Carlo Carretto - Riflessioni

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Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:16
Pensieri giornalieri 05
1 maggio: La vertigine di Dio

Sono venuto sulle dune prima del levar del sole. Il vento di ieri ha pettinato e lisciato la sabbia con cura e i disegni del suo passaggio sui crinali sono in tutto il loro splendore e in tutta la loro misteriosa novità. Il mare di sabbia si estende davanti a me fino all'orizzonte dove la luce dell'aurora preannuncia il sorgere del giorno.
Pochi spettacoli della natura sono così puri come un mare di dune sotto il cielo azzurro del Sahara! Sembra lo spettacolo della creazione al suo inizio, e la carica spirituale è così possente da rendere il visibile e l'invisibile percepibili in un'unica realtà.
Sabbia e cielo separati da un tratto di linea orizzontale: nient'altro.
Nessun occhio semplice, vergine, bambino che si apra su questo spettacolo può correre il rischio di dubitare.
Dio è là, come la sabbia e il cielo sono là.
Puoi metterti subito a parlare con Lui. Se tu cercassi la presenza di Dio nella sensibilità, nella fantasia, nel ragionamento, ne avresti solo un piccolissimo aiuto che ti verrebbe meno al primo colpo di vento.
Cercando invece la sua presenza nella fede, essa ti sosterrà nel vuoto, bramando di toccare Dio nella speranza ti sentirai sospinto nell'abisso della sua luce, vivendo la sua carità conoscerai Dio nella contemplazione che Lui stesso ti darà.
Saprai cosa è la vertigine di Dio.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:16
2 maggio: Le radici

Che la mia famiglia fosse cristiana è un fatto. In lei nacqui alla fede, imparai a pregare da piccolo, ad avere il timore di Dio, a frequentare la parrocchia, a non bestemmiare, a prender parte alle processioni, e a costruire il presepio nell'avvicinarsi del Natale.
Pensando alla mia religiosità infantile, certamente tradizionale e alquanto statica e scarsa di fermenti creativi, non posso non trovare in essa valori estremamente validi.
Ancora oggi mi colpisce l'unità che creavano in me fede e cultura, umano e divino, preghiera e pace, Chiesa e famiglia, fantasia e realtà, Dio e uomo.
Non avevo ancora letto la Genesi, dove si parla di Dio che pone l'uomo nel giardino dell'Eden per coltivarlo e custodirlo, ma mi sentivo nel giardino datomi da Lui, nello spazio di questa mia terra, di questa mia vocazione e intuivo il rapporto con Lui, che passeggiava sotto gli alberi del giardino svelandomi poco alla volta la sua invisibile presenza.
Non conoscevo ancora Geremia, che racconta la storia del vasaio che plasma la creta e che riprende inesausto il vaso che si rompe fra le sue mani e con la stessa creta abbozza un altro vaso (c£ Ger 18). Ma mi sentivo nelle mani di un Dio che ci rifà continuamente e che non si stanca di cambiare il progetto che ha su di noi quando gli resistiamo con la povertà e fragilità della nostra creta.
Sì, la mia famiglia mi ha aiutato a mettere le basi della fede e della speranza.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:17
3 maggio: Essere bambini

Dio non è mai assente dalla nostra vita, non può esserlo, «in Lui siamo e ci muoviamo». Ma quali sforzi per ridurre ad abitudine queste verità! Quanti atti di fede per imparare a navigare nel mare di Dio ad occhi chiusi e con la convinzione che se anche affondiamo, affondiamo in Lui, nel divino eterno Presente. Fortunato colui che impara a vivere questa navigazione «in Dio» e che sa rimanere sereno anche quando la tempesta imperversa.
«Ti amo, JHWH, mia forza
JHWH mia roccia, mia fortezza, mio scampo...
Mi avvolsero frangenti di morte
e torrenti rovinosi mi hanno sgomentato...
Nella mia angoscia invocai JHWH
e al mio Dio gridai.
Ascoltò dal suo tempio la mia voce
e il mio grido gli giunge all'orecchio... Stese dall'alto la sua mano e mi prese, mi trasse dalle acque stragrandi» (cf. Sai 18, 2-17).
Davide conobbe questa drammatica navigazione e la sua anima fanciulla pare divertirsi nel battersi contro lo strapotere di Golia armato solo della sua debolezza (1 Sam 17).
Quanto è meraviglioso questo quadro in cui il fanciullo con cinque pietre vince il gigante! Ma il fanciullo "vive nel suo Dio" e sa che è sul suo Dio che pone la fiducia e quindi sull'Invincibile. E
l'impossibile diventa possibile, e Golia è atterrato mentre Davide a quel ricordo canterà per tutta la sua vita.
«Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. In pascoli di erbe fresche mi fa riposare, ad acque di sollievo mi conduce, ristora l'anima mia» (Sal23).
E lo canterà anche quando non sarà più un fanciullo e la marcia si farà più dura e la fede più buia. Sì, perché più si va avanti e più c'è il pericolo "di non essere più bambini". E la fede, la grande fede, ha bisogno dell'infanzia spirituale.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:17
4 maggio: Vedere al di là delle cose

Torna indietro, indietro nel tempo e immaginati nel seno di tua madre.
Chiuso nelle sue viscere, con le mani, coi piedi, col tuo essere puoi toccare tua madre. Tu la percepisci, la senti, la tocchi ma non la vedi.
Non è ancora il tempo.
Puoi dubitare di essa, della sua presenza, del suo essere?
Eppure non la vedi.
Il ventre di tua madre è la tua Genesi e nella Genesi ci son molte cose che bisogna accettare senza capire.
E ciò che illumina la Genesi è solo la fede che è l'occhio della realtà che tu non puoi vedere e la speranza che è la certezza di venire alla luce quando sarà l'ora.
Nella Genesi hai mille e mille maniere di sentire la presenza di chi ti sta generando, ma devi accettare il tuo limite che è la tua stessa immaturità inesorabile legata alle stagioni del tempo che non è tuo e di cui sei figlio.
Verrà il tempo!
Allora, dopo il lampo dell'Apocalisse, tu uscirai con tutta la creazione dalla sua matrice. Allora vedrai Dio faccia a faccia, allora toccherai il Trascendente col dito del tuo amore. Nessun paragone mi ha aiutato a capire il perché del buio della fede e il perché dobbiamo essere piccoli dinanzi ai mistero dell'Essere.
Noi viviamo nel ventre delle cose, nel ventre della storia, nel ventre del contingente, nella dinamica del divenire.
Solo l'Apocalisse ci aprirà alla fine dei tempi la visione della Trascendenza divina, l'al di là delle cose, e allora vedremo Dio faccia a faccia.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:17
5 maggio: Invincibile

