioia del mio cuore” (v. 111). “Scaturisca dalle mie labbra la tua lode, poiché mi insegni i tuoi voleri” (V. 171). La misura in cui oggi noi, ebrei e cristiani, diventiamo capaci di operare un’attualizzazione anche sotto questo aspetto, non dipende solo dalla buona volontà, ma in primo luogo della nostra apertura all’amore vivificante di Dio nei nostri riguardi.


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