«Allora JHWR Dio plasmò l'uomo con la polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita, così l'uomo divenne un essere vivente» (Gn 2, 7).
Sì, se nella pienezza della storia degli esseri viventi creati sulla terra, un fascio di nervi e di muscoli e un pugno di materia grigia è diventato l'uomo sapiente nella pienezza dell'amore di Dio, quell'uomo diventa «l'uomo che crede», iniziando così una storia che andrà molto lontano, fino alla intimità perfetta della creatura col suo Creatore.
La fede è un dono di Dio come la vita è un dono di Dio, come il passato è un dono di Dio.
Con la fede l'uomo ha preso coscienza dell'Altro. L’amico ha scoperto l'Amico, la fidanzata ha contemplato il fidanzato, il figlio ha conosciuto suo Padre.
Incomincia così la vita di rapporto, perché la fede è la possibilità che Dio ci ha dato di metterci in rapporto vitale e cosciente con Lui.
Quando credo parlo con Dio, quando credo ascolto Dio, quando credo vedo Dio.
La vita di fede è la cosa più straordinaria che esista sulla terra e oscura gli altri doni avuti in precedenza, come il dono di essere diventato uomo ha oscurato il dono di essere nato alla luce.
Con la fede divento partecipe della vita di Dio, entro in orbite nuove; l'orbita di Dio.
Con la fede trapasso i cieli, viaggio nell'invisibile, vinco il peso della mia natura d'uomo, trascendo la mia debolezza, divento figlio di Dio.
La cosa è così straordinaria che non ha limiti nella sua grandezza e nelle sue possibilità di sviluppo.
La fede mi fa vincere la paura, supera la morte: è invincibile.
San Giovanni dirà: «E questa la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede» (1 Gv 5, 4).
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:19
6 maggio: Il salto

Io non credo che esista al mondo un mestiere così difficile come quello di vivere di fede, di speranza e di amore!
Si tratta in fondo di fare un salto nel buio, per essere più precisi, un salto nell'Invisibile.
Non è facile.
Trovarsi davanti ad un pozzo oscuro e sentirsi dire: «chiudi gli occhi e salta giù», non è facile per nessuno.
E se il buco è senza fondo?
E se nessuno mi sostiene?
Anche se ti viene in aiuto la speranza con la sua memoria:
«Ricorda Israele, ... ricorda Israele. Sono io che t'ho tratto dall'Egitto, . . .sono con te, . . .sono io...» (cf. Dt 5, 6ss), e l'esperienza fatta negli innumerevoli altri salti che hai vissuto durante la tua vita senza farti male, anzi provando l'immensa gioia che in quell'istante hai sperimentato la presenza di Dio, tutte le volte che devi ricominciare, senti la paura.
È inutile nascondercelo: la fede è una prova, una tremenda prova che ha come paradigma la morte stessa e nessuno può evitarcela, nemmeno Dio.
Si direbbe poi, e non penso di sbagliarmi, che non ci sia nulla che interessi Dio nei nostri riguardi più del vederci immersi in questo atto di fede. Lui è come un'amante che guarda dalla finestra ansiosa l'arrivo dell'amato.
E come il padre che gode nel veder correre suo figlio tra la folla verso di lui e con l'ansia addosso.
Perché non dobbiamo dimenticare che la fede non èdisgiunta dall'amore e, in fondo in fondo, è la prova dell'amore, direi la prima.
«Senza fede non si può piacere a Dio» (Eb 11, 6).
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:19
7 maggio: La prova

L'atto di fede maturo è terribilmente e unicamente personale e il suo rischio c'impegna fino alle midolla. ~ prototipo più grande e più vero che noi, come popolo di Dio, possediamo di quest'atto di fede, è contenuto nella Bibbia e riguarda la prova di Abramo.
Dio disse ad Abramo: «Prendi il tuo figlio; l'unico che hai e che tu ami, Isacco, e va' nel territorio che ti indicherò» (Gn 22, 2).
Ecco un salto nella fede pura proposto ad Abramo.
E un atto personale e un atto di morte.
Chi non ama non può capire una proposta del genere, anzi si scandalizza . . .e come !
Ma chi ama?!
Chi vede Dio avvolgere la personalità gigantesca di questo patriarca, solo, nel deserto, accanto alla sua tenda ... oh, no ... non si scandalizza, anzi!...
Quel Dio che vuoi comunicarsi nel profondo dell'essere di Abramo, che vuoi strappano a se stesso, alla sua possibilità di ripiegarsi sulle sue cose come su un possesso egoista, che vuoi far «più sua» la già sua creatura, il suo uomo destinato non alle tende della terra ma a quella del Cielo, quel Dio gli chiede una prova assurda, come è assurdo l'amore quando non lo si vive, ma così vero e inesorabile quando lo si possiede.
«Va'..., dammi tuo figlio...» (Gn 22, 2).
Io credo che in quell'alba, da tutti i buchi del cielo gli angeli si affaccendavano a fissare il monte su cui un uomo si apprestava a compiere un rito d'amore così tragico e così radicale!
Io credo che al sorgere del sole di quella fredda mattina d'oriente, lo spazio attorno ad Abramo era trapuntato di occhi invisibili di tutti i morti prima di lui, preoccupati di vedere come la faccenda sarebbe andata a finire!
Dio aveva chiesto il massimo. Oh, se Abramo avesse dovuto rivolgere il coltello contro di sé, sarebbe stato più facile!
L’atto puro di fede è l'atto di morte sulla cosa più amata da offrire all'amato, perché solo l'amore è più forte della morte
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:20
8 maggio: In mezzo a noi

Gesù aveva sfamato cinquemila uomini in un luogo solitario prospiciente allago, il suo lago.
Li aveva fatti sedere sull'erba in gruppi di cento e di cinquanta e aveva, con cinque pani e due pesci, riempito non solo tutti gli stomaci, ma ben dodici sporte di resti.
Il segno era ben chiaro.
Se nel deserto c'è uno che dà il pane a tanta gente, Dio è manifestato.
Dio è con noi.
E Marco continua la sua catechesi: «Ordinò ai discepoli di salire in barca e precederlo sull'altra riva, verso Betsaida, mentre Egli avrebbe licenziato la folla.
Appena li ebbe licenziati salì sul monte a pregare» (Mc 6, 45s).
Anche Matteo segue lo stesso filo e a questo punto aggiunge che Gesù era solo.
Poi il quadro si ingrandisce e cielo e terra contemplano ciò che avviene sul lago.
«La barca distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde a causa del vento contrario.
Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare.
I discepoli a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: "E un fantasma" e si misero a gridare dalla paura. Ma Gesù subito parlò a loro: "Coraggio, sono io, non abbiate paura"» (Mt 14, 24-27).
E questa la sostanza della fede, è la novità nel rapporto col divino, è la confidenza che Dio è con noi, che il mondo è vinto, che la morte è ingoiata dal Cristo, che esiste la vita eterna, che noi siamo immortali.
Questo non è facile ed è la più grande fatica dell'uomo sulla terra.
Credere, sperare, amare rappresentano davvero il capolavoro di questa misteriosa tenzone tra cielo e terra, tra visibile e invisibile.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:20
9 maggio: La maestra

C'è una creatura che non ha gridato davanti al mistero, non ha scambiato per fantasma l'angelo Gabriele ma è rimasta dolcemente serena davanti al divino: è Maria di Nazareth.
Maria superò la prova della fede.
Le acque della sua vita erano altrettanto amare di quelle di Pietro, il mare non era certo calmo dinanzi alla proposta della maternità divina, il mistero di Generare il Cristo era ben più grande di una passeggiata sull'acqua, eppure Maria non dubitò e marciò verso Gesù.
«Beata te Maria che hai creduto»! (Lc 1, 45).
Come sento Maria maestra della mia fede!
Come resto incantato davanti a tanta serenità e tanto coraggio!
Avrei chiesto mille spiegazioni e avrei tremato davanti all'idea di passare come peccatore davanti alla mia comunità.
Non dimentichiamolo: Maria accettò il ruolo di ragazza madre per velare il mistero della p~ternità divina.
«Beata te Maria che hai creduto», le canteranno i secoli.
Maria cammina sulle acque della contraddizione e non scambia Gesù con un fantasma come facciamo noi pieni di paura.
Quanto è grande la fede!
Che superamento della nostra debolezza è la speranza!
Che novità sperimentale è la carità che realizza Dio in noi!
E con la fede ci sentiamo invincibili.
Con la fede la paura è superata.
Con la fede l'acqua diventa sentiero su cui camminare in piedi.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:20
10 maggio: Risurrezione

Quando vedrai la tempesta schiantare la foresta, e i terremoti scuotere la terra, e il fuoco bruciare la tua casa, di' a te stesso: credo che la foresta si rifarà, la terra tornerà nella sua immobilità e io ricostruirò la mia casa.
Quando il peccato ti stringerà alla gola e ti sentirai soffocato e finito, di' a te stesso: «Cristo è risorto dai morti e io risorgerò dal mio peccato».
Quando la vecchiaia o la malattia tenterà di amareggiare la tua esistenza, di' a te stesso: «Cristo è risorto dai morti e ha fatto cieli nuovi e terra nuova».
Quando vedrai tuo figlio fuggire da casa in cerca di avventura e ti sentirai sconfitto nel tuo sogno di padre o di madre, di' a te stesso: «Mio figlio non sfuggirà a Dio e tornerà perché Dio lo ama».
Quando vedrai spegnersi la carità attorno a te e vedrai gli uomini come impazziti nel loro peccato e ubriacati dai loro tradimenti, di' a te stesso: «Toccheranno il fondo, ma torneranno indietro perché lontano da Dio non si può vivere».
Quando il mondo ti apparirà come sconfitta di Dio e sentirai la nausea del disordine, della violenza, del terrore, della guerra dominare sulle piazze e la terra ti sembrerà il caos, di' a te stesso: «Gesù è morto e risorto proprio per salvare e la sua salvezza è già presente tra di noi».
Quando tuo padre o tua madre, tuo figlio o tua figlia, la tua sposa, il tuo amico più caro, ti saranno dinanzi sul letto di morte e tu li fisserai nell'angoscia mortale del distacco, di' a te stesso e a loro: «Ci rivedremo nel regno, coraggio»..
Questo significa credere nella risurrezione.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:20
11 maggio: Credere nella risurrezione

Credere al Cristo risorto significa ancora qualcosa:
Significa per madre Teresa di Calcutta sollevare il moribondo e per te fare altrettanto.
Significa per Luilier King affrontare la morte e per te non aver paura di affrontare la morte per i tuoi fratelli.
Significa per l'abbé Schutz, il priore di Taizé, aprire il suo convento alla speranza e per te di aprire la tua casa alla speranza.
Ogni lebbrosario che si apre è un credo nella risurrezione.
Ogni trattato di pace è un atto di fede nella risurrezione.
Ogni impegno accettato è un atto di fede nella risurrezione.
Quando perdoni al tuo nemico, quando sfami l'affamato, quando difendi il debole, credi nella risurrezione.
Quando hai il coraggio di sposarti, quando accetti il figlio che nasce, quando costruisci la tua casa, credi nella risurrezione.
Quando ti alzi sereno al mattino, quando canti al sole che nasce, quando vai al lavoro con gioia, credi nella risurrezione.
Credere nella risurrezione significa permeare la vita di fiducia, significa dar credito al fratello, significa non aver paura di nessuno.
Credere nella risurrezione significa pensare che Dio è padre, Gesù tuo fratello e Maria tua sorella e se vuoi, tua madre.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:21
12 maggio: Il carrettino

Oggi ti vorrei raccontare di un'immagine della Madonna.
Troverai una piccola anomalia.
Il bimbo che è nelle braccia della Madonna al posto dell'uccellino originario dipinto da un anonimo del Quattrocento stringe un carrettino come fosse un giocattolo preparatogli da san Giuseppe con un pezzettino di legno.
La sostituzione è dovuta a me e mi spiego.
Il papa Pio XII mi aveva chiamato a Roma a dirigere la gioventù di Azione Cattolica. La faccenda allora non era una piccola cosa.
Mi sentivo sovente schiacciato dal peso della responsabilità e conobbi allora cos'era l'angoscia, specie quando dalla periferia viaggiavo verso Roma.
Avevo in casa una copia di quel quadro abbastanza famoso. Me la tenevo cara perché mi piaceva e mi diceva tante cose.
Non so come avvenne, so che mi sentii spinto a prendere i pennelli e a sostituire l'uccellino col carrettino, simbolo del mio nome di famiglia.
Facendo quel disegno infantile fu come se dicessi a Maria:
«Sta' attenta tu. Sarei contento di essere un giocattolo nelle mani di tuo figlio, specie ora che sono in difficoltà, ma sta' attenta tu».
Non mi passò completamente l'angoscia di Roma, ma ciò che è certo è che quando sentivo la stretta al cuore, pensandomi parte di quel quadro così sereno, riuscivo a stare calmo e a terminare la giornata in pace.
Posso dire che sempre, nei momenti duri, il mio pensiero era su quel quadro dove Gesù stringeva il suo carrettino di legno, segno di un altro carrettino cigolante sulle strade polverose del mondo.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:21
13 maggio: Ave...

Avevo trovato un contatto vitale con lei. Non era più un personaggio a cui dovevo «culto», era la sorella del mio cuore, la compagna di viaggio, la maestra della mia fede.
Sì, proprio della fede.
E mi spiego. Dovete sapere, fratelli, che la marcia della fede l'ho fatta tutta e... a piedi.
La mia fortuna è stata quella di non aver tremato nell'oscurità e di non aver mollato il passo anche quando non ne potevo più.
Mi hanno aiutato gli anni trascorsi nel deserto anche se fu proprio là che conobbi la «notte», quella descritta da san Giovanni della Croce.
Ora mi sento fratello di tutti quelli che si dicono atei (e sono pochi) e più ancora di quelli (e sono molti) che hanno difficoltà a credere e non conoscono ancora i veri termini del problema.
Quando sarò morto - e spero presto perché ho conosciuto il Signore e bramo vedere il suo volto - se venite sulla mia tomba e se pensate possibile la comunicazione tra i membri del Regno, non chiedetemi di pregare per voi onde guarire da questo o quel male. Chiedetemi solo che preghi per la vostra fede.
E l'unico dono per cui merita pregare.
Ebbene, se potrò farlo, lo farò: guarderò gli occhi di Maria di Nazareth in silenzio e cercherò di attingere dalla contemplazione di lei, che ebbe tanto coraggio nel credere, ciò di cui avete bisogno.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:21
14 maggio: Il coraggio della fede

Sconvolto dopo il fatto della ragazza madre uccisa nell'accampamento tuareg perché colta in adulterio, i miei rapporti con Maria di Nazareth divennero molto più intimi.
Fu come se improvvisamente mi diventasse sorella. Sì, lo devo confessare con umiltà: quando riuscii ad accostare quella tragedia, consumata nel silenzio di una sperduta vallata dell'Hoggar, al Vangelo di Luca, compresi in pieno il coraggio di Maria nell'accettare la richiesta dell'angelo e il disegno di Dio su di lei.
Doveva accettare il ruolo di ragazza madre.
Chi avrebbe creduto a lei? Chi avrebbe accettato il discorso di una ragazzetta che in casa viene a dirmi: «Sai... questo bimbo che ho nel ventre è il figlio dell'Altissimo!»?
A casa mia avrebbe per lo meno ricevuto uno schiaffo da mio padre, ed eravamo in Piemonte, a casa di qualche famiglia più verso il sud si sarebbe sentita dire: «Vattene e non vogliamo più vederti perché hai disonorato la famiglia».
In qualche casa araba o scita o ebrea dei tempi passati... sarebbe corso il sangue.
Maria, nella fede, ebbe il coraggio di confidare nel Dio dell'impossibile e di lasciare a lui la soluzione dei suoi problemi:
la sua era fede pura.
Fu una scoperta dolcissima la mia, fatta in un ambiente stupendo, come il deserto e.. quel deserto!
Non dimentichiamolo: la Bibbia fu scritta proprio in quel terreno, tra il deserto e la steppa dove vivono le carovane, brucano gli asini e le pecore, e gli uomini sanno interrogare il cielo perché è l'unica speranza di vita.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:21
15 maggio: Accettare il mistero

Il fuoco, con cui avevo cotto il pane, si stava spegnendo. La notte era già alta e mi sentii solo.
La presenza di Maria ora era nel rosario che avevo in mano e che mi invitava a pregare.
Sentivo freddo e mi avvolsi nel "bournous" (mantello arabo di lana di pecora) che avevo con me.
L'oscurità divenne totale ma non avevo nessuna voglia di addormentarmi.
Volevo gustare la meditazione che Maria mi aveva regalata.
Soprattutto volevo entrare con dolcezza e forza nel mistero della fede, la vera, quella dolorosa, oscura, arida.
Oh no! Non è facile credere, è più facile ragionare.
Non è facile accettare il mistero che ti supera sempre e che allarga sempre i limiti della tua povertà!
Povera Maria!
E stato semplice concepirlo nella carne, estremamente più impegnativo concepirlo nella fede! Quale cammino!
Eppure non ne esiste un altro. Non c'è altra scelta.
Vuoi tu, Maria, spaventata dal credere, tornare indietro, pensare che non è vero, che è inutile tentare, che è un'illusione quella di un Dio che si fa uomo, che non c'è Messia di salvezza, che tutto è un caos, che sul mondo domina l'irrazionale, che sarà la morte a vincere sul traguardo e non la vita?
No!
Se credere è difficile, non credere è morte certa.
Se sperare contro ogni speranza è eroico, il non sperare èangoscia mortale.
Se amare ti costa il sangue, non amare è inferno. Credo, Signore!
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:22
16 maggio: Perché hai creduto

Che ne dici tu, Maria, non ti pareva un sogno l'avere un figlio di quel genere?
Ti pareva cosa reale? Averlo generato nella carne era niente in confronto alla fatica di generano nella fede.
Vedere un bimbo, il tuo bimbo, era facile, ma credere, credere mentre gli facevi fare la pipì, in un angolo, che proprio lui, il tuo bimbo, era il Figlio di Dio, non era cosa facile.
La fede era certamente oscura, dolorosa anche per te, non solo per noi tuoi fratelli su questa terra di viventi.
Non è così anche per te?
Non c'è fatica più grande sulla terra della fatica di credere, sperare, amare: tu lo sai.
Aveva ragione la tua cugina Elisabetta a dirti: «Beata te che hai creduto!».
Sì, Maria, beata te che hai creduto.
Beata te che mi aiuti a credere, beata te che hai avuto la forza di accettare tutto il mistero della Natività e di avere avuto il coraggio di prestare il tuo corpo a un simile avvenimento che non ha limiti nella sua grandiosità e nella sua inverosimile piccolezza.
Maria, capisci cosa hai fatto?
Sei riuscita a star ferma sotto il peso di un mistero senza confini.
Sei riuscita a non tremare davanti alla luce dell'Eterno che cercava il tuo ventre come casa per riscaldarsi.
Sei riuscita a non morire di paura davanti al ghigno di Satana che ti diceva che era cosa impossibile che la trascendenza di Dio potesse incarnarsi nella sporcizia dell'umanità.
Che coraggio, Maria!
Solo la tua umiltà poteva aiutarti a sopportare simile urto di luce e di tenebra.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:22
17 maggio: Senza Vedere

Cos'hai provato Maria quando la Maddalena ti ha detto di aver visto Gesù nel giardino?
E quando Pietro e Giovanni vennero a te, correndo, per raccontarti come avevano visto la tomba vuota?
Cos'è capitato in quel giorno?
Cosa significa credere che Cristo è risorto dai morti?
E tu l'hai rivisto in quei giorni?
Perché il Vangelo non parla dite?
Ed eri la più interessata.
Perché non è apparso a te?
Quanto mi ha fatto pensare questo silenzio del Vangelo!
O che Gesù voleva accennare a te quando disse a Tommaso:
«Beati quelli che pur non avendo visto crederanno» (Gv 20, 29)? Forse tu eri l'unica che non aveva bisogno di vedere per credere?
Ed eri beata.
Io penso di sì.
Ed è per questo che sei la nostra maestra nella fede e la lode di Elisabetta fin da principio fu la più grande lode che ti si poteva fare. «Beata te che hai creduto».
Tu non avevi bisogno di vedere per credere.
Tu credevi al tuo figlio risorto e ti bastava.
Credere alla risurrezione di Gesù significa credere senza vedere.
E anche io voglio credere senza vedere: come te.
L'unica cosa seria è la fede.
Ed è per fede che io credo alla risurrezione di Cristo.
E quando credo sono invincibile: «Questa è la vittoria che vince il mondo: la nostra fede» (1 Gv 5, 4).
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:22
18 maggio: Aiutami a credere

Cosa capitò quella mattina? Fu facile alla Chiesa nascente, a Pietro, agli apostoli, ai discepoli convincersi che Cristo era risorto?
E da che cosa veniva la convinzione?
Dall'aver visto?
E perché non credettero alle donne che avevano visto? (cf. Lc24,11).
Dall'aver visto?
Che cosa hanno visto, se perfino la Maddalena scambiò Gesù per l'ortolano? (cf. Gv 20,15).
Dall'aver visto?
Com'è possibile vedere quando si passa una mezza giornata assieme sulla strada di Emmaus senza riconoscerlo? (cf. Lc 24,16).
No, non è con gli occhi che si vede la risurrezione di Cristo:
è nella fede. Gli occhi sono troppo ingannevoli, semmai vedono il segno.
Sarà più facile della parola? Certamente. Soprattutto quando la parola è parola di Dio: «E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24, 27).
Ma anche nel caso della Parola ci vuole la fede perché ènella fede che Dio rivela la sua presenza.
«E lo riconobbero allo spezzare del pane. Ma lui sparì dalla loro vista» (Le 24,31).
È nella fede l'incontro con Dio.
E la fede è oscura.
La speranza è dolorosa.
-La carità è crocifissa.
Aiutami, Maria, a credere. Dammi la tua fede.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:22
19 maggio: Venga il tuo Regno!

Due pensieri voglio segnare oggi. Il primo riguarda la fiducia in Dio e il secondo la carità. Volendo abituarmi a vedere l'azione di Dio in me, accetterò con particolare interesse tutte le cose non pensate, non organizzate da me. Nei momenti di scelta, se sarà possibile, farò scegliere agli altri.
Per la carità debbo sforzarmi a uscire da me il più possibile. Più penserò agli altri, più mi abituerò a non tener conto di me. Più dimenticherò me stesso e più le cose mie andranno bene.
Venga il tuo Regno!
Dov'è l'odio sia il tuo amore.
Dov'è la guerra la pace.
Dov'è la violenza sia mansuetudine, dove vendetta perdono.
Dov'è ricchezza sia carità, dove povertà sia accettazione gioiosa.
Dov'è terrore sia tranquillità.
Dov'è tristezza gaudio.
Dove paura di morire sia fede.
Dove disperazione sia pace.
Dove è peccato sia grazia.
Dove tiepidezza fervore.
Dov'è buio sia luce.
Dov'è tristezza sia gioia.
Dov'è vuoto sia pieno.
Dov'è morte sia vita.
Dov'è sfruttamento sia responsabilità.
Dov'è furto sia servizio.
Dov'è prepotenza sia mansuetudine.
Dov'è regno sia servizio.
Venga il tuo Regno!
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:23
20 maggio: Sia fatta la tua volontà

La volontà di Dio è una realtà. Ha creato i mondi, ha stabilito la Redenzione, ha pensato la glorificazione dell'uomo attraverso il sublime piano dell'immedesimazione col Cristo con l'elevazione alla partecipazione alla natura divina. Questa volontà di Dio non solo ha stabilito i grandi piani, ma ha finalizzato ad essi i piccoli, i minimi, non potendo nulla sfuggire alla sua sapienza e al suo potere.
Quindi la volontà di Dio è presente in ogni cosa, in ogni situazione, in ogni decisione dell'uomo, com'è presente attraverso la legge dell'istinto e della natura a tutto ciò che regge il creato.
Questa constatazione è molto importante perché rende vivo il mondo, non assente a Lui, anzi dominato dalla sua volontà d'am9re, di vero e di bene.
E quindi presente in me e agisce sollecitando la mia volontà ad accettare la sua, sempre più lucida, più buona, più grande.
Stabilito ciò, mi pare di grande interesse per la mia anima l'accettazione preliminare di questa volontà con un atto di abbandono totale e così lo sforzo a stabilire l'abitudine a pensare, vedere, accettare tale volontà in tutto ciò che conceme la mia vita.
In questa luce va vista "l'ubbidienza".
Si ubbidisce a Lui e non all'uomo. Li vedi Lui nell'uomo e solo Lui. E siccome nessun avvenimento sfugge a tale sovrana, infinita, 6nnipotente, amante Volontà, grande cosa è abituarsi ad affidarsi docilmente a tutto il tessuto degli avvenimenti umani e naturali quale espressione del Divino Volere cercando di sfuggire alle tentazioni così facili.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:23
21 maggio : La chiave

Sì, sovente l'esperienza mi ha fatto pensare che se Dio non fosse esistito saremmo stati costretti a inventano perché senza di Lui e di ciò che Lui rappresenta non riusciamo a vivere e siamo già in difficoltà' ai primi vagiti o ai primi passi. Senza la fede in Dio è come se abitassimo in una casa senza tetto o volessimo leggere di notte senza lampada.
Ma Dio non occorre inventano perché è già inventato ed ècosì vicino che possiamo sentirne il respiro quando taciamo o preghiamo.
Certo esistono problemi di visibilità, ma questi non dipendono da Lui, nia dalle nostre complicazioni infinite.
Dio è semplice e noi lo facciamo complicato. È vicino e noi lo pensiamo lontano. E nel reale e negli avvenimenti e noi lo cerchiamo nei sogni e nelle utopie impossibili.
Il vero segreto per entrare in rapporto con Dio è la piccolezza, la semplicità di cuore, la povertà di spirito: tutte cose che vengono frustrate in noi dall'orgoglio, dalla ricchezza e dalla furbizia.
Gesù lo aveva detto: «Se non sarete come bambini.. .non entrerete» (Mt 18, 3) e non aveva certo voglia di scherzare o di prenderci in giro.
Il vedere o il non vedere Dio dipende dal nostro occhio: se è un occhio semplice lo vede, se è un occhio maligno non lo vede.
Dio dà la vita all'uomo, gli dà il pane per sostenerlo e gli dà questa intuizione che è la fede per guidano e illuminargli il cammino.
E la dà a tutti.
Tutti!
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:23
22 maggio: In parabole e simboli

L'esistenza di Dio è evidente a chi ne sente i passi.
Ma è evidente per chi è semplice, per chi è buono, per chi è vero.
E noi purtroppo non siamo più semplici, non siamo più buoni, non siamo più veri.
Non essere semplici, non esser buoni, non esser veri significa essere peccatori.
Dio non è evidente al peccatore. O almeno.. è evidente e non è evidente, così ... a seconda ... Questo Dio, che è evidente e non è evidente nella natura, lo chiamerei il Dio della parabola.
Gesù stesso - continuando il metodo della natura nella sua prima rivelazione all'uomo - parlerà in parabole e ci dirà il perché: «Per questo parlo loro in parabole, perché vedano senza vedere e ascoltino senza ascoltare né comprendano» (Mt 13,13).
Il Dio della parabola, si presenta attraverso il velo dei simboli, un Dio che ti manda da lontano una cartolina, un disegno, un quadro, un biglietto da visita. E un Dio che tu pensi «rivestito di maestà e di magnificenza ...» (SaI 104,1) o che «vola sulle ali del vento» (Sal 104, 3).
E un Dio che va, che viene nella tua esistenza, che compare, che scompare e che soprattutto tu non riesci mai a localizzare o afferrare.
E ancora nascosto in una storia non pronunciata, in un germe non schiuso.
Poi viene una grande ora, un passaggio, un immenso salto di qualità, una cosa veramente nuova, un'ora veramente «ora».
E l'ora di Dio; la pienezza dei tempi.
È il passaggio al Dio della fede.
Non si presenta più come un simbolo, come immagine, come ragionamento, come bellezza, come estetica, come numero, come spazio, come sentimento; si presenta come persona.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:23
23 maggio: Lo cercai

Ecco come fa.
Proprio quando tu hai deciso di essere sua, Lui scappa e lontano. Difatti:
«L'anima mia venne meno perché se n era andato.
Lo cercai ma non lo trovai; lo chiamai ma non mi rispose. I custodi m'incontrarono mentre erano di ronda per la città, mi percossero, mi ferirono; portarono via il mio velo
i custodi delle mura.
Oh, figlie di Gerusalemme, vi scongiuro, se trovate il mio diletto, ditegli
che piagata sono d'amore» (Ct 5, 6-8).
Per molto tempo durante la mia vita mi chiedevo come mai Dio ha un così strano modo di agire.
Perché tace così lungamente?
Se io busso, perché non mi ha aperto?
Questo ed altro ho pensato anch'io quando ero novizio alla sua scuola. Ma poi, camminando pazientemente, non lasciandomi impressionare dalle prime difficoltà, resistendo alla sua porta con la volontà di chi fa lo sciopero della fame, soprattutto credendo al Vangelo come cosa vera e inesorabile, ho incominciato a vedere come stavano le cose, a scoprire il modo di fare di Dio, a distinguere il suo passo felpato.
Non mi sono più stupito che mi trattasse come la sposa del Cantico dei Cantici e che scappasse quando io aprivo la porta.
Toccava a Lui aprirla, non a me, sempre pieno di fretta.
Il peccato è la fretta di Adamo, e la mia lussuria di possesso è più forte dell'amore vero per Lui.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:24
24 maggio: Povero o ricco

Se è vero che la misericordia di Dio è attirata dal povero, il peccatore l'attira di più perché è il più povero tra i poveri.
Cos'è la povertà di un uomo che è nudo nel corpo, in paragone della sua nudità nello spirito?
Cos'è la mancanza del pane, in confronto alla mancanza dell'amore?
E più povero Francesco nudo ma libero, o suo padre vestito che idolatra le sue ricchezze?
Non c'è limite alla miseria dell'uomo violento, crudele, incatenato dai sensi e ridotto a uno straccio dalla droga e dalla lussuria.
Non c e angoscia più grande di chi fugge dai grandi valori della vita e si riduce alla solitudine dell'egoismo più raffinato.
Se Dio è Dio, come è vero che è Dio, la gerarchia della felicità comincia da Lui, non dal contrario.
Più l'uomo è vicino a Dio e più è felice; più è da Lui lontano e più è povero.
Il peccato, che è fuga da Dio, non è interessante, non dà gioia, pienezza, pace e ti tradisce continuamente.
Per chi ha provato, per chi conosce la verità e ha gustato la dolcezza di Dio e della sua casa, il peccatore è veramente il disgraziato che attira la sua compassione.
Dov'è la casa per il peccatore?
Dov'è la gioia per chi tradisce?
Dov'è la sicurezza e la stabilità per chi non crede, non spera, non ama?
Ecco perché tutto il Vangelo può essere riassunto nella parabola di Luca: il ritorno al Padre del figlio lontano.
Il ritorno è la vittoria di Dio, è la stessa gioia di Dio. Nella misericordia Dio sazia la sua sete d'amore. Conoscendo Dio, pur sapendo che c'è la possibilità di perderci, mi sono convinto che tutti si salvano.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:24
25 maggio: Come un bambino

Poter rimanere sereni alla prova!
Non è facile e tutta la~ vita ci è donata per giungere a questa vittoria, a questa pace. E un impegno virile il nostro, è un costruire mattone su mattone l'edificio della nostra religiosità, è un aprirci passo passo al dono della fede che dipende solo da Dio, attraverso continui "atti di fede" che dipendono da noi e dal nostro impegno. Come in tutto il resto Dio vuole la nostra collaborazione. I doni successivi dipendono dall'impegno presente come la forza dell'atleta dipende dal suo allenamento.
Davide fu più forte nella fede dopo aver accettato la sfida di Golia come Giosuè più unito a Dio dopo aver attaccato Gerico senza armi valide. Giuditta fu più cara a Dio dopo aver accettato nella fede di entrare nella tenda di Oloferne, come Giuseppe fu più giusto" dopo aver detto di sì all'angelo che gli consigliava di prendere Maria come sua sposa.
Gli atti di fede, ci abituano a vivere nella confidenza in Dio; la confidenza genera la confidenza fino all'ultima intimità più assoluta, all'unità più perfetta.
«JHWH, il mio cuore non ha pretese né i miei occhi mirano troppo alto.
Non mi muovo tra cose troppo grandi o troppo difficili per me.
Anzi, ho placato e acquietato la mia anima come un bimbo
sul seno della madre» (Sal 131,1-2).
Ecco il punto più alto della vita religiosa sulla terra: ridurre la propria anima come bimbo sul seno della madre.
Questo dormire del piccolo tra le braccia sicure del suo amore, vicino alla fonte stessa del suo essere, sotto lo sguardo sicuro di chi l'ha voluto "vivo" e che l'ha pensato prima che lui fosse, è davvero il sunto più completo del rapporto tra l'uomo e Dio, è l'esempio più valido della confidenza sulla quale regge la pace di ciascuno di noi che viviamo nel mistero di Dio.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:25
26 maggio: In Dio

Dio è giunto al mio cuore come una grande parabola. Tutto ciò che mi circondava mi parlava di Lui,
il cielo mi parlava di Lui, la terra mi parlava di Lui, il mare mi parlava di Lui.
Era come un segreto nascosto in tutte le cose visibili e invisibili.
Era come la soluzione a tutti i problemi.
Era come il Personaggio più importante che entrava nella mia vita e con cui avrei dovuto vivere per sempre.
Presto mi son sentito avvolto da Lui come «Presenza sempre Presente», che mi guardava con tutte le foglie del bosco in cui passeggiavo e attraverso le nubi che cavalcavano vive sulla mia testa.
Non ho mai avuto difficoltà a sentire la presenza di Dio, specie da piccolo. Mi sarebbe parsa così strana e così inverosimile la sua assenza.
Mi son sentito in Dio come uccello nell’aria, come legna nel fuoco, come bimbo nel seno della madre.
Questa ultima immagine è stata la più forte, la più vera e cresce sempre di più in me.
Penso davvero che il grembo di una donna che contiene un bimbo sia il tema dell'universo intero, la visibilità delle cose invisibili, il segno del modo di procedere da parte di Dio per farmi suo figlio.
In Lui vivo, respiro e gioisco della sua Presenza generatrice, anche se - e ne soffro - non è ancora giunto il tempo di poter vedere il suo Volto divino, come dice la Bibbia, faccia a jaccia~(cf. I Cv 3, 2).
E ancora presto.

Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:25
27 maggio: Dio solo

È così difficile credere radicalmente all'azione di Dio nelle c,0se del mondo! Ed è, penso, la tentazione più frequente e prolungata, a cui siamo sottoposti su questa povera terra. Tutta la Bibbia è là a testimoniare questo dramma; e, in fondo, la storia del popolo eletto non è altro che la storia d'un pugno d'uomini a cui Dio chiede continuamente e in ogni occasione: Credi in me? Io sono il Dio di Abramo, d'Isacco e di Giacobbe. Io sono il Dio che con mano forte ti ho tratto dalla schiavitù di Egitto, t'ho guidato in una terra riarsa, t'ho nutrito di manna del cielo e t'ho dato a bere l'acqua scaturita dalla roccia. Per te ho colpito i primogeniti d'Egitto, per te ho atterrato re potenti. E che hai fatto per ricompensarmi di questi prodigi, di questa assistenza continua? Ti sei costruito idoli di legno e d'argento e hai abbandonato mie, tuo Dio.
Questa è la storia di sempre, storia d'Israele e storia nostra.
Anche noi crediamo in Dio e lo preghiamo; ma poi ci convinciamo che sono i grandi predicatori a convertire le anime; e riduciamo la nostra preghiera per l'estensione del Regno a una qualche cosa di futile, come la petizione ad un ufficio da cui non speriamo quasi nulla.
Così, sotto un cielo strano, in una penombra irreale di fede e di sentimentalismo, in una equidistanza tra Dio e il mondo, trascorre la nostra povera vita religiosa mescolata di preghiere, di contraddizioni e di compromessi. Dio solo è, Dio solo sa, Dio solo può. Questa è la verità.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:26
28 maggio: Verrà l'ora

Dio solo è reggitore del cosmo, Dio solo sa quando morrò, Dio solo può convertire la Cina. Perché assumersi responsabilità che non abbiamo, perché stupirci se l'Islam non ha ancora scoperto il Cristo e se il Buddismo regna senza inquietudini e crisi in milioni di fratelli? Verrà l'ora; ma questa non dipende da me.
C'è o non c e una geografia di Dio, una storia sacra per tutti i popoli, un procedere nel tempo verso una maturità?
Abramo non conobbe il Cristo, se non nella speranza della persona; ma non per questo andò perduto o fu dimenticato dal Padre. Non era giunto il tempo dell'Incarnazione.
Ci sono i piani di Dio, e questi contano; ci sono i piani umani, e questi non contano, o almeno contano in rapporto al loro sincronizzarsi con i primi.
Ma è Dio che precede e non l'uomo. Maria stessa poteva morire nell'attesa senza vedere il Cristo, se Dio non decideva esser giunta l'ora dell'Incarnazione. Gli uomini di Galilea avrebbero continuato a pescare nel lago e a frequentare la sinagoga di Cafarnao, se non fosse venuto Lui a dire: «Venite». Ecco la verità che dobbiamo imparare nella fede: l'attesa di Dio; e questo non èun piccolo sforzo. Questo «attendere»; questo «non preparare piani»; questo «far silenzio» è la cosa più interessante che compete a noi.
Poi verrà anche «l'ora della chiamata»; l'ora in cui si deve parlare; l'ora della messe. Ma ciechi, ciechi noi se in tale ora penseremo di essere gli attori ditali meraviglie: la meraviglia, semmai, è che Dio si serva di noi così miserabili e così poveri.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:27
29 maggio: Un giardino

Un esempio: C'era nel deserto un giardino, l'uomo prima della caduta.
I secoli, la mancanza di lavoro, le invasioni l'hanno distrutto. Ora è un pezzo di deserto. Come agisce il piano di Dio attraverso l'uomo?
Chi va, chi prende la zappa, chi lavora è certamente l'uomo. Senza questo lavoro non torna il primitivo giardino. Ma qual è la differenza? Che nel sottosuolo oggi è tornata l'acqua fatta affluire da Dio. Il compito dell'uomo è di riportarla alla superficie, èfar canali, zappare, seminare, piantare.
Ma l'uomo è libero di agire secondo un suo piano? No, perché il suo piano deve essere subordinato alle leggi che lo presiedono e presiedono al giardino: le stagioni, la qualità del seme, l'acqua, il sole, ecc. Qui sta l'errore dell'uomo: dimentica tali leggi e lavora indipendentemente da esse.
Ecco gli errori da me vissuti ad usura! Lavorare in superficie, fare tutto il piano e ... non ricorrere all'acqua o non tener conto del sole. Nel deserto - e il mondo è un tremendo deserto - l'acqua è tutto per un giardino. E il «sine qua non». Difatti disse Gesù: «Senza di me non potete fare nulla» (Gv 15, 5).
In quanto poi alla preparazione stessa del piano (preventivo) non è molto più giusto, più salutare, più umile, più vero, più prezioso, ricorrere a chi conosceva il giardino già prima, per averlo fatto Lui, per averlo lungamente lavorato, per essere il vero giardiniere? Non solo, per averlo ricomprato col Suo Sangue.
Proprio qui agisce la mancanza di fede: non tener conto di Lui, non sentirlo, non vederlo, non stimarlo, non cercarlo.
Fede vuoi dire: vedere Dio che riempie il mondo.
Spess.
00martedì 20 gennaio 2009 18:27
30 maggio: Nella sua dimora

La fede oggi è difficile. È un indiscusso segno dei nostri tempi. La caduta delle culture l'ha resa nuda, il trapasso di civiltà l'ha fatta dolorosa. Direi che è giunto un tempo in cui Dio lo
scopriamo più facilmente nel suo negativo.
Di solito di Dio non udiamo la melodia quando sussurra, ma rabbrividiamo quando tace.
L'uomo si sente solo anche perché le Chiese sono state colte di sorpresa e sovente, prese dallo spavento, credono di salvarsi guardando al passato invece di marciare verso la novità di Dio con la confidenza di bimbi.
E tempo di Apocalisse e raramente come oggi il libro di Giovanni è un buon testo con cui pregare. Dice il Signore:
«Io sono l'Alfa e l'Omega il Principio e la fine.
A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte di Vita» (Ap 21, 6).
E a chi è spaventato dalla solitudine: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini!
Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed Egli sarà il "Dio-con-loro"» (Ap 21, 3).
E a chi soffre e trema:
«E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte,né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate...
Ecco io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21, 4s).
Ma dove l'Apocalisse può davvero essere il testo più illuminante per i giorni che viviamo è nell'atteggiamento di attesa del Dio che viene, del Cristo che torna.
«Maranàtha!» pregava la comunità di san Giovanni a Efeso.
Vieni Signore Gesù, vieni! (cf. Ap 22, 17-20).
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